Frammentazione del Sé nel Trauma

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Frammentazione del Sé nel Trauma

Quando si affronta il tema del trauma, uno degli argomenti che ricorre più spesso è quello della frammentazione del sé.

Con questo termine si descrive il modo in cui l’esperienza traumatica può spezzare la continuità della percezione di sé, dei ricordi o delle emozioni, lasciando la persona con sensazioni isolate, difficili da collegare in un’unica narrazione coerente.

La frammentazione viene quindi utilizzata per indicare ciò che può accadere dopo un evento particolarmente impattante: una sorta di divisione interna che rende più complesso comprendere, integrare e dare un senso a ciò che è accaduto.

Cos’è la Frammentazione del Sé?

Il sé è il senso di “io”, cioè l’esperienza soggettiva di essere una persona unica, continua e riconoscibile nel tempo. È l’insieme di tutto ciò che ci fa percepire chi siamo:

  • i nostri ricordi e la nostra storia personale
  • le emozioni e il modo in cui le viviamo
  • i pensieri e le convinzioni su di noi e sul mondo
  • i nostri desideri, valori e obiettivi
  • il modo in cui ci relazioniamo agli altri

Il sé non è qualcosa di fisso o immutabile: è un processo in evoluzione, che si costruisce e si modella attraverso le esperienze. In condizioni di benessere, il sé funziona come una sorta di “centro organizzatore”, che ci permette di sentire coerenza interna e di dare un senso al nostro vissuto.

Quando questo centro viene messo sotto forte pressione — ad esempio da eventi traumatici — può perdere temporaneamente la sua continuità, dando origine a quella sensazione di frammentazione di cui si parla spesso in psicologia del trauma.

La frammentazione del sé è un fenomeno psicologico che può emergere quando una persona vive esperienze altamente stressanti o traumatiche che superano la sua capacità di elaborazione. In questi casi, il sistema mente-corpo può reagire “dividendo” parti dell’esperienza — emozioni, ricordi, sensazioni fisiche, pensieri — in compartimenti separati, difficili da collegare tra loro.

Si tratta di un meccanismo di protezione: per poter continuare a funzionare, la mente isola ciò che risulta troppo doloroso o minaccioso da affrontare tutto insieme.

Tuttavia, questa separazione interna può far sì che la persona percepisca se stessa in modo discontinuo, come se esistessero parti diverse che non comunicano bene tra loro o che reagiscono in modo incoerente rispetto alla propria identità.

La frammentazione del sé può manifestarsi in vari modi: difficoltà a ricordare eventi significativi, emozioni intense che sembrano “arrivare da sole”, comportamenti che non ci si sente del tutto propri, o la sensazione di essere “divisi” internamente.

Perché il trauma può frammentare il sé?

Il trauma può frammentare il sé perché mette il sistema nervoso e la mente in una condizione di estrema allerta, tale da superare la capacità naturale di integrare ciò che sta accadendo.

In pratica, l’esperienza traumatica è troppo intensa, troppo veloce o troppo dolorosa per essere elaborata come un evento coerente.

Ecco i motivi principali per cui ciò accade:

  1. Sovraccarico emotivo e fisiologico: durante un trauma, il corpo entra in modalità di sopravvivenza (lotta, fuga o immobilizzazione). L’attivazione è così elevata che le parti del cervello coinvolte nella narrazione, nella memoria coerente e nel pensiero riflessivo funzionano meno. Questo fa sì che pezzi dell’esperienza — sensazioni, immagini, emozioni, pensieri — vengano registrati in modo scollegato.
  2. Meccanismo di protezione: per evitare di essere travolti dal dolore o dalla paura, la mente può isolare alcune parti dell’esperienza. È un meccanismo protettivo: “metto da parte ciò che è troppo pericoloso da sentire adesso”. Ma questa separazione, se persiste, porta alla sensazione di un sé meno integrato.
  3. Memorie traumatiche immagazzinate in modo non lineare: a differenza dei ricordi ordinari, quelli traumatici non vengono archiviati come una storia con un inizio, uno svolgimento e una fine. Rimangono “a frammenti”: flash, sensazioni corporee, emozioni improvvise. Questa frammentazione della memoria si riflette direttamente sulla coesione del sé.
  4. Rottura della continuità personale: un trauma può minacciare l’immagine di sé, la percezione di sicurezza e l’idea del mondo come prevedibile. Quando ciò che accade è inconciliabile con la nostra identità o con i nostri schemi di significato, il senso di sé può “spezzarsi” per far spazio a emozioni o vissuti difficili da integrare.

il trauma frammenta il sé perché interrompe la capacità della mente di integrare l’esperienza in modo coerente, e per sopravvivere la persona è costretta a “dividersi” internamente.


Indizi della frammentazione del sé in un individuo che ha subito un trauma

La frammentazione del sé, a livello fenomenico, può manifestarsi in modi molto diversi, spesso sottili ma profondamente impattanti.

In realtà non è qualcosa che si “vede” dall’esterno in modo immediato: è soprattutto un’esperienza soggettiva, fatta di sensazioni, emozioni e percezioni che non sembrano appartenere a un’unica unità interna.

Tra le percezioni più comuni da considerare ci sono:

  1. Sensazione di non essere “tutti insieme”
    • Percezione di parti di sé che non comunicano bene tra loro, come se ci fossero diversi “pezzi interni” separati.
    • Esempi soggettivi:
      • «Una parte di me vuole fare questo, un’altra lo impedisce.»
      • «Mi sento diviso.»
  2. Emozioni che arrivano “a scatti” o fuori contesto
    • Emozioni improvvise, intense, che sembrano non avere una causa nel presente.
    • È come se l’emozione appartenesse a un’altra parte di sé o a un altro momento della propria storia.
  3. Ricordi a frammenti
    • La memoria può presentarsi come:
      • immagini isolate
      • flash
      • sensazioni corporee senza un contesto chiaro
      • “buchi” o difficoltà a collegare gli eventi tra loro
    • La persona può sapere cosa è accaduto ma non riuscire a sentirlo come un ricordo unitario e integrato.
  4. Perdita di continuità interna
    • Sensazione di discontinuità nel proprio senso di identità, per esempio:
      • sentirsi “un’altra persona” in certi contesti
      • non riconoscersi in comportamenti o reazioni
      • vivere momenti in cui ci si sente “spenti”, “lontani” o “non sé stessi”
  5. Esperienze di distacco (dissociazione): sintomi dissociativi, come la depersonalizzazione o la derealizzazione sono tipici e rientrano tra gli specificatori del PTSD o disturbo post traumatico da stress.
    • Sentirsi come osservatori esterni di ciò che accade.
    • Percepire il corpo come distante o estraneo.
    • Vivere una sensazione di irrealtà verso sé o l’ambiente.
    • Queste esperienze non sono scelte volontarie, ma risposte automatiche di protezione.
  6. Parti interne con bisogni, reazioni o “voci” proprie
    • Dialoghi interni marcati, come se pezzi diversi della personalità avessero ruoli distinti:
      • una parte molto critica
      • una parte spaventata
      • una parte che si dissocia
      • una parte che si attiva per proteggere
    • Questo non implica necessariamente patologie gravi: è spesso una forma di organizzazione interna dopo il trauma.
  7. Difficoltà a dare senso alle proprie reazioni
    • Pensieri ricorrenti come:
      • «Non capisco perché reagisco così.»
      • «Non mi riconosco.»
      • «È come se qualcosa dentro di me si attivasse da solo.»
    • La coerenza tra ciò che si sente, ciò che si pensa e ciò che si fa può risultare compromessa.

Tutto questo si traduce in un’esperienza di discontinuità interna, in cui parti, emozioni e ricordi faticano a integrarsi in un unico senso di identità.

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Psichiatra ADHD Gincarlo Giupponi

Supervisione scientifica:
Questo articolo è stato revisionato dal Dott. Giancarlo Giupponi, psichiatra e psicoterapeuta, vicedirettore del Servizio Psichiatrico di Bolzano e presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria. Oltre a garantire l’accuratezza clinica dei contenuti, il Dott. Giupponi supervisiona la selezione dei test e dei questionari disponibili sul sito, verificandone la conformità agli standard scientifici internazionali (DSM-5, OMS, strumenti clinicamente validati).
Scopo del contenuto: divulgativo, non diagnostico.

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