Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (DDAI) noto soprattutto con l’acronimo ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) è un disordine neuropsichico che causa alterazioni delle funzioni esecutive.
La sindrome ADHD è classificata come disturbo del neurosviluppo a causa del suo esordio in età infantile. A tal proposito, l’Organizzazione Mondiale della Sanità mostra come l’ADHD sia uno dei disturbi psichici più comuni dell’infanzia, con una prevalenza stimata tra il 5% e il 7% della popolazione infantile.
Negli ultimi anni, però, la comunità scientifica ha mutato il proprio approccio rispetto al disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, riconoscendo che esso presenta un’elevata cronicità, ovvero nella maggior parte dei casi perdura nella fase adolescenziale e adulta ed è ora ampiamente riconosciuto e diagnosticato negli adulti.
Studi recenti, inoltre, evidenziano come gran parte degli adulti ADHD non presentavano sintomi importanti ed impattanti in età infantile.
La prevalenza dell’ADHD negli adulti a livello internazionale è stimata tra il 3% ed il 4%.
In Italia, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), è una condizione sempre più diffusa tra bambini, adolescenti e adulti. La prevalenza dell’ADHD negli adulti in Italia è più bassa rispetto a quella internazionale e si attesta secondo le stime al 2,8%.
Nella maggior parte dei casi, l’ADHD viene diagnosticata in età scolare, ma sempre più spesso viene individuata anche negli adolescenti e negli adulti, attraverso un protocollo diagnostico specifico.
Sebbene l’ADHD sia una condizione sempre più diagnosticata in Italia, la mancanza di consapevolezza può rendere difficile, per chi ne soffre, affrontare la patologia e i suoi effetti. Dunque, è importante offrire un adeguato supporto per le persone e le famiglie che ne sono colpite e impegnarsi collettivamente per migliorare la comprensione del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività.
In generale, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività può avere un impatto importante sulla qualità della vita di un individuo, sia per quanto riguarda il contesto sociale che quello lavorativo. Ciononostante, spesso le persone non identificano la loro condizione come una forma di ADHD e di conseguenza non cercano il supporto opportuno e necessario per gestire i loro sintomi.
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L’ADHD sta sottoponendo a gran sforzo la ricerca da quasi vent’anni, a causa della sua eziologia multifattoriale. Ciò indica che alla base del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, ci siano diversi fattori quali:
L’ADHD è un disturbo che ha radici neurobiologiche complesse, e per questo motivo è ancora oggetto di numerosi studi. Tuttavia, si ritiene che la causa principale del DDAI sia una disfunzione a livello dei neurotrasmettitori, ovvero delle sostanze chimiche presenti nel cervello che regolano la comunicazione tra le cellule nervose.
In particolare, si ritiene che il soggetto ADHD sia caratterizzato da una carenza di dopamina e noradrenalina, due neurotrasmettitori che svolgono un ruolo fondamentale nel controllo dell’attenzione, della motivazione e della regolazione emotiva. Questa carenza può essere legata a fattori genetici, ma anche, in parte, a fattori ambientali come la dieta, lo stile di vita e l’esposizione a sostanze tossiche.
I farmaci di norma utilizzati per il trattamento dell’ADHD agiscono proprio su tale meccanismo, modulando i livelli di dopamina e di noradrenalina nel cervello.
Inoltre, le persone ADHD presentano carenze nello sviluppo dell’amigdala, centro delle emozioni, e dell’ippocampo, area del cervello che in parte influisce sulla motivazione e su un efficace svolgimento di azioni e compiti.
Ulteriori alterazioni sono di norma registrate nella corteccia prefrontale e nel cervelletto, con conseguenze sulle funzioni cerebrali quali l’attenzione, la programmazione delle azioni nel tempo, la capacità di non distrarsi, l’esecuzione dei movimenti corporei, la coordinazione motoria, coordinati, il controllo del proprio comportamento.
Per quanto concerne la genetica, bisogna sottolineare che essa può influenzare la presenza di ADHD attraverso un meccanismo genetico complesso e dunque attraverso l’interazione tra determinati geni e fattori ambientali.
Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività potrebbe manifestarsi con una serie di sintomi che influiscono sulla capacità di attenzione e sulla gestione del comportamento.
I sintomi ADHD possono variare da persona a persona e possono essere diversi a seconda dell’età, ma si possono dividere in tre categorie principali:
I disturbi psichiatrici che più comunemente sono presenti nelle persone ADHD sono:
Depressione, Mania, Umore misto
Disturbo d’ansia generalizzato (DAG), Disturbo di panico (DP), Ipocondria, Fobia sociale, Fobie specifiche, Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e Disturbo post traumatico da stress
Disturbo narcisistico di personalità Disturbo evitante di personalità Disturbo dipendente di personalità Disturbo di personalità ossessivo-compulsivo
Alcol e spesso cocaina, marijuana (o cannabis).
Non esiste una vera e propria cura per il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, che comporti una regressione totale dei sintomi e/o delle caratteristiche organiche che causano tali manifestazioni. Tuttavia, grazie ai progressi nella diagnosi e nella terapia, oggi è possibile gestire efficacemente i sintomi dell’ADHD e migliorare la qualità della vita di chi ne soffre.
È importante sottolineare che solo un’accurata diagnosi, sia psicologica che medica, può consentire di individuare la strategia più opportune per la gestione del DDAI nel caso specifico, che può comprendere l’assunzione di farmaci, un approccio basato su psicoeducazione o psicoterapia, oppure una combinazione tra le due.
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