Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è una condizione psicopatologica complessa e insidiosa che spesso si insinua in modo subdolo in ambiti che, all’apparenza, dovrebbero rappresentare fonti di realizzazione personale e crescita, come lo studio.
Lo spazio mentale dedicato all’apprendimento, alla concentrazione e al progresso formativo diventa così terreno fertile per il DOC, che si appropria di pensieri e abitudini fino a comprometterne la naturale funzionalità.
L’ambiente scolastico o universitario, già di per sé impegnativo e talvolta opprimente, si trasforma in un vero e proprio campo minato per lo studente che, invece di trovare nello studio una risorsa, lo vive come una costante minaccia, un banco di prova incessante della propria moralità, intelligenza o perfezione.
Questo disturbo può esordire proprio nel periodo della vita in cui il soggetto si trova immerso nel percorso scolastico o accademico, rendendolo così vulnerabile a una spirale di pensieri intrusivi, ansie paralizzanti e compulsioni mentali o comportamentali apparentemente legate alla produttività, ma in realtà profondamente controproducenti.
L’illusione che il DOC possa fungere da spinta alla precisione, all’ordine o al successo si rivela col tempo fallace: più che un alleato, esso diventa un antagonista subdolo che alimenta dubbi, risucchia energie e rende ogni passo un atto tormentato.
Ciò che in un primo momento può sembrare un perfezionismo funzionale, si trasforma gradualmente in un meccanismo disfunzionale che ostacola, appesantisce e snatura l’esperienza dello studio.
Lo studente si ritrova così intrappolato in una lotta interna costante, in cui non solo deve affrontare le sfide proprie dell’apprendimento e della performance scolastica o universitaria, ma anche contrastare l’invasione persistente del disturbo stesso.
Il DOC si configura quindi non come una marcia in più, bensì come un peso che rende ancora più ripida una salita già difficile, un nemico silenzioso che ostacola ogni tentativo di serenità e padronanza di sé nel cammino della formazione.
Le 5 follie che il DOC (Disturbo Ossessivo-Compulsivo) ti fa fare mentre studi
Il disturbo ossessivo-compulsivo può assumere mille volti, mille forme, mille sfumature.
Quando si insinua nello studio, può diventare un compagno silenzioso ma ingombrante, capace di sabotare ogni fase dell’apprendimento.
Chiaramente non si manifesta allo stesso modo in tutti ma ci sono alcune manifestazioni che ricorrono più spesso di altre.
Nello specifico:
- Riscrivere gli appunti all’infinito perché “non sono perfetti”: una delle manifestazioni più frequenti del disturbo ossessivo-compulsivo nello studio è rappresentata dal perfezionismo estremo, che spesso si riversa sugli appunti. Non si tratta semplicemente del desiderio di avere un materiale ordinato o comprensibile, ma di una necessità rigida, coercitiva, che impone che ogni parola, ogni riga, ogni simbolo sia scritto in modo perfetto, simmetrico, leggibile, esteticamente impeccabile. Se anche solo una lettera risulta leggermente storta, se l’inchiostro si sbava o la riga non è centrata, il foglio viene strappato, accartocciato e riscritto da capo. Questo processo può ripetersi numerose volte, fino a quando l’appunto non raggiunge una “perfezione” soggettiva e inaccessibile. Il risultato è una perdita enorme di tempo, un senso crescente di frustrazione, e il paradosso che lo studente finisce per dedicare più energie alla forma che ai contenuti, finendo spesso per accumulare ritardo nello studio o sentirsi sopraffatto dal carico di lavoro autoimposto.
- Ripetere compulsivamente quello che hai studiato: un altro aspetto ricorrente è la tendenza a ripetere fino allo sfinimento, non per consolidare il sapere in modo naturale, ma per placare l’ansia e il dubbio pervasivo di non aver studiato “abbastanza” o “nel modo giusto”. Lo studente con DOC può sentirsi obbligato a ricominciare la ripetizione ogni volta che sbaglia una parola o inciampa su un concetto, convinto che quell’errore sia la prova che non ha compreso nulla o che non è ancora pronto. Anche quando la ripetizione scorre fluida, può sorgere il pensiero che non sia stata fatta con sufficiente concentrazione, portando a rifarla interamente. Il tempo impiegato non ha mai fine, perché la soglia di “abbastanza” è continuamente spostata più avanti. Non ci si sente mai preparati, mai certi di aver studiato tutto, mai sicuri di ricordare ciò che si è letto o ripetuto. E così si entra in un ciclo infinito fatto di dubbi, controlli mentali, ansia crescente e senso di fallimento, in cui la preparazione all’esame diventa un processo logorante e alienante, piuttosto che una fase di consolidamento e crescita.
- Controllare ossessivamente se ti ricordi davvero ogni concetto: accanto alla ripetizione verbale, si inserisce spesso una compulsione mentale ancora più subdola: il controllo continuo e ripetuto delle nozioni nella propria mente. Si tratta di pensieri intrusivi, inarrestabili, che spingono a “verificare” mentalmente se si ricorda davvero una certa definizione, un passaggio, una data, un esempio. Ma non è un semplice ripasso interno: è un controllo ossessivo, che si ripete anche in momenti inopportuni, che interrompe il flusso dello studio, che prende il sopravvento anche durante il riposo o nelle pause. Lo studente può ritrovarsi a pensare: “Ma quella cosa lì la so davvero? L’ho capita fino in fondo? L’ho detta nel modo giusto? O sto solo ricordando un’impressione sbagliata?” Ogni incertezza genera allarme e porta a rivedere appunti, libri, fonti, anche più volte, per confrontare il proprio pensiero con la realtà scritta. Questo continuo confronto mina la fiducia in sé stessi e nella propria memoria, rendendo ogni nozione una potenziale minaccia, una fonte di errore o di dimenticanza catastrofica.
- Compiere rituali ossessivi prima e durante lo studio: l’approccio allo studio può essere scandito da rituali rigidi, che devono essere rispettati al millimetro per poter iniziare a studiare o per far sì che la sessione abbia successo. Alcuni studenti sviluppano routine estremamente strutturate che, se interrotte o modificate, generano ansia intensa e senso di colpa. Per esempio: aprire sempre lo stesso libro nello stesso modo, usare penne di un certo colore, iniziare a studiare a un orario preciso, rileggere una frase un numero specifico di volte prima di andare avanti. Questi comportamenti non hanno una funzione pratica ma servono a placare l’ansia, con l’illusione che solo così lo studio potrà essere efficace o “valido”. Se qualcosa va storto o se un passaggio viene saltato, tutto deve essere ricominciato da capo. Questa rigidità limita la spontaneità, la flessibilità e la capacità di adattamento, rendendo il semplice gesto di mettersi sui libri un’operazione complessa, fragile e faticosa. In alcuni casi, lo studente può rimandare ore prima di iniziare, bloccato dal timore di non riuscire a rispettare il proprio rituale.
- Mettere in atto rituali superstiziosi prima di ogni esame: infine, il momento dell’esame – già naturalmente carico di tensione – può diventare per lo studente con DOC un’occasione in cui le compulsioni raggiungono il picco. Si possono instaurare convinzioni irrazionali secondo cui determinati gesti, frasi, oggetti o comportamenti abbiano un potere magico o preventivo rispetto all’esito dell’esame. Ad esempio: “Se non leggo quella pagina tre volte prima di uscire di casa, andrà male”, “Se non uso quella penna, verrò bocciato”, “Devo toccare questo oggetto prima di entrare in aula”, “Se mi capita un certo numero, vuol dire che tutto andrà bene”. Queste idee, seppur riconosciute come assurde dalla persona stessa, assumono un valore salvifico e vengono assecondate per ridurre l’ansia e l’insicurezza. Altre volte, il rituale consiste nel rievocare mentalmente tutte le risposte “corrette” prima di iniziare la prova, o nel ripetere frasi motivazionali sempre nello stesso modo. Il problema è che ogni volta che una compulsione viene soddisfatta, il sollievo è solo temporaneo: il disturbo si rinforza e richiede sempre più spazio, più tempo, più controllo. E così anche il giorno dell’esame, che dovrebbe rappresentare il culmine di un percorso, diventa un labirinto psicologico in cui lo studente si muove con fatica, insicurezza e angoscia.
Il disturbo ossessivo-compulsivo, soprattutto nello studio, nasce spesso da un’intenzione nobile: fare le cose bene, con precisione, senza lasciare nulla al caso.
Ma con il tempo, questa tensione verso l’eccellenza si trasforma in una gabbia mentale, un meccanismo che invece di aiutarti, ti rallenta, ti blocca, ti esaurisce. In apparenza sembra solo voler “dare il massimo”, ma in realtà finisce per farti perdere ore preziose, energie mentali e serenità.
Pensa a tutte le volte in cui hai strappato e riscritto gli appunti solo perché una parola non ti sembrava “giusta”.
A quante altre volte avresti potuto ripetere con calma, riposarti, studiare un altro argomento, dedicarti a un altro esame.
Eppure non l’hai fatto, bloccato in quel loop ossessivo-compulsivo che ti ha fatto credere che solo così stavi davvero studiando. Ma quella non è concentrazione: è autosabotaggio.
La clinica specializzata in DOC GAM-Medical, esperta sia nella diagnosi che nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo, conosce bene queste trappole mentali.
I professionisti che ci lavorano sanno come riconoscerle e disinnescarle, soprattutto attraverso un percorso di psicoterapia specifico per il DOC.
E non solo: sanno anche aiutarti a trasformare proprio quella tua tendenza a costruire schemi rigidi e strutture mentali in una risorsa.