Lunaticità o labilità emotiva?

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Lunaticità o labilità emotiva?

Ti sarà sicuramente capitato, almeno una volta nella vita, di sentirti dire: “Ma sei lunatico!”, magari con un sorriso sulle labbra o con un tono di fastidio da parte di qualcuno che non riusciva a comprendere il tuo improvviso cambio d’umore.

Potrebbe esserti successo in un contesto familiare, durante una discussione accesa, o persino in un momento tranquillo, quando qualcosa di apparentemente innocuo ha innescato in te una reazione emotiva forte e improvvisa.

In quel momento ti sei chiesto se davvero c’era qualcosa che non andava in te o se chi ti stava parlando stesse semplicemente esagerando.

La verità è che dietro a quello che comunemente viene definito “lunaticità” si nasconde qualcosa di più complesso e sfaccettato, che la scienza e la clinica chiamano labilità emotiva.

Che cos’è la Labilità Emotiva?

La labilità emotiva è una condizione psicopatologica caratterizzata da una compromissione nella regolazione e nella modulazione degli affetti, con una marcata fluttuazione del tono dell’umore e della reattività emotiva.

Clinicamente parlando, la labilità emotiva si manifesta con variazioni repentine, rapide e spesso imprevedibili del tono dell’umore, che non sono proporzionate allo stimolo esterno né coerenti con il contesto ambientale.

Il soggetto può passare, nel giro di pochi secondi o minuti, da uno stato di apparente benessere a uno stato di tristezza profonda, oppure da una condizione di neutralità emotiva a una risposta affettiva intensa come il pianto, l’ira o l’euforia.

Queste risposte sono, nella maggior parte dei casi, di breve durata, intense, e non controllabili volontariamente, il che le distingue da una normale sensibilità emotiva o da fluttuazioni dell’umore legate a eventi significativi.

Una delle caratteristiche distintive della labilità emotiva è il suo impatto sull’integrazione affettiva del soggetto.

Le emozioni emergono in modo automatico, talvolta sproporzionato, e con una soglia di attivazione particolarmente bassa: anche stimoli lievi o neutri possono attivare reazioni affettive di alta intensità.

Inoltre, queste manifestazioni emotive risultano frequentemente discordanti rispetto al contesto: per esempio, un soggetto può iniziare a ridere in una situazione seria o piangere senza provare autentico dolore psichico.

Tale disallineamento tra vissuto interno, espressione emotiva e situazione esterna rende la labilità emotiva clinicamente distinguibile da altri disturbi affettivi o dell’umore.

Sul piano psicofisiologico, si osserva una disregolazione dell’omeostasi affettiva, ovvero una ridotta capacità del sistema nervoso centrale di mantenere stabile e coerente l’equilibrio emotivo.

In termini neurofunzionali, si ipotizza un’alterazione nei circuiti della regolazione emozionale, in particolare nelle connessioni tra la corteccia prefrontale (che esercita una funzione di controllo e inibizione) e le strutture limbiche (come l’amigdala), deputate all’elaborazione e alla reattività emotiva.

Questa compromissione della modulazione top-down si traduce clinicamente in una ipersensibilità reattiva e in una fragilità del controllo volontario degli affetti, che il soggetto percepisce spesso come estranea o eccessiva, ma che non riesce a inibire.

Non è raro che chi sperimenta labilità emotiva sia perfettamente consapevole dell’“esagerazione” della propria risposta emotiva, ma allo stesso tempo riferisca un senso di impotenza nel fronteggiarla.

La componente esperienziale è quindi frequentemente segnata da disagio soggettivo, vergogna o frustrazione, poiché il soggetto si percepisce in balìa di emozioni non filtrate, invasive e incoerenti rispetto alla propria volontà o intenzione comunicativa.

È importante sottolineare che la labilità emotiva non comporta solo una variazione quantitativa delle emozioni (intensità maggiore), ma anche una disorganizzazione della loro espressione: le reazioni affettive risultano impulsive, discontinue e spesso incongrue, e non seguono il normale ciclo di attivazione, elaborazione e rientro. Il soggetto non ha tempo o modo di interiorizzare il vissuto emotivo e di attribuirgli significato, poiché l’emozione si impone e si dissolve prima che possa essere realmente elaborata.

In che condizioni psicologiche è possibile trovare labilità emotiva?

La labilità emotiva, quando si manifesta come sintomo psicopatologico, può essere osservata in numerose condizioni cliniche.

È importante ricordare che non si tratta di un disturbo a sé stante, ma di una manifestazione affettiva secondaria che può comparire all’interno di quadri psicopatologici complessi, spesso con caratteristiche cliniche molto diverse tra loro.

In ogni caso, la presenza di labilità emotiva costituisce un elemento di rilevante impatto funzionale, poiché interferisce con l’adattamento sociale, relazionale e intrapsichico del soggetto.

La sua valutazione richiede un’analisi contestuale precisa, perché la sua origine può essere collegata a meccanismi psicodinamici, neurobiologici o a condizioni lesive del sistema nervoso centrale.

Alcune principali condizioni psicopatologiche nelle quali si riscontra in maniera spesso molto evidente la labilità emotiva sono:

  • Disturbo borderline di personalità: in questo disturbo di personalità, la labilità emotiva è una delle caratteristiche nucleari del funzionamento psicopatologico. I soggetti con disturbo borderline presentano un pattern di intensa instabilità affettiva, con rapide oscillazioni tra emozioni contrastanti, che spesso si manifestano in risposta a eventi interpersonali percepiti come critici, anche se minimi. La loro regolazione emotiva risulta compromessa, con una capacità limitata di tollerare la frustrazione e l’ambiguità, elementi che innescano reazioni affettive disorganizzate, impulsività e sofferenza soggettiva marcata. Le emozioni, spesso legate a paure di abbandono, sentimenti di vuoto e rabbia intensa, si susseguono con una rapidità e una imprevedibilità tali da rendere l’esperienza emotiva instabile e travolgente. In questi casi, la labilità emotiva è parte di un più ampio quadro di disregolazione dell’identità, delle relazioni e degli impulsi.
  • Disturbo bipolare (in particolare tipo II e ciclotimia): dire che le persone con disturbo bipolare sono semplicemente “labili emotivamente” è una semplificazione quasi caricaturale, che rischia di banalizzare una condizione clinica molto più profonda e complessa. La natura dell’instabilità affettiva nel disturbo bipolare non si riduce a una semplice variabilità o rapidità emotiva, ma coinvolge oscillazioni strutturate e cicliche del tono dell’umore, spesso accompagnate da alterazioni del ritmo circadiano, della cognizione e dell’energia psichica. Tuttavia, è corretto affermare che la labilità emotiva può costituire un segnale prodromico del disturbo bipolare, specialmente nelle sue forme meno eclatanti, come la ciclotimia o il disturbo bipolare di tipo II. In queste presentazioni cliniche, è possibile osservare rapide variazioni dell’umore che non raggiungono la soglia della mania o della depressione maggiore, ma che sono già indicatrici di un’alterazione del sistema di regolazione affettiva. Il soggetto può passare nell’arco di poche ore da uno stato di entusiasmo e loquacità a uno di irritabilità o chiusura emotiva, spesso senza cause ambientali proporzionate. Questa instabilità può essere scambiata per tratti temperamentali o per un disturbo della personalità, ma se osservata nel tempo, può rivelare l’esistenza di un pattern affettivo ciclico. In questo senso, la labilità emotiva non definisce il disturbo bipolare, ma può rappresentarne una manifestazione precoce o un campanello d’allarme che merita un’attenzione clinica approfondita. Ridurre il disturbo bipolare a una questione di sbalzi d’umore superficiali, infatti, ne oscura la portata neurobiologica, la gravità clinica e il livello di sofferenza implicato
  • Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) in età adulta: nella popolazione adulta ADHD, un aspetto clinico frequentemente sottovalutato ma altamente rilevante è rappresentato dalla disregolazione emotiva, che costituisce uno dei tratti più disfunzionali sul piano relazionale e lavorativo. In questi soggetti, la disregolazione emotiva si configura come una difficoltà strutturale nel regolare, modulare e mantenere stabile l’affettività nel tempo, con una soglia molto bassa di tolleranza alla frustrazione, all’incertezza o al carico emotivo. Le emozioni emergono in modo rapido, spesso con intensità marcata, e persistono oltre il tempo congruo, interferendo con la capacità di riflessione e adattamento. All’interno di questo quadro di disregolazione, la labilità emotiva può essere presente come componente specifica, manifestandosi con rapide fluttuazioni del tono dell’umore, improvvisi scoppi di pianto, reazioni di rabbia incontrollata o passaggi repentini tra irritazione e apparente serenità. Tuttavia, ciò che distingue il profilo emotivo dell’adulto ADHD è che queste manifestazioni non sono semplicemente instabili, ma profondamente disorganizzate: il soggetto fatica non solo a contenere l’impulso affettivo, ma anche a identificarlo, interpretarlo e comunicarlo adeguatamente. Il vissuto emotivo è spesso percepito come travolgente e non integrabile, e si accompagna a un senso ricorrente di frustrazione, colpa e inadeguatezza. La disregolazione emotiva nell’ADHD adulto non è un semplice effetto secondario dell’impulsività comportamentale, ma una componente centrale e strutturale della disfunzione neurocognitiva che caratterizza il disturbo. In questo senso, la labilità emotiva rappresenta una possibile espressione clinica della disregolazione più ampia, ma non ne esaurisce la complessità né la profondità.
  • Disturbo depressivo maggiore con caratteristiche atipiche: in alcuni sottotipi di depressione maggiore, in particolare quelli con caratteristiche atipiche o con comorbidità ansiosa, la labilità emotiva può comparire sotto forma di pianto improvviso, irritabilità marcata, o improvvisi momenti di ansia o disperazione apparentemente immotivati. Il paziente può passare rapidamente da un atteggiamento remissivo e apatico a una reazione emotiva intensa, senza una progressione logica o coerente. In questi casi, la labilità affettiva si distingue dalla tristezza profonda e persistente tipica della depressione “melanconica”, perché si presenta in modo intermittente e disorganizzato, spesso in risposta a piccoli stimoli ambientali. Il soggetto può riconoscere l’inadeguatezza delle proprie risposte affettive, ma non riesce a gestirle, sentendosi sopraffatto e confuso.
  • Disturbo d’ansia generalizzato e disturbi correlati allo stress: anche nei disturbi d’ansia, la labilità emotiva può manifestarsi come componente reattiva all’iperattivazione neurovegetativa e alla vulnerabilità psichica. Il soggetto può essere costantemente in uno stato di allerta emotiva, con risposte affettive amplificate a stimoli banali, e una soglia di tolleranza estremamente bassa per lo stress. Ciò si traduce in frequenti sbalzi di umore, pianti improvvisi, crisi di nervosismo o angoscia, che il soggetto vive come ingestibili e imprevedibili. Nei disturbi da stress post-traumatico o acuto, tali manifestazioni possono accentuarsi in concomitanza a trigger ambientali, con risposte emotive che sembrano “disconnesse” dalla realtà immediata, ma legate a una memoria emotiva non elaborata.
  • Disturbi della personalità di tipo istrionico e dipendente: in questi quadri di personalità, la labilità emotiva si intreccia strettamente con i meccanismi relazionali disfunzionali. Le emozioni sono frequentemente espresse in modo teatrale, instabile e con forte componente di impressionabilità. Il tono dell’umore può cambiare rapidamente in funzione della reazione dell’altro, con una forte dipendenza dall’approvazione esterna e una costante oscillazione tra esaltazione e disperazione. La regolazione affettiva risulta condizionata da schemi interpersonali rigidi, che rendono il soggetto vulnerabile alle fluttuazioni relazionali e affettive, esacerbando la sua instabilità emotiva in modo marcato.

In tutte queste condizioni, la labilità emotiva assume caratteristiche fenomenologiche differenti, ma conserva un nucleo comune: l’incapacità di mantenere una coerenza e continuità nel vissuto affettivo, che si traduce in una esperienza emotiva frammentata, reattiva e scarsamente regolabile.

È importante sottolineare che la labilità emotiva non si manifesta esclusivamente all’interno di condizioni psicopatologiche conclamate o diagnosticabili secondo i manuali clinici.

In molti casi, essa può rappresentare un tratto temperamentale stabile, presente fin dall’infanzia, e parte del profilo affettivo individuale di una persona.

Alcuni individui, infatti, mostrano da sempre una maggiore reattività emozionale, una sensibilità marcata agli stimoli ambientali, e una tendenza a fluttuazioni rapide del tono dell’umore, senza che ciò configuri una condizione clinica vera e propria.

In questo senso, la labilità emotiva può essere anche un elemento del carattere, una dimensione della personalità che, pur non costituendo di per sé una patologia, può rendere la vita quotidiana più complessa e faticosa, soprattutto nelle relazioni affettive, nel contesto lavorativo, o nella gestione dello stress.

Avere emozioni intense, instabili o difficili da regolare può comportare un carico interno costante, che, anche in assenza di una diagnosi psichiatrica, merita attenzione, cura e contenimento.

È per questo che, qualora si percepisca una difficoltà persistente nella gestione delle emozioni o un senso di sofferenza legato alla propria instabilità affettiva, è fortemente consigliato rivolgersi a un professionista della salute mentale.

Uno psicologo o uno psicoterapeuta, come quelli selezionati dalla Clinica Psicologica GAM-Medical può offrire strumenti per riconoscere, modulare e proporzionare le risposte emotive, aiutando la persona a riconquistare un equilibrio interno e a migliorare la qualità delle relazioni e del proprio benessere psicologico.

L’intervento non deve necessariamente partire da una patologia, ma può basarsi sul semplice obiettivo di vivere meglio le proprie emozioni, di comprenderle e di non esserne sopraffatti.

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