Può sembrare una contraddizione, ma l’emetofobia – la paura intensa e persistente di vomitare – può coesistere con i disturbi del comportamento alimentare, anche con quelli in cui il vomito è previsto dai criteri diagnostici o fa parte dei comportamenti compensatori.
Siamo abituati a pensare al vomito come un elemento tipico di alcuni DCA: nell’anoressia può comparire come condotta di eliminazione e nella bulimia rappresenta uno dei comportamenti compensatori più noti. Eppure, nella clinica si osservano persone che, pur soffrendo di un disturbo alimentare, provano un’autentica e intensa paura di vomitare. Come è possibile?
L’emetofobia può inoltre essere
- causa
- conseguenza
di un disturbo alimentare.
Cos’è l’emetofobia?
L’emetofobia è una fobia specifica caratterizzata da una paura intensa, persistente e irrazionale di vomitare o di vedere altre persone vomitare.
Non si tratta di un semplice disgusto: la persona vive il vomito come un evento estremamente minaccioso, imprevedibile e catastrofico, associato a un forte senso di perdita di controllo.
Chi soffre di emetofobia può provare ansia anche solo pensando alla possibilità di sentirsi nauseato, e tende a mettere in atto numerosi comportamenti di evitamento – evitare alcuni cibi, ristoranti, viaggi, situazioni sociali, luoghi affollati, bambini piccoli, o persino attività fisiche che potrebbero aumentare il battito cardiaco e “somigliare” alla sensazione di nausea. In molti casi la fobia porta a un’iper-vigilanza costante verso il proprio corpo, con continui controlli delle sensazioni interne, della temperatura, della digestione o dello stato di salute, nella speranza di individuare per tempo ogni minimo segnale che possa anticipare il vomito.
Questo crea un circolo vizioso: l’ansia fa aumentare la nausea, la nausea aumenta la paura, e la paura rinforza gli evitamenti. L’emetofobia può avere un impatto significativo sulla qualità della vita, sulle relazioni sociali e sulla libertà personale, ed è spesso associata a disturbi d’ansia, ossessivo-compulsivi o, in alcuni casi, a pattern alimentari disfunzionali.
Emetofobia come causa dei DCA: quando la paura di vomitare causa un disturbo alimentare
L’emetofobia può diventare, in alcuni casi, uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione, soprattutto quando la paura del vomito porta la persona a modificare in modo rigido, estremo o disfunzionale il proprio rapporto con il cibo.
Per chi soffre di emetofobia, il vomito è vissuto come un evento catastrofico e imprevedibile da evitare a tutti i costi; di conseguenza, molte persone iniziano a limitare drasticamente l’assunzione di alcuni alimenti, a mangiare solo “cibi sicuri”, a controllare ossessivamente freschezza, consistenza, cottura, provenienza o tempi di digestione.
In alcuni casi, la restrizione può diventare così severa da assumere la forma di un vero disturbo alimentare, come l’ARFID (disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo) o forme restrittive che somigliano all’anoressia, ma in cui la motivazione centrale non è il peso, bensì il timore di vomitare.
Altre volte la paura del vomito porta a mangiare pochissimo prima di uscire, a evitare pasti serali, a saltare pranzi o cene sociali, fino a creare un quadro alimentare profondamente disorganizzato e ansioso.
In soggetti geneticamente o emotivamente vulnerabili, questo insieme di evitamenti, controlli e restrizioni può trasformarsi nel tempo in un vero disturbo alimentare, perché l’evitamento per ansia diventa uno schema stabile e radicato.
In questi casi la fobia e il disturbo alimentare non sono condizioni separate, ma due parti dello stesso problema: il cibo diventa un terreno in cui si cerca disperatamente di controllare il corpo per evitare il vomito, e la vita alimentare si struttura attorno a una fobia che ha preso il sopravvento.
Emetofobia come conseguenza di un DCA: quando il disturbo alimentare provoca la paura di vomitare
L’emetofobia può anche svilupparsi dopo un disturbo alimentare, come conseguenza diretta o indiretta delle esperienze vissute durante la malattia.
In alcuni casi, episodi di vomito autoindotto nella bulimia o momenti di nausea intensa dovuti alla restrizione nell’anoressia possono essere percepiti come traumatici: il corpo, indebolito o sovraccaricato, reagisce con sensazioni fisiche violente e difficili da controllare, trasformando il vomito in un evento vissuto come pericoloso, umiliante o spaventoso.
In altri casi, la persona può sperimentare un forte perdita di controllo durante un episodio di vomito, e questo vissuto emotivo può radicarsi, diventando nei mesi successivi una fobia vera e propria.
Anche la grande attenzione al corpo tipica dei DCA – iper-monitoraggio delle sensazioni, paura delle conseguenze fisiche, sensibilità al disgusto – può facilitare l’insorgenza di un circolo vizioso: più la persona teme di vomitare, più controlla il proprio corpo, e più questo controllo aumenta l’ansia e la vigilanza verso nausea, digestione o tensione allo stomaco.
In alcune forme di disturbi alimentari, soprattutto quando il vomito è stato ripetuto o vissuto come parte della sintomatologia, il corpo “impara” ad associare quel gesto a una minaccia, mentre la mente sviluppa evitamenti sempre più rigidi: evitare certi cibi, evitare di mangiare fuori, ridurre le porzioni, controllare la sensazione di pienezza, rinunciare alle attività sociali.
Col tempo, ciò che era nato come sintomo del DCA può diventare un problema autonomo: una vera e propria fobia del vomito, che continua anche quando i comportamenti alimentari si sono attenuati.
In questi casi, la persona non teme più solo il cibo o il peso, ma teme il proprio corpo che potrebbe “tradire”, e questo genera una nuova forma di sofferenza che merita attenzione terapeutica specifica.
Emetofobia nel corso di un DCA
Non tutte le persone con un disturbo del comportamento alimentare utilizzano il vomito come strategia compensatoria o come comportamento di eliminazione.
Sebbene il vomito autoindotto sia uno dei comportamenti più conosciuti – soprattutto nella bulimia nervosa e in alcune forme di anoressia – esiste un’ampia varietà di profili clinici in cui il vomito non compare affatto.
Alcune pazienti evitano volontariamente il vomito perché lo vivono come qualcosa di estremamente spaventoso, caotico o fuori controllo; altre lo considerano fisicamente insopportabile o moralmente inaccettabile; altre ancora presentano proprio un’emetofobia, cioè una vera e propria fobia del vomito, che impedisce loro di ricorrere a questa strategia anche nei momenti di maggiore pressione psicologica.
In questi casi, le condotte alimentari disfunzionali possono esprimersi attraverso forme diverse: restrizione severa, esercizio fisico eccessivo, uso improprio di lassativi o digiuni prolungati, oppure schemi rigidi di evitamento di alcuni cibi o situazioni alimentari.
Il fatto che non compaia il vomito come comportamento compensatorio non rende il disturbo meno serio: indica semplicemente che la persona ha sviluppato altri modi per tentare di gestire l’ansia, il senso di colpa o la percezione del corpo.



