Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci 

Indice Contenuti

La categoria diagnostica dei Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci, così come definita nel DSM-5, rappresenta un’area clinica di fondamentale importanza all’interno della psichiatria e della neurologia, poiché comprende una serie di condizioni patologiche strettamente correlate all’uso di farmaci.

Questo raggruppamento diagnostico si concentra sugli effetti collaterali e le reazioni avverse che determinano alterazioni motorie significative, spesso debilitanti, le quali insorgono come conseguenza diretta dell’assunzione di specifiche classi di farmaci, particolarmente quelli che agiscono sul sistema nervoso centrale.

Il nome di questa categoria riflette due aspetti chiave della sua definizione: da un lato, la sua relazione causale con l’uso di farmaci, e dall’altro, la manifestazione primaria del disturbo sotto forma di anomalie del movimento.

Il termine “Disturbi del Movimento” è utilizzato per descrivere una gamma di condizioni caratterizzate da alterazioni della motilità volontaria e involontaria, che possono manifestarsi in modo ipercinetico (eccesso di movimento) o ipocinetico (riduzione o perdita di movimento).

La causa sottostante di questi disturbi non è una patologia neurologica primaria, come avviene nelle malattie degenerative del sistema nervoso centrale, ma è invece il risultato diretto dell’effetto di uno o più farmaci sul sistema neurotrasmettitoriale, principalmente a livello dopaminergico, colinergico, serotoninergico e gabaergico.

Questo distingue nettamente questi disturbi da altre patologie del movimento, come il morbo di Parkinson o la corea di Huntington, che derivano da meccanismi patogenetici intrinseci e non da un effetto iatrogeno.

Il riferimento alle “Reazioni Avverse ai Farmaci” sottolinea inoltre il ruolo centrale delle conseguenze indesiderate dei trattamenti farmacologici, includendo non solo le alterazioni del movimento propriamente dette, ma anche fenomeni che possono accompagnarle o precederle, come alterazioni dello stato di coscienza, cambiamenti comportamentali e disfunzioni neurovegetative.

Questa terminologia indica chiaramente che tali disturbi non sono semplicemente un effetto collaterale minore e prevedibile della terapia farmacologica, ma possono rappresentare condizioni cliniche autonome che richiedono una diagnosi tempestiva e un adeguato intervento terapeutico.

L’inclusione di questi disturbi nel DSM-5 risponde a una necessità clinica e diagnostica precisa.

Molti farmaci psicotropi, inclusi gli antipsicotici, gli antidepressivi, gli stabilizzatori dell’umore e i farmaci utilizzati per il trattamento dei disturbi neurologici, possono indurre sintomatologie motorie di diversa gravità.

Tali effetti collaterali possono insorgere sia in fase acuta che dopo un uso prolungato, determinando un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti e sulla gestione terapeutica della patologia di base.

La loro identificazione e classificazione è essenziale per evitare il rischio di trattamenti inappropriati o diagnosi errate che potrebbero portare a un peggioramento del quadro clinico generale.

Tra i disturbi di questa categoria troviamo:

Caratteristiche in comune dei disturbi della categoria dei Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci 

I Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci (DMIF) condividono diverse caratteristiche con altre Reazioni Avverse ai Farmaci (RAF), poiché entrambe le condizioni derivano da un’interazione farmacologica con il sistema nervoso centrale o periferico, spesso coinvolgendo alterazioni neurochimiche, squilibri neurotrasmettitoriali e vulnerabilità individuali.

Le reazioni avverse ai farmaci possono presentarsi con sintomatologie variabili e, in alcuni casi, sovrapponibili ai disturbi del movimento, complicando la diagnosi differenziale e la gestione clinica.

Sebbene i DMIF abbiano una manifestazione prevalentemente motoria, condividono fattori di rischio, meccanismi fisiopatologici, variabilità interindividuale nella risposta al farmaco e impatto sulla qualità della vita con molte altre reazioni avverse ai farmaci.

In particolare:

  • Meccanismi fisiopatologici comuni tra Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci
    • Molti DMIF e RAF derivano da un interferenza farmacologica sui sistemi neurotrasmettitoriali, in particolare quelli dopaminergici, serotoninergici, colinergici e glutammatergici.
    • I neurolettici e gli antiemetici dopaminolitici, responsabili del Parkinsonismo indotto da farmaci, bloccano i recettori dopaminergici nei gangli della base, mentre altri farmaci possono alterare la trasmissione noradrenergica o serotoninergica, causando effetti collaterali motori e non motori.
    • Alcuni farmaci, come gli antidepressivi triciclici, gli SSRI e gli stabilizzatori dell’umore (litio, valproato), possono alterare il bilancio tra eccitazione e inibizione neuronale, portando a sintomi extrapiramidali, movimenti involontari e instabilità motoria.
    • Alcune reazioni avverse ai farmaci derivano da una neurotossicità diretta, come nel caso della discinesia tardiva indotta da neurolettici o del tremore indotto da farmaci antiepilettici, che possono derivare da un danno ai circuiti motori cerebrali.
  • Fattori di rischio comuni per Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci
    • Età avanzata: gli anziani sono più vulnerabili ai DMIF e alle RAF a causa della ridotta capacità di metabolizzare i farmaci e della minore riserva dopaminergica. Questo aumenta il rischio di sviluppare sintomi extrapiramidali e altri effetti avversi neurologici.
    • Durata del trattamento e dosaggio del farmaco: le reazioni avverse, compresi i DMIF, sono più comuni nei trattamenti a lungo termine con neurolettici, antiemetici, stabilizzatori dell’umore e alcuni antidepressivi. Dosi elevate aumentano il rischio di effetti collaterali severi.
    • Polifarmacoterapia e interazioni farmacologiche: l’assunzione concomitante di più farmaci psicotropi, neurologici o cardiovascolari può aumentare il rischio di sviluppare disturbi del movimento e altre RAF. Ad esempio, l’associazione di SSRI e neurolettici atipici può aumentare il rischio di sindrome serotoninergica e discinesie.
    • Predisposizione genetica e metabolizzazione del farmaco: i soggetti con alterazioni nei geni coinvolti nel metabolismo dei farmaci (CYP2D6, CYP3A4) o nella regolazione dei neurotrasmettitori (COMT, DRD2) possono essere più suscettibili ai DMIF e ad altre RAF, poiché il loro organismo può eliminare i farmaci più lentamente o avere una maggiore sensibilità ai loro effetti collaterali.
  • Sovrapposizione sintomatologica tra Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci
    • Alcune RAF possono manifestarsi con sintomi simili ai DMIF, complicando la diagnosi differenziale:
      • Parkinsonismo indotto da farmaci vs Sindrome neurolettica maligna (SNM): entrambi i disturbi possono presentarsi con rigidità muscolare e bradicinesia, ma la SNM è caratterizzata da febbre alta, alterazioni autonomiche e aumento della creatinfosfochinasi (CPK).
      • Discinesia tardiva vs Acatisia: entrambi i disturbi comportano movimenti involontari, ma la discinesia tardiva si manifesta con movimenti coreiformi ripetitivi, mentre l’acatisia provoca un’irrequietezza motoria con la necessità di muoversi continuamente.
      • Tremore indotto da farmaci vs Tremore essenziale: i farmaci come litio, valproato e SSRI possono causare tremori simili al tremore essenziale, ma con una maggiore correlazione temporale con l’assunzione del farmaco.
      • Mioclono indotto da farmaci vs Epilessia mioclonica: alcuni farmaci serotoninergici e antiepilettici possono causare mioclonie, ma devono essere distinti dai disturbi epilettici attraverso EEG e valutazione clinica.
  • Possibilità di reversibilità e persistenza dei sintomi dopo la sospensione del farmaco
    • Molti DMIF e RAF sono reversibili con la sospensione del farmaco responsabile, ma la tempistica della risoluzione dei sintomi può variare in base al tipo di reazione avversa e alla durata del trattamento.
    • Il Parkinsonismo indotto da farmaci migliora generalmente entro settimane o mesi dalla sospensione, ma in alcuni pazienti anziani o con predisposizione neurodegenerativa può diventare persistente.
    • La discinesia tardiva è spesso irreversibile o lentamente progressiva, poiché il danno ai recettori dopaminergici può persistere anche dopo l’interruzione del neurolettico.
    • Alcune RAF, come il tremore indotto da SSRI o il mioclono da antidepressivi, tendono a risolversi più rapidamente con la sospensione del farmaco, ma in alcuni casi possono persistere per periodi prolungati, specialmente nei pazienti con disfunzioni neurologiche preesistenti.
  • Impatto sulla qualità della vita e sulla gestione clinica dei pazienti
    • Sia i DMIF che altre RAF possono compromettere gravemente la qualità della vita dei pazienti, influenzando la capacità di lavorare, di svolgere attività quotidiane e di mantenere relazioni sociali.
    • I pazienti con DMIF possono sperimentare un significativo disagio emotivo a causa della perdita di controllo sui movimenti e della stigmatizzazione sociale legata ai sintomi visibili.
    • L’impatto delle RAF può essere altrettanto debilitante, con sintomi che vanno dalla compromissione cognitiva agli effetti cardiovascolari, aumentando il rischio di ospedalizzazione e disabilità a lungo termine.
    • La gestione clinica richiede un monitoraggio continuo, una valutazione del profilo farmacologico del paziente e, nei casi più complessi, un approccio multidisciplinare con neurologi, psichiatri e farmacologi per ottimizzare il trattamento senza esporre il paziente a ulteriori rischi.

I Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci condividono numerose caratteristiche, tra cui l’origine farmacologica, i meccanismi neurochimici sottostanti, i fattori di rischio e l’impatto sulla qualità della vita.

Sebbene i DMIF siano prevalentemente motori e le RAF possano coinvolgere altri sistemi, entrambe le condizioni possono essere debilitanti e richiedere una gestione personalizzata per minimizzare il rischio di complicanze a lungo termine.

La comprensione delle sovrapposizioni sintomatologiche e della reversibilità dei sintomi è fondamentale per ottimizzare la terapia e migliorare la prognosi dei pazienti colpiti da queste condizioni.

Prevalenza e variabili nell’insorgenza dei disturbi della categoria dei Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci 

I Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci (DMIF) e le Reazioni Avverse ai Farmaci (RAF) rappresentano un’importante problematica clinica, con una prevalenza variabile nella popolazione generale a seconda di numerosi fattori.

Sebbene non esistano dati epidemiologici assolutamente omogenei, è possibile individuare tendenze demografiche, differenze legate all’età, al genere, all’occupazione e alla localizzazione geografica, che possono influenzare il rischio di sviluppare queste condizioni.

La comprensione delle variabili coinvolte è essenziale per migliorare le strategie di prevenzione, diagnosi e trattamento, riducendo il carico di disabilità associato a questi disturbi.

In particolare:

  • Prevalenza nella popolazione generale e incidenza nei diversi gruppi di pazienti
    • I DMIF e le RAF sono condizioni relativamente comuni nella popolazione generale, con un’incidenza che dipende dal tipo di farmaco coinvolto e dalla durata dell’esposizione. Studi epidemiologici indicano che tra l’1,5% e il 5% dei pazienti in trattamento con neurolettici sviluppa Parkinsonismo farmacologico, mentre altre forme di disturbi del movimento, come la discinesia tardiva e l’acatisia, possono presentarsi in una percentuale ancora maggiore, specialmente nei trattamenti a lungo termine.
    • La frequenza dei DMIF è particolarmente elevata nei pazienti psichiatrici in terapia cronica con antipsicotici, nei soggetti sottoposti a trattamenti prolungati con antiemetici dopaminolitici e in coloro che assumono farmaci con effetti extrapiramidali per condizioni neurologiche o metaboliche.
    • Le reazioni avverse ai farmaci che coinvolgono il sistema motorio sono spesso sottostimate nei contesti di medicina generale, poiché i sintomi iniziali possono essere confusi con patologie preesistenti o con effetti collaterali minori, ritardando così la diagnosi e l’intervento terapeutico.
    • In ambito ospedaliero, le RAF rappresentano una delle cause più comuni di ricovero iatrogeno, con una quota significativa di pazienti che presentano sintomi extrapiramidali a seguito di trattamenti farmacologici non adeguatamente monitorati.
  • Variabili nell’insorgenza dei disturbi del movimento e delle reazioni avverse ai farmaci
    • Età e vulnerabilità legata all’invecchiamento
      • L’età avanzata è uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo dei DMIF e delle RAF, poiché il sistema dopaminergico subisce un naturale declino con l’invecchiamento, riducendo la capacità del cervello di compensare gli effetti farmacologici sulla trasmissione neurochimica.
      • Nei pazienti anziani, la clearance epatica e renale dei farmaci è ridotta, aumentando la loro permanenza nell’organismo e il rischio di effetti collaterali. Questo è particolarmente rilevante nei trattamenti con neurolettici, benzodiazepine e antidepressivi triciclici, che possono indurre rigidità muscolare, tremore e bradicinesia più rapidamente rispetto ai soggetti più giovani.
      • Gli anziani in terapia con più farmaci (polifarmacoterapia) sono particolarmente vulnerabili, poiché le interazioni tra diversi principi attivi possono amplificare gli effetti extrapiramidali e aumentare il rischio di sviluppare complicanze motorie croniche.
    • Genere e differenze nella suscettibilità farmacologica
      • Studi clinici suggeriscono che il sesso femminile sia più vulnerabile agli effetti extrapiramidali dei farmaci, specialmente durante la menopausa, quando la diminuzione degli estrogeni riduce la protezione neurochimica della dopamina.
      • Le donne trattate con antipsicotici tipici mostrano un’incidenza più elevata di Parkinsonismo farmacologico e discinesia tardiva, mentre gli uomini tendono a manifestare con maggiore frequenza acatisia e sindromi da iperattività motoria indotta da farmaci.
      • Il metabolismo dei farmaci differisce tra i due sessi: le donne hanno una minore attività degli enzimi epatici CYP2D6, il che può portare a un accumulo prolungato di neurolettici e antidepressivi, aumentando il rischio di effetti extrapiramidali.
    • Occupazione e rischio di esposizione ai farmaci
      • Alcune categorie professionali sono più esposte ai DMIF e alle RAF a causa della natura del lavoro e dell’uso cronico di farmaci. Ad esempio, operatori sanitari, personale militare e lavoratori del settore chimico possono essere esposti a sostanze che interferiscono con la trasmissione dopaminergica o che potenziano gli effetti di farmaci psicotropi.
      • L’esposizione a pesticidi, solventi industriali e metalli pesanti è stata correlata a un maggiore rischio di sviluppare sintomi extrapiramidali, specialmente se associata all’uso di farmaci con effetti sul sistema motorio.
      • I lavoratori con ritmi di lavoro stressanti o turnazioni notturne possono sviluppare una maggiore sensibilità agli effetti collaterali dei farmaci, poiché la privazione del sonno e l’alterazione del ritmo circadiano possono compromettere la regolazione neurochimica e aumentare la vulnerabilità agli effetti extrapiramidali.
    • Area geografica e differenze nelle pratiche prescrittive
      • La prevalenza dei DMIF e delle RAF varia in base alla regione geografica, influenzata dalle diverse pratiche di prescrizione, dalla disponibilità di farmaci di nuova generazione e dalle politiche sanitarie locali.
      • Nei paesi occidentali, l’uso crescente di antipsicotici atipici ha ridotto l’incidenza dei disturbi extrapiramidali rispetto all’epoca in cui gli antipsicotici tipici erano la prima scelta di trattamento. Tuttavia, il Parkinsonismo farmacologico rimane un problema significativo nei pazienti anziani e nei soggetti con politerapia psichiatrica.
      • Nei paesi in via di sviluppo, la maggiore diffusione di farmaci più economici ma con alto rischio extrapiramidale, come clorpromazina e aloperidolo, si traduce in una prevalenza più alta di DMIF rispetto ai paesi con accesso più ampio agli antipsicotici atipici.
      • Differenze culturali nell’uso dei farmaci possono influenzare la prevalenza delle RAF: ad esempio, in alcune aree dell’Asia l’uso prolungato di farmaci antiemetici a base di metoclopramide ha portato a un aumento dell’incidenza di Parkinsonismo indotto da farmaci rispetto ad altre parti del mondo.

I Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci sono una problematica clinica diffusa, con un’incidenza variabile in base a età, genere, occupazione e localizzazione geografica.

Gli anziani, le donne, i lavoratori esposti a sostanze neurotossiche e i pazienti con comorbilità psichiatriche sono tra i gruppi più a rischio.

La prevalenza di queste condizioni dipende anche dalle differenze nelle pratiche terapeutiche tra paesi, con una maggiore incidenza nei contesti in cui vengono utilizzati farmaci con un elevato rischio di effetti extrapiramidali. La comprensione di questi fattori è fondamentale per prevenire i DMIF e migliorare la gestione delle RAF, riducendo il carico di disabilità e migliorando la qualità della vita dei pazienti.

Aspetti storici dell’inquadramento diagnostico dei Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e altre Reazioni Avverse ai Farmaci 

L’inquadramento diagnostico dei Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci (DMIF) e delle Reazioni Avverse ai Farmaci (RAF) ha subito un’evoluzione significativa nel corso della storia della medicina, riflettendo il progresso nella comprensione della farmacologia, della neurobiologia e della clinica dei disturbi extrapiramidali.

Dall’inizio del XX secolo, quando i primi farmaci con effetti extrapiramidali vennero introdotti, fino agli sviluppi più recenti nella neurofarmacologia e nella psichiatria clinica, l’approccio diagnostico a queste condizioni è cambiato in modo sostanziale, passando da una fase empirica e descrittiva a un inquadramento nosografico più preciso basato su criteri standardizzati.

Nello specifico:

  • Dai primi casi clinici all’identificazione dei disturbi extrapiramidali da farmaci (1900-1950)
    • L’osservazione degli effetti collaterali extrapiramidali dei farmaci risale agli inizi del XX secolo, quando i neurologi iniziarono a notare che alcune sostanze chimiche potevano causare sintomi simili a quelli della Malattia di Parkinson. Tuttavia, in questa fase, la relazione tra farmaci e disturbi extrapiramidali non era ancora ben compresa.
    • Durante gli anni ’30 e ’40, l’uso della reserpina, un alcaloide utilizzato per trattare l’ipertensione e alcune condizioni psichiatriche, portò alla segnalazione dei primi casi di Parkinsonismo iatrogeno. All’epoca, la comunità medica non aveva ancora strumenti per distinguere il Parkinsonismo indotto da farmaci dal morbo di Parkinson idiopatico, il che portava spesso a diagnosi errate e trattamenti inadeguati.
    • I primi tentativi di classificazione delle reazioni avverse ai farmaci includevano descrizioni generiche di “sindrome extrapiramidale”, senza una distinzione chiara tra le diverse manifestazioni cliniche, come Parkinsonismo, discinesia tardiva, distonia acuta e acatisia.
  • L’era degli antipsicotici tipici e il riconoscimento dei disturbi extrapiramidali iatrogeni (1950-1970)
    • Il periodo compreso tra gli anni ’50 e ’60 fu segnato dall’introduzione su larga scala degli antipsicotici tipici, in particolare della clorpromazina (1952) e dell’aloperidolo (1958). Questi farmaci rivoluzionarono il trattamento della schizofrenia e di altri disturbi psichiatrici, ma emersero rapidamente segnalazioni di rigidità, tremore e bradicinesia nei pazienti trattati.
    • Durante questo periodo, il termine “sindrome extrapiramidale da neurolettici” divenne ampiamente utilizzato per descrivere gli effetti collaterali motori associati agli antipsicotici. Tuttavia, la comprensione della fisiopatologia era ancora limitata, e i trattamenti erano spesso inefficaci o empirici.
    • L’uso diffuso degli antiemetici dopaminolitici come la metoclopramide e la flunarizina portò a un aumento dei casi di Parkinsonismo indotto da farmaci anche in pazienti non psichiatrici, evidenziando che il problema non era limitato ai neurolettici.
    • Negli anni ’60, la discinesia tardiva fu riconosciuta come una manifestazione separata del Parkinsonismo farmacologico, caratterizzata da movimenti involontari persistenti anche dopo la sospensione del farmaco. La difficoltà nel trattare questa condizione spinse i ricercatori a cercare alternative terapeutiche con minori effetti extrapiramidali.
  • L’integrazione nei manuali diagnostici e l’espansione della categoria dei DMIF (1970-1990)
    • Durante gli anni ’70 e ’80, la crescente consapevolezza dell’impatto dei DMIF portò alla loro inclusione nei principali sistemi di classificazione medica.
    • Il DSM-III (1980) fu il primo manuale diagnostico a includere criteri specifici per i disturbi extrapiramidali indotti da farmaci, riconoscendo ufficialmente il Parkinsonismo da neurolettici, la discinesia tardiva e l’acatisia come condizioni iatrogene distinte.
    • Durante questo periodo, vennero condotti studi epidemiologici su larga scala per valutare la prevalenza e i fattori di rischio dei DMIF, dimostrando che i pazienti più vulnerabili erano gli anziani, le donne e i soggetti in trattamento prolungato con antipsicotici ad alte dosi.
    • L’introduzione dei primi antipsicotici atipici negli anni ’90 (clozapina e risperidone) portò a un cambio di paradigma nella gestione dei disturbi extrapiramidali, con una riduzione della prevalenza del Parkinsonismo farmacologico, ma con il mantenimento del rischio di discinesia tardiva e di altre reazioni avverse ai farmaci.
  • Dagli anni 2000 a oggi: precisione diagnostica e approccio multidisciplinare
    • Nei primi anni 2000, il DSM-IV e il DSM-5 perfezionarono i criteri per i DMIF, introducendo una classificazione più dettagliata basata sulla tipologia del disturbo del movimento e sul farmaco responsabile.
    • L’avvento delle neuroimmagini funzionali, come il DAT-scan, permise di distinguere con maggiore precisione il Parkinsonismo indotto da farmaci dalla Malattia di Parkinson idiopatica, migliorando l’accuratezza diagnostica e riducendo il rischio di trattamenti errati.
    • Le linee guida cliniche internazionali enfatizzarono l’importanza di monitorare regolarmente i pazienti in terapia con neurolettici e antiemetici, al fine di prevenire e trattare tempestivamente gli effetti extrapiramidali.
    • La ricerca farmacologica si è orientata verso lo sviluppo di nuovi farmaci antipsicotici e antiemetici con minore affinità per i recettori D2 della dopamina, riducendo significativamente il rischio di Parkinsonismo farmacologico e discinesia tardiva nei pazienti trattati.
    • L’approccio multidisciplinare, che coinvolge neurologi, psichiatri e farmacologi clinici, è diventato sempre più fondamentale nella gestione dei DMIF, con strategie personalizzate per minimizzare il rischio di effetti extrapiramidali senza compromettere il trattamento della patologia principale.

L’inquadramento diagnostico dei Disturbi del Movimento Indotti da Farmaci e delle Reazioni Avverse ai Farmaci ha attraversato un lungo percorso, passando da un’osservazione clinica empirica all’integrazione nei manuali diagnostici moderni e all’uso di tecnologie avanzate per la diagnosi differenziale.

L’evoluzione della psichiatria e della neurologia ha portato a una maggiore consapevolezza dei rischi associati all’uso prolungato di farmaci dopaminolitici, migliorando la capacità di prevenire, riconoscere e trattare queste condizioni.

Tuttavia, il rischio di sviluppare DMIF persiste in alcuni gruppi di pazienti, rendendo fondamentale un’attenta sorveglianza clinica e un costante aggiornamento delle strategie terapeutiche per garantire un equilibrio tra efficacia del trattamento e minimizzazione degli effetti avversi.

Pensi di essere ADHD?

Fai ora il test di autovalutazione che può fornirti una prima indicazione sulla possibilità di intraprendere un percorso diagnostico.

Pensi di soffrire di un disturbo d’ansia?

Fai ora il test di autovalutazione che può fornirti una prima indicazione sulla possibilità di intraprendere un percorso diagnostico per l’ansia.

Pensi di soffrire di depressione?

Fai ora il test di autovalutazione che può fornirti una prima indicazione sulla possibilità di intraprendere un percorso diagnostico per la depressione. 

Pensi di essere una persona autistica?

Fai ora il test di autovalutazione che può fornirti una prima indicazione sulla possibilità di intraprendere un percorso diagnostico per l’autismo.