La sensorialità è il primo linguaggio che abbiamo per entrare in contatto con il mondo.
Prima ancora del pensiero razionale, prima delle parole, prima delle emozioni complesse, il nostro corpo sente.
Riceve, interpreta, filtra e integra informazioni provenienti dai sensi: la luce che arriva agli occhi, i suoni che vibrano nelle orecchie, il profumo di un ambiente, la temperatura dell’aria sulla pelle, il movimento del corpo nello spazio.
Tutto questo non è solo esperienza fisica: è ciò che ci orienta, ci organizza e ci dà la certezza di essere presenti, vivi, connessi con ciò che ci circonda.
Nel cervello neurotipico, questo sistema sensoriale è generalmente ben regolato. Le informazioni arrivano, vengono processate in modo fluido, filtrate in base alla rilevanza, ignorate quando non servono, amplificate quando necessario.
Una persona neurotipica entra in una stanza e, senza nemmeno accorgersene, esclude il rumore di fondo, si concentra sulla voce dell’interlocutore, percepisce la sedia su cui è seduta senza esserne disturbata, tollera la luce artificiale senza affaticarsi.
Questo equilibrio sensoriale permette una partecipazione naturale alla vita quotidiana, perché il corpo sa dosare cosa sentire, quanto sentire, e quando “spegnere” qualcosa che altrimenti sarebbe eccessivo.
Ma nelle neurodivergenze — come l’ADHD (o disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività) e l’autismo (o disturbo dello spettro autistico)— questo sistema di regolazione sensoriale può funzionare in modo diverso.
L’elaborazione degli stimoli non è sempre modulata in modo fluido. A volte è amplificata, altre volte è attenuata.
A volte tutto arriva contemporaneamente, troppo forte, troppo acceso. Altre volte non arriva niente, o sembra non arrivare niente.
È in questo contesto che emergono due esperienze opposte ma profondamente collegate: il vuoto sensoriale e il pieno sensoriale.
In molte condizioni neurodivergenti, le persone oscillano tra questi due estremi: momenti di sovraccarico che sfociano nel bisogno di “spegnersi”, e momenti di vuoto in cui cercano stimoli forti per riattivarsi.
Si tratta di una diversa architettura del modo in cui il corpo e la mente leggono il mondo.
Un supporto concreto per l’autismo
Il nostro Centro Clinico offre diagnosi, consulenze e percorsi personalizzati per supportare al meglio le persone autistiche e le loro famiglie. Scopri come possiamo aiutarti.
Il tuo punto di riferimento per l’ADHD
Se cerchi un aiuto concreto per affrontare l’ADHD, il nostro Centro Clinico è qui per te. Offriamo diagnosi accurate, trattamenti personalizzati e supporto continuo per aiutarti a vivere al meglio.
Cosa si intende per Vuoto Sensoriale e Cosa Comporta?
Il vuoto sensoriale è tipico nell’ADHD.
Non è semplicemente il silenzio o l’assenza di rumori forti ma uno stato in cui il cervello non riceve abbastanza stimoli sensoriali e per questo entra in uno stato di squilibrio.
Non è il troppo, ma è il troppo poco. Non c’è abbastanza da sentire, da registrare, da “agganciarsi”, e il sistema nervoso, già naturalmente incline alla ricerca di stimoli, si attiva per cercarli in altro modo. Questo “vuoto” non è neutro: per un cervello ADHD può essere ansiogeno, disturbante o persino destabilizzante.
In pratica, quando l’ambiente è troppo piatto — ad esempio, quando c’è silenzio assoluto, assenza di ritmo, mancanza di segnali tattili o uditivi prevedibili — il cervello ADHD non riesce a “stare fermo”.
Non per mancanza di volontà, ma perché non ha abbastanza input per sostenere un livello minimo di regolazione interna.
Questo può generare iperattività motoria (tamburellare, dondolarsi, camminare avanti e indietro), ma anche difficoltà a mantenere l’attenzione, senso di agitazione, tensione muscolare o fuga cognitiva.
Il vuoto sensoriale, quindi, è il risultato di un ambiente che non offre al cervello quel minimo stimolo costante e rassicurante che gli permetterebbe di stabilizzarsi.
Quando si parla di “evitare il vuoto sensoriale” in chi è ADHD, si intende proprio questo: dare al cervello un ancoraggio percettivo, anche minimo, che lo aiuti a non dover cercare stimoli attraverso l’iperattivazione corporea.
Non si tratta di sovraccaricare, ma di modulare: inserire uno sfondo sensoriale leggero, prevedibile, tollerabile, ma costante.
Perché, per molte persone neurodivergenti, un ambiente “spento” non è riposante: è caotico nella sua mancanza di segnali chiari. E dove il cervello tipico si rilassa, quello ADHD va in allarme.
In questo senso, il vuoto sensoriale non è solo una mancanza. È un vuoto che attiva: attiva il bisogno di cercare, di muoversi, di colmare.
Può comportare, in una persona ADHD:
- Iperattività motoria compensatoria: quando l’ambiente è troppo povero di stimoli sensoriali prevedibili, il corpo ADHD tende a “fare da sé” per generare sensazioni che aiutino a restare svegli, concentrati o semplicemente presenti. Questo si traduce in tamburellare con le dita, dondolare sulla sedia, muovere gambe e piedi, fare piccoli rumori con la bocca, giocare con oggetti tra le mani, alzarsi di frequente. Sono tutti comportamenti che hanno una funzione regolativa: creano input fisici o ritmici che aiutano a colmare il vuoto e generare una sorta di auto-stimolazione dopaminergica. Non sono segni di distrazione “gratuita”, ma risposte del corpo al bisogno di stimolo sensoriale.
- Distrazione aumentata e calo della vigilanza: il vuoto sensoriale può portare a un rapido abbassamento della soglia dell’attenzione. Quando l’ambiente non offre nulla su cui “agganciare” la mente, il cervello ADHD si scollega. La mancanza di stimoli esterni coerenti rende più difficile mantenere la concentrazione su un compito, soprattutto se è noioso, monotono o privo di ricompense immediate. Il risultato è che la mente vaga, si distrae, si perde in pensieri casuali o si dissocia momentaneamente dalla situazione. Questo è uno dei motivi per cui l’apparente “calma” di un’aula silenziosa può essere, per un cervello ADHD, fonte di disconnessione più che di concentrazione.
- Sensazione di agitazione interna: nel vuoto sensoriale, molte persone ADHD riferiscono di provare una strana forma di tensione interna: non c’è uno stimolo esterno evidente, ma il corpo è agitato, il battito può accelerare, si ha la sensazione di voler “scappare” da qualcosa che non si riesce a nominare. È come se il sistema nervoso fosse attivato senza sapere dove andare. Questo può generare disagio fisico, irritabilità o nervosismo immotivato. Il paradosso è che l’ambiente sembra calmo, ma la persona non si sente affatto calma: sente il bisogno di stimolo, e la sua assenza diventa stressante.
- Difficoltà a iniziare o portare a termine un’attività: senza stimoli sensoriali minimi che creino ritmo o presenza, le persone ADHD faticano anche solo ad “attaccarsi” a un compito. Manca la spinta iniziale. È come se il cervello non riuscisse ad “accendersi”. Questo spiega perché, in certe situazioni, mettere in sottofondo una musica ritmica, un rumore bianco o creare una stimolazione corporea lieve (come sedersi su una sedia con peso o usare un oggetto da manipolare) può rendere molto più semplice iniziare un’attività. Il vuoto sensoriale, al contrario, inibisce questo innesco. Anche le attività che normalmente risultano piacevoli o interessanti possono apparire faticose o inaccessibili in assenza di stimolazione adeguata.
- Sensazione di disconnessione o “assenza”: il vuoto sensoriale può anche portare a un senso di distacco da sé e dall’ambiente. Non nel senso patologico della dissociazione, ma in una forma più lieve e quotidiana: la persona è lì, ma non si sente del tutto “dentro” al contesto. Sente che sta guardando, ma non registrando; che sta ascoltando, ma non assorbendo. Questo stato può compromettere fortemente l’apprendimento, la memoria e l’interazione sociale. Non è sonnolenza o disinteresse: è mancanza di ancoraggio. Il cervello ha bisogno di segnali costanti per “sentirsi dentro” alla realtà. Quando mancano, si ritira.
- Aumento dell’irritabilità e della frustrazione: un vuoto sensoriale prolungato, soprattutto in contesti obbligatori come scuola, lavoro o studio, può sfociare in irritazione. Non succede nulla di visibile, ma internamente cresce un senso di frustrazione, impazienza, intolleranza al contesto. Nei bambini, questo può manifestarsi con comportamenti oppositivi, scoppi emotivi o bisogno di muoversi. Negli adolescenti e negli adulti, può emergere sotto forma di commenti sarcastici, fuga mentale, procrastinazione o stanchezza emotiva. Il cervello ADHD, senza stimolo, entra in uno stato che può diventare anche rabbioso, perché non riesce a trovare equilibrio.
Pensi di essere ADHD?
Compila il test di autovalutazione! Ti darà un’indicazione sull’opportunità di approfondire con diagnosi e terapia. Bastano 3 minuti per avere il risultato.
Hai il sospetto che l’ADHD ti stia influenzando la vita?
Se credi che l’ADHD possa limitarti, un percorso diagnostico ti aiuterà a ottenere chiarezza e a capire come affrontarlo al meglio.
L’ADHD ti sta mettendo alla prova ogni giorno?
Un trattamento mirato può aiutarti a gestire meglio i sintomi dell’ADHD, migliorando la tua qualità della vita e restituendoti il controllo delle tue azioni.
Cosa si Intende per Pieno Sensoriale e Cosa Comporta?
Il pieno sensoriale, al contrario del vuoto sensoriale, è quando la percezione degli stimoli sensoriali è eccessiva, tutto arriva insieme, senza filtro, senza ordine.
È il rumore della penna sul banco, il ronzio del neon, il battito del cuore, il profumo dei vestiti, le voci che si sovrappongono, la luce che brucia gli occhi, i vestiti che grattano, la sedia che preme sulle gambe.
È la sensazione che ogni stimolo entri nel corpo senza chiedere permesso, senza potersi regolare, senza possibilità di “mettere in pausa”.
Questo tipo di sovraccarico sensoriale può provocare stress, ansia, crisi di rabbia, oppure il bisogno improvviso di isolarsi, di coprirsi le orecchie, di fuggire da ambienti affollati.
Anche in questo caso, non è una reazione “esagerata” o emotiva, ma una risposta concreta del sistema nervoso che non riesce a contenere tutto ciò che sta ricevendo.
Il pieno sensoriale è tipico nell’autismo, in cui sono comuni i casi di ipersensorialità e che comportano:
- Sovraccarico percettivo e difficoltà a filtrare gli stimoli: nel cervello autistico, uno dei meccanismi che può risultare alterato è quello della filtro selettivo degli stimoli sensoriali. In condizioni tipiche, il sistema nervoso decide quali stimoli ignorare e quali elaborare in primo piano (ad esempio: non sentire il rumore del frigorifero mentre si conversa). Nelle persone autistiche, questo filtro è spesso ridotto o assente: ogni suono, luce, odore, tocco, movimento può arrivare con la stessa intensità e importanza. Il pieno sensoriale si verifica proprio quando troppe informazioni sensoriali vengono elaborate contemporaneamente, senza poter essere messe in ordine, ignorate o “abbassate di volume”. Questo causa una sensazione di sovraccarico costante, come se il cervello fosse invaso da segnali che non riesce a gestire.
- Reazioni emotive intense e perdita di controllo: quando il pieno sensoriale supera la soglia di tolleranza individuale, il sistema nervoso può reagire con emozioni esplosive e difficilmente contenibili (quello che comunemente viene chiamato meltdown nell’autismo) Questo non è un semplice “fastidio”: è un’esperienza totalizzante che può generare panico, rabbia, frustrazione o un senso di sopraffazione incontrollabile. Nei bambini, questo può portare a crisi comportamentali, urla, pianti improvvisi o tentativi di fuggire fisicamente dal contesto. Negli adulti, si può manifestare come blocco motorio, silenzio, irritabilità estrema o anche un crollo emotivo interno. Non è una “scelta”, ma una reazione automatica di autodifesa a uno stimolo percepito come eccessivo o ingestibile.
- Chiusura comunicativa e blocco cognitivo: durante un episodio di pieno sensoriale, molte persone autistiche vanno incontro a un blocco temporaneo della comunicazione verbale o dell’elaborazione cognitiva (ciò che comunemente viene chiamato shutdown nell’autismo). Questo avviene perché tutte le risorse cerebrali vengono dirottate sulla gestione degli stimoli sensoriali, lasciando poco spazio alla regolazione del linguaggio, al pensiero astratto o alla pianificazione dell’azione. In questi momenti, la persona può smettere di parlare, rispondere con monosillabi, o sembrare distante. È importante capire che non si tratta di disinteresse o rifiuto: è una forma di “protezione interna” che serve a gestire l’eccesso di input. Anche funzioni molto consolidate, come scrivere, leggere o eseguire compiti semplici, possono diventare impossibili durante il sovraccarico.
- Dolore fisico o sensazioni corporee estremamente amplificate: per alcune persone autistiche, il pieno sensoriale non è solo stressante a livello mentale: è anche fisicamente doloroso. Suoni troppo forti, luci troppo intense, odori pungenti o certi tipi di tessuto possono causare disagio fisico acuto, simile a un dolore vero e proprio. Anche stimoli “normali” per altri — come il fruscio di un abito, un profumo nell’aria, la luce al neon o il brusio di una stanza — possono essere percepiti come aggressivi, invasivi, insopportabili. Questo comporta una continua tensione corporea, rigidità muscolare o l’adozione di posture protettive (mani sulle orecchie, occhi chiusi, spalle sollevate), come se la persona stesse difendendosi da un attacco invisibile ma concreto.
- Comportamenti di coping e stimolazione autogestita: si fronte al pieno sensoriale, molte persone autistiche mettono in atto comportamenti di coping per cercare di ridurre lo stimolo, oppure per contrastarlo con stimoli più prevedibili e rassicuranti. Questi comportamenti possono includere dondolarsi avanti e indietro, emettere suoni ritmici, stringere oggetti, camminare in cerchio, ripetere frasi o parole (ecolalia), toccarsi in modo ripetitivo. Queste strategie, spesso chiamate “stimming”, non sono “strane” o “inappropriate”, ma strumenti fondamentali per riequilibrare il sistema nervoso. Quando vengono inibiti o giudicati negativamente, la persona può perdere l’unico mezzo che ha per difendersi dal sovraccarico, con conseguenze ancora più gravi.
- Fuga da ambienti sovrastimolanti e ritiro sociale: dopo esperienze frequenti di pieno sensoriale, molte persone autistiche imparano a evitare attivamente gli ambienti che le sovraccaricano: centri commerciali, feste affollate, aule scolastiche rumorose, mezzi pubblici, luoghi con luci forti o troppi stimoli visivi. Questo può portare a un progressivo isolamento sociale, non perché manchi il desiderio di relazione, ma perché la presenza in certi ambienti ha un costo sensoriale ed emotivo troppo alto. Alcune persone si ritirano nel silenzio della propria stanza, altre usano cuffie, occhiali da sole o indumenti contenitivi come barriere protettive. Questa fuga non è debolezza: è un atto di autodifesa legittimo per preservare l’equilibrio interno.
- Esaurimento e post-sovraccarico sensoriale (sensory burnout): il pieno sensoriale frequente o prolungato può portare a un esaurimento sensoriale o “sensory burnout”. È una condizione in cui il sistema nervoso, troppo a lungo sottoposto a stimoli che non riesce a regolare, entra in uno stato di profonda stanchezza. La persona si sente esausta, apatica, non riesce a parlare o a muoversi normalmente, ha bisogno di isolamento e silenzio assoluto. Questo esaurimento può durare ore o giorni, e spesso viene scambiato per depressione o pigrizia. In realtà, è il segnale che il cervello ha lavorato troppo, ha dovuto “difendersi” in continuazione, e ora ha bisogno di ricaricarsi. Rispettare questo stato e offrire ambienti protetti e prevedibili è fondamentale per evitare ricadute e peggioramenti.
Pensi di essere una persona autistica?
Compila il test di autovalutazione! Ti darà un’indicazione sull’opportunità di approfondire con diagnosi e terapia. Bastano 5 minuti per avere il risultato.
Senti che le difficoltà sociali ti isolano?
Se pensi di essere una persona AUTISTICA e hai difficoltà nella comunicazione e nelle interazioni sociali, una diagnosi può offrirti la comprensione necessaria per affrontare le tue sfide quotidiane. Vuoi avere più informazioni?
Ti senti bloccato nelle relazioni e nella comunicazione?
Con un percorso terapeutico adatto, puoi trovare strategie per migliorare le tue interazioni sociali e sentirti più a tuo agio nel mondo.