Funzioni Esecutive nell’ADHD

Tempo di lettura: 6 minuti

Indice Contenuti
ADHD e funzioni esecutive compromesse

Quando si parla di ADHD, spesso si sente nominare un termine che può suonare un po’ tecnico: funzioni esecutive.

È una di quelle espressioni che ricorrono spesso nei contesti clinici, negli articoli divulgativi o nei percorsi terapeutici, ma che non sempre vengono spiegate in modo chiaro.

Eppure, capire cosa sono le funzioni esecutive è fondamentale per comprendere davvero cosa significhi vivere l’ADHD e perché certe difficoltà – che a prima vista sembrano semplici “distrazioni” o “svogliatezze” – abbiano in realtà basi neurocognitive molto più profonde e complesse.

Le funzioni esecutive sono un insieme di processi cognitivi che il cervello utilizza per organizzare, pianificare, regolare e portare a termine i compiti.

In altre parole, sono le competenze mentali che ci permettono di trasformare un’intenzione in un’azione, di adattarci alle situazioni nuove, di gestire il tempo, di inibire comportamenti impulsivi e di mantenere la concentrazione su un obiettivo.

Si potrebbe dire che le funzioni esecutive sono il “comando centrale” del cervello, ciò che ci aiuta a navigare nella complessità della vita quotidiana.

Chi vive con l’ADHD, in misura e modalità differenti da persona a persona, sperimenta difficoltà proprio in queste aree.

L’ADHD è infatti considerato un disturbo del neurosviluppo che coinvolge fortemente le funzioni esecutive.

È come se il “comando centrale” facesse più fatica a coordinare il tutto, perché i meccanismi che regolano la gestione dell’attenzione, dell’impulsività, del tempo e dell’organizzazione sono meno efficienti o meno stabili.

Una compromissione delle funzioni esecutive spiega il perché, ad esempio, una persona ADHD può avere idee brillanti ma non riuscire a trasformarle in azione perché si perde nei passaggi intermedi.

Per avere informazioni più approfondite sulle funzioni esecutive, leggi il nostro articolo ” Funzioni cognitive: Funzioni Esecutive

In Cosa Consiste la Compromissione delle Funzioni Esecutive nell’ADHD?

Capire cosa siano esattamente le funzioni esecutive può non essere semplice, soprattutto perché si tratta di un concetto che appartiene a un ambito piuttosto tecnico delle neuroscienze cognitive.

Non è qualcosa di immediato o visibile, non ha una forma definita, e spesso rimane un termine un po’ astratto se non si ha familiarità con il linguaggio clinico o psicologico.

Proprio perché il concetto può sembrare vago, quello che può aiutare a comprenderlo davvero è partire dall’esperienza. Vediamo allora alcuni esempi molto concreti e quotidiani, tratti proprio dalla vita di chi convive con l’ADHD, per capire da dove si vede che le funzioni esecutive sono coinvolte, e cosa succede quando faticano a lavorare come dovrebbero.

Ne sono alcuni esempi:

  • “So cosa devo fare, ma non riesco a iniziare.”: questa frase, così semplice e così ricorrente, racchiude una frustrazione profonda. Non si tratta di pigrizia né di mancanza di motivazione. La persona sa perfettamente cosa deve fare, magari è anche convinta dell’importanza del compito, ma resta bloccata. Sente il peso dell’azione come se fosse una montagna da scalare. Non riesce a mettere in moto il pensiero verso il gesto. Questo tipo di paralisi spesso è il risultato di una memoria di lavoro compromessa, e di una difficoltà nell’attivazione, entrambe legate alle funzioni esecutive. Se non riesco a mantenere nella mente tutti i passaggi di un’attività o non riesco a costruire una sequenza logica di azioni, iniziare è quasi impossibile. Anche le azioni più quotidiane, come lavarsi i denti o rispondere a una mail, possono diventare ostacoli insormontabili
  • “Non riesco a fermarmi prima di agire.”: l’impulsività è una delle manifestazioni più visibili nell’ADHD. Si parla senza pensarci, si interrompe una conversazione, si prende una decisione di pancia. Tutto succede in una frazione di secondo, e spesso il rimpianto arriva subito dopo. Ma non è un problema di educazione o di autocontrollo morale. Il punto è che il cervello fatica a mettere quel micro-spazio di tempo tra stimolo e reazione, che ci permette di valutare, frenare, scegliere. Questo è il risultato di un controllo inibitorio compromesso, cioè l’incapacità del cervello di bloccare un impulso automatico per lasciare spazio alla riflessione. Questo si applica non solo al comportamento, ma anche al pensiero, alle emozioni, alle decisioni. È un continuo “prima faccio, poi penso”, che può portare a molti problemi interpersonali, lavorativi, scolastici e di autostima.
  • “Comincio cento cose e non ne finisco nessuna.”: le persone ADHD hanno spesso un’immensa energia creativa. Le idee non mancano mai, e nemmeno l’entusiasmo iniziale. Ma dopo l’inizio brillante, qualcosa si spezza. Si perde la direzione, ci si annoia, si passa ad altro. Quello che manca è una struttura mentale interna capace di reggere il processo dall’inizio alla fine. Questo succede perché sono compromesse le funzioni esecutive legate alla pianificazione, all’organizzazione e alla perseveranza. La mente fatica a scomporre i compiti in step gestibili, a monitorare i progressi, a mantenere la motivazione senza continue ricompense. Così ci si ritrova con mille progetti aperti, mille cartelle, mille appunti… ma pochissime cose concluse. E questo genera frustrazione, senso di fallimento, e un’autostima che si sgretola nel tempo.
  • “So di avere una scadenza, ma mi ci metto solo all’ultimo secondo.”: un classico nell’esperienza ADHD: sapere che qualcosa va fatto, magari anche con largo anticipo, ma non riuscire ad attivarsi finché la scadenza non è praticamente arrivata. Non si tratta di mancanza di serietà. La realtà è che il cervello ADHD ha una percezione alterata del tempo. Il futuro sembra distante e ovattato, e la mente non riesce a collegare emotivamente il “fare ora” con il “stare meglio dopo”. Le funzioni esecutive coinvolte nella gestione del tempo e nella consapevolezza temporale sono spesso deboli. Questo porta a procrastinazione cronica, gestione caotica degli orari e decisioni prese sotto stress. E quando il tempo è scaduto, resta solo la corsa frenetica o il senso di colpa per non averci pensato prima.
  • “Posso concentrarmi su una cosa per ore… ma solo se mi interessa davvero.”: questo paradosso crea molta confusione, soprattutto per chi osserva l’ADHD dall’esterno. Una persona può sembrare completamente assente in compiti scolastici o lavorativi, e poi iperfocalizzarsi su un interesse personale per ore, senza neanche accorgersi del tempo che passa. La verità è che l’attenzione nell’ADHD non manca, ma è mal regolata. Le funzioni esecutive preposte a spostare e dirigere volontariamente l’attenzione sono deboli, e così la mente si aggancia solo a ciò che è stimolante o emotivamente coinvolgente. Non si riesce a decidere “voglio concentrarmi su questo adesso”: l’attenzione si muove da sola, guidata da motivazione immediata, e questo rende molto difficile gestire attività necessarie ma meno interessanti.
  • “Se qualcosa mi dà fastidio, perdo il controllo subito.”: l’emotività nell’ADHD è spesso intensa, reattiva, difficile da contenere. Le emozioni non arrivano gradualmente: travolgono. La frustrazione può trasformarsi in rabbia in pochi secondi, la delusione in malinconia profonda. Questo succede perché le funzioni esecutive legate alla regolazione emotiva sono spesso disfunzionanti. Il cervello fatica a mettere distanza tra emozione e comportamento, a elaborare con calma ciò che si prova, a modulare l’intensità. Questo porta a reazioni eccessive, a crisi emotive, ma anche a sensi di colpa successivi, quando ci si rende conto che la risposta non è stata adeguata. Non si tratta di “esagerare per attirare attenzione”: è una reale difficoltà nel contenere e gestire ciò che si prova
  • “Mi blocco quando devo cambiare piano all’improvviso.”: la vita è piena di imprevisti, di cambi di programma, di situazioni che richiedono di adattarsi. Ma per chi ha l’ADHD, questi momenti possono essere veri e propri ostacoli. Quando una cosa non va come previsto, la mente si paralizza, oppure si disorganizza completamente. Questo accade perché le funzioni esecutive responsabili della flessibilità cognitiva sono poco efficienti. La persona fatica a cambiare strategia, a passare da un’azione all’altra senza perdere il filo, a gestire più livelli di pensiero contemporaneamente. In pratica, la mente non si “muove” con agilità, ma resta impantanata. E ogni deviazione dal piano iniziale diventa un’occasione di stress o frustrazione.

Capire che cosa sono le funzioni esecutive può non essere semplice, perché siamo in un ambito piuttosto tecnico delle neuroscienze.

È un concetto che non fa parte del linguaggio comune, e spesso viene dato per scontato nei contesti clinici o terapeutici, lasciando chi ascolta con un senso di confusione o distanza.

Ma in realtà, le funzioni esecutive hanno un impatto diretto e costante sulla nostra vita quotidiana, su ogni piccola azione o decisione che prendiamo.

Proprio per questo, è importante iniziare a parlarne, trovando modi per avvicinare la teoria alla vita reale, per riconoscere nella propria esperienza quotidiana i segni di come queste funzioni lavorano… o, in certi casi, fanno fatica a farlo.

Parlare di aspetti un po’ più tecnici non significa rendere il discorso complicato o accademico, ma anzi, è un modo per dare profondità e concretezza alla comprensione dell’ADHD.

Perché l’ADHD non è una questione di atteggiamento, volontà o educazione, ma ha una natura neurobiologica ben precisa.

Le difficoltà che emergono non sono frutto di disinteresse o disorganizzazione personale, ma di un sistema nervoso che funziona in modo diverso, soprattutto nella gestione del pensiero, del comportamento e delle emozioni.

Le funzioni esecutive sono esattamente il “cuore operativo” di questo sistema, ed è lì che spesso si trovano le maggiori difficoltà e i principali sintomi dell’ADHD.

Comprendere come funziona questa dimensione del cervello non è solo utile per chi vive l’ADHD, ma anche per chi sta loro vicino: genitori, insegnanti, partner, colleghi.

È un passaggio fondamentale per smettere di interpretare certe fatiche come mancanze personali e iniziare a leggerle per ciò che sono davvero: segnali di un diverso modo di processare il mondo.

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments

ADHD a 360 gradi

Condividilo

Pensi di essere ADHD?

Fai ora il test di autovalutazione che può fornirti una prima indicazione sulla possibilità di intraprendere un percorso diagnostico.

Guarda le nostre recensioni

Pensi di essere ADHD?

Fai ora il test di autovalutazione che può fornirti una prima indicazione sulla possibilità di intraprendere un percorso diagnostico. Bastano 3 minuti per avere il risultato.

Se ti è piaciuto l'articolo iscriviti alla newsletter per non perdere tutte le nostre comunicazioni.