Anoressia Nervosa

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L’anoressia nervosa è un disturbo alimentare caratterizzato da una preoccupazione eccessiva per il peso e la forma del corpo, accompagnata da restrizioni alimentari estreme che portano a una significativa perdita di peso e alla paura di ingrassare.

Le persone affette da anoressia nervosa spesso vedono il proprio corpo in modo distorto, percependosi come sovrappeso nonostante il peso sottopeso evidente.

Questo disturbo può comportare gravi conseguenze per la salute fisica e mentale ed è importante riconoscerlo fin delle sue forme iniziali o sottosoglia.

La Clinica Psicologica GAM-Medical, specializzata nella diagnosi e nel trattamento dei DCA (Disturbi Della Nutrizione e dell’Alimentazione), offre servizi specializzati anche per l’anoressia nervosa.


Categoria Diagnostica d’Appartenenza: Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione


Che cos’è l’Anoressia Nervosa?

Nel DSM-5, l’anoressia nervosa è classificata all’interno della categoria “Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione“.

Questa categoria comprende disturbi caratterizzati da comportamenti disfunzionali legati all’assunzione di cibo e al controllo del peso, che portano a gravi conseguenze fisiche e psicologiche. 

L’anoressia nervosa è riconosciuta come una delle psicopatologie più gravi e potenzialmente letali tra i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione che porta a molteplici complicazioni mediche e psicologiche.

La condizione è conosciuta comunemente come “anoressia”, anche se il termine corretto in ambito clinico è “anoressia nervosa”.

Il termine “nervosa” indica che si tratta di un disturbo che ha una matrice psicologica e non organica, ovvero che non è causata da una malattia fisica che compromette il senso della fame, ma da fattori psicologici, emotivi, cognitivi e comportamentali che portano la persona a ridurre drasticamente l’assunzione di cibo, fino a compromettere gravemente il proprio stato di salute.

Sebbene l’etimologia del termine “anoressia” significhi letteralmente “assenza di appetito “, questa definizione non cattura adeguatamente la complessità e le motivazioni sottostanti di questo disturbo psicopatologico. 

In realtà, la mancanza di appetito non è la causa primaria che spinge chi ne soffre a non mangiare. Questo disturbo è molto più legato a fattori psicologici e comportamentali che alla semplice assenza di fame.

Infatti, nelle fasi iniziali del disturbo, la restrizione dell’assunzione di cibo è generalmente volontaria e motivata da un desiderio cosciente di perdere peso o di mantenere un peso basso.

Contrariamente a quanto suggerisce l’etimologia del termine, la fame è spesso presente nelle fasi iniziali, ma viene ignorata o soppressa attraverso un forte controllo volontario.

Solo nelle fasi più avanzate dell’anoressia nervosa, dopo un prolungato periodo di restrizione alimentare, può verificarsi una reale riduzione dell’appetito.

Questo accade quando lo stomaco si è ristretto e il metabolismo si è rallentato in risposta alla carenza di nutrienti.

Sintomi e Criteri diagnostici dell’Anoressia Nervosa 

Nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione), l’anoressia nervosa è definita come un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione.

I criteri diagnostici da soddisfare per una diagnosi di anoressia sono:

  1. Restrizione dell’Assunzione di Energia rispetto al fabbisogno, che porta a un peso corporeo significativamente basso rispetto alla norma per età, sesso, sviluppo e salute fisica.
    • Questo criterio si riferisce alla restrizione volontaria dell’assunzione di cibo, spesso accompagnata da diete severe, digiuni o altri comportamenti per limitare l’assunzione calorica.
  2. Paura intensa di aumentare di peso o diventare grassi, anche se sottopeso.
    • Le persone con anoressia nervosa hanno una preoccupazione patologica e irrazionale per il peso corporeo e la forma del corpo, che non è proporzionata al reale peso corporeo.
  3. Alterazione della percezione del peso o della forma del corpo, con una valutazione disproporzionatamente influenzata dal peso corporeo o dalla forma corporea.
    • Questo criterio indica una distorsione della percezione di sé stessi, in cui il peso corporeo viene sovrastimato o la forma del corpo è giudicata in modo distorto.

Oltre ai criteri di base sopra elencati, il DSM-5 fornisce anche specificatori per l’anoressia nervosa che possono aiutare a descrivere ulteriormente la gravità del disturbo e le caratteristiche cliniche:

  • Tipo di Restrizione Alimentare: può essere specificato se l’anoressia nervosa è di tipo restrittivo, dove la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la restrizione dell’assunzione calorica, o di tipo binge-eating/purging (con abbuffate/condotte di eliminazione), dove sono presenti anche episodi di abbuffata o comportamenti compensatori come il vomito autoindotto o l’uso di lassativi.
  • Grado di gravità attuale:
    • Lieve: BMI (Indice di Massa Corporea) maggiore o uguale a 17.
    • Moderata: BMI tra 16-16.99.
    • Grave: BMI tra 15-15.99.
    • Estremamente grave: BMI inferiore a 15.

Per diagnosticare l’anoressia nervosa, i sintomi devono essere presenti per un periodo significativo e non devono essere attribuibili a altre condizioni mediche o psichiatriche. 

L’anoressia nervosa è un disturbo estremamente complesso e sfaccettato, che nella realtà va ben oltre quelli che sono i criteri diagnostici formali richiesti per la diagnosi.

Sicuramente quei criteri rappresentano una base necessaria per inquadrare il disturbo, ma sarebbe riduttivo pensare che l’anoressia si esaurisca in quei pochi elementi clinici.

Si tratta, infatti, di una condizione che tende a trascinare la persona dentro un vero e proprio vortice, in cui il controllo sul peso, che apparentemente sembra la motivazione centrale, si trasforma progressivamente in una perdita totale di controllo sulla propria vita.

È come se la persona, nel tentativo di controllare il corpo, finisse per essere completamente assorbita e dominata dal rapporto patologico con il cibo, che diventa la vera e propria prigione, molto più che l’ossessione per la magrezza in sé.

Ad un certo punto, infatti, è riduttivo e anche fuorviante pensare che chi soffre di anoressia nervosa lo faccia perché vuole semplicemente essere magro o bello.

Questa è una lettura superficiale che non coglie la profondità e la complessità del disturbo.

L’anoressia nervosa è un disturbo che si nutre di ossessività, di rigidità, di schemi mentali chiusi e ripetitivi che invadono ogni aspetto della vita della persona, andando a deteriorare nel tempo in modo profondo e radicato il rapporto con il cibo.

Non si tratta più di una semplice restrizione calorica o di evitare certi cibi, ma si arriva a sviluppare una vera e propria paura patologica verso determinati alimenti, conosciuta come fear food, ovvero cibi che diventano proibiti, pericolosi, intollerabili, e che spesso diventano difficilissimi da reintegrare anche quando il peso corporeo è stato parzialmente recuperato.

Questo fenomeno porta la persona a una selettività alimentare esasperata, in cui il repertorio alimentare si restringe fino a livelli estremi, in alcuni casi arrivando a una condizione che, pur non configurandosi formalmente come una psicosi, sfocia in comportamenti e rituali che hanno una rigidità e un’assolutezza al limite della realtà condivisa.

Si può arrivare, per esempio, a mangiare solo cibi che abbiano una certa consistenza, una certa temperatura o che siano stati preparati seguendo rituali precisi e inviolabili, con la conseguenza che tutto il resto diventa non solo evitabile, ma vissuto come una minaccia insostenibile.

Questo deterioramento profondo del rapporto con il cibo rappresenta una delle caratteristiche cliniche più insidiose dell’anoressia nervosa, perché tende a persistere nel tempo, anche nelle fasi di apparente miglioramento, rendendo il recupero completo una sfida lenta e delicata.

Età di insorgenza dell’Anoressia Nervosa

L’età di insorgenza dell’anoressia nervosa può variare, ma solitamente si manifesta durante l’adolescenza o all’inizio dell’età adulta. 

In generale, possiamo dire che l’anoressia manifesta più comunemente durante l’adolescenza, spesso tra i 13 e i 18 anni.

Questo periodo è caratterizzato da cambiamenti fisici e psicologici significativi, come lo sviluppo del corpo e delle identità personali, che possono influenzare il rapporto con il cibo e il peso corporeo.

Anche se l’adolescenza è il periodo più comune per l’insorgenza, l’anoressia nervosa può svilupparsi anche nei primi anni della vita adulta, fino ai 25-30 anni.

Questo è il periodo in cui molti individui affrontano transizioni significative come l’università, l’ingresso nel mondo del lavoro o l’indipendenza familiare, che possono essere stressanti e contribuire al manifestarsi del disturbo.

Negli ultimi anni, si è osservato un trend preoccupante di un’età di insorgenza dell’anoressia nervosa che sta gradualmente diminuendo. 

Questo significa che sempre più casi di anoressia nervosa vengono diagnosticati tra bambini e preadolescenti, segnalando una manifestazione del disturbo a età sempre più giovani rispetto al passato. 

Questo fenomeno evidenzia la necessità di una maggiore consapevolezza, di interventi preventivi mirati e di un trattamento tempestivo per mitigare l’impatto devastante del disturbo nelle fasi cruciali dello sviluppo.

Parallelamente, è importante notare che può verificarsi anche in età adulta più avanzata.

Sebbene meno comune rispetto alla sua insorgenza giovanile, ci sono casi documentati di persone che sviluppano anoressia nervosa anche oltre i 30 anni.

Pertanto, l’anoressia nervosa è solitamente diagnosticata durante l’adolescenza o i primi anni dell’età adulta, con un’età di insorgenza che riflette una combinazione di fattori biologici, psicologici e ambientali. 

Il riconoscimento precoce dei sintomi e l’accesso tempestivo a un trattamento appropriato sono fondamentali per migliorare le prospettive di recupero e ridurre le complicazioni associate a questa grave malattia.

Diagnosi Differenziale dell’Anoressia Nervosa

La diagnosi di anoressia nervosa nella pratica clinica è spesso percepita come relativamente più immediata e riconoscibile rispetto ad altre condizioni psicopatologiche, sia nell’ambito dei disturbi alimentari che in quello più generale della salute mentale.

Questo perché la anoressia nervosa presenta nella maggior parte dei casi un quadro clinico visibile, che si manifesta attraverso alterazioni fisiche marcate, quali una perdita di peso significativa e progressiva fino a raggiungere condizioni di sottopeso più o meno grave.

La dimensione fisica evidente della anoressia nervosa rende la sua identificazione talvolta più agevole per familiari, amici o contesti clinici generali rispetto ad altri disturbi, alimentari e non, in cui la sofferenza psicologica non si accompagna necessariamente a manifestazioni somatiche osservabili o in cui le alterazioni corporee non risultano così accentuate o specifiche.

Tuttavia, è fondamentale ricordare che esistono diverse condizioni psicopatologiche che possono mimare il quadro sintomatologico dell’anoressia nervosa o presentare sintomi sovrapponibili, compreso il dimagrimento o cambiamenti fisici rilevanti, che rendono necessaria una accurata diagnosi differenziale per evitare errori di inquadramento e per garantire un trattamento mirato ed efficace.

Le principali condizioni che entrano nella diagnosi differenziale dell’anoressia nervosa sono:

  • Altri disturbi alimentari: la diagnosi differenziale dell’anoressia nervosa include innanzitutto gli altri disturbi del comportamento alimentare, che possono presentare sintomi comuni ma che si differenziano per aspetti diagnostici specifici. La bulimia nervosa, ad esempio, può presentare periodi di restrizione alimentare e comportamenti di controllo calorico simili a quelli dell’anoressia, ma si caratterizza per la presenza di episodi ricorrenti di abbuffate seguiti da condotte di compensazione inappropriate come vomito autoindotto, abuso di lassativi o esercizio fisico eccessivo, spesso in un contesto di peso corporeo normale o leggermente ridotto, rendendo meno evidente il quadro fisico tipico dell’anoressia nervosa. Il disturbo da binge eating, pur presentando abbuffate alimentari, si distingue per l’assenza di condotte compensatorie regolari e per una maggiore associazione con sovrappeso o obesità. Il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID) può mimare l’anoressia per la restrizione alimentare marcata, ma è privo delle componenti cognitive tipiche dell’anoressia nervosa, quali la paura di ingrassare o l’alterazione dell’immagine corporea, essendo motivato prevalentemente da avversione sensoriale per alcuni cibi, paura di soffocamento o altre preoccupazioni non legate al peso o alla figura. Inoltre, è necessario considerare disturbi alimentari non ancora formalmente riconosciuti nei principali sistemi nosografici ma frequentemente osservati nella pratica clinica, quali l’ortoressia nervosa, caratterizzata da un’ossessione patologica per il cibo sano, e altre forme atipiche di alimentazione disfunzionale che, pur non rispondendo pienamente ai criteri diagnostici ufficiali, possono condividere pattern restrittivi o comportamenti ossessivi che rischiano di essere confusi con l’anoressia nervosa.
  • Depressione: il disturbo depressivo maggiore rappresenta un’altra condizione clinica che può simulare alcuni aspetti dell’anoressia nervosa, in particolare la riduzione dell’appetito (ipofagia) e la perdita di peso significativa, che in alcuni casi possono raggiungere livelli tali da compromettere visibilmente la condizione nutrizionale della persona. Tuttavia, la perdita di peso nella depressione è generalmente secondaria a una marcata anedonia, alla perdita di interesse verso attività quotidiane, al rallentamento psicomotorio e alla riduzione globale dell’energia, piuttosto che a una volontaria restrizione calorica o a una distorsione cognitiva rispetto al corpo e alla figura. In questo contesto, la perdita di peso si configura quindi come un sintomo secondario e non come un obiettivo intenzionale perseguito dalla persona.
  • Disturbo Borderline di Personalità: nel disturbo borderline di personalità si possono osservare pattern alimentari disfunzionali, che includono episodi di restrizione alimentare, abbuffate, vomito autoindotto o condotte compensatorie che possono mimare l’anoressia nervosa, ma che in questo caso sono frequentemente espressione di dinamiche impulsive, auto-lesive, manipolatorie o regolatorie delle emozioni intense, piuttosto che configurarsi come un disturbo alimentare primario con le caratteristiche cognitive e comportamentali tipiche dell’anoressia nervosa. In alcune situazioni, può verificarsi una anoressia secondaria al disturbo di personalità, in cui il controllo sul cibo assume una funzione di contenimento delle emozioni percepite come travolgenti, ma in un quadro clinico più ampio caratterizzato da instabilità emotiva, relazionale e comportamentale.
  • Disturbo da Uso di Sostanze: il disturbo d’uso di sostanze può determinare dimagrimenti rilevanti e alterazioni fisiche che potrebbero essere scambiate per una anoressia nervosa, soprattutto quando l’uso di sostanze anoressizzanti come amfetamine o cocaina produce una marcata riduzione dell’appetito, accompagnata da modificazioni dell’aspetto corporeo e comportamenti alimentari disfunzionali. Tuttavia, in questi casi, la perdita di peso è una conseguenza diretta dell’effetto delle sostanze sul sistema nervoso centrale e sull’appetito, senza che vi siano necessariamente le distorsioni cognitive e le paure tipiche dell’anoressia nervosa. Inoltre, il quadro clinico presenta segni distintivi legati all’abuso o dipendenza da sostanze, che devono essere accuratamente indagati in fase diagnostica
  • Disturbo ossessivo-compulsivo: il disturbo ossessivo-compulsivo può includere rituali e ossessioni legate al cibo, alla contaminazione o alla perfezione che possono portare a restrizioni alimentari estreme o a selezioni rigide e compulsive di determinati alimenti, creando un quadro clinico che potrebbe essere confuso con l’anoressia nervosa. Tuttavia, nel disturbo ossessivo-compulsivo, le condotte restrittive sono motivate da timori specifici legati alla contaminazione, alla salute o alla perfezione, e non dalla paura di ingrassare o da un’immagine corporea distorta, differenziando quindi il nucleo psicopatologico rispetto all’anoressia. È importante sottolineare però che anche l’anoressia nervosa è considerata un disturbo profondamente ossessivo nella sua natura clinica, tanto che le persone affette manifestano spesso elevati livelli di ossessività, rigidità mentale e perfezionismo, con pensieri intrusivi e ricorrenti relativi al peso, al cibo e al controllo corporeo, che assumono una connotazione pervasiva e dominante nella loro vita quotidiana. Queste componenti ossessive e perfezionistiche rappresentano un tratto distintivo dell’anoressia, che si differenzia però per il focus specifico sui temi dell’immagine corporea e della magrezza, mentre nel disturbo ossessivo-compulsivo classico le ossessioni e compulsioni possono riguardare una gamma molto più ampia di contenuti tematici.
  • Disturbo da dismorfismo corporeo: il disturbo da dismorfismo corporeo rappresenta una condizione in cui l’attenzione ossessiva verso specifici difetti corporei percepiti o immaginati può includere il peso o la forma corporea, inducendo in alcune persone comportamenti di controllo alimentare, esercizio fisico estremo o altre pratiche volte a modificare l’aspetto corporeo. Tuttavia, a differenza dell’anoressia nervosa, nel disturbo da dismorfismo corporeo l’attenzione è focalizzata su difetti corporei specifici percepiti come intollerabili o deformi, non necessariamente legati al peso, e la sofferenza principale è legata alla percezione di difetti estetici localizzati piuttosto che a una paura generalizzata di ingrassare o a una distorsione globale della figura corporea.

Quindi, nonostante la sua chiara definizione sintomatologica e la presenza di segni fisici spesso evidenti che la rendono più riconoscibile rispetto ad altri disturbi psicopatologici, l’anoressia nervosa richiede sempre un’attenta valutazione clinica e una diagnosi differenziale accurata.

Comorbilità dell’Anoressia Nervosa

L’anoressia nervosa è un disturbo alimentare e spesso capita che questi disturbi vengano accompagnate da altre condizioni psicopatologiche.

  • depressione: che si manifesta con umore depresso, anedonia, pensieri di autosvalutazione, isolamento sociale e ideazione suicidaria, aggravando il quadro anoressico e rendendo più difficile l’adesione ai percorsi di cura;
  • disturbi d’ansia: ad esempio ansia generalizzata, ansia sociale, disturbo di panico o fobie specifiche, che contribuiscono al mantenimento delle condotte alimentari restrittive come modalità disfunzionale di gestione dell’ansia e della tensione interna;
  • disturbo ossessivo-compulsivo: con rituali e ossessioni che si intrecciano ai comportamenti alimentari restrittivi e al controllo del corpo, ma anche con manifestazioni classiche di ossessioni e compulsioni non direttamente legate al cibo, a conferma del carattere profondamente ossessivo e perfezionistico dell’anoressia nervosa stessa;
  • disturbo da uso di sostanze: con abuso di alcol, amfetamine, cocaina, cannabis o farmaci anoressizzanti come modalità per contenere l’appetito, regolare emozioni dolorose o affrontare stati interni di angoscia, aumentando i rischi per la salute fisica e psicologica;
  • disturbi di personalità: in particolare il disturbo borderline di personalità, in cui le condotte alimentari restrittive possono assumere una funzione di contenimento delle emozioni disforiche e dell’instabilità identitaria, in un contesto generale di impulsività, agiti autolesivi, relazioni instabili e intensa paura dell’abbandono;
  • autolesionismo: l’anoressia nervosa, di per sé, rappresenta già una forma di autolesionismo, in quanto la persona mette in atto comportamenti di restrizione alimentare estrema e pratiche di controllo del corpo che hanno effetti diretti di danneggiamento fisico e psichico. Tuttavia, accanto a questo nucleo autolesivo interno al disturbo alimentare, non è raro che si manifestino anche gesti autolesivi più espliciti e riconosciuti come tali, come tagliarsi, procurarsi bruciature, colpirsi o mettere in atto altre condotte finalizzate a ferirsi fisicamente. Questi gesti possono coesistere con l’anoressia nervosa e rappresentare modalità aggiuntive con cui la persona cerca di gestire il dolore emotivo, l’angoscia, la rabbia, il senso di vuoto o di auto-disprezzo che spesso accompagna la sintomatologia anoressica, diventando un ulteriore segnale di gravità clinica e di profonda sofferenza psicologica.

La presenza di condizioni psicologiche o psichiatriche associate non è un aspetto accessorio ma costituisce spesso parte integrante della sofferenza della persona con anoressia nervosa, influenzando i sintomi alimentari, le condotte di controllo e il funzionamento globale.

Per questo motivo, è indispensabile che la valutazione clinica tenga conto in modo sistematico e approfondito delle possibili comorbilità, al fine di strutturare interventi terapeutici che possano affrontare non solo il disturbo alimentare in senso stretto, ma anche le condizioni psicopatologiche che lo accompagnano e lo mantengono nel tempo.

Familiarità nell’Anoressia Nervosa

La familiarità nell’anoressia nervosa rappresenta un aspetto ampiamente discusso e studiato nella letteratura scientifica.

Molte sono le evidenze che sottolineano la presenza di una componente ereditaria significativa nella vulnerabilità allo sviluppo del disturbo.

Studi condotti su gemelli, adozioni e popolazioni cliniche hanno evidenziato che esiste una maggiore probabilità di sviluppare anoressia nervosa in soggetti con parenti di primo grado affetti dal disturbo, suggerendo che fattori genetici possano contribuire al rischio di insorgenza.

Tuttavia, quando si parla di familiarità nell’ambito dell’anoressia nervosa e dei disturbi alimentari in generale, è fondamentale estendere la riflessione oltre la mera dimensione genetica per includere la famiglia intesa come ambiente relazionale, sociale, affettivo e culturale, che agisce come sistema complesso e potente nella costruzione dell’identità, della regolazione emotiva e dei modelli comportamentali dei soggetti in crescita.

In questo senso, la famiglia rappresenta un contesto che può contribuire in modo rilevante allo sviluppo e al mantenimento del disturbo alimentare attraverso diversi meccanismi interattivi e comunicativi, stili educativi, dinamiche di attaccamento e modelli di gestione del conflitto e dell’emotività.

In molte situazioni, la famiglia può essere un ambiente in cui si sviluppano relazioni caratterizzate da elevata rigidità, ipercontrollo, aspettative perfezionistiche, scarsa tolleranza alle emozioni intense o conflitti non espressi apertamente, che possono favorire nelle persone vulnerabili la costruzione di strategie disfunzionali di controllo corporeo e alimentare come modalità di gestione dell’angoscia, della pressione interna ed esterna e dei vissuti di impotenza o invisibilità emotiva.

È proprio per queste ragioni che nella clinica dei disturbi alimentari e in particolare dell’anoressia nervosa, le terapie che adottano un modello epistemologico familiare risultano spesso centrali e prioritarie nel percorso terapeutico.

Fattori di rischio nell’insorgenza dell’Anoressia Nervosa

L’insorgenza dell’anoressia nervosa è il risultato di un intreccio complesso di fattori che possono concorrere alla costruzione del disturbo in soggetti vulnerabili.

Ne sono un esempio:

  • Eventi traumatici e traumi relazionali: l’esposizione a traumi, sia nell’infanzia che nell’adolescenza, rappresenta uno dei fattori psicologici maggiormente implicati nell’insorgenza dell’anoressia nervosa, soprattutto quando tali eventi riguardano esperienze di abuso fisico, sessuale, emotivo o trascuratezza affettiva. I traumi relazionali precoci, in particolare, contribuiscono a creare nella persona schemi interni di insicurezza, vergogna, inadeguatezza e una percezione distorta del proprio corpo, che diventa oggetto di controllo ossessivo e manipolazione come strategia di difesa rispetto a emozioni percepite come insopportabili o pericolose. La restrizione alimentare può così assumere la funzione di anestetizzare il dolore emotivo, offrire una sensazione illusoria di controllo o rappresentare una forma auto-punitiva in risposta a vissuti traumatici non elaborati. Anche traumi evolutivi meno eclatanti, come umiliazioni ripetute, critiche persistenti o esclusione sociale, possono rappresentare esperienze di vulnerabilità che contribuiscono a strutturare il disturbo.
  • Disturbi psicologici preesistenti: la presenza di disturbi psicologici preesistenti o condizioni psicopatologiche che precedono l’esordio dell’anoressia nervosa costituisce un fattore di rischio importante, in quanto queste situazioni possono creare un terreno fertile per lo sviluppo di pattern alimentari disfunzionali. In particolare, disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, depressione, disturbi di personalità o difficoltà nella regolazione emotiva rappresentano vulnerabilità psicologiche che possono condurre la persona a utilizzare la restrizione alimentare come modalità disfunzionale di gestione del disagio interno, del senso di vuoto, dell’ansia o del caos emotivo percepito. Tali disturbi preesistenti contribuiscono non solo alla genesi ma anche al mantenimento dell’anoressia nervosa, aggravandone la cronicità e la resistenza ai trattamenti.
  • Pratica di sport o attività artistiche con forte enfasi sul corpo e sulla performance: la partecipazione a sport agonistici o attività artistiche che pongono una forte enfasi sul corpo, sulla magrezza, sulla disciplina e sulla perfezione fisica rappresenta un fattore di rischio specifico e ben documentato nell’insorgenza dell’anoressia nervosa. Discipline come la danza classica, la ginnastica artistica, il pattinaggio artistico, l’atletica leggera, il nuoto sincronizzato o la moda sono ambienti in cui esiste spesso una pressione esplicita o implicita verso un ideale di corpo esile, tonico e privo di imperfezioni, che viene associato al successo, all’accettazione e alla legittimazione sociale. In questi contesti, la restrizione alimentare può iniziare come un tentativo di migliorare le proprie performance o aderire agli standard richiesti, ma progressivamente evolve in un disturbo strutturato e pervasivo che trascende la dimensione sportiva o artistica per invadere tutti gli ambiti della vita della persona.
  • Ideali estetici e pressioni socioculturali: l’esposizione continua a modelli estetici irrealistici e idealizzanti promossi dai media, dalla pubblicità, dai social network e dalla cultura popolare rappresenta un fattore di rischio trasversale che colpisce in modo particolare adolescenti e giovani adulti, contribuendo allo sviluppo di insoddisfazione corporea, autostima fragile e distorsioni cognitive rispetto al proprio corpo e al proprio valore personale. La pressione sociale verso la magrezza come standard di bellezza, successo, accettazione e controllo alimenta un clima culturale tossico in cui la restrizione alimentare e il controllo ossessivo del corpo diventano strategie per cercare di conformarsi a questi ideali irraggiungibili, aumentando il rischio di insorgenza dell’anoressia nervosa, soprattutto in soggetti predisposti o vulnerabili dal punto di vista psicologico.

Tali fattori, chiaramente, devono essere considerati nella loro interazione dinamica, poiché nessuno di essi, preso singolarmente, può essere considerato sufficiente a spiegare da solo lo sviluppo del disturbo, ma piuttosto contribuiscono a creare un terreno di vulnerabilità psicologica e comportamentale che, in determinate condizioni, può sfociare nell’insorgenza dell’anoressia nervosa

Differenze di genere e geografiche nell’Anoressia Nervosa

L’anoressia nervosa rappresenta un disturbo che mostra significative differenze sia in termini di genere che in termini geografici, rivelando una distribuzione non omogenea all’interno delle popolazioni e dei contesti culturali.

Dal punto di vista del genere, infatti, i dati epidemiologici mostrano in modo costante che l’anoressia nervosa è un disturbo che colpisce prevalentemente le donne, con una netta sproporzione rispetto agli uomini.

Le ragazze e le donne rappresentano la grande maggioranza dei casi diagnosticati di anoressia nervosa, e questo divario si riscontra in modo trasversale in tutti gli studi condotti a livello internazionale.

Tuttavia, è importante sottolineare che, sebbene meno rappresentata, la presenza di uomini affetti da anoressia nervosa non è affatto trascurabile e merita attenzione clinica e sociale, poiché negli uomini il disturbo può assumere caratteristiche peculiari e spesso mascherate che lo rendono meno visibile o meno prontamente riconosciuto, contribuendo a una sottodiagnosi cronica.

La prevalenza più elevata dell’anoressia nervosa nelle donne sembra essere legata in larga parte alla maggiore pressione sociale, mediatica e culturale che grava sul corpo femminile, in termini di standard estetici, ideali di magrezza, controllo corporeo e conformità a modelli di bellezza irrealistici e pervasivi.

Le donne, fin dall’infanzia e adolescenza, sono frequentemente esposte a messaggi espliciti e impliciti che associano il valore personale, il successo sociale e l’accettabilità al corpo magro, tonico e perfetto, mentre negli uomini questa pressione, sebbene in crescita negli ultimi decenni, si manifesta in modo più attenuato o con modelli corporei differenti, spesso più orientati alla muscolosità e alla prestanza fisica che non alla sola magrezza estrema.

Questo divario contribuisce a spiegare almeno in parte la maggiore vulnerabilità femminile allo sviluppo di anoressia nervosa, pur senza escludere la necessità di riconoscere e trattare anche i casi maschili con la dovuta specificità clinica.

Dal punto di vista geografico, come avviene per tutti i disturbi alimentari, anche l’anoressia nervosa mostra delle differenze significative che riflettono l’influenza dei contesti culturali, sociali ed economici.

È noto che i disturbi alimentari, e tra essi l’anoressia nervosa, sono stati a lungo considerati sindromi culturali occidentali, strettamente legate a modelli estetici, ideali di bellezza e valori socioeconomici propri delle società industrializzate, urbane, consumistiche e ad alto tenore di vita, dove la magrezza viene eletta a simbolo di controllo, successo e valore personale.

Tuttavia, negli ultimi decenni, la diffusione globale dei media occidentali, la globalizzazione dei modelli estetici e la trasformazione socioeconomica di molti Paesi hanno contribuito alla comparsa di casi di anoressia nervosa anche in contesti geografici non occidentali, sebbene con caratteristiche cliniche e narrative che talvolta assumono forme peculiari, più legate ai codici culturali e ai significati locali.

In ogni caso, l’anoressia nervosa rimane maggiormente prevalente nei Paesi occidentali, industrializzati e urbanizzati e questo confermerebbe il suo stretto legame con pressioni estetiche, modelli culturali e valori consumistici che alimentano l’insoddisfazione corporea e la ricerca patologica di un corpo ideale, rendendo il disturbo una vera e propria sindrome culturale contemporanea.

Diagnosi dell’Anoressia Nervosa: come si effettua?

La diagnosi di anoressia nervosa si basa principalmente su un colloquio clinico approfondito condotto da un professionista della salute mentale esperto in disturbi del comportamento alimentare.

Durante questo colloquio, vengono raccolte informazioni dettagliate sulla storia personale, familiare e alimentare della persona, ponendo particolare attenzione non solo ai comportamenti alimentari restrittivi, ma anche alle dinamiche emotive, cognitive e relazionali che sostengono e mantengono tali comportamenti.

Il percorso diagnostico mira quindi a comprendere in modo globale e profondo la complessità della sofferenza vissuta dalla persona, andando oltre la semplice osservazione dei sintomi alimentari per esplorare anche le motivazioni interne, le credenze disfunzionali legate al corpo e al controllo, nonché il ruolo che il disturbo svolge nel contesto più ampio della vita della persona.

Un aspetto ricorrente nell’anoressia nervosa, come in altri disturbi del comportamento alimentare, è la scarsa consapevolezza che la persona presenta rispetto alla gravità della propria condizione e ai rischi ad essa associati.

Non è infrequente che siano i familiari, amici o figure esterne a sollecitare la richiesta di aiuto, allarmati dai cambiamenti fisici visibili, dalla perdita di peso significativa o da condotte alimentari rigidamente controllate che la persona tende spesso a minimizzare, giustificare o negare del tutto.

Proprio per questo motivo, il supporto di figure vicine può rivelarsi essenziale per facilitare l’accesso alla diagnosi e al trattamento.

Il colloquio clinico può essere arricchito e integrato dall’impiego di strumenti diagnostici strutturati, quali questionari, test psicologici e scale di valutazione che aiutano a raccogliere informazioni oggettive e a confermare l’ipotesi diagnostica formulata dal clinico.

Alcuni strumenti, come l’EAT-26 proposto dal Centro Psicologico GAM-Medical anche nella sua versione online come test di autovalutazione per i disturbi alimentari, consentono una prima esplorazione generale della presenza di comportamenti alimentari disfunzionali, offrendo alla persona e al professionista un’indicazione preliminare della possibile presenza di un disturbo del comportamento alimentare.

Altri strumenti, invece, sono specificamente progettati per individuare con precisione le caratteristiche cliniche dell’anoressia nervosa, esplorando aspetti peculiari come la paura intensa di ingrassare, la distorsione dell’immagine corporea, i livelli di restrizione calorica, l’uso di condotte di eliminazione e la relazione tra alimentazione, controllo e autovalutazione personale.

L’integrazione di questi strumenti diagnostici consente al professionista di avere una visione più ampia, strutturata e accurata della condizione, migliorando così l’affidabilità della diagnosi e facilitando l’impostazione di un piano di trattamento personalizzato e mirato.

Infine, vista la complessità del quadro clinico e la frequente presenza di importanti complicanze fisiche legate alla malnutrizione prolungata, è spesso opportuno che la valutazione psicologica venga affiancata da un inquadramento medico approfondito.

Lo psicologo o lo psichiatra che effettua la diagnosi di anoressia nervosa potrebbe quindi consigliare alla persona di sottoporsi a esami clinici specifici o di essere valutata anche da specialisti di area medica, come internisti, endocrinologi, cardiologi o gastroenterologi, al fine di escludere altre patologie organiche che possano contribuire al quadro clinico e di valutare le eventuali complicanze fisiche che richiedono un trattamento medico parallelo.

Presso la Clinica GAM-Medical, centro specializzato nei disturbi del comportamento alimentare, è possibile accedere a percorsi diagnostici integrati e multidisciplinari specificamente dedicati all’anoressia nervosa, che garantiscono una valutazione completa e personalizzata per ogni paziente.

Trattamento dell’Anoressia Nervosa

Il trattamento dell’anoressia nervosa è considerato tra i più complessi nell’ambito della salute mentale e dei disturbi del comportamento alimentare, sia per la gravità e la pervasività del disturbo, sia per la sua tendenza alla cronicizzazione e alla resistenza ai trattamenti.

Questo livello di complessità rende indispensabile un approccio terapeutico multidisciplinare e combinato, che integri diverse competenze professionali e che affronti in modo parallelo sia le dimensioni psicologiche sia quelle mediche e nutrizionali.

La psicoterapia rappresenta uno degli strumenti fondamentali nel trattamento dell’anoressia nervosa, poiché permette di intervenire sulle radici profonde del disturbo, affrontando le componenti emotive, cognitive e relazionali che alimentano e mantengono i comportamenti restrittivi e disfunzionali.

Attraverso il percorso psicoterapeutico, la persona può lavorare sulla costruzione di un’immagine corporea più realistica, sulla regolazione delle emozioni, sull’autostima e sull’elaborazione di vissuti traumatici o relazioni disfunzionali che spesso rappresentano il contesto all’interno del quale l’anoressia si sviluppa e si consolida.

Accanto alla psicoterapia, nei percorsi di trattamento dell’anoressia nervosa, può essere indicato l’utilizzo della farmacoterapia come supporto nel contenimento di alcuni sintomi specifici e nella gestione di eventuali comorbilità psicopatologiche che possono interferire con il processo di cura, favorendo una maggiore stabilità emotiva e una migliore aderenza al trattamento psicoterapico.

È importante però ricordare che nessun intervento singolo è sufficiente a garantire un esito positivo nel trattamento dell’anoressia nervosa, ma è sempre necessario un lavoro integrato che coinvolga la persona nel suo complesso, includendo anche il supporto nutrizionale, medico, familiare e sociale, in un’ottica di presa in carico globale e personalizzata.

Presso la clinica GAM-Medical, centro specializzato nei disturbi del comportamento alimentare, vengono offerti servizi di trattamento specifici anche per l’anoressia nervosa, in particolare nei casi lievi o ancora sottosoglia, attraverso percorsi ambulatoriali e integrati che permettono di affrontare il disturbo in una fase precoce e prevenire l’aggravamento.

Tuttavia, nei casi classificabili come moderati o gravi, o in presenza di importanti complicanze fisiche, è imprescindibile rivolgersi a strutture specializzate con percorsi residenziali, semi-residenziali o ospedalieri, che possano garantire una presa in carico intensiva e multidisciplinare in un ambiente protetto, in grado di gestire con sicurezza le criticità mediche e psicologiche associate all’anoressia nervosa.

Tanto insidiosa e subdola è l’anoressia nervosa nel suo modo di radicarsi nella vita e nella mente della persona, quanto delicato, rispettoso e graduale deve essere il trattamento.

Psicoterapia dell’Anoressia Nervosa

La psicoterapia rappresenta una delle componenti centrali e imprescindibili nel trattamento dell’anoressia nervosa, e nel corso degli anni diversi modelli psicoterapeutici hanno sviluppato interventi specificamente orientati a questa complessa patologia.

La difficoltà di trattamento dell’anoressia nervosa ha infatti spinto numerose scuole di psicoterapia a costruire protocolli mirati, che tengano conto delle peculiarità cliniche del disturbo, della sua rigidità sintomatologica, delle caratteristiche cognitive, emotive e relazionali che lo alimentano, nonché delle frequenti resistenze e delle specificità di trattamento richieste dalla popolazione affetta.

Tra gli approcci che hanno sviluppato nel tempo modelli terapeutici validati e riconosciuti per l’anoressia nervosa, si annoverano:

  • Psicoterapia cognitivo-comportamentale: questo approccio ha elaborato modelli di intervento specifici per l’anoressia nervosa, basati sull’idea che il disturbo si mantenga attraverso schemi cognitivi rigidi e disfunzionali riguardanti il peso, il corpo, la perfezione e l’autovalutazione, associati a comportamenti restrittivi e ritualistici che servono a gestire l’ansia, il senso di inadeguatezza e il bisogno di controllo. L’intervento cognitivo-comportamentale per l’anoressia nervosa mira pertanto a interrompere questi circuiti disfunzionali attraverso una combinazione di tecniche cognitive volte a modificare le credenze disfunzionali e di strategie comportamentali per favorire la ripresa alimentare e la normalizzazione delle abitudini alimentari. Inoltre, questo modello di psicoterapia si concentra sull’individuazione e la gestione delle emozioni negative sottostanti, sull’incremento delle abilità di problem solving e sulla prevenzione delle ricadute, promuovendo una maggiore flessibilità cognitiva e comportamentale. La psicoterapia cognitivo-comportamentale è attualmente uno degli approcci più raccomandati dalle linee guida internazionali per il trattamento dell’anoressia nervosa, soprattutto negli adulti.
  • Psicoterapia familiare sistemico-relazionale: un ruolo fondamentale nel trattamento dell’anoressia nervosa, soprattutto negli adolescenti e nei giovani adulti, è ricoperto dalla psicoterapia familiare sistemico-relazionale, che considera il disturbo non solo come un problema individuale, ma come un sintomo che si esprime e si mantiene all’interno di un sistema familiare che, anche inconsapevolmente, può contribuire al suo consolidamento. Questo approccio lavora quindi sulle dinamiche comunicative, sulle regole implicite, sui ruoli, sulle alleanze e sulle modalità con cui la famiglia affronta i conflitti, gestisce le autonomie e le richieste emotive, promuovendo una maggiore flessibilità e apertura relazionale. L’obiettivo della psicoterapia familiare nell’anoressia nervosa è quello di favorire un progressivo decentramento del sintomo alimentare dal centro del funzionamento familiare, restituendo alla famiglia un ruolo di risorsa e sostegno nel processo di cura, piuttosto che di inconsapevole mantenimento del disturbo. Interventi basati sulla psicoterapia familiare sistemica hanno mostrato elevata efficacia soprattutto nelle fasi precoci del disturbo e nei casi in cui il coinvolgimento della famiglia è percepito come una risorsa strategica per supportare la motivazione al cambiamento della persona con anoressia.
  • Psicoterapia psicodinamica: anche la psicoterapia psicodinamica rappresenta un approccio utilizzato nel trattamento dell’anoressia nervosa, in particolare nei contesti in cui il disturbo è strettamente intrecciato a dinamiche intrapsichiche profonde, a conflitti irrisolti e a fragilità strutturali del sé. Questo modello terapeutico si focalizza sull’esplorazione dei significati inconsci che il sintomo alimentare riveste per la persona, sulle rappresentazioni interne dell’immagine corporea, sulle relazioni oggettuali interiorizzate e sulle modalità difensive che strutturano il disturbo. Nella psicoterapia psicodinamica, l’anoressia nervosa viene compresa come una modalità complessa di gestione delle angosce primitive, del senso di vuoto, della paura di dipendenza, del controllo degli impulsi e delle emozioni non mentalizzate, offrendo al paziente uno spazio di elaborazione emotiva e di ristrutturazione del funzionamento psichico più profondo. Pur richiedendo tempi più lunghi e una forte alleanza terapeutica, la psicoterapia psicodinamica può rappresentare un intervento utile nei casi in cui l’anoressia si inserisca all’interno di quadri di personalità particolarmente fragili o in presenza di pattern relazionali interiorizzati che necessitano di un lavoro terapeutico trasformativo in profondità.

Questi ovviamente sono solo alcuni degli esempi di approcci psicoterapeutici utili per l’anoressia nervosa.

Farmacoterapia dell’Anoressia Nervosa

La farmacoterapia rappresenta un approccio che viene frequentemente integrato all’interno dei percorsi di trattamento dell’anoressia nervosa, soprattutto nei casi in cui la sintomatologia psicopatologica associata risulti particolarmente intensa o invalidante.

Pur non costituendo da sola un trattamento risolutivo per l’anoressia nervosa, la farmacoterapia può rivestire un ruolo importante nel supportare la persona nel percorso terapeutico perché aiuta al contenimento di alcuni sintomi specifici e facilitando una maggiore stabilità emotiva che favorisca l’aderenza alla psicoterapia.

La farmacoterapia per l’anoressia nervosa si basi sull’impiego di farmaci antidepressivi o di altre molecole specifiche che consentano di modulare la sintomatologia affettiva e ansiosa, ridurre la rigidità cognitiva e comportamentale, gestire l’angoscia e intervenire sulla componente ossessiva che spesso accompagna il disturbo.

In molti casi, l’intervento farmacologico viene orientato anche alla gestione delle comorbilità psicopatologiche frequentemente associate all’anoressia nervosa, come i disturbi depressivi, i disturbi d’ansia, i sintomi ossessivo-compulsivi o le condizioni di disregolazione emotiva.

Tuttavia, la scelta farmacologica viene sempre effettuata sulla base di una valutazione attenta e personalizzata del quadro clinico globale, tenendo conto delle caratteristiche individuali, delle comorbilità psichiatriche presenti e delle condizioni fisiche del paziente, considerando che la malnutrizione grave può influenzare la farmacocinetica e la tollerabilità dei farmaci stessi.

Resistenza al trattamento nei pazienti con Anoressia Nervosa

La resistenza al trattamento rappresenta una delle caratteristiche più sfidanti e centrali nella clinica dell’anoressia nervosa e costituisce uno dei fattori che più contribuisce alla complessità e alla difficoltà del percorso terapeutico.

Le persone che soffrono di anoressia nervosa, infatti, tendono frequentemente a presentare livelli elevati di resistenza al cambiamento, sia in termini espliciti che impliciti, rendendo il trattamento spesso lungo, complicato e caratterizzato da fasi di stallo o di ricaduta.

Una parte importante di questa resistenza deriva direttamente da alcune caratteristiche intrinseche del disturbo stesso, che comporta, nella maggior parte dei casi, una ridotta consapevolezza della propria condizione clinica, fenomeno noto come mancanza di insight.

Le persone affette da anoressia nervosa spesso non percepiscono la gravità della loro malattia o, anche quando riescono a riconoscere razionalmente la presenza del disturbo, tendono a minimizzare i rischi associati alla malnutrizione o a negare la necessità di un trattamento strutturato.

Questo atteggiamento difensivo è in parte spiegabile considerando che, per molte persone con anoressia, il disturbo rappresenta una modalità potente, seppur patologica, di gestione del proprio equilibrio psichico, un rifugio di controllo e autoaffermazione attraverso il quale la persona sente di poter regolare emozioni, relazioni e identità.

Abbandonare o mettere in discussione l’anoressia equivale spesso, per queste persone, a vivere una profonda angoscia di perdita di controllo e di identità, rendendo il cambiamento una prospettiva vissuta come minacciosa e destabilizzante.

A complicare ulteriormente il quadro vi è la componente ossessiva particolarmente marcata che caratterizza l’anoressia nervosa, che alimenta pensieri rigidi e intrusivi relativi al peso, alla magrezza, al cibo e al controllo corporeo, rendendo difficile per la persona tollerare l’idea di modificare i propri comportamenti alimentari o di mettere in discussione le credenze disfunzionali che sostengono il disturbo.

Questa rigidità cognitiva e comportamentale si traduce spesso in una forte oppositività rispetto agli interventi terapeutici proposti, in una tendenza a sabotare o eludere i percorsi di cura, a mettere alla prova i limiti dei professionisti e a mantenere segrete le condotte patologiche, alimentando un circolo vizioso di cronicizzazione e aggravamento del quadro clinico.

Impatto cognitivo e nelle performance dell’Anoressia Nervosa

L’anoressia può avere un grande impatto sulle funzioni cognitive ma anche sulle performance da quelle accademiche e lavorative a quelle sociali.

In particolare:

  • Impatto cognitivo: l’anoressia nervosa comporta un impatto significativo sulle funzioni cognitive della persona, che spesso risultano compromesse a causa sia della malnutrizione cronica sia della rigidità psicopatologica che caratterizza il disturbo. A livello cognitivo, le persone affette da anoressia nervosa sperimentano frequentemente una marcata riduzione della capacità di concentrazione, una maggiore lentezza nel processamento delle informazioni, difficoltà nella memoria di lavoro e una generale compromissione delle funzioni esecutive, ovvero quelle abilità che consentono di pianificare, organizzare, prendere decisioni e regolare i comportamenti in modo flessibile. Queste difficoltà sono amplificate dal fatto che l’anoressia nervosa è un disturbo profondamente ossessivo, che monopolizza il pensiero della persona, indirizzandolo costantemente verso il controllo del cibo, del corpo, del peso e delle attività compensatorie, riducendo drasticamente lo spazio mentale disponibile per altri contenuti o attività. Questa iperfocalizzazione sul sintomo alimentare si traduce in una rigidità mentale e in un impoverimento progressivo della capacità di elaborazione critica, creativa e adattiva, che rende la persona meno capace di affrontare situazioni nuove, di risolvere problemi e di gestire la complessità delle situazioni quotidiane.
  • Impatto nelle performance accademiche: l’anoressia nervosa incide in modo importante anche sul rendimento scolastico e accademico, soprattutto nei giovani e negli adolescenti, che spesso rappresentano la fascia d’età più colpita dal disturbo. Le difficoltà cognitive legate alla malnutrizione, unite alla scarsa concentrazione e alla fatica psicofisica, si traducono in un calo progressivo delle performance scolastiche, con difficoltà a sostenere i carichi di studio, a mantenere l’attenzione durante le lezioni, a partecipare attivamente alle attività didattiche e a rispettare le scadenze. Oltre agli aspetti cognitivi, è importante considerare che l’anoressia nervosa si accompagna spesso a un forte isolamento sociale, a una riduzione dell’autostima e a una crescente evitamento delle situazioni che implicano il confronto con gli altri, il che può portare la persona a ritirarsi progressivamente dalla vita scolastica, a perdere interesse per le attività accademiche e a vivere con ansia e vergogna ogni situazione di esposizione pubblica o di valutazione. Questi elementi contribuiscono a creare un circolo vizioso che compromette il rendimento scolastico e che, se non affrontato in modo tempestivo, può portare a interruzioni precoci del percorso di studi o a fallimenti accademici.
  • Impatto nelle performance lavorative: anche sul piano lavorativo l’anoressia nervosa comporta ripercussioni importanti, che si manifestano tanto attraverso il calo delle capacità di produttività, efficienza e flessibilità, quanto attraverso le difficoltà relazionali e gestionali che la persona può incontrare. La fatica fisica cronica, la riduzione dell’energia, la difficoltà di concentrazione e l’ossessione costante verso il corpo e l’alimentazione riducono la capacità di portare avanti attività lavorative continuative, di gestire situazioni di stress o di problem solving, rendendo difficoltosa la gestione dei ritmi e delle richieste tipiche dell’ambiente lavorativo. Inoltre, l’anoressia nervosa spesso si accompagna a un evitamento delle situazioni sociali, a una paura intensa del giudizio altrui e a una percezione costante di inadeguatezza, elementi che possono compromettere le capacità comunicative, di leadership, di gestione dei conflitti e di partecipazione alle dinamiche di gruppo, aumentando il rischio di isolamento, di conflitti con colleghi o superiori, di assenteismo o di abbandono precoce del lavoro.
  • Impatto nelle performance sociali: sul piano delle performance sociali, l’anoressia nervosa ha un impatto devastante, poiché tende a isolare progressivamente la persona dal contesto relazionale e sociale, favorendo un ritiro dalle attività sociali, una riduzione della capacità di instaurare e mantenere relazioni significative e una crescente focalizzazione sul sintomo alimentare come unica fonte di gratificazione e controllo. Le persone con anoressia nervosa vivono spesso con un senso di inadeguatezza e vergogna rispetto al proprio corpo, evitando situazioni che implicano il confronto fisico, come uscite, pranzi, cene, vacanze o attività ricreative, e limitando progressivamente il proprio mondo relazionale a contesti protetti o solitari. Questa tendenza al ritiro e all’isolamento, unita alla difficoltà di esprimere bisogni, emozioni e fragilità, compromette gravemente la qualità della vita sociale e affettiva della persona, aumentando la sofferenza psicologica, la solitudine e il senso di alienazione, e alimentando ulteriormente il circolo vizioso che mantiene il disturbo.

Prognosi dell’Anoressia Nervosa

La possibilità di una guarigione sicuramente una delle questioni più delicate quando si parla di anoressia, ma è importante sapere che esiste la possibilità di una remissione.

Questa è sicuramente la buona notizia. La remissione può essere di tipo parziale, ovvero con una riduzione significativa dei sintomi pur con la persistenza di alcune fragilità o vulnerabilità, oppure può essere una remissione completa, nella quale non solo il comportamento alimentare torna a livelli sani, ma anche l’approccio al corpo, all’autostima e alle emozioni si modifica in modo stabile e funzionale.

Quindi, certamente, una delle possibili traiettorie della prognosi dell’anoressia nervosa è la remissione, che rappresenta un esito possibile e concreto, soprattutto se la persona riesce a intraprendere un percorso di cura precoce e ben strutturato.

Tuttavia, non si può ignorare il fatto che i disturbi alimentari in generale e l’anoressia nervosa in particolare tendono a essere una ferita psicologica molto profonda, che anche dopo anni di apparente benessere può riattivarsi, innescata da determinati fattori scatenanti o trigger.

Questi trigger possono essere molteplici e soggettivi, per esempio il semplice ritorno alla visione delle cosiddette food list dopo molto tempo, oppure cambiamenti importanti nella vita, situazioni di forte stress, lutti, separazioni, delusioni personali o professionali, tutte condizioni che possono destabilizzare il delicato equilibrio costruito durante la fase di remissione e riaprire vecchie ferite che sembravano cicatrizzate.

Per questo motivo l’anoressia nervosa non è mai una condizione semplice o lineare da affrontare, ed è bene sapere che ci sono casi che purtroppo tendono a cronicizzarsi, diventando una presenza costante nella vita della persona, una modalità di funzionamento che si radica profondamente e che può durare anche molti anni.

Ma, allo stesso tempo, ci sono anche casi, soprattutto se presi in una fase precoce, lieve o ancora sottosoglia, che possono essere gestiti in modo molto più efficace, con una buona risposta al trattamento e con una riduzione significativa del rischio di cronicizzazione.

Per questo è fondamentale imparare a riconoscere precocemente i campanelli d’allarme, essere ben informati sui disturbi alimentari e mantenere una sensibilità costante verso questi temi, proprio perché un riconoscimento tempestivo e un accesso rapido a cure adeguate possono fare una grande differenza, aumentando sensibilmente le possibilità di un recupero stabile e duraturo.

La tempestività nell’intercettare i segnali, la qualità della presa in carico e la rete di sostegno familiare e sociale sono tutte variabili che incidono in modo diretto sulla prognosi dell’anoressia nervosa e che, se attivate con prontezza, possono aiutare la persona a imboccare la strada della guarigione in tempi più rapidi e con minori rischi di ricadute o di cronicizzazione.

Mortalità nell’Anoressia Nervosa

All’interno del DSM-5, l’anoressia nervosa è riconosciuta come uno dei disturbi psichiatrici con il più alto tasso di mortalità, una caratteristica che ne sottolinea in modo drammatico la gravità e la pericolosità sia dal punto di vista psicologico che fisico.

Questo dato, ampiamente confermato dalla letteratura scientifica internazionale, riflette la duplice natura del rischio associato a questo disturbo, che agisce contemporaneamente su piani diversi e interconnessi.

Da un lato, l’anoressia nervosa comporta un rischio elevato di esiti fatali legati alle complicanze mediche e organiche dirette della malnutrizione cronica e del dimagrimento estremo, che possono condurre a situazioni di collasso multiorgano, insufficienza cardiaca, aritmie gravi, squilibri idroelettrolitici, ipotermia, insufficienza epatica e renale, osteoporosi avanzata con fratture invalidanti, compromissione immunitaria e una generale vulnerabilità a infezioni e condizioni mediche che in un organismo sano sarebbero facilmente superabili.

Il corpo, progressivamente privato di energia, nutrienti essenziali, grasso corporeo e massa muscolare, va incontro a un deterioramento sistemico che, se non interrotto tempestivamente da un intervento medico specialistico, può portare inevitabilmente alla morte.

Dall’altro lato, il rischio di mortalità nell’anoressia nervosa è significativamente aggravato dalla presenza di un profondo disagio psicologico, emotivo e relazionale che si manifesta con elevati livelli di disperazione, isolamento sociale, ideazione suicidaria e comportamenti autolesionistici, rendendo l’anoressia nervosa uno dei disturbi con il più alto rischio suicidario all’interno dello spettro dei disturbi psichiatrici.

L’angoscia pervasiva, il senso di vuoto, l’intensa paura di perdere il controllo e la percezione distorta di sé possono condurre la persona a mettere in atto comportamenti pericolosi non solo attraverso la restrizione alimentare estrema ma anche tramite gesti autolesivi, parasuicidi o veri e propri tentativi di suicidio, contribuendo così a rendere il rischio di morte una possibilità concreta e purtroppo non così rara nelle fasi più gravi e cronicizzate del disturbo.

Questi dati impongono una riflessione importante sulla necessità di considerare l’anoressia nervosa come un’emergenza clinica a tutti gli effetti, che richiede interventi tempestivi, integrati, intensivi e altamente specializzati per prevenire esiti fatali e per accompagnare la persona lungo un percorso di cura che contempli non solo il recupero del peso corporeo ma anche un profondo lavoro psicoterapeutico, medico e relazionale volto a ricostruire un equilibrio psichico e fisico sostenibile nel tempo.

Malattie organiche correlate all’anoressia nervosa

L’anoressia nervosa, oltre a rappresentare un disturbo psichiatrico grave e complesso, comporta nel suo decorso una serie di importanti complicanze organiche che coinvolgono molteplici sistemi e apparati corporei.

Queste complicanze non sono semplici conseguenze secondarie, ma rappresentano parte integrante della gravità clinica del disturbo, determinando compromissioni significative sul piano metabolico, endocrinologico, cardiovascolare, gastrointestinale, ematologico, osteoarticolare e dermatologico, che possono mettere a rischio la salute fisica globale e in alcuni casi compromettere la sopravvivenza stessa.

Nello specifico:

  • Complicanze cardiovascolari: l’anoressia nervosa comporta alterazioni significative della funzionalità cardiovascolare, tra cui bradicardia, ipotensione, aritmie, prolungamento del tratto QT, ipotermia e insufficienza cardiaca da atrofia miocardica. Queste condizioni derivano dalla riduzione della massa muscolare cardiaca e dall’adattamento del sistema cardiovascolare allo stato di prolungata carenza energetica e idroelettrolitica, aumentando il rischio di eventi aritmici fatali e collasso circolatorio, soprattutto nelle fasi avanzate del disturbo.
  • Complicanze endocrinologiche e metaboliche: la malnutrizione prolungata determina disfunzioni endocrine diffuse, tra cui amenorrea ipotalamica, ipoglicemia, ipotiroidismo secondario, iperattività dell’asse corticosurrenalico, riduzione dei livelli di leptina, alterazioni del metabolismo del calcio e della vitamina D, che contribuiscono a peggiorare la salute ossea, oltre a causare astenia, intolleranza al freddo, alterazioni del ciclo mestruale e infertilità. La disregolazione metabolica si riflette inoltre in una riduzione del metabolismo basale e in un rallentamento generale delle funzioni corporee.
  • Complicanze gastrointestinali: tra le più frequenti complicanze gastrointestinali vi sono il rallentamento della motilità gastrica, la gastroparesi, la stipsi cronica, il meteorismo, il reflusso gastroesofageo e il dolore addominale ricorrente, che contribuiscono ad alimentare ulteriormente l’evitamento alimentare. In presenza di condotte di eliminazione come vomito autoindotto o abuso di lassativi, possono comparire esofagite, erosioni dentali, pancreatiti, alterazioni elettrolitiche gravi, fino al rischio di rottura esofagea e complicanze potenzialmente letali.
  • Complicanze ematologiche: l’anoressia nervosa si associa frequentemente a pancitopenia, anemia, leucopenia e trombocitopenia, derivanti dalla riduzione dell’attività midollare e dalla carenza di nutrienti essenziali quali ferro, vitamina B12, acido folico e proteine. Queste alterazioni compromettono la capacità immunitaria dell’organismo, aumentando il rischio di infezioni, sanguinamenti e affaticamento estremo.
  • Complicanze osteoarticolari: l’osteoporosi rappresenta una delle conseguenze più gravi e spesso irreversibili dell’anoressia nervosa, a causa della carenza cronica di calcio, vitamina D, estrogeni e altri fattori anabolici ossei. L’osteopenia e l’osteoporosi compaiono precocemente nel decorso del disturbo e aumentano drasticamente il rischio di fratture patologiche, deformità scheletriche e dolori cronici, impattando in modo significativo sulla qualità della vita e sulla prognosi a lungo termine.
  • Complicanze renali ed elettrolitiche: l’anoressia nervosa può comportare nefropatie da disidratazione cronica, ipokaliemia, iponatriemia e alterazioni dell’equilibrio acido-base, con rischio di insufficienza renale, aritmie e arresto cardiaco improvviso. Tali complicanze sono particolarmente gravi nei soggetti che ricorrono a vomito autoindotto, abuso diuretico o lassativo.
  • Complicanze dermatologiche: l’anoressia nervosa si accompagna a manifestazioni cutanee caratteristiche come pelle secca e desquamata, lanugo, caduta dei capelli, unghie fragili, ipotermia cutanea e discromie, che rappresentano segnali clinici evidenti della malnutrizione protratta e della compromissione generale dello stato nutrizionale.

Tali malattie e condizioni organiche correlate all’anoressia nervosa derivano principalmente dagli effetti prolungati della malnutrizione, della deprivazione energetica cronica e delle condotte di eliminazione o di eccessivo esercizio fisico, che producono alterazioni profonde del metabolismo basale e dell’equilibrio omeostatico dell’organismo.

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