Quante volte ti sei sentito dire “mi metti ansia?” Questo succede perché, se sei ansioso, è probabile che col tempo tu sia diventato anche ansiogeno.
Magari non te ne rendi nemmeno conto, ma le tue modalità di esprimere preoccupazione, di vivere le situazioni o di reagire agli imprevisti possono influenzare profondamente chi ti sta accanto.
È un fenomeno sottile e spesso silenzioso, che si insinua nelle relazioni personali e professionali senza che tu lo voglia davvero, ma che diventa parte integrante del modo in cui vieni percepito dagli altri.
Ti sarà capitato, ad esempio, di notare un certo nervosismo crescente nelle persone vicine quando inizi a parlare di un problema, oppure quella tensione che si crea quando tu stesso sei agitato e cerchi rassicurazioni continue.
Oppure potresti aver osservato come, in alcune circostanze, la tua apprensione generi nei tuoi interlocutori una reazione a catena di inquietudine o disagio.
Nelle prossime righe capiremo cosa significa davvero essere ansiogeni e quali sono le implicazioni di questa comune conseguenza di stati ansiosi.
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Cosa Significa essere “Ansiogeni”?
Essere ansiosi significa vivere le emozioni con una sensibilità particolare, in cui la preoccupazione, la tensione e la paura anticipatoria diventano compagne frequenti della quotidianità.
Diverso è, invece, essere ansiogeni.
Qui non si parla più di quello che accade dentro di noi, ma di come, spesso senza rendercene conto, influenziamo l’ambiente esterno e le persone che ci circondano.
Essere ansiogeni significa, in sostanza, trasmettere la propria tensione agli altri attraverso atteggiamenti, comportamenti e modi di comunicare che risultano carichi di preoccupazione o di allarme.
È una dinamica sottile ma potente: ciò che viviamo interiormente trova una via di uscita e si proietta verso l’esterno, creando un’atmosfera di inquietudine che viene percepita da chi ci sta vicino.
Questa dinamica non nasce dal nulla e non è nemmeno una colpa personale.
Anzi, spesso deriva da un modo di essere e di affrontare la vita che, inizialmente, può sembrare persino funzionale: essere attenti, scrupolosi, premurosi.
Ma col passare del tempo, quando l’ansia diventa un filtro costante attraverso cui guardi il mondo e ti relazioni agli altri, qualcosa cambia. La tua presenza, che vorresti fosse rassicurante o almeno neutra, può trasformarsi in una fonte di pressione o turbamento per chi ti circonda.
E non è sempre facile accorgersene subito: a volte ci vuole un feedback esterno – come quella frase detta a metà tra lo scherzo e la verità, “mi metti ansia” – per farti riflettere su come il tuo modo di essere si rifletta all’esterno.
Capita di diventare ansiogeni in modo del tutto involontario.
Ad esempio, quando comunichiamo in modo allarmistico – dicendo frasi come “e se va tutto male?”, “stai attento”, “è pericoloso” – stiamo trasmettendo direttamente agli altri la nostra ansia, spostando il focus sulla possibilità di eventi negativi e alimentando così l’ansia anche in loro.
Allo stesso modo, quando reagiamo in modo eccessivamente drammatico a imprevisti o difficoltà, amplifichiamo la portata emotiva di situazioni che, magari, avrebbero potuto essere gestite in maniera più serena.
Infine, un’altra modalità tipica è quella di trasmettere un costante senso di urgenza e pressione, con frasi del tipo “bisogna farlo subito, non c’è tempo!”, creando così un clima di fretta e stress che inevitabilmente si riflette sugli altri.
Questo fenomeno, per quanto spesso inconsapevole, ha una sua logica precisa: l’ansia che proviamo non resta confinata dentro di noi ma, proprio come uno specchio, tende a riflettersi sull’ambiente circostante.
È come se restituissimo al mondo la stessa inquietudine che il mondo, a sua volta, ha depositato dentro di noi. Così come esistono stimoli esterni che, per la nostra sensibilità, risultano ansiogeni e attivano la nostra ansia, allo stesso modo possiamo diventare noi stessi uno stimolo ansiogeno per chi ci circonda.
È un ciclo che si autoalimenta: l’ansia genera ansia, creando un circolo vizioso difficile da spezzare.
In molti casi, chi è ansioso si rende conto del proprio stato non tanto perché qualcuno gli dice esplicitamente “sei troppo ansioso”, ma perché si sente ripetere con frequenza frasi come “mi metti ansia” o “stai agitando tutti”.
Questo tipo di feedback diventa un campanello d’allarme che fa riflettere su come l’ansia personale non sia solo un’esperienza individuale, ma abbia ripercussioni concrete e tangibili sugli altri.
Essere ansiosi è un po’ come lanciare un boomerang che non smette mai di tornare indietro.
La persona ansiosa percepisce nell’ambiente stimoli che considera minacciosi o ansiogeni, il che amplifica la sua ansia. Questa tensione accumulata dentro di sé si manifesta poi nel modo di parlare, di muoversi, di vivere lo spazio e le relazioni, trasformandosi inconsapevolmente in ansia proiettata verso l’esterno. Chi vive e lavora accanto a una persona ansiosa finisce quindi per respirare quell’aria di tensione e, inevitabilmente, si sente contagiato o, quantomeno, disturbato da quel clima emotivo carico di preoccupazioni.
Il risultato è che gli altri iniziano ad agitarsi, a irrigidirsi, a provare un senso di nervosismo che non apparteneva loro fino a poco prima.
Questa agitazione, a sua volta, ritorna verso la persona ansiosa, rinforzando la sua inquietudine iniziale e alimentando il circolo dell’ansia in un modo quasi automatico.
Il tutto avviene senza che ci sia un’intenzione reale di trasmettere disagio o creare tensione: è un processo che si sviluppa in maniera del tutto inconsapevole, e che proprio per questo può essere particolarmente difficile da interrompere senza un lavoro di consapevolezza e riflessione.
Essere ansiogeni può avere quindi conseguenze importanti nelle relazioni interpersonali.
È proprio il fatto di essere ansiogeni che, nel tempo, può deteriorare la qualità delle relazioni con amici, familiari, partner o colleghi.
Anche quando l’intenzione è quella di proteggere gli altri o di condividere una preoccupazione, il modo in cui questa ansia si trasmette può diventare pesante o faticoso per chi ci sta vicino.
Le persone possono cominciare a percepire il rapporto come carico di tensione, poco sereno e addirittura opprimente, fino a sentirsi costrette a prendere le distanze, non tanto per mancanza di affetto, ma per la necessità di tutelare il proprio equilibrio emotivo.
Se la tua ansia ti ha portato, anche inconsapevolmente, a essere ansiogeno, è fondamentale agire per preservare le relazioni interpersonali, che restano comunque una risorsa preziosa e insostituibile per il benessere emotivo e psicologico.
Per questo motivo, puoi rivolgerti alla clinica dell’ansia GAM-Medical, che mette a disposizione una rete di professionisti esperti e qualificati: psicologi, psichiatri e psicoterapeuti pronti ad aiutarti non solo a gestire e ridurre la tua ansia, ma anche a lavorare sulle modalità con cui questa ansia si esprime nelle tue relazioni, supportandoti in un percorso di maggiore consapevolezza e crescita personale.
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