ADHD e zoom fatigue: cos’è e come gestirla

Tempo di lettura: 5 minuti

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Cos’è la zoom fatigue e si potrebbe in qualche modo prevenire o ovviare?


In particolare per chi è ADHD, questa sensazione, derivata dall’utilizzo di tecnologie avanzate potrebbe condurre a delle difficoltà nella gestione dei propri sintomi. Per questo motivo, nell’articolo si affronterà la definizione di questa espressione inedita, comprendendone il legame con il disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD), inoltre, se ne scopriranno i sintomi e i possibili rischi. Verranno evidenziati 4 metodi con cui poter prevenire la zoom fatigue, per poi comprendere se esistano test o approcci metodologici per affrontarla.

Zoom fatigue: cos’è e quale relazione ha con l’ADHD

Con zoom fatigue si fa riferimento ad una condizione psicofisica che è caratterizzata da sensazioni di stanchezza e affaticamento profondi, dovuti all’utilizzo prolungato di determinate piattaforme digitali per videoconferenze, quali:

  • Zoom. 
  • Teams. 
  • Skype. 

È negli ultimi anni, soprattutto in seguito alla pandemia di COVID-19, che queste tecnologie sono entrate a far parte integrante delle nostre routine quotidiane, portando con sé l’accentuazione di diverse problematiche legate all’attenzione e alla concentrazione. Lo studio “Zoom Fatigue and How to Prevent It” (2021), pubblicato su National Library of Medicine, evidenzia che le persone affette da zoom fatigue potrebbero riportare segnali di ansia e stress prima delle videochiamate, mentre al termine, si sentono stanche, esauste o addirittura provano sentimenti di sconforto. Durante le videochiamate, infatti, il cervello lavora maggiormente per concentrarsi sugli argomenti trattati e interpretare segnali verbali e non verbali, che nelle riunioni dal vivo cogliamo in modo naturale. La zoom fatigue potrebbe influenzare negativamente la salute fisica e mentale e ridurre la produttività sul lavoro. Le ragioni potrebbero essere per cui le riunioni virtuali risultano così faticose:

  • Eccessivo contatto visivo.
  • Maggiore carico cognitivo
  • Mobilità ridotta.
  • Effetto specchio, ovvero osservare continuamente il proprio aspetto in video, cosa che potrebbe generare stress psicologico.

Inoltre, anche lo studio “Nonverbal overload: A theoretical argument for the causes of Zoom fatigue” (2021) evidenzierebbe come sia il concetto di sovraccarico non verbale, il nonverbal overload, una possibile causa di fatica. 

Per chi soffre di disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD), condizione neurobiologica connessa alla gestione dell’attenzione, dell’impulsività e dell’iperattività, questa situazione potrebbe risultare ancora più complessa. La zoom fatigue potrebbe aggravare significativamente tali sintomi, andando a trasformare quella che dovrebbe essere una semplice giornata lavorativa in una concreta sfida cognitiva e comportamentale.

Zoom fatigue: i sintomi e i rischi per chi è ADHD

Di solito, la zoom fatigue emerge grazie a sintomi ben definiti che comprendono:

  • Difficoltà a mantenere l’attenzione e conseguente esaurimento mentale.
  • Distraibilità che potrebbe aumentare.
  • Possibili problemi alla vista o mal di testa.
  • Ansia e stress potrebbero aumentare.
  • Maggiore difficoltà nel gestire il proprio tempo e gli impegni quotidiani.

Per una persona ADHD, questi sintomi possono essere ancora più debilitanti. L’impegno costante che viene richiesto per focalizzare la propria attenzione in queste stanze virtuali potrebbe infatti intensificare un possibile affaticamento mentale. In momenti simili, quando la mente è sovrastimolata e stanca, il rischio di burnout potrebbe incrementare sensibilmente. Lo studio “Measuring Attentional Distraction in Children With ADHD Using Virtual Reality Technology With Eye-Tracking” (2022), pubblicato su Frontiers, che si concentra sui bambini ADHD e la realtà virtuale, tramite misure di eye-tracking per valutare la funzione attentiva e avrebbe mostrato come l’ambiente virtuale potrebbe esporre le persone ADHD a stimoli di distrazione realistici, che potrebbero aumentare significativamente la difficoltà nel mantenere la concentrazione e riprendere le attività interrotte.

Prevenire la zoom fatigue se sei DDAI: possibile? 6 metodi

Prevenire la zoom fatigue per chi è DDAI è auspicabile, sebbene richieda specifiche accortezze che risultino adattate alle esigenze di ogni individuo nelle sue specificità. Lo studio sopracitato “Zoom Fatigue and How to Prevent It” (2021) annovera tra gli accorgimenti:

  1. Pianificare accuratamente delle brevi pause: Ad esempio, riuscire ad inserire alcune pause rapide, ma frequenti potrebbe garantire una riduzione del sovraccarico attentivo.
  2. Limitare o evitare il multitasking: Quindi, gestire la possibile confusione sul browser, oltre che cercare di spegnere le notifiche attive durante le videoconferenze, potrebbe contribuire a non disperdere l’attenzione.
  3. Ottimizzare l’ambiente circostante riducendo stimoli visivi e creando maggiore spazio: Anche solo immettersi in un contesto di lavoro ordinato, silenzioso e non troppo ricco di stimoli potrebbe aiutare a ridurre le fonti di distrazione esterne.
  4. Applicare strategie di mindfulness e rilassamento: Alcune tecniche come la meditazione mindfulness o determinati esercizi di respirazione potrebbero permettere di migliorare il controllo attentivo e la gestione dello stress.
  5. Usa chiamate o email: Potresti utilizzare ogni tanto i metodi tradizionali, evitando l’abuso della videoconferenza. Valuta se una semplice telefonata o e-mail possa essere sufficiente.
  6. Nascondi la tua immagine. Nascondere la propria visuale permette di evitare l’auto-osservazione continua.

Zoom fatigue e ADHD: test e approcci metodologici 

Per valutare con precisione l’impatto della zoom fatigue nelle persone ADHD, è possibile utilizzare strumenti specifici come la Zoom Exhaustion & Fatigue Scale (ZEF Scale). È una scala che garantisce la possibilità di identificare chiaramente sintomi fisici e psicologici legati all’affaticamento da videoconferenza. Lo studio “Zoom Exhaustion & Fatigue Scale” (2021) ha confermato l’affidabilità della scala generale e delle sue cinque dimensioni identificate: generale, sociale, emotiva, visiva e motivazionale. Questo consente di ottenere un quadro più completo delle problematiche sperimentate e di individuare, quindi, delle strategie mirate di intervento. Se soffri di ADHD e percepisci la Zoom fatigue come un ostacolo sempre più difficile da superare nella tua quotidianità, è essenziale adottare strategie concrete e specifiche. Anche consultare uno specialista qualificato può essere un primo passo cruciale. Un psicologo esperto in ADHD potrà consigliarti interventi personalizzati, ma basati su evidenze scientifiche, quali:

  • Terapie cognitivo-comportamentali: Per mettere in pratica metodi che potenzino l’attenzione.
  • Tecniche ergonomiche: In questo modo si potrebbe organizzare efficacemente lo spazio e il tempo lavorativo.
  • Interventi psicoeducativi mirati: Questo potrebbe aiutare ad aumentare la consapevolezza e la gestione della condizione. 

Gam Medical, Clinica ADHD per adulti, concede la possibilità di iscriversi a trattamenti di coaching psicologico ADHD individuale.

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Sei ADHD e la zoom fatigue è diventato un ostacolo giornaliero?

Pur rappresentando una sfida significativa, la zoom fatigue può essere efficacemente affrontata adottando metodologie validate scientificamente e strategie personalizzate. 

GAM Medical, Clinica ADHD per adulti, ti offre la possibilità di iniziare un percorso terapeutico con uno psicologo specializzato nel Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività (ADHD). 

Nel caso in cui fossi ADHD ricorda che è necessario prevenire eventuali danni psicofisici e perché ciò avvenga è necessario rivolgersi a professionisti qualificati della salute mentale, che sappiano attuare un approccio integrato e consapevole. In questo modo non solo si può migliorare significativamente la qualità della vita lavorativa e personale, ma è possibile anche trasformare l’esperienza digitale in un ambiente meno stressante e più sostenibile per le tue esigenze.

Questo è contenuto divulgativo e non sostituisce le diagnosi di un professionista. Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo.

Fonti:

  • https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2451958821000671 
  • https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC10198405/ 
  • https://psycnet.apa.org/record/2021-22045-001
  • https://www.frontiersin.org/journals/virtual-reality/articles/10.3389/frvir.2022.855895/full 
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