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Disturbi Dissociativi

I disturbi dissociativi rappresentano una categoria di disturbi psicologici caratterizzati da alterazioni nella coscienza, nella memoria, nell’identità e nella percezione della realtà.

Il termine “dissociativo” si riferisce alla disconnessione o separazione di queste funzioni psicologiche di base, che normalmente operano in modo integrato.

Le persone affette da disturbi dissociativi possono sperimentare difficoltà a ricordare eventi, una sensazione di distacco dal proprio corpo o dal proprio senso di sé, o la sensazione che il mondo esterno non sia reale.

I disturbi dissociativi possono svilupparsi in risposta a traumi, abuso o stress estremamente intensi, come meccanismo di difesa per proteggere l’individuo dal dolore emotivo insostenibile.

La dissociazione consente alla persona di “separare” il trauma dalla coscienza attiva, ma ciò può portare a problemi significativi nella vita quotidiana, nelle relazioni e nel funzionamento psicosociale.

I disturbi che fanno parte di questa categoria sono:

  • Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID): Precedentemente noto come “disturbo da personalità multipla”, il disturbo dissociativo dell’identità è caratterizzato dalla presenza di due o più identità o stati di personalità distinti, ciascuno con i propri modi di pensare, sentire e comportarsi. Le diverse identità possono avere nomi, età, generi e storie di vita differenti. Le persone con DID spesso sperimentano episodi di amnesia, in cui non ricordano le azioni compiute mentre una delle altre identità era “attiva”. Il DID è spesso legato a traumi gravi, come abusi nell’infanzia.
  • Amnesia Dissociativa: Questo disturbo è caratterizzato dall’incapacità di ricordare informazioni autobiografiche importanti, spesso legate a eventi traumatici o stressanti. L’amnesia dissociativa può essere circoscritta a un singolo evento (amnesia localizzata), includere un periodo di tempo (amnesia selettiva) o riguardare ampie aree della vita di una persona (amnesia generalizzata). Non è dovuta a un danno cerebrale o a una malattia neurologica, ma è il risultato di un meccanismo di difesa psicologico.
  • Depersonalizzazione/Derealizzazione: Il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione è caratterizzato da episodi persistenti o ricorrenti di depersonalizzazione (sensazione di distacco o estraneità rispetto a se stessi, al proprio corpo o ai propri pensieri) o di derealizzazione (sensazione che il mondo esterno non sia reale, come se fosse distante, nebbioso o alterato). Le persone affette da questo disturbo sanno che ciò che sperimentano non è reale, ma questo non riduce la sensazione di disagio.
  • Disturbo Dissociativo Non Specificato: Questo termine viene utilizzato per descrivere condizioni dissociative che non soddisfano pienamente i criteri per uno dei disturbi dissociativi specifici, ma che causano comunque disagio significativo o difficoltà nel funzionamento quotidiano. Questi disturbi possono includere episodi dissociativi che si verificano in risposta a stress acuto o traumi, ma che non rientrano in nessuno dei quadri diagnostici sopra elencati.

Caratteristiche in comune dei disturbi della categoria dei Disturbi Dissociativi

I disturbi dissociativi sono un gruppo di condizioni psicopatologiche caratterizzate da una disconnessione o interruzione nella normale integrazione della coscienza, della memoria, dell’identità, delle emozioni, delle percezioni, e del comportamento.

Le persone che soffrono di disturbi dissociativi sperimentano una frammentazione della propria esperienza personale, che può rendere difficile collegare pensieri, sentimenti e azioni in modo coerente.

Questa dissociazione è spesso una risposta a eventi traumatici o stressanti, con lo scopo di proteggere l’individuo da esperienze emotivamente insostenibili. I disturbi dissociativi possono variare in gravità e intensità, ma condividono caratteristiche comuni che li distinguono da altre condizioni psicologiche.

Le principali caratteristiche comuni della categoria dei disturbi dissociativi sono:

  • Dissociazione della coscienza: Una caratteristica centrale di tutti i disturbi dissociativi è la dissociazione della coscienza, ovvero un’alterazione o frammentazione della normale esperienza di consapevolezza. Le persone affette da disturbi dissociativi possono sentirsi come se fossero “staccate” dal mondo esterno o come se stessero osservando se stesse dall’esterno, come in una sorta di esperienza fuori dal corpo. Questa separazione dalla propria esperienza soggettiva può manifestarsi in diversi modi, come sensazioni di irrealtà (derealizzazione), di distacco dall’identità personale (depersonalizzazione) o di discontinuità nella memoria e nell’identità. La dissociazione della coscienza ha lo scopo di proteggere l’individuo da emozioni dolorose o traumatiche, ma può anche portare a una perdita del senso di sé e della continuità della propria esistenza.
  • Amnesie dissociative: Una caratteristica comune dei disturbi dissociativi è la presenza di amnesie dissociative, ovvero la perdita di memoria riguardante informazioni personali significative, spesso legate a eventi traumatici o stressanti. A differenza dell’amnesia organica, causata da danni cerebrali, l’amnesia dissociativa è di natura psicogena e non è spiegabile da cause mediche. Le persone che soffrono di amnesie dissociative possono essere incapaci di ricordare periodi di tempo specifici, eventi significativi o informazioni riguardanti la propria identità, come il proprio nome, l’età o il luogo di nascita. In alcuni casi, l’amnesia dissociativa può riguardare anche abilità apprese o conoscenze pratiche, con il paziente che si ritrova improvvisamente incapace di eseguire attività precedentemente conosciute.
  • Alterazioni dell’identità: Nei disturbi dissociativi, l’identità personale può essere frammentata o discontinua, portando a una sensazione di confusione o disorientamento riguardo a chi si è. L’alterazione dell’identità può assumere diverse forme, dalla sensazione di non riconoscersi nel proprio corpo o nella propria mente (depersonalizzazione) alla presenza di identità multiple, come nel caso del disturbo dissociativo dell’identità (DID), in cui due o più identità distinte coesistono all’interno della stessa persona. Queste identità possono avere caratteristiche, nomi, età e storie personali diverse, e possono “prendere il controllo” dell’individuo in momenti diversi, causando periodi di amnesia o comportamenti incoerenti rispetto all’identità principale. L’alternanza tra queste identità può essere innescata da eventi stressanti o traumatici e può avvenire senza che la persona ne abbia una chiara consapevolezza.
  • Depersonalizzazione e derealizzazione: Molti disturbi dissociativi sono caratterizzati da episodi di depersonalizzazione e/o derealizzazione. La depersonalizzazione è la sensazione di distacco dal proprio corpo o dai propri processi mentali, come se ci si stesse osservando dall’esterno. La persona può descrivere l’esperienza come se fosse un osservatore esterno della propria vita, sentendosi alienata dalle proprie emozioni, pensieri o azioni. La derealizzazione, invece, è la sensazione che il mondo esterno sia irreale o distorto, come se le persone e gli oggetti circostanti fossero privi di sostanza o fossero alterati nella loro forma e dimensione. Queste esperienze possono essere estremamente sconcertanti e destabilizzanti per chi ne soffre, e possono verificarsi in modo episodico o continuo.
  • Disconnessione emotiva: Nei disturbi dissociativi, le emozioni possono essere percepite come separate dalla consapevolezza cosciente, portando a una sorta di intorpidimento o appiattimento emotivo. Le persone affette da questi disturbi possono avere difficoltà a sperimentare emozioni in modo coerente o a riconoscerle, sia nel proprio corpo che nelle interazioni con gli altri. Questo distacco emotivo è spesso una risposta difensiva a traumi o stress emotivo, con lo scopo di proteggere l’individuo dal rivivere il dolore emotivo associato a ricordi traumatici. Tuttavia, questa dissociazione dalle emozioni può interferire con la capacità di formare e mantenere relazioni interpersonali e di affrontare efficacemente le sfide della vita quotidiana.
  • Forte correlazione con traumi: La maggior parte dei disturbi dissociativi ha una stretta correlazione con esperienze traumatiche, in particolare traumi infantili, abusi fisici o sessuali, maltrattamenti, negligenza emotiva o esposizione a violenza. La dissociazione è spesso vista come un meccanismo di difesa che la mente utilizza per separare i ricordi e le emozioni legate al trauma, rendendoli meno accessibili alla coscienza per proteggere l’individuo dal sovraccarico emotivo. Nei pazienti con disturbi dissociativi, i traumi non elaborati possono riemergere attraverso flashback, sogni intrusivi o sensazioni corporee legate al trauma, che possono innescare episodi dissociativi o far riemergere identità dissociate.
  • Disturbi della percezione del tempo e dello spazio: Un’altra caratteristica comune nei disturbi dissociativi è l’alterazione della percezione del tempo e dello spazio. Le persone possono sentirsi come se il tempo si fosse rallentato o accelerato, o possono sperimentare vuoti temporali in cui non riescono a ricordare cosa è successo per ore o giorni. Questa alterazione temporale può essere particolarmente angosciante, poiché il soggetto può ritrovarsi in luoghi sconosciuti senza sapere come ci sia arrivato o può scoprire di aver compiuto azioni di cui non ha alcun ricordo. Inoltre, la percezione dello spazio può essere distorta, con il paziente che riferisce di sentirsi scollegato dall’ambiente circostante o di vedere oggetti e persone in modo distorto.
  • Difficoltà a integrare pensieri, emozioni e comportamenti: Nei disturbi dissociativi, la difficoltà principale è rappresentata dall’incapacità di integrare in modo coerente i propri pensieri, emozioni e comportamenti. Le persone possono sperimentare pensieri frammentati, emozioni scollegate dalla propria identità o comportamenti che sembrano estranei o incoerenti rispetto alla propria personalità. Questa disintegrazione può rendere difficile per l’individuo comprendere se stesso o fare scelte coerenti nella vita quotidiana. Nei casi più gravi, questa frammentazione può portare a una compromissione significativa della vita personale, lavorativa o sociale, poiché la persona può sentirsi costantemente confusa riguardo a chi sia o cosa stia facendo.
  • Fuga dissociativa: Un fenomeno raro ma estremamente caratteristico dei disturbi dissociativi è la fuga dissociativa, in cui una persona perde temporaneamente il senso della propria identità e, in alcuni casi, si allontana fisicamente da casa o dal proprio ambiente familiare. Durante la fuga dissociativa, l’individuo può assumere una nuova identità, dimenticando completamente la propria vita passata e i legami affettivi. Al termine dell’episodio, la persona può ritrovare la memoria precedente senza alcun ricordo del periodo trascorso in fuga. Questo stato può durare ore, giorni o persino mesi, e rappresenta una forma estrema di dissociazione legata a un tentativo di fuggire da un evento traumatico o stressante.
  • Comorbilità con altri disturbi mentali: I disturbi dissociativi spesso coesistono con altre condizioni psicologiche, come disturbi d’ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e disturbi di personalità. La comorbilità è comune, poiché la dissociazione può essere sia una risposta difensiva a queste condizioni che un fattore che aggrava i sintomi. Ad esempio, una persona con PTSD può sperimentare episodi dissociativi come meccanismo di fuga dai flashback del trauma. La presenza di più disturbi concomitanti può rendere la diagnosi e il trattamento più complessi, poiché i sintomi dissociativi possono mascherare o confondere quelli di altri disturbi.

Pertanto, i disturbi dissociativi sono caratterizzati da una disconnessione nella consapevolezza di sé, nelle emozioni e nella memoria, spesso in risposta a esperienze traumatiche o stressanti.

La dissociazione, che serve come meccanismo di difesa, può interferire con il normale funzionamento della coscienza e dell’identità, portando a esperienze di disorientamento, confusione e perdita di controllo.

Sebbene i disturbi dissociativi condividano queste caratteristiche comuni, ciascuno presenta specifiche manifestazioni e livelli di gravità, e il trattamento richiede un approccio psicoterapeutico specializzato, spesso incentrato sull’elaborazione dei traumi sottostanti.

Prevalenza e variabili nell’insorgenza dei Disturbi Dissociativi

La prevalenza dei disturbi dissociativi nella popolazione generale è variabile e spesso difficile da determinare con precisione a causa della complessità dei sintomi e della difficoltà nella diagnosi.

I disturbi dissociativi tendono a essere sotto-diagnosticati o confusi con altre condizioni psicologiche, come i disturbi d’ansia, i disturbi dell’umore o il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), il che rende complicato ottenere stime accurate sulla loro diffusione.

Tuttavia, studi epidemiologici suggeriscono che questi disturbi sono più comuni di quanto inizialmente si pensasse, soprattutto in specifici gruppi di popolazione e in contesti particolarmente vulnerabili.

Nello specifico, occorre considerare:

  • Prevalenza generale nella popolazione: Le stime sulla prevalenza dei disturbi dissociativi variano ampiamente. Studi epidemiologici indicano che tra l’1% e il 3% della popolazione generale può soddisfare i criteri per un disturbo dissociativo, con alcuni studi che riportano tassi più elevati fino al 10% quando vengono considerati sintomi dissociativi più lievi o transitori. Tuttavia, la prevalenza specifica varia a seconda del tipo di disturbo dissociativo. Il disturbo dissociativo dell’identità (DID) è meno comune, con una prevalenza stimata attorno all’1-1,5%, mentre l’amnesia dissociativa e la depersonalizzazione/derealizzazione sono più frequenti, con tassi che possono raggiungere il 2-5% della popolazione generale, soprattutto in risposta a eventi traumatici.
  • Prevalenza per genere: Le donne tendono a essere più frequentemente diagnosticate con disturbi dissociativi rispetto agli uomini, anche se le ragioni di questa differenza non sono completamente chiare. Alcuni studi indicano che le donne possono avere una maggiore vulnerabilità alla dissociazione a causa di una maggiore esposizione a traumi infantili, in particolare abusi fisici e sessuali, che sono fattori scatenanti comuni per lo sviluppo di disturbi dissociativi. Inoltre, è stato suggerito che le donne possono essere più inclini a cercare aiuto per i sintomi dissociativi, portando a una maggiore probabilità di diagnosi rispetto agli uomini, che possono manifestare dissociazione in forme meno evidenti o associarla a comportamenti disfunzionali come l’abuso di sostanze. Il disturbo dissociativo dell’identità (DID) è particolarmente più comune nelle donne, con un rapporto stimato di 9:1 rispetto agli uomini.
  • Prevalenza per età: I disturbi dissociativi tendono a manifestarsi più frequentemente durante l’infanzia e l’adolescenza, poiché è durante questo periodo che il cervello è particolarmente vulnerabile agli effetti del trauma e che i meccanismi di difesa dissociativi possono svilupparsi in risposta a esperienze avverse. I bambini che sono esposti a traumi ripetuti, come abusi fisici, emotivi o sessuali, maltrattamenti o negligenza, hanno un rischio significativamente maggiore di sviluppare disturbi dissociativi. Tuttavia, molti casi non vengono diagnosticati fino all’età adulta, quando i sintomi diventano più evidenti o interferiscono in modo significativo con il funzionamento quotidiano. Negli adulti, i disturbi dissociativi spesso si manifestano in seguito a esperienze traumatiche acute, come incidenti, aggressioni o eventi catastrofici, che possono scatenare sintomi dissociativi come amnesia, depersonalizzazione o la comparsa di identità alternative.
  • Prevalenza per occupazione e contesto lavorativo: Sebbene ci siano poche ricerche specifiche sulla prevalenza dei disturbi dissociativi in relazione alle occupazioni, alcune professioni possono essere associate a un maggiore rischio di sviluppare sintomi dissociativi. Le persone che lavorano in contesti ad alto stress o che sono regolarmente esposte a traumi, come operatori sanitari, soccorritori, forze dell’ordine, militari e professionisti dell’emergenza, possono avere una maggiore probabilità di sviluppare disturbi dissociativi. In questi contesti, la dissociazione può rappresentare una risposta difensiva all’esposizione ripetuta a eventi traumatici o a situazioni di pericolo estremo. Allo stesso modo, coloro che hanno una storia di traumi infantili possono essere più vulnerabili a sviluppare sintomi dissociativi in età adulta, soprattutto in ambienti lavorativi che ripropongono dinamiche di potere, abuso o controllo.
  • Prevalenza in base all’area geografica: La prevalenza dei disturbi dissociativi può variare significativamente in base all’area geografica e al contesto culturale. In alcuni studi, è stato osservato che le popolazioni che vivono in contesti di conflitto, guerra o disastri naturali possono avere tassi più elevati di disturbi dissociativi, poiché questi eventi traumatici di massa aumentano la probabilità che le persone sperimentino dissociazione come meccanismo di difesa. Le differenze culturali possono anche influenzare il modo in cui i sintomi dissociativi vengono interpretati e diagnosticati. In alcune culture, la dissociazione può essere interpretata come una manifestazione di possessione o esperienze spirituali, piuttosto che come un sintomo patologico. Inoltre, in alcune regioni del mondo, la mancanza di accesso ai servizi di salute mentale o lo stigma associato ai disturbi psicologici può portare a una sottostima della prevalenza dei disturbi dissociativi.
  • Fattori culturali e socioeconomici: Le variabili socioeconomiche possono influenzare l’insorgenza dei disturbi dissociativi. Le persone provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati, con una maggiore esposizione alla violenza, alla povertà, all’abuso o alla negligenza, hanno un rischio più elevato di sviluppare disturbi dissociativi. In queste circostanze, la dissociazione può fungere da meccanismo di adattamento a situazioni traumatiche o di stress estremo che le persone non sono in grado di affrontare in altro modo. Allo stesso modo, fattori culturali come le credenze religiose o spirituali possono influenzare il modo in cui la dissociazione viene vissuta e interpretata. In alcune culture, esperienze dissociative come la trance o le visioni possono essere considerate normali o addirittura desiderabili, mentre in altre culture possono essere viste come segni di malattia mentale.
  • Effetti del trauma infantile: Una delle variabili più significative legate all’insorgenza dei disturbi dissociativi è la storia di trauma infantile. Studi indicano che una percentuale molto elevata di persone con disturbi dissociativi, in particolare il disturbo dissociativo dell’identità, ha subito abusi fisici, emotivi o sessuali durante l’infanzia. Il trauma infantile è considerato un fattore di rischio primario per lo sviluppo di disturbi dissociativi, poiché l’uso della dissociazione può diventare un meccanismo di coping per proteggere la mente dagli effetti devastanti del trauma. Il rischio di dissociazione aumenta con l’intensità, la durata e la gravità del trauma subito, soprattutto se il trauma è stato inflitto da figure di attaccamento come genitori o caregiver. La dissociazione permette al bambino di separare l’esperienza dolorosa dalla consapevolezza cosciente, ma questo meccanismo di difesa può persistere anche in età adulta, causando disturbi dissociativi cronici.
  • Coesistenza con altri disturbi mentali: La comorbilità con altre condizioni psicologiche è un altro fattore importante che può influenzare l’insorgenza e la prevalenza dei disturbi dissociativi. I disturbi dissociativi coesistono spesso con disturbi d’ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress (PTSD), disturbi dell’umore e disturbi di personalità, in particolare il disturbo borderline di personalità. La dissociazione è una risposta comune in persone che soffrono di PTSD, soprattutto se è presente una storia di traumi ripetuti o di lungo termine. La sovrapposizione tra questi disturbi può complicare la diagnosi e il trattamento, poiché i sintomi dissociativi possono essere interpretati erroneamente come parte di altre patologie psicologiche.

I disturbi dissociativi, pertanto, hanno una prevalenza che varia in base a diversi fattori, come il genere, l’età, il contesto geografico e socioeconomico e la presenza di traumi infantili o esperienze stressanti.

Le donne, i bambini e gli adolescenti, così come le persone che hanno subito traumi infantili, sono particolarmente vulnerabili allo sviluppo di questi disturbi.

La variabilità nella manifestazione dei sintomi dissociativi e le differenze culturali rendono difficile stabilire una prevalenza uniforme, ma la dissociazione rappresenta una risposta comune a traumi significativi e a situazioni di stress estremo.

Un adeguato riconoscimento e trattamento dei sintomi dissociativi, soprattutto nelle popolazioni vulnerabili, è essenziale per ridurre l’impatto di questi disturbi sulla vita delle persone.

Aspetti storici dell’inquadramento diagnostico dei disturbi della categoria dei Disturbi Dissociativi

Gli aspetti storici dell’inquadramento diagnostico dei disturbi dissociativi rivelano una lunga e complessa evoluzione concettuale, che ha subito notevoli trasformazioni nel corso dei secoli.

Sin dai primi studi sulla psiche umana, i disturbi dissociativi hanno suscitato grande interesse tra i medici e i filosofi, spesso legati a fenomeni inspiegabili di alterazione della coscienza, della memoria e dell’identità.

Tuttavia, la comprensione moderna di questi disturbi ha cominciato a prendere forma solo nel XIX secolo, con l’introduzione della psicopatologia come disciplina scientifica e con i primi tentativi di classificazione formale dei fenomeni dissociativi.

Nel corso del XX secolo, il concetto di dissociazione ha assunto un ruolo sempre più centrale nella psicologia, soprattutto nell’ambito del trauma e delle difese psicologiche.

I principali aspetti storici e le tappe fondamentali nell’inquadramento diagnostico dei disturbi dissociativi sono:

  • Antichità e Medioevo: Prima dello sviluppo della psicologia scientifica, le esperienze che oggi identifichiamo come disturbi dissociativi venivano spesso interpretate in termini spirituali o sovrannaturali. Nelle culture antiche, episodi di dissociazione, come la perdita di memoria o l’assunzione di identità multiple, venivano attribuiti a possessioni demoniache, interventi divini o esperienze mistiche. Questi fenomeni erano spesso considerati come manifestazioni religiose o spirituali piuttosto che patologiche, e venivano trattati attraverso rituali di esorcismo o pratiche magiche. Anche nel Medioevo, episodi dissociativi, soprattutto tra le donne, venivano spesso associati alla stregoneria o alla possessione demoniaca, con gravi conseguenze per coloro che mostravano tali sintomi.
  • XIX secolo: I primi studi sul disturbo isterico e la nascita della dissociazione: Il concetto di dissociazione cominciò a svilupparsi in ambito scientifico nella seconda metà del XIX secolo, quando i fenomeni di “isteria” divennero oggetto di studio da parte di medici e psicologi. Jean-Martin Charcot, un neurologo francese, fu uno dei primi a osservare e documentare casi di dissociazione durante i suoi studi sull’isteria presso l’ospedale Salpêtrière di Parigi. Charcot notò che alcuni pazienti mostravano sintomi come paralisi, cecità, perdita di memoria e comportamenti anomali in assenza di cause neurologiche evidenti, e ipotizzò che questi sintomi potessero essere legati a disfunzioni psicologiche piuttosto che fisiche. Questo segnò l’inizio di una comprensione della dissociazione come fenomeno legato alla psiche, piuttosto che a cause organiche.
  • Pierre Janet e lo sviluppo del concetto di dissociazione: Un altro importante pioniere nello studio dei disturbi dissociativi fu lo psicologo francese Pierre Janet, che introdusse il termine “dissociazione” per descrivere il meccanismo attraverso il quale alcune persone separano ricordi, pensieri o emozioni dalla coscienza. Janet considerava la dissociazione come un meccanismo di difesa contro eventi traumatici, in cui la mente si “separa” dall’esperienza traumatica per proteggere l’individuo dal dolore emotivo insopportabile. Secondo Janet, la dissociazione non era solo un fenomeno isterico, ma poteva verificarsi in varie forme, inclusa l’amnesia dissociativa e il disturbo di personalità multipla. Le sue teorie influenzarono notevolmente lo sviluppo della psicologia clinica e prepararono il terreno per una comprensione più moderna della dissociazione come risposta al trauma.
  • Sigmund Freud e la psicoanalisi: Anche Sigmund Freud contribuì all’inquadramento dei disturbi dissociativi attraverso il suo lavoro sull’isteria e la teoria della rimozione. Freud, inizialmente influenzato da Charcot e Janet, sviluppò l’idea che i sintomi isterici fossero il risultato della rimozione di ricordi o impulsi traumatici dalla coscienza. Tuttavia, a differenza di Janet, Freud vedeva la dissociazione non come un fenomeno separato, ma come parte di un più ampio processo inconscio legato alla gestione dei conflitti psichici. Freud teorizzò che i traumi, soprattutto quelli legati alla sessualità, potessero essere “rimossi” dalla coscienza e manifestarsi attraverso sintomi dissociativi o isterici. Sebbene Freud si sia allontanato dal concetto di dissociazione in senso stretto, le sue teorie influenzarono profondamente la comprensione dei meccanismi difensivi psicologici, inclusa la dissociazione.
  • Inizio del XX secolo: Declino e rinascita del concetto di dissociazione: Durante la prima metà del XX secolo, l’interesse per i disturbi dissociativi diminuì, in parte a causa dell’ascesa della psicoanalisi e delle teorie freudiane, che privilegiavano altre spiegazioni per i disturbi psicologici. Inoltre, con lo sviluppo della psichiatria biologica, molte condizioni mentali vennero sempre più attribuite a cause neurologiche o biochimiche, portando a una temporanea marginalizzazione del concetto di dissociazione. Tuttavia, durante la metà del XX secolo, l’interesse per la dissociazione riprese vigore, soprattutto grazie agli studi sui veterani di guerra che soffrivano di disturbi post-traumatici e dissociativi in seguito a esperienze di combattimento.
  • Disturbo di personalità multipla e casi clinici famosi: Negli anni ’50 e ’60, il concetto di disturbo di personalità multipla (oggi noto come disturbo dissociativo dell’identità) iniziò a ricevere maggiore attenzione, grazie a una serie di casi clinici famosi. Uno dei più noti fu il caso di “Sybil”, una donna che presentava 16 personalità distinte, il cui trattamento venne documentato in un libro pubblicato nel 1973. Il caso di Sybil, insieme ad altri casi di personalità multipla, portò a un crescente interesse pubblico e clinico per i disturbi dissociativi, e favorì l’inclusione formale del disturbo di personalità multipla nelle prime versioni del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM).
  • DSM-III e DSM-IV: Formalizzazione della diagnosi: La pubblicazione del DSM-III nel 1980 segnò un importante passo avanti nell’inquadramento diagnostico dei disturbi dissociativi. Il DSM-III introdusse formalmente una categoria separata per i disturbi dissociativi, che includeva il disturbo di personalità multipla (oggi disturbo dissociativo dell’identità), l’amnesia dissociativa, la fuga dissociativa e il disturbo di depersonalizzazione. Questa classificazione rifletteva una maggiore consapevolezza dei sintomi dissociativi e del loro legame con il trauma psicologico, in particolare l’abuso infantile. Nel 1994, il DSM-IV rinominò il disturbo di personalità multipla in disturbo dissociativo dell’identità, per sottolineare che le diverse identità non rappresentano vere e proprie personalità distinte, ma frammenti dissociati della stessa identità personale.
  • Evoluzione nel DSM-5 (2013): Con la pubblicazione del DSM-5 nel 2013, l’inquadramento diagnostico dei disturbi dissociativi venne ulteriormente affinato. Il DSM-5 riconosce una gamma più ampia di esperienze dissociative e pone una maggiore enfasi sul legame tra dissociazione e trauma, in particolare il trauma complesso. Viene inoltre introdotto il concetto di sintomi dissociativi associati al disturbo post-traumatico da stress (PTSD), riconoscendo che molti pazienti con PTSD sperimentano sintomi dissociativi come derealizzazione o depersonalizzazione. Nel DSM-5, i disturbi dissociativi includono il disturbo dissociativo dell’identità, l’amnesia dissociativa (che può includere la fuga dissociativa), il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione e il disturbo dissociativo non specificato, una categoria utilizzata per quei casi che non soddisfano i criteri completi di un disturbo specifico.
  • Riconoscimento della dissociazione nel trauma complesso: Negli ultimi decenni, il concetto di dissociazione è stato sempre più riconosciuto come una risposta centrale al trauma complesso, come nel caso di abusi ripetuti o traumi prolungati nell’infanzia. Gli studi condotti su sopravvissuti a traumi gravi e prolungati, come la tortura, il traffico di esseri umani e l’abuso infantile, hanno dimostrato che la dissociazione è spesso una risposta automatica a livelli estremi di sofferenza psicologica. Questo ha portato a un approfondimento della comprensione del legame tra dissociazione, trauma e strategie di coping, e ha influenzato i trattamenti moderni per i disturbi dissociativi.

Pertanto, la storia dell’inquadramento diagnostico dei disturbi dissociativi riflette un lungo percorso che ha portato a una comprensione più sfumata e complessa del fenomeno.

Da interpretazioni religiose e sovrannaturali, si è passati a una concettualizzazione psicologica basata sui meccanismi di difesa e sul trauma, fino a una formalizzazione più accurata e scientifica attraverso il DSM.

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