Tornare alla Realtà: 5 Tecniche di Grounding per Persone ADHD

Tempo di lettura: 8 minuti

Indice Contenuti
Tornare alla Realtà 5 Tecniche di Grounding per Persone ADHD

Nella vita delle persone ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), ci sono moltissime situazioni in cui può verificarsi una sorta di disconnessione dal presente, una perdita temporanea del contatto con la realtà così come viene comunemente percepita.

Alcuni degli ambiti in cui si perde contatto con la realtà nell’ADHD sono:

  • Disregolazione emotiva: la disregolazione emotiva nell’ADHD è estremamente comune. Chi è ADHD può passare da uno stato emotivo all’altro con grande rapidità, spesso in risposta a stimoli che per altri potrebbero sembrare insignificanti. Rabbia, frustrazione, tristezza, entusiasmo: tutto può esplodere all’improvviso, senza filtro, e travolgere completamente. In quei momenti, la persona può sentirsi sopraffatta, invasa da emozioni talmente intense da non riuscire più a rimanere centrata. È come se il mondo esterno sfumasse, mentre tutto l’universo percettivo venisse assorbito dall’ondata emotiva. In questi casi, il contatto con la realtà, intesa come il qui e ora, può vacillare. Si diventa meno presenti, meno lucidi, meno connessi con ciò che accade davvero.
  • Esperienze dissociative: come la depersonalizzazione e la derealizzazione. Chi vive con l’ADHD può trovarsi a sentirsi “fuori dal proprio corpo”, oppure percepire il mondo esterno come irreale, distante, ovattato. Sono esperienze difficili da descrivere, perché non somigliano a niente di tangibile. A volte ci si guarda allo specchio e non ci si riconosce del tutto. A volte si cammina per strada con la sensazione che tutto intorno sia finto, o che ci si muova come dentro un sogno. Non è necessariamente pericoloso, ma può essere molto disorientante e far sentire ancora più soli.
  • Meltdown e shutdown: due momenti in cui il corpo reagisce in modo drastico a un sovraccarico emotivo, sensoriale o cognitivo. Sono esperienze molto frequenti nelle persone neurodivergenti, comprese quelle ADHD, anche se spesso associate solo all’autismo. Il meltdown è una sorta di esplosione: può manifestarsi con pianti incontenibili, urla, rabbia, agitazione fisica — è il segnale che il sistema nervoso è andato in tilt. Lo shutdown, invece, è il suo opposto: un crollo interno, silenzioso, dove la persona si spegne, si chiude, si dissocia, si immobilizza. In entrambi i casi, il contatto con la realtà viene temporaneamente sospeso: non si è più nel mondo esterno, ma completamente immersi in uno stato di confusione, iperattivazione o vuoto totale.

Tutte queste situazioni hanno un tratto in comune: la perdita di ancoraggio.

È come se si fluttuasse, come se mancasse qualcosa che tenga “giù”, radicati, stabili.

È qui che può entrare in gioco un concetto molto utile chiamato grounding, o in italiano “radicamento”.

Si tratta di un insieme di tecniche e approcci volti a riportare l’attenzione e la consapevolezza al momento presente, al corpo, al respiro, ai sensi, alla realtà tangibile.

Non è una cura magica, e non risolve alla radice i meccanismi complessi che portano alla disregolazione o alla dissociazione, ma può essere un primo passo per ritornare a sé, per interrompere il loop e ricostruire un senso di stabilità.

Cos’è il Grounding?

Il grounding, anche chiamato radicamento, è un insieme di tecniche psicologiche e corporee che hanno l’obiettivo di riportare l’attenzione al momento presente, al proprio corpo, al contatto con ciò che è reale e tangibile, specialmente nei momenti in cui ci si sente disorientati, travolti, dissociati o sopraffatti dalle emozioni.

È una pratica che nasce e si sviluppa all’interno di diversi contesti terapeutici, in particolare nel lavoro sul trauma, nei disturbi dissociativi, nell’ansia intensa, ma trova spazio anche nella gestione dello stress, della disregolazione emotiva e in generale in tutti quei momenti in cui si ha la sensazione di “non esserci”, di non essere presenti a sé stessi o al mondo.

Il termine grounding deriva dall’inglese to ground, che significa “radicare”, “piantare a terra”, “stabilizzare”.

Proprio come un albero ha bisogno di radici forti per resistere al vento, così l’essere umano ha bisogno di “radici interiori” per rimanere saldo nei momenti di tempesta emotiva o mentale.

L’immagine è quella del corpo che ritrova la connessione con la “terra”, intesa in senso simbolico: la realtà concreta, i sensi, il tempo presente, le proprie sensazioni fisiche immediate.

Non a caso, molte delle tecniche di grounding coinvolgono proprio il corpo, il respiro, il tocco, il movimento, la percezione sensoriale: tutto ciò che può fungere da ancora per non perdersi.

Le radici teoriche del grounding sono molteplici.

Alcuni dei primi riferimenti sistematici arrivano dalla psicoterapia del trauma, in particolare dal lavoro di terapeuti come Judith Herman, Bessel van der Kolk o Babette Rothschild, che hanno posto l’accento sulla necessità di aiutare le persone a restare nel presente nei momenti di attivazione emotiva intensa.

Quando si è in preda a un flashback, a una dissociazione, a un attacco di panico, la mente “viaggia”: torna al passato, anticipa il futuro, si frammenta, si disconnette.

Il grounding, in questi casi, è uno strumento per ritornare nel qui e ora, per spezzare il flusso ansiogeno o dissociativo e ricostruire una percezione più stabile del momento presente.

Ma il grounding ha anche radici nel lavoro corporeo, come nella bioenergetica di Alexander Lowen o in approcci più recenti come il somatic experiencing, che insegnano a leggere i segnali del corpo come indicatori fondamentali del nostro stato emotivo e a intervenire attraverso di esso per regolare la nostra esperienza interna.

Il corpo, infatti, non è solo un contenitore, ma un veicolo attraverso cui passano emozioni, memorie, tensioni.

Ritornare al corpo — con piccoli gesti, con il respiro, con la consapevolezza — è spesso il primo passo per ritrovare lucidità.

Ciò che rende il grounding interessante è la sua natura profondamente semplice e accessibile. Non richiede strumenti complicati, né grandi preparazioni.

È un modo per ricordarsi che si è vivi, presenti, in un corpo, in un luogo, in un momento specifico, che si può tornare a sentire i piedi per terra anche quando la mente vorrebbe fuggire.

Proprio perché chi è ADHD vive spesso oscillazioni emotive molto forti, momenti di caos mentale e disconnessioni improvvise, può trarre grande beneficio dal conoscere e praticare alcune tecniche di grounding.

Tecniche di Grounding per le Persone ADHD da Usare nei Momenti di Distacco dalla Realtà

Come già accennato, nell’ADHD, dove la mente può accelerare improvvisamente, dove le emozioni possono esplodere o spegnersi senza preavviso, dove il corpo e la realtà esterna possono sembrare improvvisamente lontani, caotici o confusi, le tecniche di grounding possono rappresentare uno strumento molto utile.

Tra le tecniche di grounding più spendibili possiamo consigliare:

  1. Tecnica del 5-4-3-2-1: una delle tecniche di grounding più conosciute e condivise negli ultimi tempi, anche grazie alla sua diffusione sui social media, è quella chiamata “5-4-3-2-1”. È una tecnica multisensoriale, che aiuta a rallentare il flusso dei pensieri e a riportare l’attenzione sul presente attraverso l’uso dei cinque sensi. La persona viene guidata in una sorta di mini-esercizio di consapevolezza, che consiste nel notare: – 5 cose che riesce a vedere in questo momento; – 4 cose che riesce a toccare o percepire fisicamente; – 3 cose che riesce a sentire (suoni interni o esterni); – 2 cose che riesce a odorare o che ricorda di aver odorato di recente; – 1 cosa che riesce a gustare oppure un sapore che ha ancora in bocca. Questa tecnica è particolarmente efficace perché richiede uno sforzo cognitivo gentile, accessibile anche a chi è in uno stato di forte attivazione o confusione. L’attenzione viene orientata in modo graduale verso stimoli concreti, presenti, reali. Per una persona ADHD, che tende a essere rapidamente risucchiata da pensieri veloci, anticipazioni, distrazioni o emozioni esplosive, questo tipo di esercizio può aiutare a “mettere i piedi per terra” senza forzature. È una tecnica che si può fare a voce alta, mentalmente o anche scrivendo, e può essere adattata in base alla situazione.
  2. Sciacquare tempie e polsi con acqua fredda: una tecnica di grounding corporea semplice, ma molto efficace, consiste nello sciacquarsi polsi e tempie con acqua fredda. Il freddo è uno stimolo sensoriale immediato e forte, che ha la capacità di “interrompere” uno stato di sovraccarico. Quando si è in uno stato di disregolazione emotiva, quando l’ansia sale o si sente di perdere il controllo, il contatto con l’acqua fredda può servire da “interruttore” che sposta il focus dalla mente al corpo, dal caos interno a una sensazione fisica concreta. Le tempie sono una zona molto sensibile e riccamente irrorata, così come i polsi: bagnarli con acqua fredda può avere un effetto rinfrescante non solo in senso fisico, ma anche simbolico. Non è un gesto casuale: è un modo per ritornare a sentirsi, per fare qualcosa di pratico e immediato, per abbassare la temperatura emotiva. È una tecnica che può essere usata in qualsiasi bagno pubblico, in casa o anche all’aperto, ed è molto utile nei momenti in cui si percepisce un’accelerazione interiore o una sensazione di “troppo” difficile da contenere.
  3. Contatto fisico con il suolo o superfici solide: un altro modo molto diretto per radicarsi è entrare in contatto con superfici stabili e solide. Sedersi per terra, appoggiare le mani su una parete fredda, affondare i piedi nudi nel pavimento, oppure stendersi e sentire il peso del corpo contro il suolo. Sono tutte modalità per ricordare al corpo che “c’è”, che è appoggiato da qualche parte, che non sta fluttuando. Questo può sembrare banale, ma nei momenti di iperattivazione mentale o dissociazione, il corpo può diventare come invisibile. Riattivare questa consapevolezza fisica è un primo passo per recuperare il contatto con sé. Per le persone ADHD, che spesso si trovano ad avere una percezione corporea discontinua o frammentata, questa tecnica può essere utile anche in momenti di stanchezza estrema, crisi di pianto, confusione, o semplicemente per concludere una giornata sovraccarica. Il contatto con una superficie “ferma” può diventare un simbolo interno di stabilità.
  4. Descrivere ad alta voce quello che si vede o si fa: in certi momenti, verbalizzare ad alta voce può essere un modo per “ancorare” l’attenzione. Descrivere ciò che si ha intorno, passo dopo passo, oppure raccontare le azioni che si stanno compiendo (“Adesso sto camminando verso la porta, ora la apro, sto toccando il manico”) può sembrare un po’ strano, ma ha un potente effetto di messa a fuoco. Questo tipo di narrazione verbale costringe la mente a rallentare, a seguire una sequenza lineare, a dare nome alle cose. È un’operazione rassicurante per il cervello, che spesso nel caos dell’ADHD tende a saltare da un pensiero all’altro senza continuità. Questo tipo di tecnica può essere usata anche in modo creativo: si può descrivere mentalmente una stanza in dettaglio, o raccontare a sé stessi un’azione come se si stesse spiegando a un’altra persona. Può aiutare a ritrovare un senso di coerenza interna, soprattutto nei momenti di blackout, ansia, o quando si ha la sensazione di “non riuscire a pensare”.
  5. Tenersi un oggetto “ancora” a portata di mano: molte persone trovano utile portare con sé un piccolo oggetto concreto che possa diventare una sorta di ancora. Può essere una pietra liscia, una conchiglia, una pallina antistress, un anello, un tessuto con una texture particolare. L’idea è che, nei momenti di tensione o confusione, si possa toccare, stringere o semplicemente guardare quell’oggetto come punto di riferimento. È un gesto semplice, ma capace di stimolare il senso del tatto, richiamare ricordi positivi o stabili, e offrire una micro-pausa emotiva. Per chi è ADHD, questo può diventare una strategia tascabile molto efficace, soprattutto in ambienti sociali, situazioni nuove, o contesti che richiedono una forte regolazione. L’oggetto ancora diventa familiare, personale, discreto. Non serve spiegare a nessuno cosa sia: basta sapere che c’è.

È importante ricordare che queste sono solo alcune delle tante tecniche di grounding esistenti, scelte per la loro semplicità e immediatezza.

Non tutte funzionano allo stesso modo per tutte le persone, e ciò che per qualcuno risulta efficace e rassicurante, per un altro potrebbe essere inutile o addirittura fastidioso.

La vera chiave è sperimentare con curiosità, senza giudizio, e cercare ciò che aiuta davvero a ritrovare un minimo di stabilità e presenza nei momenti di caos, confusione o disconnessione.

Tuttavia, quando queste esperienze di perdita di contatto con la realtà diventano frequenti, intense, o particolarmente difficili da gestire, è fondamentale non affrontarle da soli.

Per tecniche più personalizzate e un percorso di comprensione e regolazione profonda, è sempre consigliabile rivolgersi a professionisti della salute mentale, come psicologi e psicoterapeuti specializzati in ADHD.

Figure come quelle che operano nella clinica per l’ADHD GAM-Medical, ad esempio, possono offrire supporto concreto, strumenti clinicamente validi e accompagnamento personalizzato per costruire strategie di grounding realmente efficaci, calibrate sulla specificità di ciascuna persona neurodivergente.

Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un atto di cura verso se stessi e riconoscere che si ha bisogno di radici più solide è già il primo passo per cominciare a metterle.

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments

ADHD: consigli e curiosità, Vivere l'ADHD

Condividilo

Pensi di essere ADHD?

Fai ora il test di autovalutazione che può fornirti una prima indicazione sulla possibilità di intraprendere un percorso diagnostico.

Guarda le nostre recensioni

Pensi di essere ADHD?

Fai ora il test di autovalutazione che può fornirti una prima indicazione sulla possibilità di intraprendere un percorso diagnostico. Bastano 3 minuti per avere il risultato.

Se ti è piaciuto l'articolo iscriviti alla newsletter per non perdere tutte le nostre comunicazioni.