Terapia breve esiste davvero? Quante sedute e per quali problemi funziona

Tempo di lettura: 4 minuti

terapia breve: cos'è

Ti sei mai chiesto se sia possibile ottenere benefici psicologici con un percorso a tempo definito? 

Le terapie brevi puntano su obiettivi chiari, tecniche mirate e monitoraggio semplice. Non sono scorciatoie: sono interventi strutturati, focali e con durata programmata in base a obiettivi, diagnosi ufficiale o tratti, risorse e comorbidità. In alcuni casi possono bastare; in altri sono la prima tappa di un progetto più ampio.

Oggi andremo a vedere cosa sia e in quali casi funziona la terapia breve.

Terapia breve: cos’è davvero (e cosa non è)

La terapia breve non è un “trucco veloce”: è un percorso strutturato che concentra strategie ad alto impatto in finestre temporali limitate e condivise.

Secondo la meta-analisi “Examining the effectiveness of solution-focused brief therapy: A meta-analysis” (Kim J.S., 2008), interventi nati per essere brevi possono produrre esiti positivi su vari indicatori clinici quando hanno focus circoscritto, obiettivi operativi e compiti tra le sedute.

Definire il focus e i criteri di esito in partenza è ciò che distingue una vera terapia breve da un percorso semplicemente “accorciato”.

Terapia breve: quante sedute sono necessarie

Il numero di sedute può variare a seconda di esigenze del paziente o pareri  del  professionista, ma esistono alcune linee guida.

Secondo la meta-analisi “Brief psychological therapies for anxiety and depression in primary care” (Cape J. et al., 2010), per ansia e depressione comuni diverse psicoterapie brevi risultano efficaci in sei–otto sedute.

Secondo la rassegna “Behavioral and psychological treatments for chronic insomnia in adults” (AASM Task Force, 2021), per l’insonnia i protocolli standard di quattro–otto sedute sono supportati da evidenze, con versioni ancora più brevi in contesti selezionati.


La durata resta funzione dell’obiettivo e della complessità; quadri con rischio elevato o più obiettivi possono richiedere tempi maggiori, mentre target circoscritti rispondono spesso a cicli brevi.

Terapia breve: per quali problemi funziona

Come scegliamo, ora, se è il nostro caso preferire terapia breve?

Secondo la meta-analisi “Brief psychological therapies for anxiety and depression in primary care” (Cape J. et al., 2010), interventi brevi mostrano efficacia per ansia e depressione nel contesto di cure primarie.

Secondo la meta-analisi “Problem-Solving Therapy for Adult Depression” (Cuijpers P. et al., 2018), la problem-solving therapy, concepita per cicli brevi, riduce i sintomi depressivi negli adulti.

Secondo la rassegna Behavioral and psychological treatments for chronic insomnia in adults (AASM Task Force, 2021), la CBT-I in formato breve può migliorare insonnia cronica, con protocolli essenziali centrati su controllo di stimolo e restrizione del sonno.

In sintesi, esistono ambiti in cui la terapia breve può essere una scelta adeguata, soprattutto quando il problema è definito e gli obiettivi sono misurabili.

Terapia breve: come si svolge un percorso tipo 

La terapia breve risulta utile per ridurre tempi morti, massimizzare l’aderenza e valutare i progressi con indicatori semplici.
Seguono alcuni passaggi standard della terapia breve:

  1. Formulazione condivisa del problema e definizione di obiettivi specifici, realistici e osservabili.
  2. Piano di sedute a tempo definito con calendario concordato e regole del lavoro.
  3. Tecniche mirate in seduta (per esempio esposizione graduata, attivazione comportamentale, problem solving) collegate a compiti tra le sedute.
  4. Monitoraggio essenziale: una o due metriche settimanali coerenti con l’obiettivo.
  5. Revisione finale: verifica esiti, consolidamento delle strategie e indicazioni per eventuale follow-up.


Alcuni indicatori per la valutazione del funzionamento:

  • Indicatore 1: riduzione misurabile del sintomo target o dell’interferenza nella vita quotidiana.
  • Indicatore 2: aumento della frequenza delle attività-ponte concordate o dell’esposizione completata.

Terapia breve: limiti, integrazioni e quando non basta

Anche i percorsi brevi hanno limiti: in presenza di rischio elevato, comorbidità multiple, traumi complessi, grave compromissione funzionale o disturbi di personalità possono servire trattamenti più lunghi/integrati.

Secondo la meta-analisi “Problem-Solving Therapy for Adult Depression” (Cuijpers P. et al., 2018), l’efficacia dipende da adeguata selezione dei casi e aderenza al protocollo; quadri con comorbidità multiple, rischio elevato, traumi complessi o marcata compromissione funzionale potrebbero richiedere trattamenti più lunghi e integrati.

Secondo la guida “Common Mental Health Problems: Identification and Pathways to Care”, i sistemi stepped-care prevedono scalini di intensità crescenti (psicoterapie ad alta intensità, farmaci, trattamenti combinati) per modulare la cura.
In alcuni casi si consiglia dunque di integrare la terapia breve con altri interventi basati su evidenze, inclusi percorsi ad alta intensità o combinazioni con trattamento farmacologico quando indicato.

 È sensato aspettarsi che, per alcuni problemi, la terapia breve basti; per altri, sia un primo step o una fase di richiamo per prevenire ricadute.

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Vuoi capire se una terapia breve è adatta al tuo caso?

La decisione va presa sul tuo obiettivo, sulla complessità del quadro e su quanto è possibile misurare i progressi in poche settimane. Una prima valutazione serve a capire se un ciclo breve è sufficiente, oppure se è meglio integrare con interventi più intensivi o con un percorso in più fasi.

GAM Medical, Centro di Salute Mentale, offre diversi approcci brevi e focalizzati, con obiettivi condivisi e monitoraggio essenziale per verificare l’efficacia nel tempo.
Prenota il tuo primo colloquio gratuito: valuteremo insieme bisogni, durata e modalità di lavoro e sceglierai tu il percorso più adatto, con piano operativo chiaro e criteri di revisione.

Questo è contenuto divulgativo e non sostituisce le diagnosi di un professionista. Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo.

Fonti:

  • https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK75038/
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20579335/
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29331596/
  • https://jcsm.aasm.org/doi/10.5664/jcsm.8986
  • https://www.nice.org.uk/guidance/cg123

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Psichiatra ADHD Gincarlo Giupponi

Supervisione scientifica:
Questo articolo è stato revisionato dal Dott. Giancarlo Giupponi, psichiatra e psicoterapeuta, vicedirettore del Servizio Psichiatrico di Bolzano e presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria. Oltre a garantire l’accuratezza clinica dei contenuti, il Dott. Giupponi supervisiona la selezione dei test e dei questionari disponibili sul sito, verificandone la conformità agli standard scientifici internazionali (DSM-5, OMS, strumenti clinicamente validati).
Scopo del contenuto: divulgativo, non diagnostico.

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