Quando parliamo di parole preferite nell’autismo, ci riferiamo a quelle parole, suoni o espressioni che scegli di ripetere perché ti piacciono per qualche motivo — e questo motivo non è sempre legato al significato.
A volte il piacere viene dal suono, dalla sensazione fisica di pronunciarle, dalla ritmicità o dall’associazione con qualcosa di positivo.
Se sei una persona autistica, probabilmente hai già un’idea molto chiara di cosa siano le parole preferite.
Magari ne hai una (o più di una) che ti accompagna da anni, forse sin dall’infanzia.
Potrebbe essere un termine tecnico, il nome di un animale, una parola dal suono buffo, oppure una frase intera che ti scappa dalle labbra nei momenti più disparati.
Per molte persone nello spettro, avere una parola preferita non è soltanto un vezzo linguistico: è parte del proprio modo di sentire e vivere il linguaggio.
Non è un fenomeno strano: è un aspetto comune e naturale della neurodivergenza e, soprattutto, non è qualcosa da “correggere”.
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Perché le persone autistiche ripetono determinate parole: il fascino delle parole per chi è nello spettro autistico
Il legame tra autismo e parole preferite non è casuale e può avere molte radici.
Diversi studi e testimonianze di adulti nello spettro convergono su alcune motivazioni principali, tra cui:
- Piacere fonetico e sensoriale: per molte persone adulte nello spettro autistico, alcune parole hanno una musicalità intrinseca che esercita un’attrazione irresistibile. Può trattarsi di un termine con un ritmo particolare, in cui consonanti e vocali si alternano in modo armonico, o di una parola che contiene suoni prolungati come una “s” dolce o una “m” vibrante. Questa attrazione può ricordare la sensazione di ascoltare un brano musicale che non stanca mai: un piacere che non dipende solo dal significato, ma dalla pura estetica sonora. Le persone nello spettro possono avere una sensibilità acustica e sensoriale amplificata, percependo dettagli che altre persone non colgono — il tono preciso, la cadenza ritmica, il modo in cui la voce vibra nella gola e nella testa mentre si pronuncia. Ripetere una parola che ha queste caratteristiche diventa quindi un’esperienza sensoriale a sé stante, un piccolo rituale linguistico che porta benessere e soddisfazione. In certi casi, la scelta della parola preferita è quasi istintiva: semplicemente “suona bene” e questo basta per volerla ripetere ancora e ancora.
- Piacere motorio: la “sensazione in bocca”: il linguaggio non è fatto solo di suoni, ma anche di movimenti. Ogni parola è una sequenza di azioni coordinate che coinvolgono lingua, labbra, mascella e respiro. Alcune parole offrono una sensazione fisica particolarmente gratificante nel pronunciarle, stimolando piacevolmente i muscoli della bocca e del viso. Questa percezione può essere così intensa da trasformare la parola in una sorta di “cibo motorio”, qualcosa che si vuole “masticare” per il puro piacere della sensazione. Molti adulti autistici raccontano di provare soddisfazione nel sentire come la lingua scivola contro il palato o come le labbra si chiudono e si riaprono nel formare certe sillabe. In questo caso, la parola preferita non è scelta per ciò che significa o per il ricordo che porta con sé, ma per la sensazione fisica che dà. È un piacere che unisce linguaggio e corporeità, e che spesso si ripete in momenti di relax o quando si desidera una stimolazione motoria rassicurante e piacevole.
- Ecolalia e memoria verbale: l’ecolalia, ossia la ripetizione di parole o frasi ascoltate in precedenza, può essere immediata — ripetere subito ciò che si è appena sentito — oppure differita, riportando alla mente e sulle labbra espressioni ascoltate giorni, mesi o persino anni prima. Negli adulti nello spettro, molte parole preferite nascono proprio da questa capacità di conservare e far riaffiorare frammenti linguistici legati a esperienze significative. Può essere una battuta tratta da un film amato, un’espressione che una persona cara ripeteva spesso, una frase sentita in un contesto particolarmente felice. In questi casi, il piacere di ripetere la parola ha una duplice radice: da un lato la sensazione sonora e motoria, dall’altro il valore emotivo e mnemonico. Pronunciarla significa rivivere un ricordo, un’atmosfera o un legame affettivo. È come se la parola fosse un contenitore di memoria, capace di riportare alla mente emozioni passate ogni volta che viene pronunciata, trasformando un atto linguistico in un viaggio personale nel tempo.
- Autoregolazione e comfort: per molte persone nello spettro autistico, le parole preferite funzionano come un vero e proprio strumento di autoregolazione. Nei momenti di ansia, sovraccarico sensoriale, noia o fatica mentale, ripetere la propria parola preferita può avere un effetto calmante e rassicurante, simile a quello di stringere un oggetto caro o di rifugiarsi in un gesto abituale. Questa ripetizione può creare un senso di stabilità e prevedibilità, due elementi che spesso riducono lo stress e favoriscono il benessere. Alcune persone usano le parole preferite come “mantra personali”, in grado di ancorarle al presente o di aiutarle a ritrovare concentrazione. Altre le pronunciano nei momenti di transizione, come spostarsi da un ambiente all’altro o iniziare un’attività impegnativa, per rendere più fluido il passaggio. In ogni caso, l’uso delle parole preferite come strategia di comfort dimostra che questo fenomeno non è soltanto un piacere linguistico, ma anche un meccanismo di cura di sé profondamente radicato e utile nella vita quotidiana.
Spesso si pensa che il fenomeno delle parole preferite appartenga all’infanzia, ma non è così. Molti adulti nello spettro mantengono le stesse parole per anni, oppure ne “adottano” di nuove nel corso della vita.
La differenza è che, da adulti, si può diventare più consapevoli di questo comportamento: si riconosce la sensazione, si sa quando si sta facendo e magari si decide in quali contesti esprimerlo apertamente.
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Ecolalia vs parole preferite nell’autismo: la differenza
Anche se ecolalia e parole preferite possono sovrapporsi (infatti ne abbiamo parlato anche nella sezione dedicata alle motivazioni principali di questo comportamento) non sono necessariamente la stessa cosa:
- Ecolalia: si intende soprattutto la ripetizione di parole o frasi ascoltate, spesso come eco di un input esterno, che può avere funzione comunicativa o autoregolatoria.
- Parole preferite: ci si riferisce, invece, alla scelta spontanea e ricorrente di un termine perché lo si trova piacevole o significativo, anche senza stimolo esterno.
Capire questa distinzione può aiutare a spiegare agli altri (e a sé stessi) che avere parole preferite non è necessariamente un “copione” automatico, ma un piacere consapevole.
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