È molto probabile che tu sia arrivato fin qui perché, ancora una volta, hai perso le credenziali di accesso a qualcosa di importante.
Magari eri nel bel mezzo di una scadenza, stavi cercando di entrare nella tua mail, su una piattaforma di lavoro, o su un sito fondamentale… e boom, la password non funziona, non te la ricordi, non l’hai segnata da nessuna parte.
E allora eccoti qui, a cercare disperatamente una soluzione, magari la soluzione definitiva, quella che possa evitarti di ricadere per l’ennesima volta nello stesso incubo.
Le persone che vivono il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) si trovano quotidianamente a confrontarsi con una serie di difficoltà che spesso restano invisibili agli occhi degli altri.
Nell’immaginario collettivo, l’ADHD è ancora troppo spesso associato a stereotipi riduttivi: il bambino che si agita sui banchi di scuola, l’adulto distratto che “vive tra le nuvole”, o il classico “smemorato cronico” che si dimentica tutto.
Ma l’ADHD non è solo una questione di “disattenzione” o “iperattività”.
Una delle difficoltà più comuni — ma troppo spesso banalizzata — è quella legata alla perdita di oggetti.
Perdere cose è una costante: chiavi di casa, portafogli, documenti, cuffiette, caricabatterie, occhiali.
Non si tratta solo di “dimenticanza” nel senso classico, ma di un pattern cognitivo che rende difficile gestire lo spazio fisico e mentale.
C’è una sorta di “nebbia” organizzativa, una fatica nel mantenere traccia delle cose, anche di quelle appena usate. Questa esperienza può essere quotidiana, esasperante e profondamente invalidante.
Ma in un’epoca come la nostra, in cui il digitale è parte integrante della vita, c’è una nuova forma di perdita che impatta in modo ancora più pesante: la perdita delle credenziali digitali.
Potrebbe sembrare un problema da poco — “capita a tutti di dimenticare una password” — ma per chi è ADHD, questo succede con una frequenza molto più alta e, soprattutto, ha un peso enorme.
Le password oggi non sono più un dettaglio secondario: sono la chiave d’accesso a interi pezzi della nostra vita. Lavoro, scuola, banca, identità digitale, email, servizi sanitari, documenti importanti, file salvati nel cloud: tutto passa da un codice, un’autenticazione, un’identità digitale da proteggere… e da ricordare.
Perdere le chiavi di casa è fastidioso. Ma perdere le “keys” digitali può essere devastante.
La frustrazione di non riuscire ad accedere al proprio account mail di lavoro prima di una scadenza importante. Il senso di ansia nel cercare di recuperare le credenziali della piattaforma scolastica dei figli.
Le ore perse a rispondere a domande di sicurezza che non si ricordano, a cercare e-mail di conferma sparite nel nulla, a ricostruire un percorso logico di registrazione fatto mesi prima, magari in un momento di fretta.
È un caos che si autoalimenta e che, per chi è ADHD, è fin troppo familiare.
Il problema non è solo “dimenticare la password”. È tutto ciò che ci sta intorno: la difficoltà nell’organizzarsi, nel mantenere un sistema ordinato, nel creare routine solide per la gestione delle informazioni.
È la tendenza a procrastinare proprio quel noioso processo di backup, di aggiornamento, di annotazione delle credenziali. È la mente che salta da una cosa all’altra, lasciando indietro frammenti importanti.
In più, c’è un altro fattore importante che complica ulteriormente tutto questo: la cosiddetta cecità temporale.
Le persone ADHD vivono spesso in un eterno presente. Il tempo è percepito in modo diverso: il passato tende a sfumare, il futuro sembra astratto, e ciò che conta davvero è solo quello che sta succedendo adesso.
Questo rende molto difficile pianificare, anticipare, o agire in modo proattivo. Il risultato? Si tende ad arrivare sempre a ridosso delle scadenze, quando ormai il tempo stringe e ogni secondo conta.
E in quei momenti, in cui serve agire in fretta, essere lucidi, rapidi ed efficienti… perdere le credenziali di accesso può diventare un ostacolo insormontabile.
Proprio quando bisognerebbe inviare quel documento all’ultimo secondo, iscriversi a una piattaforma, accedere alla propria area riservata, scaricare un certificato o completare un modulo urgente — ecco che ci si blocca.
Quel piccolo ostacolo diventa un muro. Il tempo si consuma mentre si cercano soluzioni, e spesso la scadenza passa.
Per questo motivo, è importante trovare la propria strategia per evitare di perdere le credenziali.
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Consigli per le persone ADHD alle prese con Password e Credenziali
Le strategie comuni, quelle apprese per sentito dire, per non perdere le credenziali spesso non sono a misura di ADHD.
Annotarle su un taccuino potrebbe non bastare, ad esempio.
Diventa quindi importante trovare strategie realistiche, semplici da implementare e che non richiedano un eccessivo carico cognitivo.
Alcune strategie, potenzialmente “su misura” per l’ADHD sono:
- Utilizzare un’unica password per tutto (o quasi): questa è senza dubbio la strategia più semplice e immediata da mettere in pratica: scegliere una password “madre” e usarla per quasi tutti gli account. Il vantaggio è evidente: una sola password da ricordare, niente confusione, nessun bisogno di controllare fogli, app o file. Si riduce il carico mentale e si evita il panico da “oddio, qual era la password di questo sito?” Tuttavia, è importante sottolineare che questa strategia comporta un rischio importante dal punto di vista della sicurezza informatica. Se quella password viene scoperta o violata in un solo punto, tutta la rete di account potrebbe essere esposta. È un compromesso tra semplicità e vulnerabilità. Per le persone ADHD, che spesso devono fare scelte basate su ciò che è sostenibile nel tempo (e non su ciò che sarebbe idealmente perfetto), questa può essere una soluzione accettabile a patto di fare attenzione. Ad esempio, si può scegliere una password lunga, con simboli e maiuscole, non banale, e magari usarla solo per account meno sensibili (come forum, siti di shopping, iscrizioni a newsletter), riservandosi maggiore attenzione per gli account più importanti.
- Usare una password base modificabile in base alla piattaforma: questa strategia è una via di mezzo tra l’avere una sola password per tutto e l’avere password completamente diverse tra loro. Si parte da una password di base, scelta per essere facilmente ricordabile, e poi si aggiunge al suo interno un elemento “variabile” legato alla piattaforma in uso. Per esempio, se la password di base è Laguna_82#, si potrebbe decidere di aggiungere nel mezzo (o alla fine) una sigla o abbreviazione legata al sito: LagunaGMA_82# per Gmail, LagunaINS_82# per Instagram, LagunaSPT_82# per Spotify, ecc. Questo sistema ha diversi vantaggi: da un lato mantiene un certo grado di coerenza e memorizzabilità, dall’altro introduce quella variazione minima che rende le password leggermente più sicure e soprattutto riconoscibili nel momento in cui si cercano di ricordare. È anche utile a livello mnemonico: sapere che “da qualche parte nella password c’è il nome della piattaforma” aiuta a ricostruirla più facilmente in caso di vuoto mentale. Attenzione però a non complicare troppo la formula. Deve restare semplice, altrimenti rischia di diventare una nuova fonte di confusione.
- Usare logica e associazioni sensoriali al posto della memoria pura: un approccio molto utile per chi è ADHD, e che spesso viene poco valorizzato, è quello di sfruttare la logica, l’intuito o l’associazione visiva al posto della semplice memoria. Le persone ADHD possono infatti avere una memoria “debole” in senso convenzionale (cioè nel ricordare informazioni astratte o casuali, come una sequenza di lettere e numeri), ma possono compensare in modo molto efficace facendo affidamento su connessioni logiche, sensoriali o simboliche. In pratica, si può decidere di creare una password diversa per ogni sito, ma costruita secondo una logica specifica. Ad esempio, si può associare ogni sito a un colore dominante (come il blu di Facebook, il verde di WhatsApp, il rosso di YouTube, il giallo di Snapchat…) e creare una parola chiave associata a quel colore. Quindi magari la password per Facebook potrebbe contenere la parola “oceano”, quella per YouTube “fuoco”, quella per WhatsApp “bosco”, ecc. Oppure si può associare ogni piattaforma a una forma o a un concetto visivo: quadrato, cerchio, stella, triangolo; o ancora a una categoria (Facebook = social, Gmail = comunicazione, Dropbox = archivio), e da lì creare delle password con elementi tematici. Il vantaggio è che, invece di dover ricordare ogni singola password come un’informazione isolata, si può ricostruirla mentalmente facendo appello a un sistema associativo, che risulta spesso molto più naturale e meno stressante per chi è ADHD. Non si basa sulla memoria “di lavoro”, quella che spesso fatica, ma su reti mentali più creative, visive o simboliche.
- Usare applicazioni per memorizzare le password (taccuino digitale sempre con sé): un’altra strategia molto utile — e fortunatamente oggi molto accessibile — è quella di usare un’applicazione dedicata alla memorizzazione delle password. In pratica, è un taccuino digitale, ma con il grande vantaggio di essere sicuro, protetto e soprattutto sempre disponibile sul proprio dispositivo mobile. Per chi è ADHD, il fatto di dover “portare con sé” le proprie password è un problema ricorrente: il foglio cartaceo si perde, il quaderno non lo si ha mai nel momento giusto, e anche salvare tutto sul computer può diventare un problema se si è fuori casa o in movimento. Il cellulare, invece, è sempre con noi. E quindi un’app per le password diventa una sorta di estensione della memoria personale. Queste app permettono non solo di salvare le credenziali, ma anche di categorizzarle (social, lavoro, salute, banche), aggiungere note, usare l’autenticazione biometrica per accedervi rapidamente, e sincronizzare i dati su più dispositivi. Alcune sono estremamente intuitive e pensate proprio per utenti non tecnici. È importante però scegliere un’app che non crei ulteriore confusione: meglio poche funzioni, ma chiare. L’obiettivo è semplificare, non complicare. Inoltre, sapere che “basta aprire l’app” per ritrovare una password riduce drasticamente l’ansia da smarrimento. È un’ancora di sicurezza che alleggerisce il peso della memoria e libera spazio mentale per cose più importanti. Un piccolo strumento, ma un grande alleato.
Queste strategie, pur non essendo perfette o universali, possono aiutare a contenere il caos e a vivere con un po’ più di respiro.
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Se credi che l’ADHD possa limitarti, un percorso diagnostico ti aiuterà a ottenere chiarezza e a capire come affrontarlo al meglio.
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