Overthinking: perché il cervello “rimugina” e come spegnerlo in dieci minuti

Tempo di lettura: 4 minuti

come fermare overthinking

Ti è mai capitato di restare “incastrato” nei pensieri, ripetendo sempre gli stessi scenari senza arrivare a una soluzione?

Sebbene riflettere sulla propria vita sia utile, quando si tratta di overthinking può diventare deleterio. Capire perché il cervello rimugina e come interrompere il ciclo in pochi minuti può riportare chiarezza e sollievo.

In questa guida trovi spiegazioni chiare e un protocollo operativo da dieci minuti da usare nei momenti “caldi”.

Overthinking: significato

Secondo la rassegna “Reflecting on Rumination: Consequences, Causes, Mechanisms and Treatment of Rumination” (Watkins E. R., 2020), ciò che chiamiamo overthinking corrisponde in letteratura alla Repetitive Negative Thinking (RNT): un modo di pensare ripetitivo e negativo che include ruminazione (più orientata al passato) e preoccupazione o worry (più orientata al futuro). 

La RNT tende a mantenere attivi i sintomi e a peggiorare umore, problem solving e regolazione dello stress. Non è “pensiero profondo”: resta astratto e circolare, raramente si traduce in azione concreta. Per questo molti interventi lavorano sul modo in cui pensi (stile di pensiero) e sulla relazione con i pensieri, più che sui contenuti specifici.

Comprendere che l’overthinking è un processo mentale e non un “difetto personale” aiuta a trattarlo come un comportamento modificabile.

Overthinking: cervello, Default Mode Network e attenzione

Secondo la rassegna “The Default Network and Self-Generated Thought” (Andrews-Hanna J. R. et al., 2014), quando la mente vaga aumenta l’attività della Default Mode Network (DMN), una rete cerebrale coinvolta nei pensieri auto-generati e nell’autoriferimento.

Lo studio “Depressive Rumination, the Default-Mode Network, and the Central Executive Network” (Hamilton J. P. et al., 2015), afferma che una maggiore connettività in specifiche aree della DMN è associata a ruminazione e umore depresso, mentre i compiti attentivi attivano reti “task-positive” (esecutiva e salienza) che competono con la DMN.

In poche parole: più entri nel rimuginio, più il “pilota automatico” della DMN prende il sopravvento; quando riporti l’attenzione fuori dai pensieri, la DMN si disinnesca e torna spazio per azione e scelta.

Overthinking: perché succede (fattori scatenanti e di mantenimento)

Secondo la meta-analisi “The Efficacy of Metacognitive Therapy: A Systematic Review and Meta-Analysis” (Normann N., Morina N., 2018), credenze metacognitive come “se ci penso di più, evito errori” o “non posso fermare i pensieri” alimentano la RNT e costituiscono un bersaglio terapeutico.

Secondo la rassegna “Reflecting on Rumination” (Watkins E. R., 2020), stress cronico, schemi di pensiero astratto-valutativi e alcune storie personali aumentano la tendenza a rimuginare. Inoltre, allenare uno stile di pensiero più concreto e orientato all’azione può ridurre la ruminazione e favorire il problem solving.

Conoscere i meccanismi di mantenimento aiuta a scegliere interventi mirati, invece di lottare contro i contenuti dei pensieri.

Non lasciare che l’ansia prenda il sopravvento

Overthinking: come spegnerlo in dieci minuti 

Le tecniche rapide non sostituiscono un trattamento quando necessario, ma possono interrompere il loop e riportarti al presente. Esegui i passaggi nell’ordine indicato; ripeti una o due volte al giorno nei momenti critici. L’obiettivo non è “svuotare la mente”, ma cambiare processo e postura mentale.

  1. Mindfulness per tre o quattro minuti: Secondo lo studio “Brief Mindfulness Meditation Reduces Mind Wandering: The Critical Role of Acceptance” (Rahl H. A. et al., 2017), brevi sessioni con atteggiamento di accettazione possono ridurre il vagare mentale. Siediti, appoggia bene i piedi, porta l’attenzione al respiro naturale per pochi minuti. Ogni volta che la mente scappa, nota e torna: non si tratta di “vincere” il pensiero, ma di disinnescare la lotta.
  2. Attenzione esterna per due o tre minuti: Spostare in modo intenzionale e ripetuto il focus attentivo aiuta a ridurre l’auto-focalizzazione disfunzionale. Per due o tre minuti ruota l’attenzione tra suoni vicini, medi e lontani (oppure tra suoni, tatto e vista), segnando mentalmente ogni cambio. È un ponte attentivo che ti porta fuori dal flusso ruminativo.
  3. Dal “perché?” al “cosa/come?” per due minuti: Secondo le evidenze sintetizzate da Watkins, pensare in termini astratti (“perché capita sempre a me?”) mantiene il ciclo; passare a domande concrete (“cosa faccio adesso?”) lo spezza. Prendi il pensiero ricorrente e trasformalo in compito: “Perché sbaglio sempre?” diventa Qual è il primo passo di cinque minuti che posso fare oggi per migliorare questo punto?”.
  4. Posticipo della preoccupazione per uno o tre minuti: Stabilisci una finestra quotidiana dedicata alle preoccupazioni. Quando emerge il pensiero, annota il tema e il prossimo passo pratico, rimandando l’analisi alla finestra prestabilita. Questo aiuta a contenere il tempo speso nella worry e a proteggere l’attenzione durante la giornata.

Il protocollo non elimina i pensieri, ma cambia il rapporto con essi, creando spazio per azioni piccole e concrete.

Overthinking: trattamenti efficaci e quando chiedere aiuto

Secondo la meta-analisi “The Efficacy of Metacognitive Therapy” (Normann N., Morina N., 2018), la Metacognitive Therapy (MCT) riduce ansia e depressione modificando le credenze metacognitive che mantengono il rimuginio.


Secondo la meta-analisi “Mindfulness-Based Therapy: A Comprehensive Meta-Analysis” (Khoury B. et al., 2013) interventi mindfulness-based integrati ai trattamenti cognitivi comportamentali possono migliorare ansia e umore e, di riflesso, ridurre la tendenza al mind-wandering.


È plausibile che, quando prevalgono pensieri astratti e valutativi, strategie di concretezza e tecniche di attenzione guidata forniscano strumenti mirati per spezzare il ciclo.

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Questo è contenuto divulgativo e non sostituisce le diagnosi di un professionista. Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo.

Fonti:

  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32087393/
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24502540/
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25861700/
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30487770/
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  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27819445/
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  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23796855

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Psichiatra ADHD Gincarlo Giupponi

Supervisione scientifica:
Questo articolo è stato revisionato dal Dott. Giancarlo Giupponi, psichiatra e psicoterapeuta, vicedirettore del Servizio Psichiatrico di Bolzano e presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria. Oltre a garantire l’accuratezza clinica dei contenuti, il Dott. Giupponi supervisiona la selezione dei test e dei questionari disponibili sul sito, verificandone la conformità agli standard scientifici internazionali (DSM-5, OMS, strumenti clinicamente validati).
Scopo del contenuto: divulgativo, non diagnostico.

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