L’ipotesi delle “madri frigorifero” nell’insorgenza dell’autismo

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L'ipotesi delle "madri frigorifero" nell'insorgenza dell'autismo

L’espressione madre frigorifero è nata a metà del Novecento per descrivere, in modo ormai superato, le madri dei bambini con autismo come fredde e distaccate, quasi fosse la loro mancanza di calore emotivo la causa dell’autismo stesso.

Si pensava che avere una madre “fredda” potesse contribuire all’insorgenza del disturbo, ipotesi oggi ampiamente smentita.

Il concetto di madre frigorifero si inserisce in realtà in una più ampia tradizione di riflessioni e dibattiti sul ruolo della figura materna nello sviluppo del bambino: non solo nell’autismo, ma anche in altre condizioni psicologiche e psichiatriche: se ne è parlato e se ne parla ancora oggi per i DCA, soprattutto sul ruolo della figura materna nell’insorgenza dell’anoressia nervosa o per i disturbi psicotici, con la cosiddetta madre “schizofrenogena”, associata  alla schizofrenia.

In questo senso, la nozione di madre frigorifero rappresenta uno dei tanti esempi storici di come, per decenni, le interpretazioni psicologiche abbiano spesso posto la madre al centro delle ipotesi eziologiche di diversi disturbi, prima che la ricerca clinica e neuroscientifica portasse a una comprensione più complessa e sfumata dello sviluppo infantile.

Caratteristiche della madre frigorifero

La madre definita “frigorifero”, come genitrice del/i figlio/i autistico/i è rappresentata da un profilo ben preciso che include:

  • Freddezza emotiva: veniva percepita come incapace di esprimere calore e affetto nei confronti del figlio, creando un ambiente “gelido” dal punto di vista relazionale.
  • Distanza affettiva: mancava di contatto fisico e di gesti rassicuranti, con scarse manifestazioni di tenerezza o empatia nel rapporto quotidiano.
  • Comportamento formale e controllato: mostrava un atteggiamento educato ma privo di spontaneità, con interazioni rigide o eccessivamente razionali.
  • Scarsa disponibilità emotiva: faticava a rispondere in modo sensibile ai bisogni emotivi del figlio ed era poco reattiva nel comprendere e accogliere i suoi sentimenti.
    Attribuzione di colpa: veniva considerata responsabile di eventuali disturbi psicologici del figlio, con l’erronea convinzione che la sua freddezza potesse “causare” l’autismo o altri disturbi dello sviluppo.

Ipotesi della madre frigorifero oggi

L’idea della madre frigorifero è stata ampiamente superata grazie ai progressi della ricerca scientifica e alla comprensione sempre più approfondita dell’autismo.

Oggi sappiamo che le madri dei bambini autistici non sono affatto “fredde” o “distaccate” per natura: l’etichetta che un tempo veniva loro attribuita era frutto di pregiudizi culturali e di una conoscenza ancora molto limitata sul disturbo.

L’autismo è oggi riconosciuto come una condizione neurobiologica e poligenetica, cioè determinata dall’interazione di numerosi fattori genetici, e non dal comportamento o dalla personalità dei genitori.

La scienza ha dimostrato che le caratteristiche psico-affettive della madre, quando sembrano segnate da difficoltà emotive o da un certo distacco, sono piuttosto una conseguenza della diagnosi di autismo e delle sfide che essa comporta, non la causa del disturbo stesso.

Molte madri, infatti, possono apparire chiuse, preoccupate o in difficoltà dopo aver scoperto che il loro bambino è autistico: si tratta di una reazione comprensibile di fronte a una situazione complessa e spesso faticosa da affrontare, non di un tratto caratteriale responsabile dell’autismo.

Questa evoluzione del pensiero ha permesso di liberare le madri da un fardello ingiusto di colpevolizzazione e ha aperto la strada a un approccio molto più empatico, multidimensionale e scientificamente fondato verso la comprensione e il supporto delle famiglie.

Perché veniva data questa importanza al ruolo della madre nell’insorgenza dei disturbi mentali?

Nella prima metà del Novecento, la psicoanalisi e le teorie psicodinamiche erano il principale quadro di riferimento per comprendere i disturbi mentali.

In questo contesto, la famiglia, e in particolare la madre, veniva vista come la prima e più importante fonte di stimoli, cure e relazioni per il bambino.

Di conseguenza, era quasi naturale pensare che eventuali difficoltà psicologiche avessero origine nel rapporto primario con lei.

Nel caso dell’autismo, l’idea di una madre fredda e distaccata sembrava fornire una spiegazione semplice e coerente a un disturbo ancora poco conosciuto.

Nell’ambito della schizofrenia, negli anni Cinquanta e Sessanta, si ipotizzò che questa potesse essere favorita da famiglie caratterizzate da comunicazioni contraddittorie e da madri particolarmente invadenti, iperprotettive e al tempo stesso fredde e critiche.

Anche qui la madre era vista come figura determinante nello sviluppo del disturbo, in linea con le teorie del doppio legame (double bind) proposte da Bateson.

Nell’anoressia nervosa, le teorie psicodinamiche sottolineavano il ruolo di madri iperprotettive, perfezioniste o invadenti, ipotizzando che il controllo sul cibo fosse una forma di ribellione della figlia verso un ambiente familiare troppo soffocante.

Tre sono i fattori principali spiegano il perché viene data così tanta enfasi al ruolo materno nell’eziopatogenesi dell’autismo e delle altre condizioni citate:

  1. Centralità della madre nei primi anni di vita: per decenni era lei la principale (e spesso unica) figura di accudimento, quindi facile da associare a ogni aspetto dello sviluppo del bambino.
  2. Influenza della psicoanalisi: le teorie di Freud e dei suoi allievi enfatizzavano il ruolo delle relazioni precoci e delle dinamiche familiari nell’origine dei disturbi mentali.
  3. Limiti della conoscenza scientifica dell’epoca: la mancanza di strumenti per indagare fattori genetici, neurobiologici e ambientali complessi portava a spiegazioni semplicistiche e spesso colpevolizzanti.

Oggi sappiamo con certezza che le madri di bambini con disturbo dello spettro autistico non sono “madri frigorifero”, non sono fredde, distaccate o emotivamente lontane dai loro figli.

Al contrario, queste madri si trovano spesso ad affrontare sfide enormi e complesse, che possono comportare difficoltà emotive e stress.

Questi sentimenti non derivano da una carenza di affetto o di calore, ma sono piuttosto una risposta naturale e comprensibile alle difficoltà di crescere un bambino con esigenze speciali.

Le madri di bambini autistici, come tutte le madri, meritano sostegno, empatia e accoglienza, non giudizio o colpevolizzazione, poiché sono spesso le prime a lottare per garantire ai loro figli il miglior sviluppo possibile.

Nella nostra clinica specializzata in autismo, c’è spazio anche per i genitori.

Noi di GAM-Medical crediamo fermamente che il benessere dei bambini con disturbo dello spettro dell’autismo sia strettamente legato al supporto e alla cura delle loro famiglie.

Offriamo un setting accogliente e comprensivo, dove i genitori possono trovare il sostegno emotivo e pratico di cui hanno bisogno per affrontare il percorso di crescita dei loro figli.

Siamo consapevoli che ogni famiglia è unica e che il nostro compito è ascoltarla, accompagnarla e offrire strumenti utili per gestire al meglio le sfide quotidiane, affinché ogni bambino possa esprimere il suo pieno potenziale in un contesto di amore e supporto.


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    Psichiatra-ADHD-Gincarlo-Giupponi

    Supervisione scientifica:
    Questo articolo è stato revisionato dal Dott. Giancarlo Giupponi, psichiatra e psicoterapeuta, vicedirettore del Servizio Psichiatrico di Bolzano e presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria. Oltre a garantire l’accuratezza clinica dei contenuti, il Dott. Giupponi supervisiona la selezione dei test e dei questionari disponibili sul sito, verificandone la conformità agli standard scientifici internazionali (DSM-5, OMS, strumenti clinicamente validati).
    Scopo del contenuto: divulgativo, non diagnostico.

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