Gli “switching tasks” nell’ADHD: tra iper-blocco e iper-cambio

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Quando parliamo di switching tasks nell’ADHD intendiamo quei processi mentali che consentono ad una persona di interrompere o sospendere un’attività che sta svolgendo, poi attivarsi per iniziare un’altra attività, e infine regolare la propria attenzione, lo sforzo cognitivo e l’azione motoria in funzione della nuova attività.

In parole semplici: passare “da A a B” richiede che il cervello faccia diversi passaggi e in chi è ADHD questi passaggi possono diventare più complessi, laboriosi, rallentati o al contrario caotici, disordinati, confusionari.

Il paradosso, infatti, non sta nel fatto che lo switching non avvenga, ma nel modo in cui avviene:

  • a volte è estremamente difficile, lento, faticoso (come se il cervello fosse “impastato” e non riuscisse a disinnestare o riavviare il motore);
  • altre volte invece è eccessivo, caotico, incontrollato, con passaggi rapidi e disordinati da un’attività all’altra.

ADHD e Switching: processi mentali necessari per passare da un’attività all’altra

Per comprendere meglio lo switching dell’attenzione è utile isolare alcuni dei principali processi cognitivi coinvolti.

Tante sono le cose che facciamo nella quotidianità che diamo per scontate: le percepiamo come immediate e semplici ma in realtà richiedono diversi processi mentali concatenati tra loro.

Nello specifico, parliamo di:

  • Inibizione dell’attività precedente: occorre fermare o ridurre l’impegno nell’attività che stavamo facendo.
  • Disimpegno e distacco: bisogna mentalmente “staccarsi” da ciò che stavo facendo, lasciare andare il focus, i pensieri e i comportamenti legati a quell’attività.
  • Ripianificazione: una volta decisa la nuova attività, occorre adattare lo schema mentale, le risorse attentive, la motivazione e talvolta il contesto fisico per la nuova azione.
  • Attivazione della nuova attività: versare energia cognitiva, attenzione e comportamento nell’attività successiva.
  • Ricentramento e mantenimento del focus: una volta iniziata l’attività B, serve mantenere il focus e non essere distratti, e in molti casi evitare di saltare rapidamente ad un’attività C.
  • Regolazione del cambio di contesto e della memoria di cosa stavo facendo e cosa devo fare: serve anche la memoria di lavoro (per tenere in mente cosa lascio e cosa devo prendere), e la flessibilità cognitiva (la capacità di cambiare modalità, schema mentale o strategia).

ADHD e Switch da un’attività all’altra: quali difficoltà cognitive?

Nell’ambito dei processi cognitivi ADHD, molti studi mostrano che la flessibilità cognitiva, il passaggio rapido e fluido tra compiti, è spesso ridotta o più discontinua.

Ad esempio, un’analisi su adulti con ADHD ha trovato che questi impiegavano più tempo nei “task switch trials” (prove in cui dovevano cambiare compito) e presentavano maggiore variabilità dei tempi di reazione. Inoltre, si osservano difficoltà nel “set shifting” (cambiare insieme modalità, strategia e attenzione) che è strettamente collegato allo switching di attività (“Selective impairment of attentional set shifting in adults with ADHD

Un altro studio (“Differential brain activation patterns in adult attentiondeficit hyperactivity disorder (ADHD) associated with task switching“) ha mostrato che, anche se non sempre emergono grandi differenze comportamentali, gli adulti con ADHD reclutano differenti aree cerebrali durante lo switching di compito rispetto ai controlli. Quindi quello che succede è che il “motore” cognitivo dello switching lavora in modo più inefficiente, con un costo maggiore in termini di tempo, sforzo e controllo.

In pratica significa che, per una persona ADHD, passare da un’attività all’altra non è un’operazione fluida automatica come lo è per molti senza ADHD, ma richiede un “cambio di marcia” che può essere percepito come lento, faticoso o bloccante.

Esempi di difficoltà nel passaggio da un’attività all’altra nell’ADHD

Per un adulto ADHD le difficoltà nello switching possono tradursi in diverse dimensioni della vita quotidiana: lavoro, vita domestica, gestione delle attività giornaliere, relazioni.

Alcune manifestazioni ricorrenti riguardano:

  1. “Switch cost” elevato: ogni cambio di compito richiede più tempo e più sforzo, con conseguente perdita di produttività e maggior fatica mentale.
  2. Rimanere “bloccati” in un’attività (magari in iperfocus) e non riuscire a passare all’altra
  3. Aprire continuamente nuove attività senza portarne a termine alcuna (jumping)
  4. Trascinamento di un’attività nell’altra: la persona comincia un’attività B mentre elementi dell’attività A sono ancora attivi, generando confusione e inefficienza.

Facciamo un esempio concreto della prima manifestazione che abbiamo indicato, quindi lo switch cost elevato:

Immagina un adulto ADHD che decide di andare al supermercato. Arriva in macchina, parcheggia. Ma invece di scendere e andare dentro, rimane seduto per qualche minuto. Perché?

  • Ha finito mentalmente l’attività precedente (ad esempio uscire dall’ufficio o da casa), ma non ha ancora attivato la modalità “fare la spesa”.
  • Il cervello fatica a spegnere l’attività A (uscire, parcheggiare) e ad avviare l’attività B (entrare, fare la spesa): manca il cambiamento di set mentale.
  • Rimanere seduti diventa una sorta di «buffer» temporale: la persona rimane in uno stato di transizione, senza davvero passare.

Questo ritardo o latenza può generare ansia, sensazione di “star perdendo tempo”, inefficienza e frustrazione. È un classico esempio di difficoltà nello switching tasks: l’attività successiva è nota e semplice, ma il passaggio non avviene fluido.

Il paradosso dello switching nell’ADHD: tra iper-blocco e iper-cambio

Una delle caratteristiche più affascinanti (per chi lo studia) e spesso frustranti (per chi lo vive) dello switching tasks nell’ADHD è il suo apparente paradosso.

Molte persone adulte ADHD raccontano due esperienze apparentemente opposte:

  1. Non riesco a smettere un’attività e passare alla successiva.
  2. Passo da un’attività all’altra di continuo senza concluderne nessuna.

Entrambe sono vere, e spesso coesistono nella stessa persona, a seconda del contesto, dell’interesse, del livello di stimolazione e dello stato emotivo.

Il polo dell’iper-blocco nel passaggio da un’attività all’altra: quando lo switch è difficile

Nel primo caso, la persona resta “bloccata” su un’attività. È come se la mente restasse “incollata” al compito in corso, incapace di disinnestare il focus. Questo accade soprattutto quando:

  • l’attività è altamente coinvolgente (es. un hobby o un interesse speciale);
  • l’attività è in corso da tempo e il cervello ha costruito un “set attentivo stabile”;
  • il cambio comporta uno sforzo cognitivo o motivazionale (es. passare da un’attività piacevole a una noiosa o viceversa).

Questo fenomeno è noto anche come iperfocus o “task lock”: l’attenzione rimane rigidamente vincolata e la persona fatica a interrompere. È quello che succede, ad esempio, quando si dice: “So che dovrei smettere e andare a letto, ma non riesco a chiudere il computer.”

Clinicamente, è un problema di inibizione e disimpegno attentivo: il cervello non riesce a “spegnere” il contesto precedente per riattivarsi su quello nuovo.

Il polo dell’iper-cambio nel passaggio da un’attività all’altra: quando lo switch è incontrollato

All’estremo opposto, troviamo il fenomeno inverso: la persona non riesce a restare su un compito abbastanza a lungo, e “switcha” continuamente, saltando da un’attività all’altra. È il caso di chi inizia mille cose e non ne conclude nessuna:

  • inizia a rispondere a un’e-mail,
  • poi apre un documento,
  • poi si ricorda di un messaggio,
  • poi controlla una notifica,
  • poi torna a metà del documento,
  • poi comincia un’altra e-mail.

Questo è uno switching caotico e impulsivo, dove il cervello è iper-reattivo agli stimoli e non riesce a mantenere una linea attentiva coerente.

È spesso legato alla difficoltà nella regolazione dell’attenzione e alla ricerca di stimolazione, caratteristiche tipiche dell’ADHD: ogni nuovo stimolo diventa un potenziale “nuovo focus” che attira l’attenzione e interrompe il compito precedente.

Switching attentivo e ADHD: il ruolo delle funzioni esecutive

Dal punto di vista neuro-cognitivo, entrambi i poli – blocco e iper-switch – dipendono dallo stesso nucleo di difficoltà:
la regolazione delle funzioni esecutive, cioè la capacità di modulare quando cambiare e quanto restare.

In un cervello neurotipico, il “controllo esecutivo” riesce a:

  • mantenere il focus fino a che serve
  • inibire e cambiare quando opportuno

Nel cervello ADHD, invece, questo controllo è più discontinuo e variabile.
Il risultato è un sistema attentivo instabile, che può oscillare rapidamente da una modalità all’altra.

L’iperfocus e lo switch caotico sono quindi due facce della stessa medaglia:

  • entrambi derivano da un deficit di regolazione
  • ma si manifestano in direzioni opposte a seconda del contesto, dell’interesse e del livello di dopamina percepito.

Nella vita quotidiana, passare da un’attività all’altra (chiudere un compito, iniziarne un altro, cambiare contesto o modalità mentale) è qualcosa che la maggior parte delle persone compie senza pensarci.
È un gesto cognitivo quasi automatico, un piccolo “salto” che avviene decine di volte al giorno: spostarsi da una riunione a una telefonata, da un’email al pranzo, da un pensiero all’azione.

Ma immagina se questo passaggio fosse difficile, se ogni volta che devi cambiare compito il cervello opponesse resistenza, si impastasse, o ti costringesse a un tempo di latenza più lungo.
Immagina se ti servissero minuti – a volte ore – per trovare la spinta per avviare la nuova attività, o se ogni piccolo stimolo ti trascinasse via dal compito che stavi svolgendo.

Ecco: questa è l’esperienza quotidiana di molte persone adulte ADHD.

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Supervisione scientifica:
Questo articolo è stato revisionato dal Dott. Giancarlo Giupponi, psichiatra e psicoterapeuta, vicedirettore del Servizio Psichiatrico di Bolzano e presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria. Oltre a garantire l’accuratezza clinica dei contenuti, il Dott. Giupponi supervisiona la selezione dei test e dei questionari disponibili sul sito, verificandone la conformità agli standard scientifici internazionali (DSM-5, OMS, strumenti clinicamente validati).
Scopo del contenuto: divulgativo, non diagnostico.

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