Gelosia, è “troppa”? Quando è un problema e come lavorarci in terapia

Tempo di lettura: 4 minuti

terapia e gelosia

Ti è mai capitato di sentirti sopraffatto da pensieri di sospetto o paura di perdere una relazione importante?

La gelosia può essere un’emozione intensa, che segnala il bisogno di sicurezza e riconoscimento, ma a volte può diventare fonte di disagio, ansia e tensione relazionale.
Capire come nasce, da cosa si alimenta e quali comportamenti la rinforzano è il primo passo per intervenire in modo mirato.

Oggi andremo a vedere come riconoscere la gelosia disfunzionale e quali strategie possono aiutare a trasformarla in un segnale utile, invece che in un circuito di paura e controllo.

Gelosia: quando diventa disfunzionale

La gelosia è un’esperienza emotiva complessa che coinvolge pensieri, immagini e comportamenti legati alla possibilità di perdere l’affetto o la fiducia di una persona significativa. Quando però la preoccupazione diventa pervasiva, difficile da controllare e fonte di conflitto o sofferenza costante, è utile approfondirne il funzionamento con un professionista.

Secondo la rassegna Obsessive versus Delusional Jealousy” (Batinic B. et al., 2013), è utile distinguere tra:

  • Gelosia ossessiva, caratterizzata da pensieri intrusivi e rituali di verifica (es. controlli, richieste di rassicurazione) riconosciuti come eccessivi.
  • Gelosia delirante, basata su convinzioni incrollabili di tradimento nonostante prove contrarie, che può richiedere valutazione psichiatrica specifica.

Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5) include la gelosia delirante nel disturbo delirante, tipo gelosia, una condizione che necessita di inquadramento medico e, in alcuni casi, trattamento farmacologico.

In sintesi, la gelosia diventa disfunzionale quando limita la libertà personale o relazionale, alimenta controlli ripetitivi o distorce la percezione della realtà.

Gelosia e attaccamento: come si forma e perché persiste

Le differenze individuali nella gelosia si spiegano anche attraverso gli stili di attaccamento e la regolazione emotiva.

Secondo la rassegna “Adult Attachment, Stress, and Romantic Relationships” (Simpson J. A., 2017), chi presenta ansia di attaccamento tende a percepire maggiore vulnerabilità alla perdita e può reagire con iper-monitoraggio e richiesta di conferme.
Al contrario, chi manifesta evitamento dell’attaccamento può reagire con distacco o svalutazione del legame, pur vivendo attivazione interna.

La meta-analisi “Meta-analytic evidence that attachment insecurity is associated with less frequent experiences of discrete positive emotions” (Park Y. et al., 2022) evidenzia che l’insicurezza di attaccamento si associa a strategie di regolazione emotiva meno efficaci e a una minore stabilità relazionale.

In pratica, la gelosia tende a crescere quando:

  • l’ansia di perdita o rifiuto è alta;
  • mancano strumenti per regolare l’attivazione emotiva;
  • i comportamenti di controllo rinforzano temporaneamente il sollievo, mantenendo però il ciclo.

Riconoscere questi meccanismi permette di spostare l’intervento dall’altro (il partner, il comportamento osservato) a sé stessi, sui processi di pensiero e gestione dell’attivazione.

Gelosia: segnali che meritano attenzione

Alcuni indicatori possono suggerire che la gelosia stia diventando fonte di sofferenza significativa o rischio relazionale. Tra questi:

  • Tempo ed energia assorbiti dai sospetti: Se gran parte della giornata è occupata da pensieri o verifiche, la qualità della vita ne risente.
  • Comportamenti di controllo o ricerca compulsiva di rassicurazioni: Possono riguardare telefono, social o domande ripetute; spesso riducono l’ansia solo per poco tempo.
  • Convinzioni rigide non modificabili dai fatti: Se la certezza del tradimento rimane invariata nonostante chiarimenti, è indicata una valutazione specialistica.
  • Tensione, conflitti o aggressività ricorrenti: In alcuni casi, la gelosia può diventare parte di una dinamica relazionale rischiosa. In presenza di comportamenti di controllo, minacce o violenza, è essenziale interrompere l’escalation e chiedere supporto immediato (in Italia: numero pubblico gratuito 1522, h24, anche via chat).

Gelosia: strategie pratiche per ridurre il ciclo

La gelosia tende a mantenersi attraverso un circuito di controllo e sollievo temporaneo. Intervenire su questo ciclo aiuta a ridurne l’intensità.

  1. Ridurre le verifiche e le rassicurazioni: Stabilisci finestre senza controlli (ad esempio sessanta o centoventi minuti) e annota l’andamento dell’ansia.
    Secondo la rassegna “Obsessive versus Delusional Jealousy” (Batinic B. et al., 2013), interrompere il comportamento di rassicurazione riduce il rinforzo che mantiene il pensiero ossessivo.
  2. Ristrutturare le interpretazioni: Scrivi l’indizio che ti preoccupa (es. una risposta lenta al messaggio) e formula tre spiegazioni alternative non catastrofiche.
    Secondo lo studio “The Effectiveness of Cognitive Therapy in the Treatment of Non-Psychotic Morbid Jealousy” (Dolan M. et al., 1996), interventi cognitivi basati su ristrutturazione dei bias e esposizione riducono conflitti e frequenza dei controlli.
  3. Concordare tempi di confronto: Stabilisci quando e come affrontare il tema con l’altra persona (ad esempio venti minuti in un momento dedicato). Questo riduce le escalation e favorisce una comunicazione più chiara.
  4. Creare piani “se–allora”:Scrivi due o tre strategie pratiche per i momenti critici: “Se sento l’impulso di controllare, allora faccio sei respiri lenti e rimando il confronto all’orario stabilito.”
Come gestire la gelosia?
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La gelosia non è un difetto, ma un segnale che può diventare informazione preziosa se compreso e gestito in modo equilibrato.
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Questo è contenuto divulgativo e non sostituisce le diagnosi di un professionista. Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo.

Fonti:

  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24048408/ 
  • https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC4845754/
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36401808/
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/8733797

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Psichiatra ADHD Gincarlo Giupponi

Supervisione scientifica:
Questo articolo è stato revisionato dal Dott. Giancarlo Giupponi, psichiatra e psicoterapeuta, vicedirettore del Servizio Psichiatrico di Bolzano e presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria. Oltre a garantire l’accuratezza clinica dei contenuti, il Dott. Giupponi supervisiona la selezione dei test e dei questionari disponibili sul sito, verificandone la conformità agli standard scientifici internazionali (DSM-5, OMS, strumenti clinicamente validati).
Scopo del contenuto: divulgativo, non diagnostico.

Psicologia generale

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