Il disturbo post-traumatico da stress è un disturbo che insorge in connessione causale con un evento traumatico o stressante.
Il Centro per il Disturbo Post-Traumatico da Stress GAM-Medical è specializzato nella diagnosi e nel trattamento del PTSD e fornisce servizi psicoterapeutici e psicofarmacologici per gestire al meglio questa condizione, spesso debilitante.
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) è una condizione psicologica complessa che si sviluppa in seguito all’esposizione a un evento traumatico o altamente stressante.
Per “evento traumatico o stressante” si intende un’esperienza che ha avuto un impatto emotivo molto intenso sul soggetto, tale da superare le sue capacità di elaborazione e adattamento.
Il PTSD si manifesta con una sintomatologia ampia e variegata, che coinvolge l’ambito emotivo, cognitivo, comportamentale e fisiologico e che può compromettere in modo significativo la qualità della vita della persona.
Il PTSD non riguarda solo il momento immediato successivo al trauma, ma può emergere anche settimane o mesi dopo l’evento, ed è caratterizzato da una risposta generalmente prolungata e persistente.
In psicologia, il trauma viene definito come un evento di grande impatto emotivo che comporta una minaccia per la vita o l’incolumità proprie o dei propri cari.
Si tratta di esperienze che sovrastano la capacità individuale di affrontare l’evento stesso e che provocano una rottura dell’equilibrio psichico e lasciano una traccia profonda nella memoria e nell’emotività della persona.
Il trauma non è solamente il ricordo di un evento spiacevole: è un’esperienza che viene vissuta con un senso di impotenza, terrore, orrore, e spesso anche di dissociazione, in cui il sistema di risposta allo stress della persona viene sopraffatto e non riesce a integrare l’accaduto nella narrazione ordinaria della propria vita.
Gli eventi traumatici di grande impatto emotivo possono essere molto diversi tra loro, ma generalmente si caratterizzano per il fatto di essere improvvisi, inaspettati e percepiti come gravemente minacciosi.
Alcuni esempi di eventi che possono provocare un trauma sono:
Tuttavia, non sempre il trauma deriva da eventi così eclatanti ed evidenti.
Esistono esperienze che, pur non essendo caratterizzate da una minaccia immediata alla vita o all’incolumità fisica, possono avere effetti altrettanto devastanti sulla psiche di una persona.
I traumi relazionali, ad esempio, sono legati a esperienze prolungate di disconnessione, tradimento, rifiuto, umiliazione o abbandono all’interno di relazioni significative, in particolare durante l’infanzia.
Anche la negligenza emotiva, ovvero la mancata risposta ai bisogni affettivi ed emotivi fondamentali da parte delle figure di riferimento, può avere effetti traumatici profondi e duraturi, pur non manifestandosi attraverso episodi specifici di violenza o pericolo fisico.
In questi casi, il trauma non si configura come un evento singolo, ma come un insieme di microesperienze ripetute che, nel tempo, minano la percezione di sé, degli altri e del mondo, generando convinzioni profonde di non valore, non amabilità, pericolo e sfiducia.
Proprio perché spesso si tratta di esperienze invisibili, difficili da raccontare e da riconoscere, questi traumi vengono a lungo ignorati o minimizzati, ma possono manifestarsi con sintomi anche molto gravi come ansia cronica, depressione, difficoltà relazionali, disturbi dissociativi e altre forme di disagio psicologico.
Questa tabella può facilitare una visione di insieme delle tipologie di traumi, senza pretesa di esaustività:
Tipologia di Trauma | Esempi |
---|---|
Traumi fisici | Incidenti stradali, ferite gravi, interventi chirurgici d’urgenza |
Traumi ambientali | Terremoti, alluvioni, incendi, disastri naturali |
Traumi relazionali | Abbandono, tradimento, abuso emotivo nelle relazioni significative |
Traumi emotivi | Umiliazione pubblica, mobbing lavorativo, bullismo |
Traumi evolutivi | Negligenza infantile, trascuratezza affettiva nei primi anni di vita |
Traumi da perdita | Morte improvvisa di una persona cara, separazioni traumatiche |
Traumi collettivi | Guerre, attentati terroristici, pandemie |
Traumi da violenza | Violenza domestica, aggressioni fisiche o sessuali |
Il disturbo post-traumatico da stress si manifesta con una serie di sintomi che riflettono una difficoltà a elaborare e superare l’esperienza traumatica e che influiscono negativamente la vita quotidiana, le relazioni sociali e il funzionamento emotivo e cognitivo della persona.
I criteri diagnostici del disturbo post-traumatico da stress secondo il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione) sono specifici e richiedono la presenza di sintomi in diverse categorie per un periodo di almeno un mese dopo l’evento traumatico.
In particolare:
Il DSM-5 introduce inoltre diversi specificatori per il PTSD, che aiutano a descrivere con maggiore precisione la presentazione clinica del disturbo in ciascun individuo.
Questi specificatori sono importanti per adattare il trattamento alle esigenze specifiche del paziente.
I principali specificatori per il PTSD sono:
La diagnosi di Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) è una diagnosi piuttosto complessa.
Non è assolutamente sufficiente individuare nella storia del soggetto un evento traumatico e la presenza di una sintomatologia disfunzionale per procedere automaticamente con la diagnosi.
Il PTSD è una condizione articolata, e la sua diagnosi si basa su una serie di passaggi che devono essere seguiti in modo rigoroso e rispettoso della complessità del caso.
Il primo passo consiste generalmente in un colloquio clinico con uno psicologo o uno psichiatra che proceda ad una una raccolta anamnestica approfondita: si indaga la storia di vita del soggetto in maniera sistematica, che include anche l’esplorazione delle esperienze potenzialmente traumatiche o altamente stressanti.
Tuttavia, è fondamentale ricordare che non sempre il soggetto è consapevole di aver vissuto un trauma.
Capita frequentemente che il primo accesso al servizio clinico avvenga non tanto con la consapevolezza di avere un trauma alle spalle, ma piuttosto in seguito all’insorgenza di una sintomatologia psicologica intensa e disturbante — come ansia, depressione, attacchi di panico, irritabilità, disturbi del sonno, o alterazioni dell’umore — che il soggetto non riesce a collegare a nessun evento specifico.
Questo aspetto è particolarmente rilevante perché, come ampiamente osservato nella clinica e accennato nelle righe precedenti, il Disturbo Post-Traumatico da Stress può esordire anche mesi o addirittura anni dopo l’evento traumatico o stressante.
Ciò significa che il soggetto, dopo l’esposizione, può aver vissuto periodi più o meno lunghi di apparente normalità o stabilità, durante i quali l’esperienza traumatica si sedimenta in modo subdolo nel suo sistema psichico, senza manifestazioni evidenti.
Quando poi i sintomi si presentano, possono emergere improvvisamente, a seguito di un evento scatenante anche apparentemente banale, o in modo insidioso e progressivo.
In tali circostanze, il soggetto può aver parzialmente o totalmente rimosso l’esperienza traumatica, o comunque non percepirla più come così rilevante, dato il lasso di tempo trascorso e la possibile “normalizzazione” della sofferenza interiore.
Questo rende ancora più importante la sensibilità clinica nell’esplorare la storia di vita, evitando domande invasive o forzature, e rispettando i tempi e le modalità narrative del soggetto.
Oltre al colloquio clinico con lo psicologo o con lo psichiatra, è imprescindibile, per la diagnosi, avvalersi di strumenti di valutazione testistica specifici.
La somministrazione di test standardizzati specifici consente infatti di strutturare meglio l’indagine diagnostica, supportando il clinico nel riconoscimento di pattern sintomatologici caratteristici del PTSD e distinguendoli da quelli di altre condizioni psicopatologiche.
Questo è un passaggio cruciale, perché la sintomatologia del PTSD può sovrapporsi a quella di diversi altri disturbi.
Inoltre, molto frequentemente il PTSD non si presenta in forma “pura”, ma si accompagna a una o più comorbidità psichiatriche, come la depressione, l’abuso di sostanze, i disturbi d’ansia, i disturbi dissociativi e, nei casi più gravi, anche manifestazioni psicotiche transitorie.
La presenza di comorbidità rende ancora più ardua la formulazione della diagnosi, perché occorre discernere quali sintomi siano direttamente riferibili al trauma, quali siano espressioni autonome di altri disturbi, e quali siano invece esiti secondari o complicanze della patologia traumatica.
La clinica psicologica GAM-Medical è specializzata nel riconoscimento del PSTD e dei suoi sintomi, anche quelli più nascosti da barriere alzate col tempo per difendersi dai ricordi traumatici. GAM effettua percorsi di diagnosi del Disturbo Post Traumatico da Stress avendo ben chiaro il repertorio di manifestazioni di questa condizione.
Il Disturbo da Stress Post-Traumatico è un disturbo che presenta una sintomatologia talmente variegata da poter facilmente assomigliare ad altre condizioni psicopatologiche.
Infatti, nonostante il PTSD sia caratterizzato da una serie di sintomi specifici legati a un trauma, molti disturbi mentali condividono alcuni di questi sintomi.
I principali disturbi da considerare nella diagnosi differenziale del PTSD sono:
La diagnosi differenziale del PTSD richiede, quindi, una valutazione attenta e dettagliata dei sintomi. Molti disturbi mentali presentano sintomi simili, ma il PTSD si distingue per la stretta connessione tra i sintomi e l’evento traumatico.
Il percorso di diagnosi di PSTD proposto da GAM-Medical prevede anche una valutazione premurosa che escluda altre possibili psico-cause della sintomatologia presentata dall’utenza.
La comorbilità del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è estremamente comune, poiché, come già accennato, il PTSD raramente si manifesta da solo.
Spesso, chi soffre di PTSD può sviluppare altri disturbi mentali (o, non di rado, fisici o quantomeno psicosomatici), sia a causa dell’impatto devastante del trauma, sia come risultato della complessità dei meccanismi di coping utilizzati per affrontare i sintomi.
I disturbi comorbidi possono complicare notevolmente il trattamento del PTSD, rendendo necessaria una valutazione completa per garantire che tutti i disturbi presenti siano adeguatamente trattati.
I principali disturbi comorbidi con il PTSD includono:
Queste comorbilità, chiaramente, complicano la diagnosi e il trattamento del PTSD, richiedendo un approccio terapeutico integrato e multidisciplinare.
Il riconoscimento delle comorbilità è anch’esso parte del percorso di diagnosi di PTSD effettuato dalla clinica psicologica GAM-Medical, che nel corso della valutazione clinica, si avvale di strumenti diagnostici ad ampio spettro che possano aiutare il clinico, psicologo o psichiatra, a cogliere anche le comorbilità meno evidenti.
L’Istituto GAM-Medical, specializzato nella diagnosi e nel trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), mette a disposizione uno strumento utile e accessibile per chiunque desideri ottenere una prima indicazione sulla possibile presenza di sintomi da stress post-traumatico.
Il test in questione è l’IES-R (Impact of Event Scale – Revised), un test psicologico standardizzato, scientificamente riconosciuto e comunemente utilizzato in ambito clinico, che è stato semplicemente trasferito in modalità online per essere completato con facilità e comodità da casa, utilizzando il proprio smartphone o computer.
L’IES-R è composto da una serie di domande che esplorano diverse aree sintomatiche del PTSD, come l’intrusione dei ricordi traumatici, il comportamento di evitamento verso stimoli associati al trauma, e i sintomi di iperarousal come irritabilità, ipervigilanza e difficoltà di concentrazione.
Sebbene non sostituisca una valutazione clinica professionale, il test rappresenta un valido primo passo per aumentare la consapevolezza del proprio stato psicologico e per capire se sia il caso di rivolgersi a uno specialista.
La complessità del Disturbo Post Traumatico da Stress si riflette inevitabilmente anche nella gestione terapeutica del disturbo.
La presa in carico terapeutica del PTSD, infatti, non si limita a un unico asse di intervento, ma spesso si costruisce attraverso un approccio combinato che integra psicoterapia e farmacoterapia in modo sinergico.
Dal punto di vista psicoterapeutico, negli anni si è assistito allo sviluppo di tecniche e modalità di intervento create espressamente per trattare il trauma, a differenza di molte altre condizioni cliniche dove si tende a utilizzare psicoterapie più “generaliste” che, pur adattandosi bene a una varietà di disturbi, non nascono con uno specifico focus sul vissuto traumatico.
Nel caso del PTSD, invece, si è ritenuto necessario costruire interventi che tenessero conto della natura disorganizzante e frammentante dell’esperienza traumatica, dei fenomeni dissociativi, delle difficoltà nella regolazione emotiva, della presenza di sintomi intrusivi e di evitamento, nonché del senso profondo di perdita di fiducia nella sicurezza del mondo e nelle proprie risorse personali.
Parallelamente, anche la farmacoterapia ha sviluppato protocolli specifici per il trattamento del PTSD.
Anche se non tutti i soggetti necessitano di un trattamento farmacologico — e molte persone riescono a trarre grande beneficio dal solo intervento psicoterapeutico —, la combinazione delle due modalità è spesso raccomandata, soprattutto nei casi in cui i sintomi siano particolarmente gravi, cronici o associati ad altre condizioni in comorbilità, come la depressione maggiore, i disturbi d’ansia generalizzati, i disturbi dissociativi o l’abuso di sostanze.
Il centro GAM è specializzato nel trattamento del PSTD e conta su molti professionisti della salute mentale sia in ambito psicoterapeutico che in ambito farmacologico.
La presenza congiunta di psicoterapeuti e psichiatri all’interno dello stesso centro consente una comunicazione continua, fluida ed efficace tra i diversi specialisti, cosa che garantisce un approccio integrato e personalizzato per ogni soggetto.
Questo modello di collaborazione interdisciplinare permette di monitorare attentamente l’evoluzione clinica, di adattare il trattamento alle esigenze emergenti e di offrire al soggetto un percorso di cura coerente, armonico e il più possibile rispondente alla complessità della sua esperienza traumatica.
La psicoterapia è il trattamento d’elezione per il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e si è dimostrata particolarmente efficace nell’aiutare ad elaborare il trauma e a ridurre i sintomi.
Esistono diverse forme di psicoterapia utilizzate per il trattamento del PTSD, ciascuna con approcci specifici mirati a ridurre i sintomi intrusivi, favorire l’elaborazione del trauma e migliorare la qualità della vita del paziente.
I principali approcci psicoterapeutici per il PTSD sono:
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è il trattamento psicoterapeutico più conosciuto per l’elaborazione dei traumi. Si tratta di un modello specificamente sviluppato per il PTSD, che utilizza una combinazione di esposizione guidata e movimenti oculari per aiutare la persona ad elaborare i ricordi traumatici. Durante le sessioni di EMDR, il paziente viene invitato a concentrarsi su un ricordo traumatico mentre segue i movimenti oculari del terapeuta o un altro tipo di stimolo bilaterale (come toccare alternativamente le ginocchia). L’idea alla base di questa tecnica è che i movimenti oculari stimolino la rielaborazione dei ricordi, facilitando una risoluzione emotiva più rapida e meno angosciante. L’EMDR si basa sul principio che i ricordi traumatici non siano stati adeguatamente elaborati dal cervello e continuino a innescare reazioni emotive intense. Attraverso la stimolazione bilaterale e il lavoro di rielaborazione guidata, il paziente può modificare il modo in cui percepisce e reagisce al trauma. L’obiettivo dell’EMDR è di ridurre la vividezza e la carica emotiva dei ricordi traumatici, facilitando una maggiore integrazione del trauma nella memoria autobiografica senza che esso continui a influenzare negativamente il paziente.Studi clinici hanno dimostrato che l’EMDR è efficace nel ridurre i sintomi del PTSD, in particolare quelli legati ai flashback, ai ricordi intrusivi e all’ansia. Il trattamento con EMDR è relativamente breve rispetto ad altre forme di psicoterapia, con un numero medio di sedute che varia tra le 6 e le 12, ma la durata può variare a seconda della complessità del trauma e della risposta del paziente.
L’Imagery Rescripting è un approccio relativamente più recente che si è dimostrato particolarmente efficace nel trattamento dei traumi, specialmente nei casi di traumi complessi o legati all’infanzia. Si basa sull’idea che molte delle emozioni dolorose e delle credenze disfunzionali associate al trauma si mantengano vive all’interno delle memorie traumatiche attraverso immagini mentali intrusive e cariche emotivamente. L’intervento non si limita a esporre il soggetto ai ricordi traumatici, come nell’esposizione graduale, ma introduce una vera e propria modificazione delle immagini e degli scenari traumatici in immaginazione. Durante la seduta, il soggetto viene guidato a rivivere il ricordo traumatico, ma, a un certo punto, viene invitato a intervenire attivamente nella scena, ad esempio proteggendo il sé bambino, cambiando l’esito dell’evento o ricevendo il supporto che all’epoca è mancato. Questo processo permette una profonda rielaborazione emotiva del trauma, riducendo i sentimenti di impotenza, vergogna e colpa, e costruendo nuove rappresentazioni interne di sé più positive e protettive. A differenza delle tecniche puramente espositive, l’Imagery Rescripting punta non solo alla desensibilizzazione emotiva, ma anche alla trasformazione del significato attribuito all’esperienza traumatica. Questo consente di lavorare efficacemente non solo sui traumi “singoli” ma anche sui traumi cumulativi o relazionali, spesso più resistenti al trattamento standard. L’ImRs richiede un elevato livello di alleanza terapeutica, sensibilità e flessibilità da parte del terapeuta, ed è spesso vissuta dai soggetti come un’esperienza profondamente riparativa e trasformativa.
La CBT rappresenta uno degli approcci più consolidati e validati per il trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress. Si basa sull’idea che i pensieri disfunzionali, le credenze negative su sé stessi, sugli altri e sul mondo, sviluppatesi a seguito del trauma, mantengano vivo il disagio emotivo e i sintomi post-traumatici. L’intervento si propone quindi di identificare, mettere in discussione e modificare questi schemi di pensiero maladattivi, promuovendo una rielaborazione più funzionale dell’esperienza traumatica e un miglioramento complessivo della qualità della vita. All’interno della CBT specificamente orientata al trattamento del PTSD vengono utilizzate diverse tecniche operative, tra cui:
Anche gli approcci psicoanalitici e psicodinamici si sono dimostrati particolarmente utili per lavorare sul trauma in profondità. A differenza degli approcci più focalizzati sui sintomi, la terapia psicodinamica esplora le radici profonde della sofferenza post-traumatica, ponendo attenzione non solo all’evento traumatico in sé, ma anche al suo significato interno, alle difese inconsce messe in atto dal soggetto, ai conflitti emotivi riattivati dal trauma e alle modalità relazionali che si sviluppano come risposta all’esperienza traumatica. La terapia psicodinamica considera il trauma non solo come un evento isolato, ma come qualcosa che si inserisce all’interno della storia di vita e della struttura di personalità del soggetto. Attraverso il lavoro analitico, il terapeuta aiuta il soggetto a dare senso al trauma, a integrare le esperienze dissociate, a riconoscere e trasformare i pattern relazionali e affettivi rigidi o disfunzionali sviluppatisi a seguito dell’esposizione traumatica. Si lavora spesso anche sulle emozioni intense di rabbia, vergogna, colpa e disperazione, permettendo una rielaborazione profonda e duratura. La terapia psicodinamica è particolarmente indicata nei casi di traumi complessi, traumi relazionali o esperienze di trascuratezza e abuso infantile, in cui il trauma ha avuto un impatto strutturante sullo sviluppo psichico. Questo approccio richiede un processo lento, rispettoso delle difese e delle resistenze del soggetto, e mira non solo alla remissione dei sintomi, ma anche a una trasformazione più ampia e integrata dell’identità e delle capacità relazionali.
Il centro specializzato in PTSD offre un’ampia gamma di approcci terapeutici per il Disturbo Post-Traumatico da Stress.
GAM-Medical si avvale di un team di esperti psicologi e psicoterapeuti, ciascuno con una formazione specifica e approfondita nei diversi modelli di trattamento riconosciuti come efficaci per il PTSD.
La farmacoterapia non è sempre necessaria, ma soprattutto nei casi di sintomatologia grave o di comorbilità, è ampiamente impiegata nel trattamento del PTSD.
Infatti, sebbene la psicoterapia sia spesso il trattamento di prima linea, i farmaci possono svolgere un ruolo cruciale nel ridurre i sintomi associati al PTSD, come l’ansia, l’insonnia, l’iperattivazione e la depressione.
I principali tipi di farmaci utilizzati nel trattamento del PTSD sono:
Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono i farmaci più comunemente prescritti per il trattamento del PTSD e sono considerati la terapia farmacologica di prima scelta. Gli SSRI agiscono aumentando i livelli di serotonina nel cervello, un neurotrasmettitore che regola l’umore, l’ansia e il sonno. Questi farmaci sono particolarmente efficaci nel ridurre i sintomi di depressione, ansia e iperattivazione, che spesso accompagnano il PTSD.I farmaci SSRI più utilizzati per il trattamento del PTSD includono la sertralina e la paroxetina, che sono stati approvati dalla FDA (Food and Drug Administration) specificamente per il trattamento del disturbo post-traumatico da stress. La sertralina e la paroxetina sono efficaci nel ridurre i ricordi intrusivi, i flashback, l’evitamento e i disturbi del sonno. Gli SSRI migliorano anche l’umore del paziente e riducono la reattività emotiva agli stimoli che ricordano il trauma.Gli SSRI sono generalmente ben tollerati, ma possono causare alcuni effetti collaterali, come nausea, insonnia, agitazione o disfunzione sessuale. È importante che il paziente assuma questi farmaci regolarmente per diverse settimane prima di vedere miglioramenti significativi nei sintomi del PTSD. Gli SSRI sono spesso prescritti per un periodo prolungato, in modo da prevenire le ricadute e mantenere i benefici terapeutici nel tempo.
Gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI) sono un’altra classe di farmaci antidepressivi utilizzati nel trattamento del PTSD, soprattutto quando gli SSRI non risultano efficaci o non sono ben tollerati. Gli SNRI agiscono sia sulla serotonina che sulla norepinefrina, aumentando i livelli di entrambi i neurotrasmettitori nel cervello, il che aiuta a regolare l’umore e la risposta allo stress.La venlafaxina è uno degli SNRI più comunemente utilizzati per il trattamento del PTSD. Questo farmaco è efficace nel ridurre i sintomi depressivi e ansiosi, nonché i sintomi legati all’iperattivazione, come l’irritabilità e la difficoltà a concentrarsi. Anche la duloxetina è talvolta utilizzata nel trattamento del PTSD, soprattutto quando il paziente presenta anche dolore cronico, poiché questo farmaco è efficace nel trattare sia i sintomi psicologici sia quelli fisici associati al trauma. Gli SNRI, come gli SSRI, possono causare effetti collaterali come aumento della sudorazione, insonnia, vertigini e nausea. Il monitoraggio del paziente è essenziale per garantire che il farmaco sia ben tollerato e che i sintomi migliorino nel tempo.
In alcuni casi, le persone con PTSD possono presentare sintomi più gravi o complessi, come dissociazione, paranoia o comportamenti aggressivi. In questi casi, possono essere prescritti farmaci antipsicotici atipici come risperidone, quetiapina o aripiprazolo, che agiscono modulando l’attività della dopamina e della serotonina nel cervello. Gli antipsicotici atipici non sono utilizzati di routine nel trattamento del PTSD, ma possono essere utili quando altri trattamenti farmacologici non hanno prodotto risultati soddisfacenti o quando il paziente presenta sintomi psicotici associati al disturbo.Gli antipsicotici atipici possono aiutare a ridurre i sintomi dissociativi, i comportamenti impulsivi e le difficoltà di regolazione emotiva. Tuttavia, questi farmaci hanno un profilo di effetti collaterali più complesso rispetto agli antidepressivi e possono causare aumento di peso, sedazione, sindrome metabolica e aumento del rischio di diabete. Pertanto, l’uso di antipsicotici nel trattamento del PTSD è generalmente riservato ai casi più resistenti o complicati e richiede un monitoraggio attento da parte del medico.
In alcune persone con PTSD, in particolare quelle che presentano forti fluttuazioni dell’umore o sintomi di impulsività e aggressività, possono essere utilizzati farmaci stabilizzatori dell’umore, come il litio o la lamotrigina. Questi farmaci agiscono riducendo l’instabilità emotiva e migliorando la regolazione dell’umore, riducendo così il rischio di comportamenti autodistruttivi o aggressivi. La lamotrigina è uno stabilizzatore dell’umore particolarmente indicato per il trattamento di persone con PTSD che presentano anche disturbi dell’umore, poiché aiuta a stabilizzare l’umore e riduce i sintomi di iperattivazione e irritabilità. Il litio, sebbene più comunemente utilizzato nel trattamento del disturbo bipolare, può essere utile anche nel PTSD per ridurre l’aggressività e il comportamento impulsivo. Questi farmaci richiedono un attento monitoraggio, in particolare per quanto riguarda i livelli ematici (nel caso del litio) e il rischio di effetti collaterali come vertigini, tremori o problemi gastrointestinali. Gli stabilizzatori dell’umore sono spesso utilizzati in combinazione con altri farmaci, come gli antidepressivi, per ottenere un effetto terapeutico completo.
Uno dei sintomi più debilitanti del PTSD sono i disturbi del sonno, inclusi gli incubi ricorrenti legati al trauma. La prazosina è un farmaco alfa-bloccante che è stato ampiamente studiato e utilizzato per il trattamento degli incubi associati al PTSD. Agendo sui recettori alfa-adrenergici, la prazosina riduce l’attivazione del sistema nervoso simpatico durante il sonno, diminuendo la frequenza e l’intensità degli incubi. La prazosina è particolarmente efficace per coloro che sperimentano disturbi del sonno significativi e aiuta a migliorare la qualità complessiva del riposo. Uno dei principali vantaggi della prazosina è che, rispetto ad altri farmaci utilizzati per trattare i disturbi del sonno, non causa dipendenza né ha effetti sedativi significativi. Tuttavia, può causare effetti collaterali come ipotensione ortostatica (abbassamento della pressione sanguigna) e vertigini, soprattutto nelle prime settimane di trattamento. È importante che il dosaggio della prazosina venga aumentato gradualmente per minimizzare questi effetti.
Le benzodiazepine, come il lorazepam e il diazepam, sono farmaci ansiolitici che agiscono rapidamente per ridurre l’ansia e l’iperattivazione. Tuttavia, le benzodiazepine non sono raccomandate per il trattamento a lungo termine del PTSD, a causa del rischio di dipendenza, tolleranza e abuso. Sebbene possano essere utili nel trattamento a breve termine di sintomi acuti di ansia o attacchi di panico, il loro uso prolungato può peggiorare la capacità del paziente di elaborare il trauma e può portare alla cronicizzazione dei sintomi. Gli studi suggeriscono che le benzodiazepine non sono efficaci nel migliorare i sintomi del PTSD a lungo termine e che possono interferire con i processi di esposizione e rielaborazione del trauma durante la psicoterapia. Per questo motivo, vengono prescritte con cautela e solo in situazioni particolari, preferibilmente in combinazione con altri trattamenti farmacologici più sicuri.
Alcuni farmaci adrenergici, come il clonidina o il propranololo, possono essere utilizzati per ridurre i sintomi di iperattivazione nel PTSD, come l’ansia eccessiva, la tachicardia e l’irritabilità. Il propranololo, un beta-bloccante, è talvolta utilizzato per attenuare i sintomi fisici dell’ansia, come la sudorazione e il battito cardiaco accelerato, mentre la clonidina può essere utile per ridurre l’iperattività del sistema nervoso simpatico.Questi farmaci non agiscono direttamente sui sintomi cognitivi del PTSD, ma possono alleviare i sintomi fisici che accompagnano l’ansia e l’iperattivazione, migliorando la qualità della vita del paziente. Sono particolarmente indicati per coloro che manifestano una risposta eccessiva a stimoli stressanti o che hanno difficoltà a calmarsi dopo aver rivissuto il trauma.
Il team di psichiatri specializzati formato dalla clinica psichiatrica GAM-Medical è composto da professionisti con una solida esperienza nella gestione farmacologica del Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Grazie a un aggiornamento continuo basato sulle più recenti linee guida internazionali, gli psichiatri di GAM-Medical sono in grado di individuare il trattamento farmacologico più adeguato per ogni singolo caso, considerando la specificità dei sintomi, la storia clinica complessiva del soggetto e la possibile presenza di comorbidità.
L’approccio della clinica GAM è improntato a una visione integrata e umanizzata della cura, in cui il farmaco rappresenta uno strumento di sostegno al processo di guarigione psicologica e non un fine a sé stesso, nell’ottica di restituire al soggetto il massimo livello possibile di autonomia, serenità e qualità della vita.
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) può avere conseguenze estremamente pervasive e debilitanti sulla vita di chi ne soffre e può coinvolgere sia la sfera psicologica sia quella fisica.
Si tratta quindi di una sindrome complessa che può investire sia la sfera psicologica che quella più fisica.
Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) può insorgere a qualsiasi età, poiché il trauma psicologico può colpire individui di ogni fase della vita, dai bambini agli anziani.
Tuttavia, l’età di insorgenza del PTSD varia a seconda di diversi fattori, tra cui il tipo di evento traumatico, la vulnerabilità individuale, il supporto sociale e le risorse di coping dell’individuo.
È importante sottolineare che l’esposizione a eventi traumatici può verificarsi in tutte le età, ma la manifestazione del disturbo può non essere immediata.
Nello specifico:
i bambini possono sviluppare il PTSD in seguito all’esposizione a eventi traumatici come abusi fisici o sessuali, violenza domestica, incidenti gravi, disastri naturali o la perdita di un genitore. Nei bambini, i sintomi del PTSD possono manifestarsi in modo diverso rispetto agli adulti, con espressioni come gioco ripetitivo che riproduce elementi del trauma, regressione a comportamenti infantili (enuresi notturna, aggrapparsi ai genitori), o incubi. Sebbene il PTSD possa insorgere anche in età molto giovane, la diagnosi nei bambini piccoli può essere più difficile a causa della limitata capacità di esprimere verbalmente il trauma e le emozioni associate. L’età di insorgenza in età pediatrica è strettamente legata alla natura e alla gravità del trauma, così come alla presenza o all’assenza di un sistema di supporto adeguato.
gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili allo sviluppo del PTSD, poiché l’adolescenza è una fase critica dello sviluppo emotivo e psicologico. In questa fascia di età, gli eventi traumatici possono includere violenze, incidenti, aggressioni sessuali, bullismo grave, o traumi derivanti da guerre o disastri naturali. Gli adolescenti possono mostrare sintomi del PTSD simili agli adulti, come ricordi intrusivi, evitamento di situazioni che ricordano il trauma, e iperattivazione, ma possono anche manifestare comportamenti impulsivi o autodistruttivi. L’età di insorgenza in adolescenza è spesso legata alla maggiore esposizione a rischi e alla crescente indipendenza dagli adulti di riferimento, il che può esporre gli adolescenti a situazioni più pericolose o stressanti senza un adeguato supporto.
nell’età adulta, il PTSD può svilupparsi in seguito a traumi come incidenti automobilistici, aggressioni fisiche o sessuali, esperienze militari, violenza domestica, disastri naturali o la morte improvvisa di una persona cara. L’età di insorgenza può variare notevolmente a seconda della natura del trauma e delle risorse individuali per farvi fronte. È importante notare che mentre l’evento traumatico può verificarsi in un dato momento della vita, i sintomi del PTSD potrebbero manifestarsi solo dopo un certo periodo di tempo, innescati da stress successivi o da rievocazioni dell’evento traumatico. Il PTSD può anche insorgere in età adulta in persone che hanno subito traumi infantili ma che non hanno sviluppato i sintomi immediatamente.
anche gli anziani possono sviluppare il PTSD, sia in risposta a traumi recenti sia in seguito alla rievocazione di traumi passati. Alcuni individui anziani possono sperimentare un ritorno di sintomi legati a traumi subiti in gioventù, come abusi, esperienze militari o incidenti, soprattutto in momenti di vulnerabilità fisica o emotiva, come malattie o lutti. Il PTSD può anche insorgere in età avanzata a causa di traumi nuovi, come il deterioramento della salute, la perdita di indipendenza o la morte del coniuge. L’età di insorgenza in questa fase della vita è spesso influenzata da fattori come la ridotta capacità di resilienza, la solitudine o la mancanza di supporto sociale. I sintomi del PTSD negli anziani possono essere complicati dalla presenza di altre condizioni mediche o cognitive, come la demenza, rendendo più difficile una diagnosi precisa.
Quindi, il disturbo post-traumatico da stress può insorgere a qualsiasi età, dalla prima infanzia all’età avanzata, e l’età di insorgenza dipende da molteplici fattori, tra cui la natura del trauma, la vulnerabilità individuale, la resilienza e la presenza di supporto sociale.
Come per l’età, i traumi possono colpire chiunque, indipendentemente dal genere.
Nessuno è immune all’impatto devastante che un’esperienza traumatica può avere sulla mente e sul corpo.
Tuttavia, nonostante la vulnerabilità universale di fronte al trauma, è importante riconoscere che esistono differenze di genere nella tipologia di traumi cui le persone sono più frequentemente esposte.
Le donne, in particolare, risultano ad oggi statisticamente più esposte a una serie di traumi specifici, soprattutto nell’ambito delle relazioni interpersonali e della violenza domestica.
Gli studi epidemiologici indicano che le donne hanno una maggiore probabilità rispetto agli uomini di subire forme di trauma legate alla violenza relazionale, come abusi emotivi, fisici e sessuali da parte di partner intimi o familiari.
La violenza domestica, lo stalking, le aggressioni sessuali e gli stupri rappresentano esperienze traumatiche purtroppo ancora oggi molto più frequenti per le donne, con tassi di incidenza nettamente superiori rispetto a quelli maschili.
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress può deteriorare le relazioni sociali.
Le conseguenze del disturbo si estendono ben oltre il vissuto soggettivo e possono intaccare profondamente la capacità del soggetto di mantenere legami significativi, di fidarsi degli altri, di comunicare in modo efficace e di vivere pienamente le dinamiche sociali quotidiane.
La sintomatologia del PTSD, spesso grave e invalidante, compromette infatti la spontaneità, la disponibilità emotiva, il senso di sicurezza e il piacere di condividere la vita con gli altri, tutti aspetti fondamentali per costruire e mantenere relazioni soddisfacenti.
Uno degli elementi più caratteristici e impattanti in questo senso è rappresentato dai sintomi di evitamento.
Dopo aver vissuto un’esperienza traumatica, il soggetto tende a evitare non solo i luoghi, le persone o le attività che possono innescare ricordi dolorosi, ma spesso arriva a evitare qualunque situazione che implichi un’esposizione emotiva significativa.
Questo comportamento, inizialmente finalizzato a ridurre l’ansia e il dolore, può progressivamente trasformarsi in un vero e proprio isolamento sociale.
La casa diventa spesso l’unico luogo percepito come relativamente sicuro, e il soggetto può ridurre drasticamente le uscite, limitare i contatti con amici, parenti e colleghi, rifiutare inviti, interrompere attività piacevoli e ritirarsi da qualsiasi contesto sociale che comporti un minimo rischio emotivo.
Anche l’iperattivazione fisiologica caratteristica del PTSD — fatta di ipervigilanza, irritabilità, scatti d’ira, difficoltà di concentrazione e disturbi del sonno — rende ancora più difficile la convivenza con gli altri.
Le relazioni intime possono essere messe a dura prova dalla difficoltà a rilassarsi, a fidarsi, a lasciarsi andare.
La presenza di ricordi intrusivi, flashback e incubi può inoltre rendere il soggetto imprevedibile, spaventato o aggressivo, aumentando la distanza emotiva e creando un clima di incomprensione e tensione nei rapporti più stretti.
Inoltre, molti soggetti con PTSD sviluppano una profonda alterazione dell’immagine di sé (a seguito di traumi specificatamente legati alle violenze, ci si può sentire in colpa, sporchi, indegni) e degli altri (la convinzione che il mondo sia un luogo intrinsecamente pericoloso e che nessuno sia veramente affidabile)
Quando il PTSD si cronicizza, il rischio è che il soggetto resti intrappolato in un circolo vizioso di isolamento e sofferenza: l’evitamento protegge nel breve termine dal dolore, ma alimenta la solitudine e impedisce esperienze relazionali correttive; l’isolamento rinforza il senso di diversità e di estraneità rispetto agli altri, aggravando la sintomatologia depressiva e ansiosa, e riducendo ulteriormente la motivazione a cercare aiuto o connessione.
Tra i criteri diagnostici del PTSD figurano esplicitamente alterazioni negative delle cognizioni, che si manifestano non solo come pensieri intrusivi o convinzioni negative, ma anche come difficoltà cognitive vere e proprie.
Le persone con PTSD spesso sperimentano una riduzione delle proprie capacità di mantenere l’attenzione su compiti specifici, una memoria di lavoro meno efficiente e una minore capacità di organizzare, pianificare e portare a termine attività complesse.
Queste compromissioni cognitive sono particolarmente invalidanti nel contesto dello studio e della carriera accademica.
La memoria e la concentrazione sono, infatti, strumenti fondamentali per affrontare la mole di informazioni, la necessità di assimilare nuovi concetti, il mantenimento dell’attenzione prolungata durante le lezioni, lo studio individuale, la partecipazione a esami o a lavori di gruppo.
Quando queste funzioni risultano compromesse, il soggetto può trovarsi rapidamente in difficoltà: può impiegare molto più tempo del normale per comprendere e ricordare ciò che legge o ascolta, può distrarsi facilmente, perdere il filo del discorso, sentirsi sopraffatto da compiti che prima sembravano gestibili.
Inoltre, l’iperattivazione fisiologica tipica del PTSD, caratterizzata da uno stato costante di allerta, può rendere difficile mantenere la calma necessaria per studiare in modo efficace.
La mente può essere frequentemente invasa da pensieri intrusivi, flashback o preoccupazioni angoscianti, che sottraggono energia mentale e aumentano la fatica cognitiva.
La distorsione della percezione di sé, comune nel PTSD — ad esempio, il sentirsi “stupidi”, “incapaci” o “diversi” dagli altri — può a sua volta compromettere la motivazione allo studio e alimentare un senso di inadeguatezza che porta ad abbandoni scolastici, calo del rendimento, procrastinazione e demoralizzazione.
Non è raro, quindi, che un soggetto con PTSD, pur avendo buone capacità intellettive di base, veda drasticamente ridotte le proprie performance accademiche, con un impatto negativo non solo sul presente, ma anche sulle prospettive future di realizzazione personale e professionale.
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) può influire profondamente anche sull’ambito lavorativo, generando una serie di difficoltà che compromettono la capacità della persona di mantenere una performance stabile, di inserirsi armoniosamente nei contesti organizzativi e di gestire in modo efficace le richieste tipiche del mondo del lavoro.
Gli effetti del PTSD sulla sfera lavorativa sono spesso sottovalutati, ma rappresentano una delle principali cause di riduzione della qualità della vita e di disabilità funzionale nei soggetti che ne soffrono.
L’impatto sul lavoro deriva dall’interazione complessa tra i sintomi nucleari del disturbo — intrusione, evitamento, alterazioni cognitive ed emotive, iperarousal — e le caratteristiche del contesto lavorativo, che spesso richiede concentrazione prolungata, interazioni sociali, gestione dello stress e capacità di adattamento rapido.
Prevenire lo sviluppo di un Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) non è semplice, perché nessuno può sapere in anticipo se, a seguito dell’esposizione a un evento traumatico o altamente stressante, svilupperà o meno una condizione clinica conclamata.
Non tutte le persone che vivono esperienze traumatiche sviluppano infatti un vero e proprio disturbo post-traumatico: alcune riescono a elaborare l’evento in modo relativamente sano e a riprendere il loro percorso di vita senza complicazioni durature, mentre altre possono sviluppare sintomi anche molto invalidanti.
In un mondo ideale, l’unica vera prevenzione sarebbe evitare completamente l’esposizione al trauma, ma questo è impossibile. Per quanto ci si possa proteggere o essere consapevoli, la vita stessa può mettere ciascuno di noi di fronte a centinaia di situazioni potenzialmente traumatiche o altamente stressanti.
Inoltre, è importante ricordare che l’effetto traumatico o stressante di un evento è soggettivo: ciò che per una persona rappresenta un’esperienza devastante, per un’altra può essere vissuto come una difficoltà gestibile.
Il trauma, quindi, non dipende esclusivamente dall’oggettività dell’evento, ma dalla sua interpretazione emotiva e psicologica da parte del soggetto.
Nonostante sia impossibile azzerare il rischio di esposizione ai traumi, qualcosa si può fare per ridurre il rischio di sviluppare un PTSD dopo un evento traumatico.
È fondamentale contattare tempestivamente un professionista della salute mentale.
Non è necessario aspettare di sviluppare una sintomatologia grave per chiedere aiuto: anzi, intervenire in una fase precoce, dopo aver vissuto un evento difficile come un lutto o la fine di una relazione importante, un può fare la differenza.
Anche in assenza di sintomi conclamati, avviare un percorso di supporto psicologico o psicoterapeutico può rafforzare le capacità di adattamento dell’individuo, potenziare la resilienza e attivare fattori protettivi che possono ridurre in modo significativo la probabilità che il trauma evolva in un disturbo post-traumatico vero e proprio.
Questo approccio preventivo aiuta la persona a dare un senso all’esperienza, a elaborare le emozioni connesse e a costruire strategie di fronteggiamento più efficaci, mitigando il rischio di cronicizzazione del disagio.
In questo senso, i professionisti della salute mentale della Clinica Psicologica GAM-Medical agiscono anche nella prevenzione dell’insorgenza del Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD).
In quanto centro specializzato nel trattamento del PTSD, la clinica è naturalmente orientata alla presa in carico non solo dei casi in cui il disturbo sia già conclamato, ma anche di tutte quelle situazioni in cui una persona ha vissuto un evento traumatico o altamente stressante e desidera lavorare preventivamente sul proprio equilibrio psicologico, anche in assenza di una sintomatologia evidente o strutturata.
Essendo esperti nella comprensione e nella gestione del trauma in tutte le sue forme, i professionisti della GAM-Medical conoscono in profondità la dinamica funzionale che può condurre dall’esperienza traumatica all’insorgenza di un vero e proprio disturbo post-traumatico.
Per questo motivo, la clinica accoglie anche le persone che, pur non manifestando ancora i criteri diagnostici completi del PTSD, si trovano in una fase delicata di vulnerabilità psicologica, in cui un intervento tempestivo può rappresentare un fattore protettivo fondamentale.
La nostra Clinica psicologica e psichiatrica offre la diagnosi e il trattamento di ADHD, Autismo, Ansia, Depressione e molto altro attraverso professionisti specializzati ed esperti, con un semplice percorso interamente online, ad un costo chiaro e contenuto.
Iscriviti alla newsletter!
All rights reserved © 2024 GAM Medical s.r.l.s. – P.IVA 02751480225 – Autorizzazione attività sanitaria n. 19/2024/54 del Comune di Trento