L’autismo è considerato uno spettro perché rappresenta un insieme di caratteristiche, abilità e sfide che variano ampiamente da persona a persona.
Parlare di “spettro” implica che l’autismo non è un insieme rigido e uniforme di tratti, ma piuttosto un continuum di manifestazioni che possono cambiare di intensità e combinazione nel corso della vita.
Questa variabilità rende estremamente difficile categorizzare l’autismo in modo rigido, e qualsiasi tentativo di definire sottoinsiemi precisi tende inevitabilmente a lasciare fuori qualcuno o non rappresentare adeguatamente ogni caso.
Una delle classificazioni storicamente più importanti nello studio dello spettro autistico è stata sviluppata dalla psichiatra britannica Lorna Wing e dalla sua collega Judith Gould.
Negli anni ’70, studiando casi clinici di persone con caratteristiche dello spettro, Wing e Gould proposero una classificazione che divideva l’autismo in diversi “sottotipi”, basandosi su osservazioni e sintomi specifici come la qualità delle interazioni sociali e delle competenze comunicative.
Autismo: Alone, Passive e Active but Odd
La classificazione di Lorna Wing e Judith Gould aiuta a comprendere come il comportamento sociale dei bambini autistici possa variare lungo un continuum di modalità diverse, ma accomunate da tratti distintivi legati alla difficoltà di interazione.
Le tre modalità identificate – Alone, Passive, e Active but odd – rispondono a schemi di interazione sociale diversi e ciascuna rappresenta una specifica modalità attraverso cui il bambino si rapporta con gli altri.
- Alone – classico ripiegamento su se stessi e isolamento sociale: Questa modalità è caratterizzata da un ripiegamento evidente verso se stessi e da un isolamento dal contesto sociale, spesso associato alle forme più severe di autismo. I bambini che mostrano questa modalità tendono a evitare ogni tipo di interazione sociale e preferiscono ritirarsi in uno spazio mentale e fisico proprio. Spesso questi bambini manifestano un interesse esclusivo per oggetti, attività ripetitive o stimoli visivi e uditivi autoregolatori, i quali costituiscono una sorta di mondo a sé stante e alternativo rispetto alle relazioni interpersonali. Questa modalità è spesso accompagnata da scarsa consapevolezza dell’ambiente circostante e da una ridotta percezione della presenza delle altre persone, risultando in un’apparente indifferenza agli stimoli sociali e alla comunicazione. Il bambino appare assorto nelle proprie attività e poco disponibile a partecipare alla vita di gruppo o a rispondere agli inviti all’interazione da parte degli altri. Questo isolamento sociale può risultare molto doloroso per i familiari e per le persone vicine, che percepiscono una distanza emotiva e sociale difficile da colmare. Tuttavia, tale isolamento può essere, in parte, una modalità di autoregolazione che riduce l’impatto di stimoli esterni per il bambino.
- Passive – il bambino si lascia coinvolgere ma passivamente, senza mai prendere iniziativa: In questa modalità, il bambino risponde alle iniziative altrui ma in maniera passiva, senza mai prendere l’iniziativa di interagire autonomamente. In altre parole, questi bambini sembrano essere disponibili al contatto sociale, ma non lo cercano attivamente e non manifestano entusiasmo o interesse spontaneo verso gli altri. Di solito si mostrano accomodanti, ma non attivamente interessati a instaurare o sostenere un’interazione. Tendono a limitarsi a rispondere a domande o richieste, senza contribuire attivamente alla conversazione o prendere decisioni in merito all’interazione stessa. Ad esempio, un bambino autistico in modalità “Passive” potrebbe essere presente durante un gioco collettivo e rispondere se qualcuno gli passa un oggetto, ma non cercherebbe mai di coinvolgere attivamente un altro bambino o di partecipare in modo diretto. Questo comportamento può essere interpretato dagli altri come una forma di timidezza o riservatezza, ma è più complesso: riflette una difficoltà intrinseca nel generare proattivamente iniziative sociali. Tale atteggiamento può essere interpretato come un desiderio di conformarsi passivamente alle situazioni sociali per evitare di essere isolati, ma senza trovare stimoli o motivazioni personali nell’interazione.
- Active but odd – il bambino è attivo ma ricerca maldestramente e non adeguatamente il contatto: Questa modalità rappresenta bambini che, pur mostrando un interesse attivo verso l’interazione sociale, lo fanno in modi considerati peculiari, eccentrici o inusuali. I bambini con questo stile comportamentale possono cercare attivamente il contatto con gli altri, ma tendono a farlo in modo goffo o non convenzionale, manifestando comportamenti che possono risultare insoliti o inappropriati per i coetanei. Ad esempio, potrebbero fare domande ripetitive, annusare o toccare insistentemente gli altri, tirare oggetti per attirare l’attenzione o parlare di argomenti in maniera ossessiva senza percepire il disagio o la disattenzione degli altri. Questo tipo di comportamento spesso rende difficile per questi bambini mantenere interazioni sociali prolungate o creare amicizie stabili, poiché gli altri bambini possono sentirsi a disagio o confusi di fronte alle loro modalità di interazione. L’attività sociale è dunque presente, ma è mediata da comportamenti che risultano “strani” o fuori contesto. Questa modalità riflette una motivazione a connettersi con gli altri, ma anche una difficoltà nel modulare e adattare il proprio comportamento ai canoni sociali attesi, portando spesso a fraintendimenti e a reazioni di rifiuto da parte dei coetanei.
Questo approccio alla classificazione dell’autismo è stato pionieristico perché ha riconosciuto che non tutte le persone autistiche mostrano esattamente gli stessi comportamenti o nello stesso grado, e ha aperto la strada a una visione più flessibile.
Tuttavia, anche questa categorizzazione ha i suoi limiti.
Mentre la “triade dell’autismo” proposta da Wing e Gould offre un quadro generale, essa non può descrivere completamente l’ampiezza e la profondità delle esperienze autistiche individuali.
Ad esempio, ci sono persone autistiche che possono avere buone abilità comunicative ma difficoltà a livello sensoriale, oppure altre che possono mostrare intensi interessi ristretti senza difficoltà sociali marcate.
Per questo motivo, le moderne concezioni dello spettro autistico tendono a evitare le classificazioni rigide e preferiscono un approccio che tenga conto della grande varietà di manifestazioni.
Anche il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) ha eliminato vecchie categorie come “sindrome di Asperger” o “disturbo pervasivo dello sviluppo”, inglobando tutto nel termine più ampio di Disturbo dello Spettro Autistico (ASD).
Questo cambio riflette la crescente consapevolezza che l’autismo è altamente individuale, e ogni persona nello spettro ha un mix unico di caratteristiche che non può essere incasellato rigidamente.
L’autismo, insomma, richiede un approccio che non si limiti a un quadro generale o a un insieme di categorie, ma che prenda in considerazione le particolari abilità, bisogni e potenzialità di ciascuna persona.
Questo è il motivo per cui le categorizzazioni, pur essendo utili in alcuni contesti, spesso non sono esaustive e richiedono una costante revisione.