I disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti costituiscono una categoria diagnostica definita dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5).
Questi disturbi si caratterizzano per il fatto che l’elemento centrale del loro sviluppo è l’esposizione a un evento traumatico o a una situazione di stress particolarmente intenso.
La categoria prende il nome proprio dall’associazione diretta tra l’evento esterno (trauma o stress) e l’insorgenza dei sintomi psicopatologici.
A differenza di altre categorie diagnostiche, dove i fattori scatenanti possono essere meno identificabili o più interni all’individuo, nei disturbi correlati al trauma e allo stress la causa scatenante è esterna e, in molti casi, ben identificabile.
Il trauma che provoca tali disturbi può includere una vasta gamma di esperienze, come violenze fisiche o sessuali, guerre, disastri naturali, incidenti gravi o lutti improvvisi.
Anche esperienze di stress prolungato, come difficoltà finanziarie, separazioni o problemi lavorativi, possono contribuire allo sviluppo di alcuni di questi disturbi.
La risposta dell’individuo all’evento traumatico o stressante è altamente soggettiva e varia in base a fattori personali, sociali e biologici.
Tra i principali disturbi inclusi in questa categoria troviamo:
- Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD): il Disturbo da Stress Post-Traumatico è caratterizzato da sintomi come rivivere l’evento traumatico, evitamento di stimoli associati al trauma, alterazioni negative nelle emozioni e nell’arousal fisiologico. È uno dei disturbi più noti legati al trauma.
- Disturbo da Stress Acuto: il Disturbo da Stress Acuto è simile al PTSD, ma di durata più breve. I sintomi si manifestano entro poche settimane dall’evento traumatico e si risolvono entro un mese.
- Disturbi dell’Adattamento: i Disturbi dell’Adattamento si manifestano con sintomi emotivi e comportamentali in risposta a un evento stressante, che possono includere ansia, depressione o difficoltà relazionali.
- Disturbo Reattivo dell’Attaccamento: il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento, tipico dell’infanzia, si verifica quando un bambino non riesce a sviluppare un attaccamento emotivo sicuro con i caregiver a causa di gravi negligenze o maltrattamenti.
- Disturbo da Impegno Sociale Disinibito: il Disturbo da Impegno Sociale Disinibito, anch’esso tipico dell’infanzia, è caratterizzato da comportamenti sociali eccessivamente disinibiti verso estranei, spesso conseguenti a un’infanzia segnata da trascuratezza o mancanza di cure stabili.
Questi disturbi riflettono la varietà delle risposte umane al trauma e allo stress, e richiedono un inquadramento clinico specifico per favorirne il trattamento e la gestione adeguata.
Caratteristiche in comune dei disturbi della categoria dei Disturbi Correlati a Eventi Traumatici e Stressanti
I disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti condividono una serie di caratteristiche che li rendono simili tra loro, sia per quanto riguarda i sintomi, sia per il loro legame con l’esposizione a eventi traumatici.
Nello specifico:
- Presenza di un evento traumatico o stressante come fattore scatenante: Tutti i disturbi di questa categoria derivano dall’esposizione a un evento traumatico o estremamente stressante. Gli eventi traumatici possono includere esperienze come violenze, disastri naturali, incidenti gravi, guerre o abusi. In questi casi, l’individuo percepisce l’evento come minaccioso per la propria vita o integrità fisica, o quella di altri, provocando una reazione di intenso timore, impotenza o orrore. Eventi stressanti, invece, possono non essere traumatici ma sufficientemente gravi da destabilizzare l’individuo, come perdite economiche significative, problemi familiari o separazioni importanti. Questi eventi, a lungo andare, possono generare stress cronico e sfociare in disturbi psicologici. La differenza principale tra i due tipi di eventi sta nell’intensità della risposta emotiva immediata.
- Rivivere l’evento traumatico attraverso sintomi intrusivi: Una caratteristica comune è la tendenza a rivivere ripetutamente l’evento traumatico sotto forma di ricordi intrusivi, sogni disturbanti o flashback. Le persone affette da disturbi come il PTSD o il disturbo da stress acuto possono sentirsi come se l’evento stesse accadendo nuovamente, sperimentando una forte sofferenza psicologica al ricordo dell’evento o in risposta a stimoli che lo richiamano. Questo rivivere l’evento è estremamente doloroso e può influire negativamente sul funzionamento quotidiano, causando difficoltà a mantenere la concentrazione o a vivere serenamente la vita di tutti i giorni.
- Evitamento persistente di stimoli associati al trauma: Le persone affette da questi disturbi tendono a evitare sistematicamente situazioni, persone o luoghi che possono ricordare l’evento traumatico. Questo evitamento può estendersi a pensieri, sentimenti e conversazioni che evocano il trauma. Il comportamento di evitamento è una strategia di difesa messa in atto per cercare di ridurre l’ansia e il dolore legati al ricordo del trauma, ma a lungo andare può limitare la capacità dell’individuo di confrontarsi con l’evento e di elaborarlo psicologicamente. Il rischio è che questo evitamento contribuisca a mantenere il disturbo, impedendo la risoluzione del trauma.
- Alterazioni negative nelle emozioni e nelle cognizioni: Un’altra caratteristica comune è la presenza di cambiamenti duraturi nel modo in cui la persona percepisce se stessa e il mondo circostante. Le persone che soffrono di disturbi correlati al trauma spesso sviluppano pensieri negativi persistenti su di sé (come sentirsi in colpa, inadeguati o indegni) o sugli altri (come credere che il mondo sia pericoloso o che gli altri siano inaffidabili). A livello emotivo, possono manifestarsi emozioni negative pervasive come tristezza, vergogna, rabbia o paura costante. Questo stato emotivo negativo può rendere difficile provare emozioni positive, come la gioia o la serenità, contribuendo a un senso di distacco dagli altri e dall’ambiente.
- Iperarousal e reattività fisiologica accentuata: Le persone affette da questi disturbi spesso mostrano uno stato costante di iperarousal, che si manifesta con una maggiore reattività agli stimoli. Questo può includere sintomi come irritabilità, scoppi di rabbia, difficoltà a dormire, ipervigilanza e una risposta esagerata agli stimoli improvvisi (per esempio sobbalzare al minimo rumore). Questo stato di allerta costante è dovuto alla persistenza dell’attivazione del sistema di risposta allo stress, che non riesce a “spegnersi” anche dopo che il pericolo è passato. Tale condizione può esaurire le risorse psicologiche e fisiche della persona, portando a una riduzione della capacità di gestire lo stress quotidiano.
- Alterazioni nel comportamento e nelle relazioni interpersonali: Le relazioni sociali e interpersonali possono essere significativamente compromesse nei disturbi legati a eventi traumatici e stressanti. Molte persone tendono a isolarsi dagli altri per evitare discussioni o ricordi legati al trauma. Possono manifestare una ridotta capacità di fidarsi degli altri, un maggiore senso di irritabilità o rabbia verso chi le circonda, e una diminuzione del desiderio di interagire socialmente. Nei bambini, in particolare, si possono osservare sintomi di attaccamento reattivo, in cui il bambino evita attivamente il contatto con i caregiver o non riesce a sviluppare relazioni affettive sicure e stabili.
- Impatto significativo sul funzionamento quotidiano: Tutti questi disturbi possono avere un impatto sostanziale sulla vita quotidiana della persona, interferendo con le attività lavorative, sociali e familiari. La persona può avere difficoltà a concentrarsi sul lavoro, a mantenere relazioni sociali o a prendersi cura di sé stessa. Nei casi più gravi, può insorgere un senso di impotenza o disperazione che porta all’evitamento completo delle attività quotidiane, fino al rischio di depressione maggiore o condotte autodistruttive, come l’abuso di sostanze o comportamenti autolesionistici.
- Vulnerabilità individuale e fattori di rischio: Esistono diversi fattori che possono aumentare il rischio di sviluppare un disturbo correlato a eventi traumatici o stressanti. Tra questi, vi è una storia pregressa di traumi, la mancanza di un adeguato supporto sociale, la presenza di altre condizioni psicologiche come ansia o depressione, e la predisposizione genetica a una maggiore vulnerabilità allo stress. Questi fattori possono rendere l’individuo più suscettibile agli effetti del trauma, aumentando la probabilità di sviluppare sintomi persistenti.
- Potenziale decorso cronico o ad andamento oscillante: I disturbi correlati a eventi traumatici possono avere un decorso cronico, con sintomi che persistono per anni o decenni, soprattutto in assenza di trattamento. Tuttavia, in molti casi, il decorso può essere oscillante, con periodi di remissione alternati a ricadute, soprattutto in risposta a nuovi eventi stressanti o a ricordi dell’evento traumatico originale. Alcune persone possono sperimentare un miglioramento naturale con il passare del tempo, mentre altre possono vedere peggiorare i loro sintomi senza un adeguato intervento terapeutico.
Queste caratteristiche comuni mostrano come i disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti condividano una base psicologica e comportamentale simile, pur manifestandosi con sintomi specifici a seconda del disturbo.
Il trattamento precoce, la rete di supporto sociale e la terapia mirata sono fondamentali per ridurre l’impatto di questi disturbi e migliorare la qualità della vita delle persone che ne soffrono.
Prevalenza e variabili nell’insorgenza dei Disturbi Correlati a Eventi Traumatici e Stressanti
I disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti mostrano una prevalenza variabile a seconda di numerosi fattori demografici, sociali e geografici.
Questi disturbi si manifestano in seguito a eventi particolarmente intensi che superano le capacità di coping dell’individuo, e la loro diffusione nella popolazione generale varia in base a molteplici determinanti.
In particolare:
- Prevalenza generale nella popolazione: La prevalenza dei disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti nella popolazione generale varia a seconda dei criteri diagnostici e degli strumenti utilizzati nelle indagini epidemiologiche. Si stima che, a livello globale, una percentuale compresa tra il 5% e il 10% della popolazione possa sviluppare un disturbo correlato a eventi traumatici o stressanti nel corso della vita. In alcune aree colpite da conflitti o disastri naturali, questa prevalenza può aumentare drasticamente, raggiungendo picchi del 30% o più. Tuttavia, anche nelle popolazioni non esposte a eventi traumatici estremi, esperienze di vita quotidiane, come lutti o problemi finanziari, possono portare allo sviluppo di disturbi correlati allo stress.
- Prevalenza in base all’età: L’età è un fattore determinante nella prevalenza di questi disturbi. Nei bambini, specialmente quelli esposti a traumi precoci, il rischio di sviluppare disturbi dell’attaccamento o da stress post-traumatico è particolarmente alto. Nei più giovani, l’impatto dei traumi può essere più pervasivo, compromettendo lo sviluppo psicologico e sociale. I bambini e gli adolescenti possono manifestare il trauma con sintomi specifici, come regressione comportamentale o problemi scolastici. Nella popolazione adulta, il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) è più frequente nei giovani adulti, tra i 20 e i 40 anni, ma può manifestarsi a qualsiasi età. Gli anziani, pur avendo una prevalenza più bassa di PTSD rispetto ai giovani, possono sviluppare disturbi correlati a eventi traumatici se esposti a traumi nell’età avanzata, come la perdita del partner o l’isolamento sociale. È importante notare che, sebbene la prevalenza del PTSD diminuisca con l’età, la sua cronicità può fare sì che gli anziani portino avanti i sintomi per decenni.
- Prevalenza in base al genere: Esiste una differenza significativa nella prevalenza dei disturbi correlati a eventi traumatici tra uomini e donne. Le donne sono generalmente più vulnerabili a sviluppare disturbi come il PTSD. Studi epidemiologici suggeriscono che le donne hanno una probabilità due volte maggiore rispetto agli uomini di sviluppare disturbi legati al trauma, nonostante sia spesso riscontrato che gli uomini siano più esposti a eventi traumatici, come incidenti gravi o esperienze di guerra. Questa maggiore vulnerabilità nelle donne può essere spiegata da fattori biologici, ormonali e psicosociali, nonché dall’alta esposizione delle donne a specifici traumi, come violenza sessuale o abusi domestici. Gli uomini, d’altra parte, possono essere più inclini a manifestare i sintomi di questi disturbi attraverso modalità esternalizzanti, come la rabbia e l’aggressività, e possono avere una maggiore tendenza a ricorrere all’abuso di sostanze come forma di coping, rendendo il riconoscimento del disturbo più complesso.
- Prevalenza in base all’occupazione: Alcuni settori lavorativi presentano una maggiore prevalenza di disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti. Tra le categorie professionali più colpite vi sono i militari, i soccorritori, i poliziotti, i vigili del fuoco e il personale sanitario, tutti esposti regolarmente a situazioni altamente stressanti e potenzialmente traumatiche. I soldati, ad esempio, sono particolarmente a rischio di sviluppare disturbi da stress post-traumatico dopo essere stati esposti a combattimenti, esplosioni o alla morte di compagni. Anche il personale sanitario, specialmente coloro che lavorano in pronto soccorso o in reparti di terapia intensiva, può sviluppare disturbi correlati al trauma a causa dell’esposizione continua a situazioni di emergenza e morte. Il burnout, che può sfociare in disturbi da stress acuto o cronico, è comune in queste professioni. Inoltre, lavoratori che subiscono licenziamenti improvvisi, che vivono condizioni di precarietà lavorativa o che operano in ambienti particolarmente stressanti possono essere soggetti a disturbi dell’adattamento, con sintomi di ansia o depressione.
- Prevalenza in base all’area geografica: L’area geografica è un altro fattore cruciale nella diffusione di questi disturbi. Le regioni colpite da guerre, conflitti, disastri naturali o crisi umanitarie presentano una prevalenza estremamente alta di disturbi legati al trauma. In paesi devastati da guerre civili, come la Siria o lo Yemen, o in regioni colpite da disastri naturali come terremoti o tsunami, le percentuali di PTSD e disturbi dell’adattamento sono significativamente superiori rispetto ad altre zone. Anche i rifugiati e i migranti forzati, spesso esposti a traumi multipli, come la violenza, la perdita di familiari e l’instabilità sociale, mostrano tassi molto elevati di disturbi correlati a eventi traumatici. D’altra parte, le popolazioni delle aree metropolitane in paesi economicamente sviluppati possono essere soggette a forme diverse di stress cronico legato a problemi economici, sociali o relazionali, che possono sfociare in disturbi dell’adattamento, ansia e depressione. È importante notare che l’accesso ai servizi di salute mentale varia significativamente a seconda della regione, il che può influire sul riconoscimento e il trattamento di questi disturbi.
- Impatto delle differenze culturali e socioeconomiche sulla prevalenza: Le differenze culturali e socioeconomiche giocano un ruolo importante nella prevalenza e nel modo in cui i disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti vengono vissuti, espressi e trattati. In alcune culture, esprimere il trauma psicologico o l’angoscia può essere stigmatizzato o visto come segno di debolezza, riducendo la probabilità che le persone cerchino aiuto. In paesi a basso reddito o con risorse limitate per la salute mentale, le persone possono non avere accesso a trattamenti adeguati, aumentando il rischio di cronicizzazione dei sintomi. Al contrario, nelle società più ricche e sviluppate, dove i servizi di salute mentale sono più accessibili, i tassi di prevalenza possono sembrare più alti a causa di una maggiore consapevolezza e una più ampia disponibilità di strumenti diagnostici. Tuttavia, anche in queste società, la povertà e l’emarginazione sociale restano fattori significativi che possono esacerbare il rischio di sviluppare questi disturbi.
- Differenze nella prevalenza tra popolazioni esposte a eventi singoli e traumi cumulativi: La prevalenza dei disturbi correlati al trauma può variare anche a seconda che l’individuo abbia subito un singolo evento traumatico o sia stato esposto a traumi ripetuti o cumulativi nel corso del tempo. Le persone che sperimentano un singolo evento traumatico possono sviluppare sintomi che si attenuano con il tempo, mentre chi subisce traumi ripetuti (ad esempio, violenza domestica protratta nel tempo o esposizione continuativa a guerra o violenza) tende a sviluppare forme più gravi e persistenti di PTSD o di altri disturbi correlati allo stress. I traumi cumulativi, inoltre, possono avere un impatto più profondo sul funzionamento psicologico e fisico, specialmente se iniziano in età precoce, e sono spesso associati a una maggiore incidenza di comportamenti a rischio come l’abuso di sostanze, la promiscuità o comportamenti autolesionistici.
Quindi, la prevalenza dei disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti è influenzata da una vasta gamma di fattori, tra cui età, genere, occupazione, area geografica, e differenze socioeconomiche e culturali.
Questi disturbi non colpiscono in modo uniforme, ma si manifestano con maggior frequenza in contesti dove le persone sono maggiormente esposte a traumi e stress, come conflitti armati, disastri naturali o situazioni di precarietà sociale.
La consapevolezza di questi fattori può aiutare nella prevenzione e nel trattamento precoce dei disturbi correlati al trauma.
Aspetti storici dell’inquadramento diagnostico dei Disturbi Correlati a Eventi Traumatici e Stressanti
L’inquadramento diagnostico dei disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti ha una lunga storia, caratterizzata da un’evoluzione graduale nella comprensione e classificazione delle risposte umane al trauma.
Questo processo è stato influenzato da sviluppi in ambito medico, psicologico e sociale, nonché da eventi storici specifici che hanno portato a una maggiore attenzione ai traumi e alle loro conseguenze psicologiche.
Nella fattispecie:
- Prima dell’inquadramento medico-scientifico: traumi e reazioni nei contesti antichi: Prima che la medicina moderna iniziasse a studiare in modo sistematico le conseguenze psicologiche del trauma, le reazioni umane agli eventi traumatici venivano interpretate attraverso il prisma religioso, filosofico o mitologico. Nelle antiche civiltà, come quelle greca e romana, i sintomi del trauma psicologico venivano spesso attribuiti a punizioni divine, possessioni o squilibri umorali. In particolare, i veterani di guerra che mostravano segni di squilibrio emotivo e comportamentale dopo la battaglia erano considerati posseduti o colpiti da malattie misteriose. Sebbene mancasse un inquadramento scientifico, questi racconti indicano che già in tempi antichi venivano riconosciuti i devastanti effetti psicologici degli eventi stressanti o traumatici.
- Il XIX secolo e l’emergere dei concetti di “nevrastenia” e “shock da battaglia”: L’Ottocento segna un punto di svolta importante nella storia dell’inquadramento diagnostico del trauma psicologico. Con la Rivoluzione Industriale e il progresso tecnologico, l’aumento degli incidenti sui luoghi di lavoro e dei traumi fisici e psicologici associati a questi eventi ha portato all’osservazione di sintomi di stress e trauma in numerose persone. A metà del XIX secolo, il neurologo americano George Beard coniò il termine “nevrastenia”, descrivendo una condizione caratterizzata da affaticamento mentale e fisico cronico che colpiva prevalentemente gli uomini d’affari e i lavoratori sottoposti a elevato stress. Sebbene la nevrastenia non fosse strettamente legata a eventi traumatici specifici, rifletteva una prima consapevolezza della vulnerabilità psicologica agli stress esterni. Parallelamente, la guerra civile americana (1861-1865) e, successivamente, la guerra franco-prussiana (1870-1871) portarono all’identificazione di quello che veniva chiamato “shock da battaglia”, una condizione psicologica osservata nei soldati che manifestavano sintomi di ansia, panico, confusione e tremori dopo l’esposizione a combattimenti intensi. Sebbene non esistesse ancora una diagnosi formale, lo “shock da battaglia” segnò il primo tentativo di associare sintomi psichiatrici specifici all’esposizione a esperienze traumatiche in contesti di guerra.
- La Prima Guerra Mondiale e il concetto di “shell shock”: Durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), il concetto di “shock da battaglia” evolse ulteriormente e fu riconosciuto ufficialmente come “shell shock”, un termine coniato per descrivere i disturbi psicologici sofferti dai soldati dopo essere stati esposti a bombardamenti prolungati. Inizialmente, si riteneva che questa condizione fosse causata da danni fisici al cervello provocati dalle onde d’urto delle esplosioni. Tuttavia, ben presto si comprese che anche soldati non direttamente colpiti dalle esplosioni potevano sviluppare sintomi simili, come tremori, incubi, flashback, paralisi temporanee e crisi nervose. Questo portò all’idea che il trauma psicologico, e non solo quello fisico, potesse causare gravi disturbi psichiatrici. Lo “shell shock” divenne quindi uno dei primi riconoscimenti formali del legame tra esperienze traumatiche e sintomi mentali persistenti, benché ancora mancasse una comprensione scientifica adeguata e sistematica.
- Freud e lo studio del trauma psichico nella psicoanalisi: Nella stessa epoca, i primi lavori di Sigmund Freud contribuirono notevolmente alla comprensione dei disturbi legati al trauma. Freud, assieme a Josef Breuer, studiò pazienti affetti da isteria e da sintomi che associava a traumi psicologici repressi. Nella sua teoria della psicoanalisi, Freud introdusse il concetto di “trauma psichico”, sottolineando come esperienze dolorose o traumatiche rimosse dal conscio potessero provocare disturbi psicopatologici. Sebbene il focus della psicoanalisi fosse in gran parte sui conflitti interiori e sulle esperienze dell’infanzia, questo approccio aprì la strada alla futura comprensione dei traumi non solo come eventi acuti, ma anche come esperienze che potevano ripresentarsi attraverso meccanismi di difesa psicologici, come la repressione o la dissociazione.
- La Seconda Guerra Mondiale e il concetto di “neurosi di guerra”: Durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), i disturbi legati all’esposizione a eventi traumatici nei soldati continuarono a essere oggetto di studio. In questo contesto, venne introdotto il termine “neurosi di guerra” per descrivere la vasta gamma di sintomi emotivi e comportamentali che affliggevano i militari. Gli psichiatri militari notarono che molti soldati, nonostante non fossero stati feriti fisicamente, manifestavano sintomi debilitanti come ansia acuta, depressione, insonnia, incubi, senso di colpa, e incapacità di funzionare normalmente. Questi studi sottolinearono l’importanza del trauma psicologico cumulativo e della resilienza individuale, suggerendo che lo sviluppo di disturbi psicologici non dipendeva solo dall’intensità del trauma, ma anche dalla durata dell’esposizione e dalle capacità di coping dei singoli.
- Il DSM-III e l’introduzione del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD): Un momento cruciale nella storia dell’inquadramento diagnostico dei disturbi legati al trauma avvenne con la pubblicazione del DSM-III (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) nel 1980, quando venne introdotta per la prima volta la diagnosi di Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD). Questa nuova categoria diagnostica era il risultato delle pressioni esercitate dai veterani della guerra del Vietnam e dai professionisti della salute mentale per riconoscere ufficialmente le conseguenze psicologiche del trauma bellico. Il PTSD venne definito come un disturbo caratterizzato da sintomi persistenti, tra cui il rivivere il trauma attraverso flashback e incubi, evitamento delle situazioni che ricordano l’evento traumatico, e uno stato costante di iperarousal, in seguito all’esposizione a un evento traumatico particolarmente grave. Questa fu la prima volta che la comunità medica riconobbe formalmente che gli esseri umani potevano sviluppare una risposta psicologica duratura in seguito a traumi estremi, e che tale risposta non riguardava solo i soldati, ma poteva colpire chiunque fosse stato esposto a eventi traumatici, come disastri naturali, incidenti, violenze o abusi. Questo riconoscimento fu una pietra miliare nella storia della psichiatria e portò a una maggiore sensibilità verso le persone affette da traumi psicologici, nonché all’avvio di numerose ricerche e studi sul trattamento del PTSD.
- Evoluzione del concetto nel DSM-5 e nascita della categoria “Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti”: Con la pubblicazione del DSM-5 nel 2013, i disturbi legati al trauma vennero separati dalla categoria dei disturbi d’ansia e collocati in una nuova sezione intitolata Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti. Questo passaggio rifletteva un cambiamento significativo nella comprensione del trauma: anziché essere considerati disturbi d’ansia, i disturbi legati al trauma venivano riconosciuti come una categoria a sé stante, in cui l’esposizione a un evento traumatico o stressante era il fattore causale primario. La nuova categoria diagnostica includeva il PTSD, il Disturbo da Stress Acuto, i Disturbi dell’Adattamento, il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento e il Disturbo da Impegno Sociale Disinibito, riconoscendo così l’ampia gamma di manifestazioni cliniche associate al trauma. Questa revisione diagnostica non solo ampliava la comprensione del trauma, ma rifletteva anche il crescente interesse verso le diverse risposte individuali agli eventi traumatici. Essa segnò una nuova fase nella diagnosi e nel trattamento di questi disturbi, mettendo in evidenza la necessità di un approccio più specifico e individualizzato alla cura.
In sintesi, la storia dell’inquadramento diagnostico dei disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti mostra come la comprensione del trauma e delle sue conseguenze psicologiche sia cambiata nel tempo.
Da un iniziale approccio rudimentale e legato a credenze religiose o superstiziose, si è passati a un modello scientifico basato su osservazioni cliniche, eventi storici chiave e il progresso delle conoscenze psichiatriche, fino all’attuale riconoscimento di una categoria diagnostica autonoma.