Le persone ansiose spesso mentono.
Non lo fanno per cattiveria, né con intento manipolatorio, ma perché la menzogna diventa, in molti momenti, una necessità silenziosa, un gesto di autodifesa.
Mentire è umano. Qualche bugia bianca per evitare rogne l’hanno detta tutti. Fa parte del modo in cui, a volte, cerchiamo di mantenere l’equilibrio nelle relazioni o di evitare attriti inutili.
Altre persone, invece, mentono in modo sistematico, quasi patologico, facendo dell’inganno una seconda pelle, un’abitudine che precede persino la riflessione. Ma per chi soffre d’ansia, la bugia non ha quasi mai un carattere offensivo o strategico.
È piuttosto un salvagente, qualcosa a cui aggrapparsi quando la realtà fa troppa paura, quando la verità pesa troppo, quando l’onestà rischia di generare una valanga di conseguenze ingestibili.
Mentire, per una persona ansiosa, significa ritagliarsi un piccolo spazio di tregua dentro un mondo percepito come costantemente minaccioso.
Significa guadagnare tempo, evitare un confronto che si teme devastante, costruire un’illusione momentanea in cui ci si può sentire un po’ meno vulnerabili.
È una bugia che nasce da un bisogno profondo: quello di abbassare il volume del disagio, di arginare l’angoscia, di rendere la comunicazione meno tagliente. Non si mente per dominare, ma per respirare. Non per approfittare, ma per non crollare.
Così, la menzogna diventa un meccanismo di regolazione emotiva, una via d’uscita dalla rigidità dell’ansia, un modo per ricavare margine quando tutto sembra troppo stretto, troppo esposto, troppo giudicante. E anche se non giustifica, questa consapevolezza aiuta a comprendere.
Perché dietro ogni bugia di un ansioso c’è spesso una battaglia interiore invisibile, una ricerca disperata di sollievo, una forma di sopravvivenza.
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Perché le persone ansiose dicono le bugie?
Come già accennato, le persone ansiose, immerse in una costante tensione interiore e in una continua attività di anticipazione e controllo dell’ambiente circostante, possono sviluppare nel tempo modalità comunicative e comportamentali distorte, tra cui la menzogna, come forma di difesa psicologica, adattamento sociale o tentativo di regolare il proprio mondo interno.
Le principali circostanze in cui una persona ansiosa può ricorrere alla menzogna sono:
- Evitamento del conflitto: le persone ansiose tendono a percepire il conflitto come una minaccia sproporzionata alla propria stabilità emotiva. Una semplice divergenza d’opinione può essere vissuta come una battaglia che rischia di compromettere relazioni importanti o esporre a giudizi distruttivi. In questo contesto, mentire diventa una scelta automatica: si dice ciò che si presume l’altro voglia sentirsi dire, si finge accordo anche dove c’è dissenso, si evita di manifestare disappunto o di riportare fatti spiacevoli. La menzogna in questi casi non è volta a manipolare, ma a disinnescare un’esplosione temuta, reale o immaginaria. La tensione interna che accompagna ogni forma di confronto viene attenuata da un’apparente armonia ottenuta con l’alterazione della verità.
- Paura del giudizio: per chi è dominato da un’ansia sociale o ansia generalizzata, l’opinione altrui diventa una lente costante attraverso cui leggere se stessi. Questo può portare a mentire su aspetti della propria vita per apparire più adeguati, interessanti, competenti o semplicemente “normali”. Si inventano esperienze di successo, si omettono fallimenti, si abbelliscono dettagli biografici. La menzogna non nasce da narcisismo, ma da insicurezza: il giudizio dell’altro viene vissuto come una potenziale minaccia identitaria, e la falsificazione della verità serve a mantenere un’immagine che dia sicurezza e appartenenza. La persona ansiosa mente, dunque, non per imporsi, ma per proteggersi.
- Autopreservazione dell’immagine di sé: l’ansia può portare a uno stato di costante ipervigilanza sull’identità personale. In un mondo vissuto come ostile o altamente competitivo, mentire diventa un modo per salvaguardare un’immagine che appare fragile. Si mente per non mostrare debolezze, per non rivelare difficoltà emotive, per non apparire vulnerabili. Persone ansiose possono dire di stare bene quando non lo sono, di avere tutto sotto controllo quando sono in crisi, di avere progetti e piani chiari quando regna la confusione. Il bisogno di mostrarsi forti o almeno non fragili è tanto più intenso quanto più grande è il timore che la fragilità venga punita, disprezzata o allontanata.
- Ansia anticipatoria e catastrofismo: un tratto tipico dell’ansia è la tendenza a immaginare scenari futuri negativi, spesso esagerati rispetto alla probabilità reale. Questo può spingere alla menzogna preventiva: per evitare una conseguenza temuta, anche se improbabile, si falsifica la realtà prima che si manifesti. Per esempio, si può dire di avere già compiuto un’azione per evitare rimproveri, o si può negare un problema per timore di reazioni esagerate. L’ansioso, anticipando il peggio, cerca di neutralizzarlo in anticipo tramite la costruzione di una narrazione più “gestibile” della realtà. In questa logica, la menzogna è un’azione di controllo sul futuro, una difesa contro l’incertezza.
- Evitamento dell’imbarazzo o del senso di colpa: molte persone ansiose provano una forte sensibilità al disagio sociale e alla possibilità di “fare brutta figura”. Anche piccoli errori o scelte discutibili possono suscitare una tempesta interiore di autocritica e vergogna. Per evitare questo dolore psicologico, si può mentire sulle proprie azioni o omissioni. Si mente per non ammettere un errore, per giustificare un ritardo, per spiegare una dimenticanza. Non si mente per sfuggire alle proprie responsabilità, ma per evitare la disgregazione emotiva che può derivare da un confronto diretto con la propria fallibilità. La menzogna funziona così come un anestetico contro l’autocondanna.
- Percezione distorta dell’aspettativa altrui: l’ansioso, ipersensibile ai segnali sociali, può spesso interpretare in modo eccessivo o errato ciò che gli altri si aspettano da lui. Questo può generare una pressione interiore che lo spinge a mentire pur di non deludere, anche quando nessuno ha realmente posto richieste irragionevoli. L’ansia crea un filtro che ingigantisce il rischio di delusione, e in questo contesto la menzogna appare come un modo per conformarsi a standard percepiti come imprescindibili. Non si mente per piacere o per compiacere in modo strategico, ma per non sentire il dolore di “non essere all’altezza”.
- Bisogno di evitare domande eccessive o intrusive: l’ansioso può vivere con fastidio o allarme le domande che entrano troppo nella sfera personale, anche se poste con buone intenzioni. Può quindi mentire per chiudere una conversazione, per evitare di dover spiegare vissuti complessi o emozioni disorganizzate. Le risposte diventano vaghe, modificate, rassicuranti anche quando non rispecchiano la realtà. Questo tipo di menzogna non serve a costruire una realtà parallela, ma a delimitare uno spazio privato che l’ansioso sente in pericolo. È una forma di auto-protezione dall’invasività del mondo.
- Strategia di sopravvivenza in ambienti percepiti come minacciosi: se l’ambiente sociale, familiare o lavorativo è percepito come ostile, competitivo o punitivo, la persona ansiosa può sviluppare un atteggiamento difensivo cronico che include anche la menzogna come strumento abituale. Si mente per non essere messi in discussione, per non esporsi, per non finire sotto osservazione. Anche quando l’ambiente oggettivamente non rappresenta una minaccia, la percezione soggettiva dell’ansioso lo trasforma in tale. La verità viene così modulata, alterata o silenziata a seconda di quanto sia compatibile con la sopravvivenza emotiva dell’individuo.
- Difficoltà nella gestione dell’imprevisto: l’imprevisto è, per l’ansioso, una fonte enorme di stress. Quando qualcosa va diversamente da quanto previsto o promesso, la persona ansiosa può sentire il bisogno urgente di ricostruire i fatti in modo da non apparire impreparata, incoerente o irresponsabile. La menzogna serve a restaurare una narrazione ordinata degli eventi, a ricollocare il sé in una posizione di controllo apparente. Anche piccole modifiche al piano originale possono diventare fonti di bugie correttive che cercano di mantenere l’equilibrio fragile del sistema interno.
- Tendenza a creare una realtà meno angosciante: in alcuni casi, la menzogna può diventare una vera e propria ristrutturazione della realtà, non solo nei confronti degli altri ma anche verso se stessi. L’ansioso, pur di non affrontare l’angoscia che deriverebbe dal riconoscere alcuni fatti, può costruirsi una versione dei fatti più sopportabile. Questo processo può essere così profondo da diventare semi-inconscio, una sorta di autoinganno narrativo che si consolida nel tempo. Si tratta di un meccanismo di difesa arcaico, che protegge l’identità dall’annichilimento emotivo.
Se ti sei riconosciuto in queste parole, sappiamo che non è facile ammetterlo. Rendersi conto di usare la menzogna come scudo, di ricorrere a piccoli inganni non per ferire ma per difendersi, richiede un atto di onestà interiore profondo e spesso doloroso.
Non è semplice guardarsi allo specchio e riconoscere che, a volte, sei proprio tu a creare quella rete di situazioni da cui poi non riesci più a uscire.
Come una ragnatela che costruisci per sentirti al sicuro, ma che finisce per imprigionarti. Se anche tu vivi spesso questo senso di blocco, di trappola, di disagio costante che ti spinge a nasconderti dietro mezze verità per cercare un po’ di tregua, sappi che non sei solo.
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