Ti è mai capitato di sentire il cuore accelerare prima di una riunione, o di non riuscire a “staccare” anche dopo l’orario?
L’ansia al lavoro può presentarsi in tanti modi: pensieri che corrono, fiato corto, difficoltà a concentrarsi o a dormire la sera. La buona notizia è che si può intervenire con gesti semplici e ripetibili, senza rivoluzionare l’agenda: pochi minuti per calmare il corpo, riportare l’attenzione al presente e rimettere confini chiari tra tempi di lavoro e tempi di recupero.
In questa guida troverai 9 micro-strategie pronte all’uso per prima, durante e dopo la giornata in ufficio o in smart working.
Ansia al lavoro: 3 micro-strategie di respirazione e corpo
Per iniziare, lavoriamo su ciò che in pochi minuti regola attivazione e tensione. Applica i passi nell’ordine proposto, poi personalizzali in base alle tue esigenze.
- Respirazione lenta per uno o due minuti: Secondo la meta-analisi “How breath-control can change your life: A systematic review” (Zaccaro A. et al., 2018), pratiche di respirazione lenta potrebbero ridurre l’ansia a breve termine. Siediti in modo stabile, inspira dal naso ed espira leggermente più a lungo dalla bocca. Evita respiri troppo profondi o rapidi: il ritmo regolare favorisce il ritorno a uno stato di calma.
- Biofeedback della variabilità cardiaca al bisogno per tre o cinque minuti: Se utilizzi un’applicazione o un dispositivo che offre indicazioni sul ritmo respiratorio, usa il segnale visivo per trovare la cadenza più rilassante. La pratica non sostituisce un percorso clinico, ma può aiutare a modulare l’attivazione prima di una chiamata o dopo un messaggio stressante. È plausibile che l’allenamento costante renda più pronta la risposta calma.
- Rilassamento muscolare progressivo in formato “mini” per due o tre minuti: Contrai i muscoli per cinque o sette secondi e poi rilascia in sequenza spalle, mandibola, mani e polpacci. L’obiettivo è interrompere il circuito ansia-tensione, creando una finestra di maggiore agio corporeo in cui scegliere il passo successivo con più lucidità.
Queste tre mosse “staccano” il corpo dalla spirale dell’attivazione e preparano la mente al lavoro che segue.

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Ansia al lavoro: micro-pause e movimento
Dopo aver abbassato l’attivazione fisiologica, occorre ossigenare e scaricare. Brevi pause e un minimo di attività aiutano a ripartire con più energia e attenzione.
- Micro-pause ogni circa sessanta o novanta minuti per tre o cinque minuti reali: Secondo la meta-analisi “Give me a break! A systematic review and meta-analysis on the efficacy of micro-breaks” (Wendsche J., Lohmann-Haislah A., 2017), pause brevi non lavorative possono ridurre la fatica e sostenere il vigore; l’effetto sulle prestazioni è variabile, ma tende ad aumentare con pause leggermente più lunghe. Alzati, sgranchisci le spalle, bevi un bicchiere d’acqua, allontana lo sguardo dallo schermo.
- Camminata di dieci minuti, meglio se all’aperto: Anche un singolo breve momento di attività aerobica può sostenere l’umore di stato e favorire il ritorno a un’attenzione più stabile. Se possibile, scegli luce naturale o una zona di verde: molti riferiscono che ciò renda più facile “scaricare” la tensione accumulata. L’obiettivo non è la performance fisica, ma rinfrescare mente e corpo.
Alternare micro-pause e una passeggiata breve aiuta a riportare a terra l’attivazione e a riprendere il lavoro con maggiore lucidità.

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Ansia al lavoro: focus mentale in due mosse
Ora interveniamo su attenzione ed emozioni. Due strumenti complementari, rapidi, utilizzabili alla scrivania.
- Mindfulness in tre minuti (respiro, corpo, suoni): Secondo la meta-analisi “Mindfulness-based programs in the workplace” (Vonderlin R. et al., 2020), programmi di mindfulness implementati in contesti lavorativi possono ridurre l’ansia e migliorare indicatori di benessere. Alla scrivania: per circa trenta secondi porta l’attenzione al respiro naturale (narici o addome), senza forzarlo; per sessanta secondi esplora sensazioni corporee neutre (contatto dei piedi, peso sul sedile, appoggio della schiena); per altri sessanta secondi ascolta i suoni vicini e lontani senza seguirli. Chiudi con un’espirazione un po’ più lunga e rientra nel compito.
- Rivalutazione cognitiva in due minuti: etichetta e riformula: Dai un nome a ciò che provi (“ansia”, “tensione”) e poi cambia cornice al segnale corporeo (“il battito accelerato è attivazione che mi prepara a parlare”). La pratica potrebbe ridurre l’intensità dell’emozione e renderla più gestibile. Per consolidarla, crea un piano “se-allora” da usare nei momenti critici: “Se sento salire l’ansia prima della riunione, allora faccio sei respiri lenti e riformulo l’obiettivo in una frase essenziale.” In questo modo, passi da una reazione automatica a una scelta intenzionale.
Con tre minuti di mindfulness e due minuti di rivalutazione puoi riprendere il controllo dell’attenzione con un impegno minimo.

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Ansia al lavoro: confini e ambiente
Quando l’ansia resta “accesa”, non dipende solo dai pensieri: contano anche il modo in cui chiudi la giornata e il carico sensoriale che ti circonda.
Due leve semplici, da ripetere ogni giorno:
- Micro-rituale di distacco psicologico in due minuti: A fine blocco di lavoro o a fine giornata, scrivi tre punti: ciò che hai fatto oggi, ciò che è in corso, il primo prossimo passo. Chiudi il computer, fai tre respiri lenti, cambia contesto (alza lo sguardo, bevi acqua, spostati in un’altra stanza). L’obiettivo è creare un confine netto tra tempo di lavoro e tempo di recupero, limitando i loop di ruminazione serale.
- Gestione del rumore: tuning sensoriale mirato. Se l’ambiente è rumoroso, spostati in una zona più quieta o usa cuffie con rumore bianco a volume moderato. Per compiti complessi, proteggi venticinque minuti di concentrazione disattivando le notifiche, poi inserisci una micro-pausa. Ridurre il carico sensoriale può abbassare l’arousal e rendere più stabile l’attenzione. In contesti open space, concorda “finestre” di silenzio condivise con il team.
Confini chiari e meno rumore aiutano a spegnere l’allarme interno e a recuperare energie.

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Ansia al lavoro: mini-protocollo quotidiano e come capire se funziona
Per trasformare le nove strategie in abitudine, serve un ritmo semplice. Di seguito un possibile mini-protocollo da provare per una o due settimane, poi adattare.
- Prima di iniziare a lavorare (tre-quattro minuti): Uno o due minuti di respirazione lenta. Trenta secondi per definire l’obiettivo prioritario della mattina in una frase. Trenta secondi per predisporre l’ambiente: acqua a portata di mano, telefono in modalità silenziosa, documenti necessari già aperti.
- Durante la giornata (due cicli): Ogni sessanta o novanta minuti, una micro-pausa di tre o cinque minuti: alzati, bevi, sgranchisci le spalle. Una volta nella prima parte della giornata inserisci una camminata di dieci minuti; una volta nella seconda parte, pratica mindfulness di tre minuti seguita da due minuti di rivalutazione, se necessario.
- A chiusura (tre minuti): Micro-rituale di distacco. Tre punti scritti, tre respiri lenti, cambio di contesto. Se l’ambiente resta attivante, prepara in anticipo gli strumenti di riduzione del rumore per il giorno successivo.
Come valutare se funziona: due indicatori semplici.
- Su una scala da zero a dieci, quanto è intensa l’ansia nelle due ore successive a ciascuna pratica?
- Quante interruzioni non necessarie compaiono durante i venticinque minuti protetti?
Se dopo una o due settimane i valori scendono anche di un punto e le interruzioni diminuiscono, è un segnale che il protocollo sta aiutando. In caso contrario, riduci il numero di tecniche e concentra l’attenzione su quelle che percepisci più efficaci, mantenendo coerenza per almeno una settimana.
Piccoli passi, ripetuti con regolarità, costruiscono un margine di calma su cui si innesta il resto.

Quando l’ansia al lavoro diventa troppo, chiedere aiuto è il primo passo
Avere ansia al lavoro è normale: un certo livello di tensione può persino aiutare a restare concentrati.
Tuttavia, quando l’agitazione diventa costante (se il sonno ne risente, la mente fatica a “staccare” o ogni giornata sembra una prova di resistenza) allora non è più solo fatica, ma un carico che può diventare debilitante. In questi casi, chiedere supporto psicologico non è un segno di debolezza ma di lucidità.
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Ogni percorso è costruito insieme a te, a partire dai tuoi obiettivi, dal contesto in cui vivi e da ciò che stai affrontando.
Questo è contenuto divulgativo e non sostituisce le diagnosi di un professionista. Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo.
Fonti:
- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30245619/p
- https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC9432722/
- https://link.springer.com/article/10.1007/s12671-020-01328-3



