Whatsapp e i DM ci rendono meno empatici?

Tempo di lettura: 5 minuti

DM ed empatia

Il continuo uso di WhatsApp, Instagram e delle app di messaggistica ha rivoluzionato il modo in cui ci connettiamo. La domanda è legittima: questa comunicazione “a schermo” ci rende meno empatici, oppure cambia semplicemente il modo in cui esprimiamo e leggiamo le emozioni? 

In questo articolo, esploreremo come i social media e le app di messaggistica influenzano le nostre capacità empatiche, analizzando gli effetti psicologici e sociali di questo fenomeno.

La comunicazione digitale: un mondo di dm senza empatia ed emozioni visibili?

Dal vivo leggiamo micro-segnali continui: tono di voce, sguardi, pause, postura. In chat, buona parte di questi indizi scompare o viene “tradotta” in emoji, sticker, GIF, vocali. Risultato: è più facile fraintendere intenzioni e sfumature emotive, specie quando i messaggi sono brevi o inviati di fretta, rischiando stress, incomprensioni e burnout.

Detto questo, la comunicazione digitale offre anche compensazioni:

  • scrivere a freddo può dare tempo di riflettere prima di rispondere;
  • emoji e vocali aggiungono tono e calore;
  • si può scegliere il canale (testo, audio, video) in base alla sensibilità del contenuto.

Quindi non è “messaggi = meno empatia” ma “meno indizi automatici”: serve intenzionalità per rendere il messaggio più chiaro e relazionale.

Studi come quello condotto nel 2022 “Exploring the Emotional Experience During Instant Messaging Among Young Adults: An Experimental Study Incorporating Physiological Correlates of Arousal” hanno dimostrato che la comunicazione istantanea attraverso messaggi di testo riduce l’intensità emotiva che un individuo sperimenta, rispetto a conversazioni faccia a faccia. La mancanza di un feedback immediato, come un sorriso o un’espressione di disagio, rende difficile riconoscere il vero stato d’animo dell’altro. In altre parole, sebbene un messaggio possa contenere parole che sembrano esprimere emozioni, il nostro cervello non riceve gli stessi stimoli che riceverebbe in una comunicazione faccia a faccia.

Il ruolo di whatsapp e dei social media nel cambiamento delle dinamiche empatiche

L’utilizzo dei social media ha contribuito a rendere sempre più frequente la comunicazione scritta, spesso ridotta a frasi brevi e veloci, e talvolta priva di contesto emotivo. Se da un lato questi strumenti ci permettono di restare in contatto con le persone, dall’altro lato possono anche creare una distanza emotiva tra gli individui, causando trigger agli individui più predisposti, come chi soffre d’ansia o ha un attaccamento ansioso.

Dallo studio del 2019 Social Media Use and Empathy: A Mini Meta-Analysis” di Guan, Hain, Cabrera, Rodarte risulta che l’uso dei social network è debolmente ma positivamente associato sia all’empatia affettiva (sentire ciò che l’altro prova) sia, in misura minore, all’empatia cognitiva (capire il punto di vista altrui). Gli effetti sono piccoli e non causali, ma la sintesi suggerisce che l’uso quotidiano dei social non azzera l’empatia; piuttosto, dipende da come li usiamo e da quali comportamenti online privilegiamo.

In questo contesto, le interazioni diventano più meccaniche e impersonali, il che può portare a una maggiore difficoltà nell’entrare in sintonia con gli altri e a una minore risposta emotiva.

Autoconsapevolezza emotiva e empatia nei dm online: rischi e opportunità

Una delle caratteristiche principali dei social media e delle applicazioni di messaggistica è la velocità con cui avvengono le conversazioni. La risposta immediata, che caratterizza le comunicazioni via WhatsApp o tramite Direct Message su Instagram, impone un ritmo che spesso non lascia spazio alla riflessione emotiva. Questo, da un lato, è un vantaggio per la produttività e l’efficienza, ma dall’altro potrebbe compromettere la nostra capacità di elaborare adeguatamente le emozioni altrui e le nostre stesse emozioni, soprattutto per i più giovani.

L’empatia verso gli altri passa anche dalla consapevolezza di ciò che proviamo. Il ritmo dei DM, veloce, a scatti, pieno di micro-interruzioni, può ostacolare l’auto-lettura delle emozioni: rispondiamo “di pancia”, poi ripensiamo o ci pentiamo. Ma la chat offre anche spazi per mettere per iscritto ciò che sentiamo e per prendere tempo prima di inviare.

Due errori frequenti:

  • Togliere il contesto: rispondere a una frase isolata, ignorando il filo della conversazione.
  • Proiettare: leggere il messaggio con il nostro stato emotivo (stanchi, irritati), non con quello dell’altro.

Due alternative utili:

  • Metacomunicazione: “ti rispondo più tardi così leggo con calma”, “quel messaggio l’ho interpretato così, ho capito bene?”.
  • Scegliere il registro: DM per lo scambio rapido; vocale o video quando il contenuto è emotivamente carico.

Non lasciare che l’ansia prenda il sopravvento

L’effetto di Whatsapp e dei DM sull’autoconsapevolezza emotiva

Un altro aspetto fondamentale riguarda l’autoconsapevolezza emotiva, che è strettamente connessa alla nostra capacità di empatizzare con gli altri. Le applicazioni di messaggistica non solo influenzano la nostra empatia verso gli altri, ma possono anche avere un impatto sul nostro modo di percepire e comprendere le nostre emozioni. Il rapido scambio di messaggi, senza una riflessione adeguata su ciò che stiamo vivendo, può ridurre la capacità di riconoscere e comprendere i nostri stati emotivi.

Inoltre, l’uso costante di queste piattaforme può alimentare un ciclo di dipendenza emotiva dalla comunicazione digitale, soprattutto per le persone ADHD. Quando una persona riceve una risposta immediata a un messaggio, si crea una gratificazione immediata che può inibire il processo di elaborazione profonda delle emozioni. La gratificazione immediata di un “like” o di una risposta rapida a un messaggio può ridurre la nostra capacità di elaborare le emozioni in modo consapevole e riflessivo.

Dm, ansia e benessere: come trovare un equilibrio sostenibile su whatsapp e online

La costante iperconnessione può alimentare stress e ansia da prestazione relazionale (“devo rispondere subito”, “se non scrivo pensa male”). Questo non significa che i DM siano nocivi; suggerisce che conviene gestire il ritmo con poche regole chiare:

  • Finestra oraria: per messaggi “sensibili” (es. non dopo le 22);
  • Slot dedicati: per recuperare chat arretrate senza frammentare la giornata;
  • Check emotivo: prima di rispondere a temi caldi chiedersi: “sono in grado di leggere bene adesso?”.

Se le chat accendono ansia persistente o generano conflitti ricorrenti, può essere utile parlarne e concordare piccole regole condivise con partner, amici, colleghi. Spesso bastano micro-aggiustamenti per migliorare clima e comprensione.

Ci sono situazioni in cui la ricchezza del canale fa la differenza; scuse, decisioni importanti, discussioni emotive. In questi casi, passare a messaggi vocali, video o organizzare un breve incontro riduce rumor e ambiguità, facilita empatia e previene escalation negative. Pensala così: più è delicato il contenuto, più serve un canale ricco.

whatsapp ed empatia
whatsapp ed empatia

Gestire l’empatia nell’era digitale: trovare il giusto equilibrio nei dm

WhatsApp e DM non ci rendono automaticamente meno empatici: spostano una parte del lavoro dall’intuizione spontanea (leggere il non verbale) all’intenzionalità comunicativa (chiarire, chiedere, scegliere il canale). 

Presi insieme, questi fenomeni suggeriscono un quadro sfumato: le piattaforme possono sostenere o ostacolare l’empatia a seconda di come le usiamo o generare ansia e quindi è importante attuare delle strategie per preservare il nostro benessere anche nelle interazioni digitali.

Se il fenomeno del “distacco empatico” legato all’uso dei social media e delle app di messaggistica è un problema che influisce negativamente nella tua quotidianità, il supporto psicologico dei professionisti della salute mentale di Gam Medical può aiutarti a migliorare la tua consapevolezza emotiva e a gestire lo stress in modo efficace.

Questo è contenuto divulgativo e non sostituisce le diagnosi di un professionista. Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo.

Fonti:

  • https://www.scirp.org/journal/paperinformation?paperid=95560&
  • https://www.frontiersin.org/journals/psychology/articles/10.3389/fpsyg.2022.840845/full

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Psichiatra-ADHD-Gincarlo-Giupponi

Supervisione scientifica:
Questo articolo è stato revisionato dal Dott. Giancarlo Giupponi, psichiatra e psicoterapeuta, vicedirettore del Servizio Psichiatrico di Bolzano e presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria. Oltre a garantire l’accuratezza clinica dei contenuti, il Dott. Giupponi supervisiona la selezione dei test e dei questionari disponibili sul sito, verificandone la conformità agli standard scientifici internazionali (DSM-5, OMS, strumenti clinicamente validati).
Scopo del contenuto: divulgativo, non diagnostico.

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