Per molte persone nello spettro autistico, le sorprese non sono sempre piacevoli.
Anzi, spesso vengono vissute come momenti di forte stress, di confusione o addirittura di spavento.
Capire il perché di questa reazione non significa patologizzare il bisogno di prevedibilità, ma comprendere meglio come funziona il cervello autistico.
Quindi se ti stai chiedendo se organizzare una sorpresa di compleanno per il/la tuo/a amico/a autistico/a, prova a leggere fino in fondo questo articolo.
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Perché le sorprese non piacciono alle persone autistiche?
Le sorprese, per loro natura, hanno una serie di caratteristiche che possono renderle poco digeribili o faticose da gestire per molte persone nello spettro autistico.
Non si tratta solo di una questione di gusto personale, ma di come il cervello autistico elabora l’imprevisto, le emozioni e gli stimoli sensoriali.
In particolare, le sorprese:
- rompono la prevedibilità
- sono spesso rumorose o visivamente intense
- coinvolgono un’emozione complessa
- richiedono una risposta immediata
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Rigidità e Bisogno di Prevedibilità nell’autismo: incompatibilità con le soprese
Per comprendere il rapporto tra autismo e sorprese, bisogna partire da un dato di fatto: le persone autistiche tendono a sentirsi più serene quando l’ambiente è prevedibile.
La routine, la ripetizione e l’ordine sono strategie di sicurezza cognitiva.
Prevedere cosa accadrà, in quale sequenza e con quali stimoli, permette di ridurre il carico sensoriale e cognitivo che la vita quotidiana può portare.
Quando arriva una sorpresa, anche positiva, come una festa o un regalo inatteso, succede qualcosa di molto concreto:
il cervello autistico deve improvvisamente:
- rilevare l’incongruenza tra ciò che si aspettava e ciò che è accaduto;
- sospendere il modello mentale precedente;
- costruire un nuovo modello coerente.
Le informazioni cambiano, i piani saltano, le emozioni aumentano. Per chi ha un profilo cognitivo più rigido o una sensibilità sensoriale elevata, questa riorganizzazione può essere difficile. Non è la sorpresa in sé a essere “sbagliata”, ma il modo in cui rompe la prevedibilità.
Le sorprese, per definizione, non lasciano tempo per prepararsi.
Interrompono un’attività, modificano i piani e introducono elementi nuovi da elaborare sul momento.
Per una persona neurotipica questo processo è quasi automatico.
Per una persona autistica, invece, può essere cognitivamente faticoso e fisiologicamente stressante.
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Le sorprese e il carico sensoriale: come (non) organizzare una sorpresa a una persona autistica
Un altro aspetto spesso sottovalutato è la dimensione sensoriale delle sorprese.
Rumori improvvisi, luci, voci, movimenti: tutti elementi che possono generare iperattivazione sensoriale.
Le persone autistiche possono avere un sistema nervoso particolarmente reattivo agli stimoli forti o improvvisi. Questo significa che l’imprevisto viene vissuto anche a livello corporeo come una minaccia. Il battito accelera, la tensione muscolare aumenta, i sensi si amplificano.
Pensiamo, per esempio, a una festa di compleanno a sorpresa: luci spente che si accendono all’improvviso, persone che saltano fuori gridando “sorpresa!”, applausi, voci, musica, magari una stanza piena di movimento e confusione. Tutti questi stimoli, seppur festosi, possono generare un carico sensoriale enorme per una persona autistica.
In quei momenti, la risposta può variare:
- per alcuni può manifestarsi come una reazione di spavento o di allarme, con bisogno di fuggire o coprirsi le orecchie;
- per altri può esserci una reazione più silenziosa, fatta di chiusura, immobilità o necessità immediata di isolamento per autoregolarsi.
Per questo, in molti casi, la sorpresa non è neutra: il corpo reagisce come se dovesse difendersi. E quando il corpo si allarma, anche l’emozione che accompagna la sorpresa diventa più simile alla paura che alla curiosità.
Quindi, se si decide di organizzare una sorpresa per una persona autistica, è quindi fondamentale tenere conto anche di questo aspetto sensoriale: evitare rumori forti, luci improvvise, contatti fisici non attesi e ambienti troppo caotici.
La sorpresa può essere pensata in modo più delicato, rispettando i tempi e la sensibilità della persona, ad esempio anticipando in modo parziale l’evento, riducendo gli stimoli o rendendo chiaro che si tratta di un momento positivo e sicuro.
Solo così la sorpresa può essere vissuta come un gesto affettuoso, e non come un’esperienza di sopraffazione.
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La sorpresa come emozione: una delle più complesse da interpretare
Dal punto di vista psicologico, la sorpresa è una delle emozioni più difficili da decifrare e da gestire. Questo in realtà per chiunque, non solo per le persone nello spettro dell’autismo.
A differenza di emozioni più “pure” come la gioia o la tristezza, la sorpresa è brevissima e ambivalente: può essere piacevole o spiacevole, positiva o negativa.
A differenza della felicità o della tristezza, che sono emozioni “monodimensionali”, la sorpresa può contenere elementi contrastanti.
La sorpresa nasce quando accade qualcosa che viola un’aspettativa: qualcosa che “non doveva” succedere o che non era stato previsto.
Questo richiede un livello di intelligenza emotiva molto alto, perché per provare sorpresa bisogna avere una rappresentazione mentale dell’attesa e riconoscere che essa è stata infranta.
Per le persone autistiche, che possono avere un’elaborazione diversa delle credenze e delle aspettative, questa componente cognitiva rende la sorpresa un’emozione complessa.
Uno studio esempio che evidenzia proprio la difficoltà nella comprensione della sorpresa nell’autismo è quello di Simon Baron-Cohen, Amy Spitz e Penny Cross (1993).
L’articolo, intitolato Do children with autism recognise surprise? A research note, mostrava che i bambini con autismo riconoscono la felicità e la tristezza con buona accuratezza, ma faticano molto di più a identificare la sorpresa.
Questo sembra essere dovuto al fatto che la sorpresa non è mai “pura”: spesso si mescola con altre emozioni, come la paura o la gioia.
Questo fenomeno si chiama blending o fusione emotiva e rende la sorpresa particolarmente complessa da interpretare.
Lo studio di Baron-Cohen et al. (1993) mette in evidenza un punto chiave:
- “Sorpreso di trovare un ladro in casa” → sorpresa + paura
- “Sorpreso da un regalo inaspettato” → sorpresa + gioia
Per comprendere queste sfumature, è necessario interpretare il contesto, le intenzioni e lo stato mentale dell’altro.
Tutti aspetti che richiedono teoria della mente, cioè la capacità di capire che gli altri hanno pensieri, credenze e aspettative diverse dalle proprie.
Per una persona autistica, che può elaborare in modo diverso la teoria della mente o le emozioni sociali, questa distinzione può risultare sfocata.
La “sorpresa” rischia quindi di essere percepita come un’unica categoria emotiva — spesso con una tonalità di allarme o disagio.
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