Stereotipi di Genere nel Riconoscimento dell’Autismo Femminile

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Stereotipi di Genere nel Riconoscimento dell'Autismo Femminile

La diagnosi di autismo nelle donne spesso è influenzata da una serie di stereotipi di genere che ne impediscono un ostacolano il riconoscimento.

L’autismo non è una condizione che riguarda solo i maschi, eppure per lungo tempo è stato raccontato, studiato e diagnosticato come se lo fosse.

Questa visione parziale è il risultato di un insieme di stereotipi di genere che hanno intaccato diversi ambiti della vita sociale e clinica, e che influenzano tuttora il modo in cui l’autismo viene riconosciuto.

Le differenze di genere, infatti, non si limitano a plasmare le aspettative sui comportamenti quotidiani, ma arrivano a determinare come certe caratteristiche vengono interpretate dagli adulti, dagli insegnanti, dai professionisti della salute e perfino dalle persone stesse che le vivono.

L’immagine di riferimento costruita negli anni è stata quella di un bambino maschio con tratti molto evidenti, ed è da lì che sono nati i criteri diagnostici, gli strumenti di valutazione e persino l’immaginario collettivo sull’autismo.

Questo significa che molte bambine, crescendo, non sono state riconosciute come autistiche, perché i loro segnali non corrispondevano a quelli codificati nei manuali o negli studi clinici, quasi sempre basati su campioni maschili.

Gli stessi comportamenti che in un bambino attirano attenzione e portano a una valutazione, in una bambina rischiano di essere spiegati in altro modo, o addirittura di essere considerati tratti normali della femminilità.

Con il passare degli anni, questa discrepanza si amplifica: per una donna che non ha avuto una diagnosi in età infantile diventa molto più difficile essere riconosciuta come autistica in età adulta, perché gli stereotipi sedimentati nel tempo pesano sia sullo sguardo dei clinici sia sulla percezione che lei stessa ha di sé.

Il risultato è che il percorso diagnostico delle donne autistiche tende a essere più frammentato, più tardivo e più complesso.

Non si tratta solo di differenze individuali nella presentazione clinica, ma del fatto che gli stereotipi di genere agiscono come un velo che nasconde alcuni segnali e ne enfatizza altri, distorcendo il quadro complessivo.

Per questo è importante sottolineare come gli stessi criteri che hanno funzionato nei bambini maschi non possano essere semplicemente applicati alle bambine e alle donne senza un lavoro critico.

Riconoscere che il genere influisce sulla possibilità di essere diagnosticati non significa negare le basi biologiche dell’autismo, ma accettare che le categorie con cui leggiamo i comportamenti sono profondamente intrecciate con aspettative culturali e sociali.

5 stereotipi di genere che ostacolano il riconoscimento dell’autismo nelle donne

5 tra gli stereotipi più comuni che ostacolano il riconoscimento dell’autismo nelle bambine e nelle donne, sono:

  1. “È solo timida o insicura, come molte ragazze”: quando una bambina non prende la parola, resta ai margini del gruppo o evita le situazioni rumorose, il comportamento viene spiegato con categorie culturali che associano il femminile alla riservatezza. La timidezza è considerata un tratto quasi naturale delle ragazze, e quindi non appare come un segnale da indagare. In questo modo, segnali di ritiro sociale che in un bambino verrebbero considerati potenzialmente atipici diventano in una bambina soltanto “un carattere tranquillo”. Lo stereotipo normalizza un sintomo e blocca il sospetto diagnostico.
  2. “È perfezionista e ordinata, tipico delle ragazze”: se una bambina o una donna struttura la sua vita con liste, regole precise e routine ferree, la lettura comune è che sia molto diligente o addirittura che incarni un ideale di femminilità fatto di cura, precisione e disciplina. La rigidità cognitiva, l’intolleranza ai cambiamenti e il bisogno di prevedibilità, tratti profondamente autistici, vengono interpretati come virtù femminili. L’ordine diventa un pregio e non un campanello d’allarme, ostacolando così la possibilità che qualcuno pensi a un funzionamento neurodivergente.
  3. “È molto sensibile e delicata, com’è normale per le donne”: l’ipersensorialità tipica di molte persone autistiche, come fastidio per luci, suoni o tessuti, viene trasformata in delicatezza femminile. Se una bambina rifiuta certi vestiti, non tollera rumori o odori intensi, si dice che sia raffinata, fragile o troppo sensibile. In realtà, si tratta di reazioni legate a un diverso funzionamento neurologico. Lo stereotipo, però, mette un’etichetta culturalmente accettata — la sensibilità femminile — e cancella la possibilità di vedere in quelle difficoltà un indizio di autismo.
  4. “È appassionata di tante cose: le donne hanno sempre tanti hobby”: gli interessi intensi e ristretti, molto tipici dell’autismo, nelle ragazze assumono spesso forme socialmente accettabili. Un amore totalizzante per gli animali, una dedizione enciclopedica alla letteratura, una conoscenza minuziosa di moda o estetica non vengono visti come fissazioni, ma come passioni femminili. Lo stereotipo valuta il contenuto dell’interesse e non la sua intensità o funzione, impedendo così di riconoscere come anche questo sia un tratto dello spettro autistico.
  5. “Le crisi emotive femminili sono solo esagerazioni”: quando una ragazza ha un meltdown o un shutdown, viene facilmente liquidata come troppo drammatica, isterica o soggetta agli ormoni. L’idea che le donne siano naturalmente più emotive fa sì che le crisi autistiche vengano banalizzate, attribuite al ciclo mestruale, alla crescita adolescenziale o al carattere. Lo stereotipo riduce l’episodio a un fatto fisiologico o emotivo, rendendo invisibile la natura autistica della reazione.

Se da un lato è vero che gli stereotipi di genere hanno storicamente ostacolato il riconoscimento dell’autismo nelle donne, oggi è altrettanto importante sottolineare come esistano realtà cliniche che lavorano proprio per superare queste distorsioni.

Presso GAM Medical, i professionisti della salute mentale specializzati in autismo adulto sono formati per guardare oltre le immagini parziali e le etichette stereotipiche che per troppo tempo hanno reso invisibili molte donne nello spettro autistico.

L’approccio adottato non si limita a replicare schemi diagnostici costruiti prevalentemente sul profilo maschile, ma considera con attenzione le diverse modalità di espressione dell’autismo nelle persone adulte, sia uomini che donne.

Questo significa prestare cura non solo ai criteri clinici tradizionali, ma anche ai contesti, ai racconti personali, alle strategie di adattamento e di mascheramento che possono rendere meno immediata l’individuazione della condizione.

L’obiettivo è restituire una valutazione accurata, rispettosa e priva di pregiudizi di genere, affinché ogni persona possa trovare finalmente una spiegazione coerente alla propria esperienza e accedere agli strumenti utili per vivere con maggiore consapevolezza e serenità.

Se sei una donna e ti sei sentita dire per anni che eri “solo timida”, “troppo sensibile” o “semplicemente perfezionista”, sappi che non sei sola: molte donne autistiche hanno vissuto le stesse esperienze, vedendo i propri tratti spiegati attraverso stereotipi di genere invece che riconosciuti come parte dello spettro autistico.

Oggi, però, hai la possibilità di fare chiarezza.

Puoi iniziare con il nostro test online gratuito per l’autismo, che ti offre un primo indicatore utile per capire se alcune delle tue caratteristiche possono essere ricondotte all’autismo.

Non sostituisce una diagnosi, ma è un punto di partenza semplice e immediato.

Se invece desideri un percorso più approfondito e personalizzato, puoi affidarti a GAM Medical, dove i professionisti specializzati nell’autismo adulto — sia negli uomini che nelle donne — lavorano con attenzione proprio per superare gli stereotipi che spesso ostacolano il riconoscimento.

Non tutti sanno che una diagnosi di autismo si può fare anche in età adulta: riceverla significa finalmente dare un nome coerente alla propria esperienza e aprire la strada a strumenti concreti per vivere meglio, con maggiore consapevolezza e senza più sentirsi invisibili.

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Autismo, Psicologia generale

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