Come vede una persona con prosopagnosia? Ed è un aspetto che rientra nello spettro autistico?
In questo articolo verrà analizzata la correlazione fra autismo e prosopagnosia, comprendendo il significato e i sintomi di quest’ultima condizione, le cause e cosa condivide con il disturbo dello spettro autistico. Infine, verranno illustrati i test e le cure possibili applicabili alla prosopagnosia, insieme a qualche considerazione finale sulla sua connessione con l’autismo.
Prosopagnosia significato e sintomi: il possibile legame con l’autismo
Con prosopagnosia si fa riferimento ad una condizione neurologica caratterizzata da difficoltà selettive nel riconoscere volti noti, tra cui anche quelli di familiari o amici. I pazienti prosopagnosici, per questo, necessitano di utilizzare strategie e tecniche compensatorie, come ad esempio riconoscere le persone dalla voce, dagli abiti o dal contesto generale in cui sono inseriti. È una condizione ormai nota anche grazie a celebrità come l’attore Brad Pitt, che hanno sensibilizzato sulla prosopagnosia.
Tra i sintomi tipici si contano:
- Difficoltà a ricordare e a identificare volti conosciuti.
- Necessità di sfruttare dettagli alternativi per poter identificare gli individui.
- Ansia sociale, che potrebbe derivare dall’incapacità di riconoscere le persone intorno a sé.
- Difficoltà nell’interpretazione delle espressioni emotive.
Da questa prima panoramica si assiste immediatamente ad una sovrapposizione sintomatica con l’autismo, la quale emerge chiaramente nella difficoltà di elaborare le informazioni sociali ed emotive ricevute, una caratteristica riscontrata spessissimo anche nei soggetti autistici. Gli ostacoli socio-emotivi presenti nella prosopagnosia trovano eco nelle problematiche tipiche dell’autismo, come ad esempio la compromissione nella percezione emotiva e la tendenza ad evitare le interazioni sociali.
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Le cause della prosopagnosia: similitudini con autismo?
La prosopagnosia può avere due distinte origini:
- Prosopagnosia acquisita: In seguito, perciò, a lesioni cerebrali in determinate regioni dell’encefalo, come l’area fusiforme.
- Prosopagnosia congenita o evolutiva: Quando non sono presenti danni evidenti, ma, anzi, questa condizione appare legata a componenti genetiche.
Per quanto riguarda l’autismo, lo studio di imaging “Self-Regulation of the Fusiform Face Area in Autism Spectrum: A Feasibility Study With Real-Time fMRI Neurofeedback” (2019), pubblicato su National Library of Medicine, avrebbe evidenziato come una delle prime e più rilevanti alterazioni riscontrate nel disturbo dello spettro autistico (ASD) riguarda l’elaborazione visiva anomala dei volti umani. Questo deficit è stato associato a una ridotta attivazione della Fusiform Face Area (FFA), una delle principali aree coinvolte nella rete neurale responsabile dell’elaborazione facciale, specie quando osservano volti non familiari, segno di una persistente difficoltà nella selezione emotiva e visiva dei volti.
I risultati hanno dimostrato che, pur essendo possibile stimolare l’attività di quest’area, le connessioni cerebrali attivate durante il processo risultano diverse rispetto ai soggetti tipici, suggerendo la presenza di meccanismi neurocompensatori peculiari nell’autismo. Questi dati sottolineano ulteriormente la complessità delle interazioni tra autismo e prosopagnosia. Tale caratteristica neurobiologica sembrerebbe accomunarli, suggerendo che alcune aree del cervello coinvolte nel riconoscimento facciale possano essere compromesse in entrambe le condizioni.
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Prosopagnosia: test e cura, esistono?
Per la diagnosi di prosopagnosia vengono utilizzati principalmente due strumenti scientificamente validi:
- Cambridge Face Memory Test (CFMT): Lo studio “The Cambridge Face Memory Test: results for neurologically intact individuals and an investigation of its validity using inverted face stimuli and prosopagnosic participants” (2005), pubblicato su National Library of Medicine, evidenzierebbe proprio l’efficacia di questo metodo, in quanto capace di valutare la capacità oggettiva di memorizzare e riconoscere i volti.
- Prosopagnosia Index (PI20): Si tratterebbe di un questionario soggettivo, che permette ai pazienti di autovalutare le proprie difficoltà. Inoltre, risulta molto valido anche nel campo dell’autismo. Lo studio “Autistic adults have insight into their relative face recognition ability” (2024), pubblicato su National Library of Medicine, avrebbe dimostrato come gli individui autistici generalmente, al contrario di quanto si credesse, siano capaci di comprendere e valutare correttamente le proprie difficoltà nel riconoscimento facciale. Inoltre, il livello di difficoltà nel riconoscimento facciale è variabile tra le persone con autismo, alcune hanno abilità elevate, altre soddisfano pienamente i criteri diagnostici della prosopagnosia evolutiva.
Questi test suggeriscono una significativa sovrapposizione delle due condizioni in ambito clinico.
In ogni caso, attualmente non esiste una cura risolutiva per la prosopagnosia. Per ora sono funzionali ed efficaci determinate strategie terapeutiche disponibili, tra le quali vi si includono:
- Tecniche compensatorie: Ad esempio, tramite il riconoscimento di elementi ed aspetti contestuali, come voci, abbigliamento e particolari differenziali.
- Training di percezione facciale: Questo è un metodo che può ottenere risultati variabili.
- Supporto psicologico: Imprescindibile per affrontare ogni implicazione emotiva e sociale che potrebbe scaturire dalle difficoltà riscontrate nel riconoscimento dei volti.
Nel caso in cui fossi affetto da questa condizione, ti invitiamo a rivolgerti ad un professionista della salute mentale, in grado di fornirti l’aiuto necessario per gestire l’impatto psicologico della prosopagnosia e riequilibrare la tua vita.
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Associazione tra prosopagnosia e autismo
Lo studio “Investigating the Influence of Autism Spectrum Traits on Face Processing Mechanisms in Developmental Prosopagnosia” (2022), pubblicato su National Library of Medicine, sottolinea come in presenza di due gruppi affetti da prosopagnosia, in cui uno presenta tratti autistici elevati e l’altro tratti molto bassi, la memoria e la percezione facciale risultano compromesse in modo simile, con l’unica differenza che il gruppo con punteggi AQ (Autism Quotient) elevati mostra ulteriori problemi nella decodifica delle emozioni espresse dai volti. Confermerebbe, quindi, che la prosopagnosia evolutiva è caratterizzata da deficit comuni, sia in soggetti con pochi che molti tratti autistici. Quando questi ultimi appaiono pronunciati, emergono ulteriori complessità nel riconoscere le emozioni e una minore attività in alcune aree cerebrali legate alla percezione sociale ed emotiva.
Esistono delle differenze cruciali: nella prosopagnosia congenita il deficit è altamente specifico e focalizzato sul riconoscimento facciale, mentre nell’autismo le difficoltà sono più diffuse, comprendendo anche una minore motivazione e attenzione sociale. La co-occorrenza tra autismo e prosopagnosia sarebbe perciò indipendente, senza implicare necessariamente differenze nel deficit di base, dimostrando semmai un livello in più di complessità.
Queste peculiarità rendono essenziale un approccio clinico che tenga conto delle sovrapposizioni e che sappia anche distinguere le due situazioni per assicurare interventi mirati ed efficaci.

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Identificare precocemente eventuali disturbi permette infatti di accedere tempestivamente a strategie di supporto e interventi personalizzati che migliorano significativamente la qualità della vita.
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Questo è contenuto divulgativo e non sostituisce le diagnosi di un professionista. Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo.
Fonti:
- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36173532/
- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16169565/
- https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC11294533/