Sindrome del “Doctor Shopping” nell’Ansia

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Sindrome del Doctor Shopping nell'Ansia

La sindrome del doctor shopping è una condizione comportamentale in cui il paziente, insoddisfatto o in cerca di risposte più convincenti, si rivolge ripetutamente a diversi professionisti della salute, passando da un medico all’altro in un ciclo potenzialmente infinito.

Questa sindrome non è una malattia in senso stretto, né un disturbo con un codice diagnostico ben preciso.

Si tratta piuttosto di un pattern, un modo ricorrente di agire, motivato da una sensazione di incertezza, di mancata rassicurazione o da un vissuto di invalidazione.

Il paziente con Doctor Shopping non è necessariamente consapevole della natura compulsiva della sua ricerca: ciò che muove il comportamento non è il capriccio, bensì un sincero, spesso angoscioso, bisogno di comprensione, di conferme e — soprattutto — di sollievo.

È interessante osservare come questo comportamento si manifesti frequentemente in quadri clinici dominati dall’ansia, e più precisamente da uno stato d’ansia persistente, generalizzato o reattivo.

In questi contesti, il Doctor Shopping assume un significato particolare, diventando l’espressione di una difficoltà profonda nel contenere e tollerare l’incertezza, nel fidarsi di una singola diagnosi o di un’unica interpretazione del proprio malessere.

Il paziente, in altre parole, cerca sollievo nel moltiplicare le opinioni, come se l’accumulo di voci autorevoli potesse ridurre la sua angoscia esistenziale.

Nelle prossime righe capiremo in maniera più approfondita il perché il doctor shopping è così frequente nei disturbi d’ansia e qual è il meccanismo che si innesca.

Perché le Persone Ansiose vanno Continuamente dal Medico?

L’ansia tende a manifestarsi attraverso sintomi fisici.

Non si tratta solo di uno stato mentale o emotivo: chi soffre d’ansia spesso sperimenta il disagio in forma somatica, percependo il proprio corpo come teatro di sensazioni disturbanti, inspiegabili, a volte debilitanti.

Dolori, tensioni, vertigini, palpitazioni, difficoltà respiratorie, ma anche sintomi più vaghi o mutevoli: questi segnali sono avvertiti come reali, incontestabili, concreti e talmente reali da apparire incompatibili con l’idea che possano derivare “solo” dalla psiche.

E qui nasce un grande fraintendimento.

Per molti pazienti ansiosi — e a volte anche per i professionisti che li assistono — il fatto che un sintomo sia psicosomatico viene erroneamente interpretato come un modo per dire che quel sintomo “non esiste”, o che è “tutto nella testa”.

In realtà, il termine psicosomatico non nega affatto la realtà fisica del sintomo: al contrario, sottolinea che mente e corpo sono profondamente interconnessi, e che il disagio emotivo può trovare espressione tangibile nel corpo senza per questo perdere valore, importanza o urgenza clinica.

Il dolore, la fatica, le alterazioni sensoriali sperimentate da chi soffre di ansia sono reali, ma hanno un’origine che non sempre si lascia localizzare in una lesione d’organo o in un esame strumentale.

Proprio questa difficoltà a conciliare la natura fisica del sintomo con una causa psicologica alimenta il bisogno di consultare nuovi medici, nella speranza che almeno uno di essi sappia riconoscere la “vera” origine del problema.

È così che, nella spirale dell’ansia, si apre la strada alla sindrome del Doctor Shopping: un tentativo disperato e spesso frustrante di dare un nome certo al proprio malessere, di trovare una spiegazione che restituisca senso e controllo.

Come si manifesta la Sindrome del Doctor Shopping nell’Ansia

La sindrome del doctor shopping, tendenzialmente, si concretizza con:

  • Consultazioni mediche ripetute e frequenti: una delle manifestazioni più evidenti della sindrome del Doctor Shopping nei soggetti ansiosi è la tendenza a consultare molti medici in tempi ravvicinati. Non si tratta semplicemente di cercare una seconda opinione per scrupolo: è un comportamento ricorrente, spesso compulsivo, guidato da un bisogno urgente di trovare una spiegazione rassicurante e definitiva ai propri sintomi. La persona ansiosa, non trovando sollievo né chiarezza dopo la prima visita, continua a rivolgersi ad altri professionisti, spesso con la sensazione che “non sia stato guardato bene” o che “forse qualcun altro capirà meglio”. Il problema non è l’accesso alle cure in sé, ma il fatto che nessun parere riesce a placare l’angoscia alla base del disturbo, e ogni nuovo consulto diventa solo una tappa in una catena che non si interrompe.
  • Sfiducia cronica nei confronti dei medici: Il paziente ansioso con la tendenza al Doctor Shopping sviluppa progressivamente una profonda diffidenza verso le figure mediche, anche quando esse dimostrano empatia, ascolto e competenza. Questa sfiducia non si manifesta con aggressività o disprezzo aperto, ma con una costante sensazione di incompletezza, di insoddisfazione, di dubbio latente. Anche un medico attento può venire percepito come manchevole se non fornisce una diagnosi che “spiega tutto” in modo chiaro e convincente. La mancanza di una causa organica evidente viene spesso vissuta come una mancanza del medico, non come una possibile realtà clinica. Questa sfiducia può estendersi all’intera categoria sanitaria, generando un atteggiamento di ricerca spasmodica dell’“unico medico bravo” in grado di cogliere la vera natura del malessere.
  • Convinzione persistente di essere stati fraintesi o ignorati: dopo ogni consulto, anche quando il medico dedica tempo e spiega con cura, il paziente ansioso può uscire con la sensazione di non essere stato capito a fondo. Questa convinzione non è frutto di un’analisi oggettiva, ma di una percezione profondamente soggettiva, alimentata dall’ansia stessa. Il paziente si convince di non essere riuscito a spiegarsi bene, di aver dimenticato dettagli fondamentali, o peggio ancora, che il medico non abbia prestato attenzione reale a ciò che è stato detto. Si innesca così un dialogo interno tormentato: “Avrei dovuto dirgli meglio quella cosa”, “Non ha capito quanto è forte quel dolore”, “Forse ha pensato che stavo esagerando”. Da qui nasce l’urgenza di cercare un altro medico, per ripetere tutto da capo, stavolta “spiegando meglio”. Ma il ciclo si ripete identico.
  • Sospetto costante che la diagnosi sia sbagliata: anche quando una diagnosi viene posta con chiarezza — ad esempio, disturbo d’ansia somatizzata o somatizzazione da stress — il paziente che sperimenta il Doctor Shopping continua a pensare che il medico possa essersi sbagliato. Questo sospetto è alimentato dal fatto che i sintomi sono reali, fisici, tangibili, e vissuti come incompatibili con un’origine psichica. La frase “è ansia” viene vissuta come una banalizzazione, come un modo per evitare di indagare più a fondo. Ogni dolore, ogni battito irregolare, ogni capogiro, viene interpretato come la possibile spia di una malattia ancora non diagnosticata. Questo sospetto genera frustrazione e porta il paziente a riprendere la ricerca, nella speranza che un altro medico scopra “quello che finora è sfuggito”.
  • Accumulazione disordinata di esami e pareri clinici: con il passare del tempo, il paziente coinvolto in dinamiche di Doctor Shopping tende ad accumulare una quantità considerevole di referti, esami diagnostici, ecografie, risonanze, visite specialistiche, prescrizioni. Questo materiale diventa ingombrante da gestire e spesso viene portato da un medico all’altro come prova tangibile di quanto il paziente si sia “dato da fare” e non abbia ricevuto risposte adeguate. Paradossalmente, l’accumulo di dati clinici non fornisce maggiore chiarezza, ma aumenta la confusione. In alcuni casi, si genera anche una sorta di “conflitto di diagnosi” tra i medici consultati, che può rafforzare la sfiducia del paziente verso il sistema sanitario nel suo complesso.
  • Desiderio inconfessabile di una diagnosi organica definitiva: spesso, chi soffre di Doctor Shopping non lo ammetterà mai apertamente, ma in fondo spera che venga finalmente trovata una causa medica “vera”, concreta, visibile, che possa spiegare i sintomi. Questo desiderio nasce dal bisogno di legittimazione: se c’è una malattia diagnosticabile, allora il malessere è giustificato, reale, accettabile. Al contrario, un’origine ansiosa del disturbo viene vissuta come invalidante, quasi come un fallimento personale. L’ansia, infatti, non gode ancora dello stesso riconoscimento sociale delle patologie organiche, e viene percepita — anche dal paziente stesso — come una debolezza, qualcosa di cui vergognarsi o da cui difendersi. Per questo, l’ipotesi psicosomatica viene rifiutata, anche quando è clinicamente plausibile, e la persona continua la sua ricerca come se si trattasse di una missione da cui dipende la propria dignità.

Se leggendo queste righe ti sei sentito coinvolto, se hai riconosciuto in questa storia dei tratti familiari, delle sensazioni che vivi spesso, dei comportamenti che ti appartengono — come il cercare continuamente nuovi medici, il sentirti incompreso, il pensare ogni volta che forse questa volta ti capiranno, che forse ti sei spiegato male, che forse il medico precedente si è sbagliato — allora è possibile che tu stia affrontando una forma di ansia che si manifesta nel corpo, e che si fa sentire con una forza tale da sembrare qualcos’altro.

Forse hai iniziato a pensare che non può essere solo ansia.

E in un certo senso hai ragione: non è solo ansia, è ansia, senza “solo”. Perché l’ansia non è un piccolo fastidio mentale, non è un pensiero negativo passeggero, non è qualcosa da liquidare con superficialità. L’ansia può diventare un’esperienza totalizzante, può abitarci fisicamente, può produrre sintomi potenti, destabilizzanti, concreti.

L’ansia può spaventare, può convincerti che ci sia qualcos’altro, può portarti a dubitare di tutto, anche di te stesso. Ma questo non significa che non sia ansia: significa che l’ansia, da sola, può fare tutto questo.

Per questo è importante ascoltarsi e affidarsi a chi sa leggere l’ansia nella sua complessità. Non per sminuirla, ma per darle un nome vero e un senso chiaro. Se ti sei riconosciuto in questa descrizione, contatta GAM-Medical, una clinica specializzata nella cura dell’ansia e dei suoi molteplici volti.

Qui troverai un’équipe capace di accogliere il tuo vissuto senza ridurlo, senza banalizzarlo, senza quel “è solo stress” che tanto ferisce.

C’è un modo per stare meglio, e inizia proprio dal riconoscere che il tuo malessere ha un’origine profonda, reale, curabile, anche se è ansia (soprattutto se è ansia).

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Ansia, Psicologia generale

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