Pensiero Magico nel DOC

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Pensiero Magico nel DOC (disturbo ossessivo-compulsivo)

Il pensiero magico è un fenomeno psicologico che consiste nell’attribuire a pensieri, parole o gesti un potere causale irrazionale, cioè la convinzione che il proprio pensiero o comportamento possa influenzare direttamente il corso degli eventi nel mondo esterno, anche quando non esiste alcuna relazione logica o scientifica tra i due.

Si tratta di un meccanismo mentale che può essere riscontrato in forme più o meno lievi e fisiologiche nella vita quotidiana di molte persone, specialmente in età infantile, quando il confine tra realtà e immaginazione è ancora labile.

Tuttavia, il pensiero magico può acquisire un significato clinicamente rilevante e disfunzionale quando assume un ruolo pervasivo e invalidante nella vita dell’individuo, come accade frequentemente nel contesto del disturbo ossessivo compulsivo (DOC o OCD da obsessive compulsive disorder).

In questo disturbo, il pensiero magico rappresenta un nucleo fondamentale nella strutturazione e nel mantenimento delle ossessioni e delle compulsioni.

Le persone con DOC possono sviluppare la convinzione che semplici pensieri indesiderati abbiano un potere di provocare eventi negativi, oppure che determinati rituali o comportamenti abbiano la capacità di prevenire o annullare le conseguenze temute.

Questa modalità di pensiero si radica in una percezione distorta della responsabilità personale e in una difficoltà nel tollerare l’incertezza, portando il soggetto a credere che il non agire secondo certe regole arbitrarie possa determinare danni gravi, spesso catastrofici, a sé o agli altri.

Il pensiero magico nel disturbo ossessivo-compulsivo non è semplicemente una credenza bizzarra o fantasiosa, ma si configura come una strategia ansiolitica apparentemente utile, che però finisce per rafforzare il ciclo ossessivo-compulsivo.

Ogni volta che una persona esegue una compulsione dettata da pensiero magico, come un rituale mentale o comportamentale, riceve un sollievo momentaneo dall’ansia, che però rafforza la credenza che quella determinata azione fosse necessaria per prevenire il pericolo.

In questo modo, il pensiero magico alimenta un circolo vizioso in cui la realtà viene costantemente reinterpretata alla luce di relazioni causali immaginarie, rendendo sempre più difficile distinguere tra ciò che è realmente pericoloso e ciò che viene percepito come tale solo in virtù di una logica distorta.

Anche se non tutti i pazienti presentano pensiero magico in modo evidente, esso è comunque implicito in molte delle dinamiche mentali che caratterizzano il disturbo, come l’intolleranza all’incertezza, l’iperresponsabilità morale, la sovrastima della minaccia e la fusione pensiero-azione.

Il pensiero magico nel DOC si muove spesso in una zona ambigua, una sorta di “terra di mezzo” tra il non crederci e il non potersi permettere di non crederci fino in fondo.

È una logica che molti pazienti esprimono con frasi come “So che è assurdo, ma se poi succede davvero?”, oppure “Razionalmente so che non ha senso, ma non riesco a non fare il rituale”.

Si tratta di una dinamica in cui il pensiero magico è riconosciuto come improbabile, ma non del tutto impossibile.

La soglia dell’ansia è così bassa, e l’intolleranza all’incertezza così elevata, che il soggetto finisce per agire “nel dubbio”, come se fosse meglio prevenire l’improbabile piuttosto che rischiare di provocare un danno irreparabile.

In questi casi, il pensiero magico non è vissuto come una credenza genuina, ma come una possibilità che non può essere esclusa del tutto.

È il famoso “non ci credo, ma ci credo”, che esprime benissimo la tensione continua tra razionalità e paura.

Tuttavia, esistono anche forme di DOC in cui il livello di insight è molto più basso. In questi casi, il soggetto non mette in discussione la validità delle proprie ossessioni, e arriva a credere con fermezza che esse siano fondate.

Il pensiero magico, in queste situazioni, può assumere delle caratteristiche quasi deliranti, avvicinandosi a modalità di pensiero tipiche dei disturbi psicotici.

Si parla, in questo caso, di DOC con scarso o assente insight. La persona può essere totalmente convinta, ad esempio, che il mancato compimento di un rituale porterà inevitabilmente a una catastrofe, oppure che il pensiero stesso abbia un potere magico reale, non simbolico.

Non c’è più spazio per il dubbio o per la riflessione critica: la convinzione è totalizzante, impermeabile a ogni confronto razionale, e può determinare una sofferenza ancora più marcata e una maggiore difficoltà nel trattamento.

Queste forme sono meno comuni, ma clinicamente significative, perché richiedono un approccio terapeutico più articolato e spesso multidisciplinare.

Cos’è il “Pensiero Magico” nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) e come si Manifesta?

Nel disturbo ossessivo compulsivo, il pensiero magico si manifesta attraverso, ad esempio:

  • La convinzione che pensare qualcosa di negativo possa causarlo nella realtà: una delle manifestazioni più frequenti del pensiero magico nel disturbo ossessivo compulsivo consiste nella credenza che un semplice pensiero indesiderato, se non contrastato, possa trasformarsi in realtà. Le persone che ne soffrono sviluppano una forma di fusione tra pensiero e azione, detta “fusione pensiero-evento”, secondo cui immaginare un evento catastrofico – ad esempio un incidente, una malattia, la morte di una persona amata – è quasi equivalente al causarlo. Questo può spingere l’individuo a tentare in tutti i modi di “cancellare” o neutralizzare il pensiero, attraverso rituali mentali, come ripetere mentalmente frasi rassicuranti, o comportamentali, come toccare oggetti, evitare determinate situazioni o cercare rassicurazioni continue. Il pensiero stesso viene percepito come pericoloso, intrusivo, blasfemo o moralmente inaccettabile, e la persona arriva a considerarsi responsabile del solo fatto di averlo avuto. L’angoscia generata da questo meccanismo è intensa e persistente, e porta il soggetto a rimanere intrappolato in un ciclo continuo di controllo e correzione del proprio mondo interiore, in una lotta apparentemente razionale contro una minaccia in realtà immaginaria.
  • Il bisogno di compiere azioni rituali per prevenire disgrazie: un altro esempio emblematico di pensiero magico si osserva nella messa in atto di rituali rigidi e spesso complessi che l’individuo percepisce come indispensabili per impedire che qualcosa di grave possa accadere. Ad esempio, una persona può sviluppare la convinzione che se non tocca una maniglia un numero preciso di volte, un proprio caro potrebbe avere un infarto; oppure che se non accende e spegne la luce in una determinata sequenza, si scatenerà un incendio. La relazione tra l’azione compiuta e la minaccia temuta è totalmente irrazionale, ma vissuta con assoluta certezza soggettiva. Chi è affetto da DOC non riesce a resistere all’impulso di mettere in atto il rituale, perché il rischio di “trasgredire” viene vissuto come intollerabile. Questo non solo mantiene viva l’illusione del controllo, ma rinforza anche la credenza che il rituale abbia un’efficacia reale, dato che la catastrofe non si verifica mai (ma non perché il rituale funzioni, bensì perché non era mai realmente imminente). Si crea così un circolo vizioso in cui ogni gesto compiuto per scongiurare il pericolo diventa la conferma illusoria della sua necessità.
  • L’evitamento di parole, numeri o oggetti “contaminati” o “pericolosi”: nel contesto del pensiero magico, è molto comune che le persone con DOC attribuiscano un valore simbolico minaccioso a parole, numeri o oggetti che, per associazione arbitraria o personale, sono considerati portatori di sfortuna o male. Ad esempio, il numero 13 può essere evitato in ogni contesto, così come le parole che suonano in modo simile a termini legati alla morte, alla malattia o alla colpa. Alcuni oggetti, persino immagini o simboli religiosi, possono diventare “contaminati” se associati mentalmente a eventi spiacevoli, e per questo vengono evitati in modo scrupoloso. La sola esposizione a questi elementi può generare un’ansia così intensa da innescare una serie di compulsioni mentali o fisiche per ripristinare un senso di purezza o sicurezza. Questo tipo di evitamento non è semplicemente una preferenza personale o una superstizione, ma una necessità urgente, vissuta come se la mancata osservanza di queste regole implicite potesse comportare conseguenze gravi, talvolta catastrofiche. Il soggetto si sente obbligato a gestire la realtà secondo codici magici autoimposti, sempre più rigidi, sempre più distanti dalla realtà oggettiva.
  • Il timore di trasmettere “mali” attraverso pensieri o intenzioni: un’altra forma di pensiero magico nel DOC è quella in cui la persona teme di poter causare danni agli altri anche solo con la propria mente, come se i propri pensieri potessero “contaminare” il mondo esterno. Questo può manifestarsi con il timore di maledire qualcuno involontariamente, o di trasmettere un male spirituale, fisico o morale semplicemente guardando una persona, o anche soltanto pensando a lei in modo negativo. In questi casi, la colpa percepita è enorme e sproporzionata, e la persona può sentirsi come una minaccia ambulante per gli altri, responsabile non solo delle proprie azioni, ma anche dei pensieri più fugaci e incontrollabili. Per cercare di proteggere gli altri da sé stessa, può evitare relazioni, contatti, conversazioni o persino spazi pubblici. Questo porta a un progressivo isolamento e a una sofferenza profonda, perché si vive costantemente nella paura di nuocere a chi si ama, e nel senso di colpa per una responsabilità che, razionalmente, si sa non essere reale, ma che emotivamente è percepita come assolutamente vera e gravosa.
  • La necessità di “bilanciare” il pensiero negativo con azioni o pensieri positivi: una delle strategie più comuni adottate dalle persone con DOC per gestire il pensiero magico è quella di cercare di “compensare” ogni pensiero negativo con un pensiero positivo, oppure ogni immagine spiacevole con un’immagine rassicurante. Questo meccanismo si basa sulla credenza che esista una sorta di bilancia morale o energetica universale, e che sia necessario ristabilire l’equilibrio ogni volta che si genera un pensiero “sbagliato”. Se, ad esempio, una persona immagina un familiare morire, può sentirsi obbligata a pensare subito a quella stessa persona felice e in salute, oppure a pronunciare mentalmente parole di protezione, come una preghiera o una formula scaramantica. In altri casi, può sentirsi costretta a compiere piccoli gesti, come toccare un oggetto portafortuna, guardare un’immagine religiosa o ripetere un mantra. Queste azioni hanno lo scopo di annullare il “male” prodotto dal pensiero, come se si trattasse di un debito karmico da estinguere. Anche se il soggetto può riconoscere l’irrazionalità di questo comportamento, la paura delle conseguenze è così potente da non permettere il distacco emotivo dal rituale.

Se ti riconosci in queste descrizioni, se anche tu senti di vivere pensieri che ti sembrano irrazionali ma da cui non riesci a liberarti, se hai l’impressione che la tua mente ti imponga regole, rituali o paure che non controlli… potresti star sperimentando forme di pensiero magico tipiche del disturbo ossessivo compulsivo.

La Clinica Psicologica GAM-Medical, specializzata nel trattamento di disturbi come ADHD, depressione, ansia e disturbo ossessivo compulsivo, può offrirti un percorso di cura personalizzato con il supporto di psicologi, psichiatri e psicoterapeuti esperti.

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