Diagnosi Retrospettiva di Neurodivergenza

Diagnosi retrospettiva di neurodivergenza

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La domanda “Com’ero quando ero piccolo?” è una domanda comune, spesso banale, che emerge in molte conversazioni tra familiari e amici.

Si tratta di una richiesta di informazioni sul passato, una ricerca di comprensione e di riconnessione con le proprie radici.

È una domanda che evoca ricordi, storie di infanzia e immagini di tempi ormai lontani.

Tuttavia, questa domanda, apparentemente semplice, può assumere un significato del tutto speciale e profondo quando viene posta da una persona neurodivergente.

Non è più solo una semplice curiosità su fatti passati, ma può diventare una questione esistenziale, una ricerca di identità e di comprensione di sé che va ben oltre la superficie delle memorie familiari.

Questa domanda non è solo un modo per ricostruire il proprio passato, ma anche un tentativo di costruire un ponte verso una migliore comprensione di sé nel presente.

Come Fare una Diagnosi Retrospettiva di Neurodivergenza

Le condizioni come l’autismo e l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) sono classificate nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) tra i disturbi del neurosviluppo.

Questo implica che per diagnosticare tali condizioni, devono essere presenti segni e sintomi sin dal periodo del neurosviluppo, ossia l’infanzia.

Il neurosviluppo si riferisce al processo di sviluppo del sistema nervoso dall’infanzia fino alla giovane età adulta.

Durante questo periodo, il cervello e il sistema nervoso subiscono cambiamenti significativi che influenzano le capacità cognitive, emotive e comportamentali.

Nei disturbi del neurosviluppo come l’autismo e l’ADHD, queste variazioni seguono traiettorie diverse rispetto alla norma, manifestandosi attraverso comportamenti, abilità sociali e modalità di apprendimento uniche.

Idealmente, i disturbi del neurosviluppo vengono identificati e diagnosticati precocemente, consentendo interventi tempestivi che possono migliorare notevolmente la qualità della vita.

Tuttavia, la diagnosi precoce non è sempre possibile per vari motivi:

  • Consapevolezza e Informazione: Negli ultimi decenni, la consapevolezza e la comprensione dei disturbi del neurosviluppo sono cresciute, ma in passato, molti genitori e professionisti della salute non avevano le conoscenze necessarie per riconoscere i segni dell’autismo o dell’ADHD.
  • Presentazione Atipica: I sintomi possono manifestarsi in modi meno evidenti o atipici, rendendo difficile la diagnosi, soprattutto in persone con forme lievi o che sviluppano strategie di compensazione efficaci.
  • Differenze di Genere: Storicamente, i criteri diagnostici e gli studi sono stati basati su campioni prevalentemente maschili, trascurando spesso come le ragazze e le donne presentano questi disturbi, portando a una sotto-diagnosi nelle femmine.

Molte persone che vivono con queste condizioni, pertanto, non hanno ricevuto una diagnosi precoce e sospettano una neurodivergenza solo una volta arrivati all’età adulta.

In questi casi, è necessaria una diagnosi retrospettiva che risponda alla domanda “Com’ero quando ero piccolo?”.

Per gli adulti che sospettano di essere neurodivergenti ma non hanno ricevuto una diagnosi durante l’infanzia, la diagnosi retrospettiva è un processo fondamentale.

Questa richiede una valutazione dettagliata del passato della persona per identificare i segni e i sintomi presenti durante il periodo del neurosviluppo.

Infatti, la diagnosi retrospettiva richiede una valutazione approfondita e multidimensionale, che coinvolge diversi approcci e fonti di informazione:

  1. Raccolta di Testimonianze: Uno dei primi e più importanti passi nella diagnosi retrospettiva è la raccolta di testimonianze. Questo processo coinvolge l’intervista di diverse persone che hanno avuto un ruolo significativo nella vita della persona durante l’infanzia, come genitori, parenti stretti, amici d’infanzia e insegnanti. Ogni gruppo di testimoni può offrire prospettive uniche e complementari:
    • Genitori: Sono spesso le prime persone ad osservare le prime manifestazioni di neurodivergenza. Possono fornire dettagli su tappe di sviluppo come il linguaggio, il comportamento motorio, le abilità sociali e l’adattabilità alle routine quotidiane. Le testimonianze dei genitori possono includere osservazioni su comportamenti ripetitivi, interessi ristretti, reazioni emotive intense e difficoltà nelle interazioni sociali.
    • Parenti Stretti: Zii, zie, nonni e altri parenti che hanno passato tempo con il bambino possono offrire ulteriori osservazioni. Possono ricordare episodi specifici di interazioni familiari, giochi e situazioni sociali che illustrano le differenze comportamentali e le peculiarità.
    • Amici d’Infanzia: Gli amici possono offrire una prospettiva sulla socializzazione del bambino. Possono descrivere come interagiva con i coetanei, come giocava, se tendeva a isolarsi o se aveva difficoltà a seguire le regole dei giochi.
    • Insegnanti: Gli insegnanti sono in una posizione unica per osservare il comportamento del bambino in un contesto strutturato e sociale come la scuola. Possono fornire informazioni su come il bambino gestiva le richieste scolastiche, l’attenzione in classe, la partecipazione ai gruppi di lavoro e le relazioni con i compagni.
  2. Analisi dei Documenti Scolastici: I documenti scolastici rappresentano una fonte di informazioni oggettive e continuative sui comportamenti e le prestazioni del bambino nel corso degli anni. Analizzare questi documenti può rivelare modelli di attenzione, iperattività, difficoltà di apprendimento e abilità sociali. I documenti rilevanti includono:
    • Pagelle e Report di Valutazione: Le pagelle scolastiche possono mostrare le prestazioni accademiche del bambino nel tempo. Le note degli insegnanti possono evidenziare aree di forza e di debolezza, commenti sulla partecipazione in classe, la capacità di seguire le istruzioni e la qualità del lavoro svolto.
    • Relazioni degli Insegnanti: Le osservazioni scritte dagli insegnanti possono fornire dettagli sui comportamenti del bambino, come la capacità di concentrarsi, di rimanere seduto durante le lezioni, di rispettare le regole scolastiche e di interagire con i compagni.
    • Rapporti di Psicologi Scolastici o Consulenti: Se il bambino ha ricevuto supporto psicologico o consulenze durante la scuola, questi rapporti possono contenere valutazioni professionali sui comportamenti, le difficoltà emotive e sociali, e le strategie adottate per affrontarle.
    • Documentazione di Eventuali Programmi Educativi Individualizzati: Se il bambino ha partecipato a programmi educativi speciali, questi documenti possono fornire informazioni dettagliate sulle necessità educative speciali, gli obiettivi fissati e i progressi compiuti.
  3. Autovalutazione e Ricordi: La riflessione personale dell’individuo sui propri ricordi d’infanzia è un altro aspetto cruciale della diagnosi retrospettiva. Sebbene i ricordi possano essere influenzati dal tempo e dalla percezione soggettiva, forniscono comunque informazioni preziose:
    • Racconti di Esperienze Personali: L’individuo può descrivere come si sentiva e si comportava in diverse situazioni. Questi racconti possono includere sentimenti di disallineamento rispetto ai coetanei, difficoltà a comprendere le norme sociali, episodi di sovraccarico sensoriale e reazioni emotive intense.
    • Diari e Lettere: Se disponibili, i diari personali o le lettere scritte durante l’infanzia possono offrire una finestra diretta sui pensieri, le emozioni e le esperienze dell’individuo in quel periodo.

La domanda “Com’ero quando ero piccolo?” è il cuore pulsante della diagnosi retrospettiva dei disturbi del neurosviluppo.

Attraverso la raccolta di testimonianze, l’analisi dei documenti scolastici, l’autovalutazione e i ricordi, e le valutazioni psicologiche, è possibile costruire un quadro dettagliato e completo delle esperienze d’infanzia.

Il percorso retrospettivo di raccolta di informazioni sul proprio passato non rappresenta, ovviamente, una vera e propria diagnosi formale.

È fondamentale sottolineare che non bisogna affidarsi alle proprie autodiagnosi.

Le autodiagnosi, sebbene possano fornire un punto di partenza per una riflessione personale, non hanno la validità e l’accuratezza necessarie per identificare con certezza una condizione neurodivergente.

La diagnosi ufficiale deve essere effettuata da professionisti qualificati, come psicologi o psichiatri, che possiedono le competenze e gli strumenti necessari per valutare in modo accurato e obiettivo.

Raccogliere informazioni sul proprio passato è comunque un passo importante che può facilitare il lavoro del clinico.

Questo processo permette di fornire al professionista un quadro completo e dettagliato delle esperienze e dei comportamenti vissuti durante l’infanzia.

Tali informazioni sono preziose perché aiutano il clinico a identificare i segni e i sintomi che possono essere indicativi di una condizione neurodivergente, e poter fare una diagnosi di autismo o l’ADHD.

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