Alcune persone autistiche possono essere anche afantasiche o iperfantasiche.
Questo accade perché l’autismo è una condizione estremamente eterogenea, che si manifesta in modi molto diversi da individuo a individuo.
Non esiste un modo “tipico” di essere autistici: ci sono persone con abilità straordinarie in ambiti specifici – talvolta definite savant – e altre che presentano profili più uniformi o con difficoltà marcate in determinate aree.
Una delle dimensioni in cui questa variabilità è particolarmente evidente è quella della rappresentazione visiva.
Alcune persone nello spettro autistico mostrano un pensiero fortemente visivo: riescono a visualizzare oggetti, scene e concetti in modo vivido e dettagliato, talvolta al punto da avere una memoria visiva quasi fotografica.
In altri casi, però, accade l’opposto: la persona non è in grado di generare immagini mentali volontarie.
Si può sapere cos’è una mela o una palla, ad esempio, ma non riuscire a visualizzarle mentalmente in alcun modo.
Nelle prossime righe capiremo cosa sono a-fantasia e iperfantasia e qual è il loro ruolo nello spettro autistico.
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Cosa Sono A-fantasia e Iperfantasia?
Afantasia e iperfantasia sono due estremi di un continuum che riguarda la capacità di generare immagini mentali visive.
Alcune persone, quando chiudono gli occhi e provano a immaginare un oggetto, come una mela o un volto familiare, riescono a vederlo chiaramente nella propria mente, con dettagli di forma, colore, luce e movimento.
Altre persone, invece, non vedono assolutamente nulla: la mente resta buia, priva di immagini, anche se sanno perfettamente cosa stanno cercando di visualizzare.
L’afantasia è proprio questa condizione, in cui l’immaginazione visiva volontaria è del tutto o quasi assente.
Chi è afantasico non è privo di immaginazione in senso generale, ma elabora pensieri, ricordi e concetti attraverso canali non visivi, come il linguaggio, la logica o sensazioni astratte. Molti afantasici scoprono questa caratteristica solo in età adulta, rendendosi conto che la maggior parte delle persone ha accesso a immagini mentali vivide e dinamiche.
All’estremo opposto c’è l’iperfantasia, una forma di immaginazione visiva eccezionalmente intensa. Le persone con iperfantasia possono vedere immagini mentali così ricche e realistiche da sembrare quasi vere, complete di movimento, suono, profondità e contesto.
Possono rivivere visivamente ricordi, creare scene complesse nella mente e manipolare oggetti immaginari in tempo reale.
Questo può essere un grande punto di forza in ambiti creativi o artistici, ma in alcuni casi può anche generare un carico emotivo maggiore, come nei disturbi post-traumatici, in cui le immagini mentali sono intrusive e vivide.
La maggior parte delle persone si colloca tra questi due estremi, con un grado variabile di capacità immaginativa. Alcuni visualizzano immagini sfocate o parziali, altri solo forme o colori, altri ancora immagini solo in alcuni momenti o contesti.
Questo continuum è oggetto di crescente interesse nella ricerca neuroscientifica, che sta cercando di comprendere le basi cerebrali di queste differenze individuali.
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Qual è il legame tra Autismo e Iper/Ipo Fantasia?
Anche nell’autismo, quello tra afantasia e iperfantasia nell’autismo è un vero e proprio continuum.
Il legame tra afantasia/iperfantasia e autismo non è ancora definito in modo sistematico dalla letteratura scientifica, ma le testimonianze soggettive e le osservazioni cliniche indicano che esiste una correlazione possibile, almeno in alcuni sottogruppi dello spettro.
Non tanto nel senso che il disturbo dello spettro autistico “provoca” afantasia o iperfantasia, quanto nel fatto che entrambi condividono una forte variabilità nella rappresentazione mentale, in particolare in quella visiva.
Nelle righe precedenti abbiamo descritto, in generale, l’afantasia e l’iperfantasia come due estremi opposti di un continuum relativo alla rappresentazione mentale visiva.
Questo continuum esiste in tutte le persone, indipendentemente dal profilo neurocognitivo, e riguarda quanto vividamente e facilmente si riescano a generare immagini mentali.
Tuttavia, mentre nella popolazione neurotipica la maggior parte degli individui tende a collocarsi nella fascia intermedia di questo spettro, con una capacità di visualizzazione moderata, non particolarmente intensa ma comunque presente, nelle persone autistiche si osserva con maggiore frequenza una polarizzazione verso i due estremi.
In altre parole, nelle persone autistiche è più probabile riscontrare sia profili con un’immaginazione visiva estremamente ricca e dettagliata, al punto da poter parlare di iperfantasia, sia profili afantasici, in cui la capacità di g:nerare immagini mentali è del tutto assente: o una visione interna molto ricca, o una totale assenza di immagini mentali.
È l’ennesima manifestazione di quella logica iper/ipo tipica dell’autismo, in cui le funzioni — cognitive o sensoriali — tendono a esprimersi agli estremi, con intensità amplificata o attenuata, piuttosto che in forme medie o equilibrate.
Alcune persone autistiche funzionano prevalentemente per immagini, sono “pensatori visivi”.
Questo significa che il loro pensiero, la loro memoria e la loro comprensione del mondo si basano in larga parte su rappresentazioni visive piuttosto che su linguaggio verbale o concetti astratti.
Per questi individui, “vedere” è una modalità primaria di elaborazione cognitiva: immagini, colori, simboli e sequenze visive possono risultare molto più accessibili ed efficaci rispetto al linguaggio parlato o scritto.
Proprio per questo motivo, soprattutto durante l’infanzia, vengono utilizzate con frequenza strategie visive come supporto all’apprendimento e alla comunicazione.
L’uso di immagini, simboli (come nel sistema PECS), mappe visive, calendari strutturati e storie sociali visive rappresenta una componente fondamentale degli interventi psicoeducativi rivolti a bambini autistici, in particolare a quelli non verbali o con un linguaggio limitato.
Questi strumenti non sono solo facilitatori comunicativi, ma veri e propri mezzi per entrare nel canale cognitivo principale del bambino: quello visivo.
Il funzionamento per immagini non è limitato ai bambini né esclusivo delle persone non verbali.
Anche molti adulti autistici verbali riferiscono di “pensare per immagini” in modo spontaneo e continuo, con una rappresentazione interna che può essere tanto utile quanto invadente, a seconda dei contesti.
Questo stile cognitivo può favorire l’apprendimento visuo-spaziale, la memoria figurativa, la comprensione meccanica o la progettazione grafica, ma può anche risultare faticoso in situazioni ambigue, caotiche o prive di riferimenti visivi chiari.
All’estremo opposto, all’interno dello spettro autistico, alcuni individui non hanno alcuna immagine mentale: non riescono a visualizzare né oggetti, né volti, né ambienti, nemmeno in modo approssimativo. Questa è l’afantasia.
Per loro, pensare visivamente è semplicemente assente, e il pensiero avviene attraverso il linguaggio, le sequenze logiche, le associazioni verbali o sensazioni corporee.
Questa doppia polarità – pensiero visivo molto sviluppato o del tutto assente – è un ulteriore esempio della forte eterogeneità dell’autismo e della necessità, nella pratica clinica ed educativa, di personalizzare gli approcci in base al profilo cognitivo specifico della persona.
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