ADHD e sogni: collegamenti tra iperattività mentale e attività onirica

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ADHD e sogni collegamenti tra iperattività mentale e attività onirica

La domanda di fondo dalla quale siamo partiti per la stesura di questo articolo è: l’iperattività mentale tipica dell’ADHD durante la veglia si rifletta anche in un’“iperattività onirica” notturna?

Ce lo chiediamo perché da tempo, sia nella nostra esperienza clinica quotidiana, sia nelle comunità online, molte persone ADHD riportano di avere sogni particolarmente vividi, frequenti e dettagliati, al punto da sorprendersi quando individui neurotipici dichiarano di non ricordare i sogni o di farlo solo sporadicamente.

Questa differenza percepita solleva interrogativi interessanti: l’ADHD, caratterizzato da una maggiore attività cognitiva, rapidità di pensiero e talvolta da difficoltà nel “frenare” il flusso mentale, potrebbe portare a un cervello più attivo anche durante le fasi REM, quelle in cui si concentra la maggior parte dei sogni? E, soprattutto, questa maggiore attività si traduce effettivamente in un ricordo più vivido e frequente dei contenuti onirici?

Cerchiamo di capirlo insieme nei paragrafi che seguono.

Contesto di partenza: Disturbi del sonno associati all’ADHD

Prima di addentrarci nei sogni, è utile collocare il fenomeno all’interno del quadro più ampio dei problemi del sonno che frequentemente accompagnano l’ADHD.

Numerosi studi e osservazioni cliniche segnalano che le persone ADHD presentano, con una frequenza superiore alla popolazione generale, disturbi del sonno quali:

  • difficoltà nell’addormentarsi
  • risvegli notturni frequenti
  • sonno non rigenerante
  • eccessiva sonnolenza diurna
  • sindrome delle gambe senza riposo
  • ritmi circadiani alterati o instabilità del ciclo sonno/veglia

Questi disturbi del sonno possono interferire con la qualità e la continuità del sonno REM, la fase in cui il sogno assume maggiore rilievo.

Dunque, quando molte persone ADHD riferiscono di ricordare sogni con maggiore frequenza o vividezza, dobbiamo valutare che stanno operando in un sistema cerebrale che già parte con alcune vulnerabilità o alterazioni strutturali del sonno.

Cosa sappiamo scientificamente sui sogni nell’ADHD

Uno dei pochi studi controllati su sogni e ADHD è quello di Michael Schredl e Heiko Sartorius (2010) dal titolo “Dream recall and Dream Content in Children with Attention Deficit/Hyperactivity Disorder.“, di cui esponiamo brevemente i risultati:

  • 103 bambini ADHD e 100 del gruppo di controllo hanno compilato un questionario sui sogni, che includeva la frequenza del ricordo e la descrizione del sogno più recente.
  • Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, non è emersa nei sogni dei bambini ADHD un maggiore numero di “attività” onirica.
  • Tuttavia, i sogni nei bambini ADHD tendevano ad assumere un tono negativo: venivano segnalati più incubi, disgrazie o minacce, finali negativi e aggressioni fisiche rivolte al sognatore.
  • Le misure generali — frequenza del ricordo, durata del sogno, grado di stranezza (bizzarria) — non differivano significativamente tra i due gruppi.

Gli autori propongono che i sogni riflettano lo “stato interno” emotivo e psicologico del bambino ADHD, e suggeriscono che, da un punto di vista clinico, potrebbe essere interessante verificare se i contenuti onirici di tono negativo cambiano con il trattamento farmacologico o psicoterapeutico.

Questo studio indica che, almeno nei bambini, non vi è un’evidenza forte di sogni più numerosi o più “attivi” di per sé, ma una differenza qualitativa nel tono emotivo dei sogni.

Alcuni dati negli adulti ADHD: frequenza di incubi e sogni disturbanti

Negli adulti ADHD, gli studi specifici sui sogni sono ancora più rari.

Tuttavia, uno studio recente sulla frequenza degli incubi (“Nightmare frequency in adults with ADHD”) segnala che, sebbene la ricerca sui sogni in adulti ADHD sia sostanzialmente carente, è plausibile che la maggiore frequenza degli incubi osservata in molte persone con disturbi psichiatrici possa valere anche per l’ADHD.

Gli autori citano gli studi pediatrici di Schredl e Sartorius come base per ipotizzare che l’“angoscia” diurna legata all’ADHD possa riversarsi anche nel mondo onirico, portando a sogni con emozioni negative o paure accentuate.

In altre parole: è più credibile trovare, negli adulti ADHD, un’alterazione del tono emotivo del sogno (sogni disturbanti, incubi) piuttosto che una semplice “iperproduzione onirica”.

  • Gli studi sono pochissimi e si concentrano principalmente sull’età evolutiva; quasi nulla è sistematico nell’età adulta.
  • I metodi usati sono in larga parte questionari soggettivi — non abbiamo studi polisonnografici dedicati che analizzino con strumenti neurofisiologici le caratteristiche dei sogni nei soggetti ADHD.
  • È difficile disambiguare quanto della “vividità” o del “ricordo frequente” sia effetto di attenzione selettiva e metariflessione (cioè l’attenzione rivolta ai sogni al risveglio) piuttosto che di differenze fisiologiche.
  • Le comorbilità molto frequenti (ansia, depressione, disturbi del sonno, uso di farmaci) complicano l’interpretazione: ad esempio, l’ansia e lo stress aumentano la probabilità di incubi o risvegli durante la fase REM, che a loro volta favoriscono il ricordo del sogno.

Per questi motivi, nell’articolo è fondamentale restare cauti e usare un linguaggio condizionale quando si parla di associazioni tra ADHD e sogni.

Ipotesi biologiche e meccanismi possibili: il ruolo dei neurotrasmettitori nei sogni ADHD

Poiché non possiamo basarci su molti dati empirici specifici, una strada ragionata è quella di avanzare ipotesi basate su ciò che sappiamo della neurobiologia dell’ADHD e collegarle al funzionamento onirico.

Dopamina, ADHD e ipotesi sui sogni

Una delle ipotesi più citate negli spazi informali riguarda il ruolo della dopamina nel modellare la vividezza e l’intensità dei sogni nelle persone ADHD.

Nello specifico, possiamo ragionare sul fatto che:

  • Il cervello “cerca stimoli”: in condizioni di dopamina relativamente bassa, la mente potrebbe “cercare” stimoli anche durante il sonno, rendendo i contenuti onirici più intensi o emotivamente caricati.
  • I sogni potrebbero includere trame più stimolanti, movimenti, scenari avventurosi o “ricchi di azione” come compensazione.
  • Il coinvolgimento emotivo nei sogni potrebbe essere amplificato: sogni che “colpiscono” maggiormente l’esperienza soggettiva e quindi sono meglio ricordati.

Questo modello, tuttavia, è puramente speculativo: non abbiamo studi che dimostrino relazioni dirette tra livelli di dopamina durante il sonno e caratteristiche oniriche nei soggetti ADHD.

Perché alcune persone ADHD sostengono di ricordare sempre i loro sogni?

Se consideriamo l’esperienza clinica e le testimonianze nelle comunità ADHD, ecco alcune possibili spiegazioni, sempre con i dovuti caveat, he possono aiutare a strutturare una visione coerente:

  1. Micro-risvegli e frammentazione del sonno: quando il sonno è frammentato, si verificano più micro-risvegli durante la notte. Questi risvegli facilitano il passaggio del contenuto onirico dalla memoria implicita a quella esplicita, favorendo il ricordo al mattino. In un sonno “puro” e continuo, molte esperienze oniriche restano invece intrappolate nella memoria inconscia e non emergono al risveglio.
  2. Vividità soggettiva più marcata: se il contenuto onirico è percepito come particolarmente intenso per via emotiva diventa più probabile che venga ricordato. Anche se non esiste (ancora) un’evidenza robusta che l’ADHD generi sogni più vividi “di per sé”, l’esperienza soggettiva tende a valorizzare i sogni che “colpiscono”.
  3. Bias di testimonianza e selezione: le comunità online spesso attraggono chi ha esperienze più vivide o “fuori dal comune”. Chi non ricorda sogni spesso non lo menziona. Ci può quindi essere un effetto di selezione: emergono storie di sogni sorprendenti, meno quelle della “norma”.
  4. Influenze comorbide: ansia, depressione, stress e altri disturbi del tono dell’umore possono favorire incubi, risvegli notturni e ricordo intensificato dei sogni. In soggetti ADHD, queste comorbilità sono molto frequenti, per cui il ricordo “maggiore” potrebbe essere in parte mediato da queste condizioni concomitanti.

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Psichiatra-ADHD-Gincarlo-Giupponi

Supervisione scientifica:
Questo articolo è stato revisionato dal Dott. Giancarlo Giupponi, psichiatra e psicoterapeuta, vicedirettore del Servizio Psichiatrico di Bolzano e presidente regionale della Società Italiana di Psichiatria. Oltre a garantire l’accuratezza clinica dei contenuti, il Dott. Giupponi supervisiona la selezione dei test e dei questionari disponibili sul sito, verificandone la conformità agli standard scientifici internazionali (DSM-5, OMS, strumenti clinicamente validati).
Scopo del contenuto: divulgativo, non diagnostico.

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