Autismo e Abbigliamento: Fastidio nell’Indossare i Vestiti

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Autismo e Abbigliamento Fastidio nell'Indossare i Vestiti

Il rapporto tra autismo e abbigliamento è un aspetto spesso trascurato o sottovalutato, eppure rappresenta una delle difficoltà quotidiane più significative e pervasive per molte persone nello spettro autistico, sia in età infantile che adulta.

L’abbigliamento, infatti, per molte persone autistiche, diventa una questione sensoriale ed emotiva.

La difficoltà non risiede, evidentemente, nel fatto di rifiutare l’idea di vestirsi in sé, ma nel tipo di esperienze fisiche e sensoriali che l’abbigliamento comporta.

Le persone autistiche, a causa di un’elaborazione sensoriale diversa rispetto ai neurotipici, possono provare fastidio, disagio o addirittura dolore per stimoli che, per la maggior parte delle persone, sono neutri o impercettibili.

La pelle, in questi casi, può diventare un territorio iper-sensibile, su cui ogni tessuto, cucitura, etichetta o variazione di temperatura si fa sentire con intensità.

Chi è genitore di un bambino autistico sa che, quando sceglie dei vestiti per il proprio figlio, deve prestare attenzione ai materiali, alle cuciture e alla loro posizione, oppure apportare delle modifiche prima di proporglieli e farglieli indossare.

Similmente, chi è autistico adulto sa che, prima di comprare dei vestiti per sé, dovrà prestare attenzione alle stesse caratteristiche.

Nei paragrafi che seguono parleremo più approfondimente di questo argomento, per dargli spazio e spiegazione per chi lo vive o per chi è accanto a chi lo vive.

Perché le persone Autistiche Non Sopportano Alcuni Capi di Abbigliamento?

Come abbiamo già detto nel paragrafo introduttivo, l’abbigliamento per le persone autistiche non è “solo” cosa scegliere di indossare, diventa un elemento concreto e quotidiano che può influenzare in modo significativo il benessere, la regolazione sensoriale e persino la qualità della giornata.

Per molte persone autistiche, infatti, vestirsi non è un gesto neutro, ma un’esperienza che coinvolge in modo diretto la propria sensibilità sensoriale, spesso più intensa rispetto alla media.

La cosiddetta iper-sensorialità, che caratterizza molte persone nello spettro, significa che tutto ciò che entra in contatto con i sensi può risultare particolarmente forte, invasivo o, nei casi più estremi, doloroso.

L’abbigliamento è emblematico da questo punto di vista, perché non si tratta di uno stimolo esterno, come può esserlo un ambiente rumoroso o affollato, ma di qualcosa che aderisce direttamente al corpo, alla pelle, e che lo accompagna in ogni movimento, in ogni gesto, per tutto il tempo in cui viene indossato.

Non è quindi uno stimolo temporaneo o evitabile, ma qualcosa che entra letteralmente a far parte dell’esperienza quotidiana e corporea della persona. E questo rende il rapporto tra autismo e vestiti particolarmente delicato.

La pelle, che è uno degli organi sensoriali più vasti e ricettivi, diventa un canale costante di stimolazione.

Per alcune persone, un determinato tessuto può provocare un senso di costrizione, prurito, o addirittura dolore fisico vero e proprio.

Per altre, può generare una sensazione di irritazione continua, difficile da spiegare a parole ma profondamente disturbante sul piano percettivo.

  • La qualità e la consistenza del tessuto: uno degli aspetti più importanti da considerare quando si parla di abbigliamento per persone autistiche è la qualità del tessuto, intesa non solo come tipo di materiale, ma anche come sensazione che questo produce a contatto con la pelle. Il tessuto può infatti risultare fastidioso per motivi molto diversi: ci sono quelli troppo rigidi, che si piegano male, che sfregano in modo aggressivo contro la pelle o che formano pieghe che pungono o graffiano. Ma anche i tessuti troppo morbidi, al contrario, possono essere problematici: alcuni materiali leggeri o “scivolosi” non offrono una sensazione di contenimento e possono risultare dispersivi, dando alla persona una percezione disorganizzata del proprio corpo, come se il vestito “non ci fosse” o fosse difficile da controllare. Anche la temperatura del tessuto è cruciale: alcuni tessuti risultano troppo caldi, e quindi generano un surriscaldamento corporeo mal tollerato; altri, invece, sono troppo freddi al tatto, o restano freddi troppo a lungo dopo essere stati indossati, creando una sensazione sgradevole e invasiva. L’esperienza sensoriale di un capo d’abbigliamento, per una persona autistica, può dipendere da dettagli impercettibili agli altri: l’umidità assorbita dal tessuto, la velocità con cui si scalda a contatto con la pelle, o il modo in cui il tessuto reagisce al movimento. La selezione dei materiali diventa quindi una vera e propria strategia di autoregolazione sensoriale, che va ben oltre la semplice preferenza estetica o la comodità comunemente intesa.
  • Gli elementi strutturali dell’abbigliamento: oltre al tessuto in sé, molti altri elementi dell’abbigliamento possono essere fonte di disagio per le persone autistiche, a cominciare da etichette, cuciture interne, bottoni, zip, ganci o elastici. Anche per una persona neurotipica alcune di queste componenti possono risultare fastidiose o scomode, ma per chi ha una sensibilità tattile aumentata, come spesso accade nelle persone autistiche, questi elementi possono trasformarsi in veri e propri punti di irritazione costante. Le etichette, per esempio, anche quando sono piccole o “piatte”, possono sfregare ripetutamente contro la pelle e creare una sensazione di prurito o di bruciore continuo, tanto da diventare insopportabili. Le cuciture interne, specie se spesse o in rilievo, possono premere su zone sensibili del corpo o creare punti di attrito che la persona percepisce per tutta la durata dell’indossamento. Bottoni, zip o chiusure rigide possono rendere difficoltoso il movimento, aumentare la sensazione di costrizione o generare rumori e vibrazioni sgradevoli durante l’uso. Anche gli elastici, spesso presenti in vita, ai polsi o alle caviglie, possono risultare troppo stretti, comprimere eccessivamente alcune aree del corpo o, al contrario, scivolare in modo imprevedibile. Questi elementi, pur essendo considerati dettagli minori nella progettazione di un capo, possono compromettere l’intera esperienza sensoriale per una persona autistica, generando stress, nervosismo o il rifiuto totale dell’indumento
  • Il rumore prodotto dal movimento del tessuto: un ulteriore aspetto spesso sottovalutato, ma che può risultare estremamente disturbante per alcune persone autistiche, è il suono prodotto dai vestiti durante il movimento. Alcuni tessuti, soprattutto quelli sintetici o molto rigidi, tendono a frusciare, scricchiolare o sfregare tra loro quando ci si muove. Per una persona neurotipica, questi suoni sono lievi, trascurabili, o addirittura non percepiti; per una persona con ipersensibilità uditiva, invece, possono diventare una fonte di stimolazione eccessiva, che si somma a tutte le altre sensazioni corporee già in atto. Il fruscio continuo di pantaloni in nylon, il suono prodotto da un impermeabile quando si piega, lo sfregamento ritmico delle maniche durante il camminare: tutti questi elementi possono risultare non solo fastidiosi, ma disturbanti al punto da distrarre, innervosire o interferire con la concentrazione e il benessere generale. Inoltre, questo tipo di stimolazione sonora è difficile da “spegnere”, perché è strettamente legata al movimento del proprio corpo: non è un rumore ambientale che si può evitare o ignorare, ma qualcosa che accompagna ogni azione, ogni gesto, ogni passo. Per questo, anche il rumore del tessuto diventa un criterio importante nella scelta dei vestiti, specie per chi vive l’abbigliamento come una componente critica della propria regolazione sensoriale quotidiana.

Allo stesso modo in cui alcuni capi di abbigliamento possono risultare profondamente fastidiosi per via dell’ipersensorialità, è importante riconoscere che esistono anche vestiti e materiali che, al contrario, offrono una sensazione talmente piacevole, contenitiva o rassicurante da diventare una vera e propria forma di autostimolazione sensoriale.

In questi casi, l’abbigliamento non è solo qualcosa da tollerare, ma diventa un mezzo attivo per cercare conforto, regolarsi, calmarsi o semplicemente sentirsi bene nel proprio corpo.

Per molte persone autistiche, indossare certi capi diventa una strategia di autoregolazione quotidiana: ci sono vestiti che rilassano, che fanno sentire “a casa”, che generano una sensazione tattile rassicurante e gradevole sulla pelle.

La morbidezza di un tessuto, la pressione leggera ma costante di un indumento più aderente, o la sensazione avvolgente di una felpa ben conosciuta possono essere elementi fondamentali per sentirsi stabili, sicuri, centrati.

Questa ricerca di comfort non è solo un desiderio, ma una vera necessità fisica ed emotiva.

Per questo motivo, molte persone autistiche sviluppano un forte attaccamento ad alcuni vestiti specifici, che diventano i propri “comfort outfit” per eccellenza.

Non è raro, infatti, aprire l’armadio di una persona nello spettro e trovare quei capi “preferiti” – a volte vecchi, scoloriti, usurati – che vengono indossati da anni, anche solo in casa, perché offrono una sensazione insostituibile.

Sono vestiti che portano con sé non solo il ricordo di una sensazione piacevole, ma anche una garanzia concreta di benessere fisico e psichico.

Alcune persone li scelgono in modo istintivo, altri li cercano con cura nei negozi, altri ancora se li tengono stretti anche se ormai rovinati, proprio perché il loro valore non è nel loro aspetto, ma nella sensazione che restituiscono al corpo.

È per questo che certi indumenti vengono utilizzati in modo ricorrente, a volte spasmodico, quasi rituale: sono strumenti quotidiani per contenere il sovraccarico sensoriale, per creare una zona di comfort in un mondo spesso percepito come troppo caotico, incerto o difficile da decifrare.

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Autismo, Psicologia generale

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