Molte persone con Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) soffrono di una stanchezza cronica profonda e persistente.
Spesso riferiscono un senso costante di spossatezza, come se la mente fosse continuamente trascinata in un turbinio di pensieri e di azioni da cui è difficile, se non impossibile, liberarsi.
Chi convive con un DOC riferisce spesso di sentirsi esausto, affaticato, prosciugato da dentro, come se ogni giornata consumasse una quantità smisurata di energia, molto superiore a quella che servirebbe per svolgere le stesse azioni in assenza del disturbo.
Il senso di stanchezza non è solo fisico, ma profondamente mentale: è come se la testa non trovasse mai pace, come se fosse costretta a rimanere sempre vigile, attiva, impegnata a monitorare, controllare, prevenire, neutralizzare.
Questa fatica mentale si accumula giorno dopo giorno, minando la capacità di concentrarsi, di rilassarsi, di sentire leggerezza.
Avere a che fare con un DOC può diventare estremamente stressante, al punto da compromettere il funzionamento quotidiano.
Richiede una quantità enorme di risorse interiori, sia mentali che fisiche, e questo carico continuo, spesso invisibile agli occhi degli altri, può diventare logorante.
Nelle prossime righe vedremo quali sono le principali ragioni per cui il DOC porta a così tanta stanchezza.
Perché le persone con Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) soffrono di Stanchezza e Affaticamento Cronico?
Le persone con Disturbo Ossessivo-Compulsivo, come già accennato, spesso riportano una stanchezza profonda, costante e pervasiva.
Vivere con un DOC significa affrontare ogni giorno una lotta che consuma grandi quantità di energia.
Le giornate sono spesso scandite da pensieri intrusivi, da ansie improvvise, da dubbi che non si placano e da tentativi continui di trovare sollievo attraverso rituali, controlli o rassicurazioni. Tutto questo ha un costo altissimo in termini di sforzo.
L’energia richiesta per mantenere il controllo, per opporsi alle spinte interne, per cercare di contenere l’angoscia o per assecondarla nei momenti più difficili, è enorme.
Ci sono diversi fattori specifici che contribuiscono a questa fatica cronica, e ognuno di essi aggiunge un carico al già difficile equilibrio quotidiano.
Nello specifico:
- Resistere alle ossessioni: uno degli aspetti più logoranti del DOC è lo sforzo continuo di resistere alle ossessioni. I pensieri ossessivi non sono semplici preoccupazioni, ma intrusioni mentali che arrivano all’improvviso, con forza e ripetitività, spesso accompagnate da un senso urgente di pericolo o di colpa. Non sono pensieri scelti, né facilmente controllabili. La persona si ritrova a doverli gestire decine, centinaia di volte al giorno, cercando ogni volta di non dargli seguito, di non crederci, di ignorarli o metterli da parte. Questo processo di resistenza richiede un’enorme quantità di autocontrollo cognitivo ed emotivo, come se una parte della mente fosse sempre impegnata in un lavoro silenzioso e costante di contenimento. A lungo andare, questo consuma le risorse mentali, riduce la soglia di tolleranza allo stress e rende difficile concentrarsi su qualsiasi altra cosa. Resistere alle ossessioni può diventare talmente faticoso che la persona può arrivare a evitare situazioni o ambienti che teme possano scatenare nuovi pensieri, con un progressivo ritiro e una sensazione di impotenza sempre crescente.
- Mettere in atto le compulsioni: quando non si riesce a resistere alle ossessioni, la persona si ritrova a mettere in atto compulsioni: azioni mentali o comportamentali che servono a ridurre l’ansia o a neutralizzare un pensiero disturbante. Anche se possono portare un sollievo momentaneo, queste compulsioni sono spesso lunghe, ripetitive, complesse, e soprattutto faticose. Alcune compulsioni coinvolgono il corpo in modo molto diretto: chi ha una paura ossessiva della contaminazione può arrivare a lavarsi o pulire superfici decine di volte al giorno, consumando energia fisica, tempo e concentrazione. Chi ha il timore di aver dimenticato qualcosa o di aver fatto un errore può controllare continuamente gli oggetti, ripetere gesti, verificare più volte se una porta è chiusa, se il gas è spento, se un messaggio è stato scritto correttamente. Questo può portare a percorrere avanti e indietro le stesse stanze, salire e scendere le scale, tornare sui propri passi decine di volte. Non è raro che, a fine giornata, queste persone si sentano fisicamente sfinite, come se avessero corso una maratona, pur avendo svolto apparentemente poche azioni rilevanti. Le compulsioni mentali, come ripetere frasi, contare, rivedere mentalmente situazioni passate, sono ugualmente faticose: richiedono attenzione, tempo, isolamento, e contribuiscono a esaurire le risorse cognitive già messe a dura prova dalle ossessioni.
- Gestire l’ansia continua: il DOC è un disturbo ad altissimo carico ansioso. L’ansia accompagna ogni pensiero ossessivo, ogni incertezza, ogni tentativo fallito di controllo. Anche quando apparentemente la situazione sembra calma, dentro la persona può esserci un’attività costante, una tensione di fondo che non si allenta mai completamente. Questa iperattivazione ansiosa, anche in assenza di crisi acute, consuma enormi quantità di energia. Il corpo resta in uno stato di allerta cronica, simile a quello che si attiva nelle situazioni di pericolo reale, con il sistema nervoso continuamente impegnato a monitorare, prevenire, reagire. A lungo andare, questo stato provoca affaticamento fisico, dolori muscolari, difficoltà di sonno e problemi di concentrazione. La persona può cominciare a vivere in un circolo vizioso: più è stanca, meno riesce a controllare i pensieri; meno riesce a controllare, più aumenta l’ansia; più ansia c’è, più stanchezza si accumula.
- Evitare le situazioni temute: un altro elemento faticoso è l’evitamento sistematico delle situazioni che potrebbero attivare pensieri ossessivi. Questo non è mai un processo semplice o lineare, ma comporta una costante vigilanza e un continuo adattamento dell’ambiente o delle proprie abitudini. Evitare toccare certe cose, parlare di certi argomenti, entrare in determinati luoghi, usare oggetti specifici, o persino guardare in una certa direzione può diventare parte della routine quotidiana. Queste strategie di evitamento, sebbene messe in atto per alleggerire l’ansia, diventano esse stesse fonti di stress e richiedono un’attenta pianificazione mentale: decidere in anticipo come comportarsi, anticipare le situazioni problematiche, trovare “scorciatoie mentali” per evitare l’esposizione. È come se la persona vivesse costantemente nel tentativo di aggirare ostacoli invisibili, costruendo percorsi alternativi per restare a galla. Questo richiede concentrazione continua, e contribuisce ad aumentare quella sensazione di stanchezza permanente.
- Nascondere o mascherare i sintomi: molte persone con DOC provano vergogna per i propri pensieri e comportamenti, temendo di essere giudicate o non comprese. Per questo motivo, tendono a nascondere o mascherare i sintomi del disturbo ossessivo-compulsivo, cercando di comportarsi “normalmente” in pubblico o davanti alle persone care. Questo sforzo di dissimulazione è profondamente logorante. Fingere di essere sereni mentre si è attraversati da un pensiero angosciante, cercare di non eseguire una compulsione quando si è osservati, sorridere mentre dentro si sta cercando di “tenere a bada” una valanga di ansia, sono operazioni che consumano le riserve emotive e rendono ogni interazione sociale un’ulteriore fatica. Questo può generare una doppia vita interiore: quella pubblica, in cui si appare funzionanti e controllati, e quella privata, dove si affronta tutto il carico del disturbo in solitudine. Questa discrepanza aggiunge fatica alla fatica, e può diventare un altro potente fattore di affaticamento cronico.
- Gestire il senso di colpa e l’autocritica costante: il DOC è spesso accompagnato da un tono di autocritica molto severo. La persona si accusa continuamente di non aver fatto abbastanza, di non aver controllato bene, di essere stata irresponsabile, negligente, pericolosa. Anche quando razionalmente riconosce l’irrazionalità delle proprie paure, emotivamente si sente in difetto. Questo costante rimuginare su ciò che si sarebbe potuto o dovuto fare, questo rivedere ogni dettaglio di ciò che si è detto o fatto, è un ulteriore drenaggio di energia. Il senso di colpa può diventare un sottofondo costante, che impedisce il riposo mentale e alimenta il bisogno di ulteriori verifiche o riparazioni. È come se la mente non riuscisse mai a “chiudere” un pensiero, a dirsi “va bene così”, perché qualcosa potrebbe sempre essere sfuggito.
Tutti questi aspetti si sommano e interagiscono, determinando un livello di affaticamento che spesso non è visibile, ma che pesa enormemente sulla qualità della vita.
Prima, nell’introduzione a questo paragrafo, abbiamo detto che a tutti questi fattori specifici si aggiunge un carico al già difficile equilibrio quotidiano.
Questo perché tutte queste attività, pensieri, rituali e sforzi legati al DOC non si svolgono in un tempo “a parte”, isolato, ma devono essere incastrati dentro giornate già piene: fatte di lavoro, gestione della casa, relazioni familiari, cura dei figli, appuntamenti, impegni imprevisti.
Il DOC non concede tregua, e spesso si infiltra anche negli unici momenti in cui si potrebbe rifiatare.
Ad esempio: non riuscire a riposare durante la notte perché si è in preda alle ossessioni, ai pensieri che si rincorrono senza sosta, o perché si devono mettere in atto compulsioni anche a letto, anche alle tre del mattino.
Non riposarsi durante il fine settimana perché si sente l’urgenza — impellente, angosciante — di igienizzare ogni superficie, lavare e rilavare ogni oggetto, disinfettare da cima a fondo la casa, magari più volte, senza mai avere la sensazione di averlo fatto “abbastanza bene”.
Questo significa che il DOC consuma tempo, spazio mentale ed energie anche quando, teoricamente, ci sarebbe la possibilità di rigenerarsi. E quando mancano i momenti di pausa, di stacco, di riposo autentico, è naturale che il corpo e la mente cedano.
È una fatica che non ha forma né voce, ma che accompagna ogni gesto, ogni pensiero, ogni decisione.
Tutto ciò, nel tempo, può portare a un vero e proprio stato di burnout.
Nel caso del Disturbo Ossessivo-Compulsivo, questo tipo di esaurimento psicofisico non è raro, anzi: è sorprendentemente frequente.
A tutto questo si aggiunge spesso un altissimo standard di perfezionismo che molte persone con DOC si autoimpongono: ogni gesto deve essere “giusto”, ogni parola “appropriata”, ogni pensiero “sotto controllo”, ogni decisione “perfetta”.
Questo perfezionismo non riguarda solo compiti o prestazioni, ma ogni aspetto della vita quotidiana, e contribuisce a rendere il carico ancora più insostenibile.
Quando ogni giorno è una battaglia silenziosa, quando anche dormire o rilassarsi diventa difficile, quando non ci si sente mai veramente “a posto” o “tranquilli”, è comprensibile che corpo e mente, a un certo punto, si esauriscano.
Il burnout legato al DOC può manifestarsi con astenia, demotivazione, crolli emotivi improvvisi, difficoltà a concentrarsi, senso di fallimento e una forte sensazione di essere in trappola.
Se ti riconosci in queste parole, o se qualcuno che ami convive con tutto questo, non aspettare.
Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è un disturbo reale, profondo, ma può essere affrontato con percorsi terapeutici mirati ed efficaci.
Il centro specializzato in DOC di GAM-Medical offre valutazioni cliniche per il DOC e trattamenti specifici pensati per le reali esigenze di chi convive con questa condizione.
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