Le persone autistiche tendono ad essere descritte come molto rigide.
Questa osservazione è ricorrente sia nel contesto clinico che in quello scolastico, familiare o sociale, ed è spesso una delle prime caratteristiche che vengono associate alla condizione autistica.
Quando si parla di “rigidità autistica”, si fa riferimento a un insieme eterogeneo di comportamenti e modalità di funzionamento che indicano una bassa flessibilità nei processi cognitivi, comportamentali ed emotivi.
In ambito clinico, la rigidità autistica è spesso correlata a difficoltà nella cosiddetta flessibilità cognitiva, ovvero nella capacità di modificare strategie, prospettive o schemi di pensiero in risposta a stimoli nuovi o inattesi.
Ma cosa significa, nel concreto, che le persone autistiche sono rigide? Lo vediamo nel paragrafo che segue.
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In che Modi le Persone Autistiche sono “Rigide”?
La rigidità autistica può manifestarsi in molti modi diversi e in numerosi ambiti del funzionamento quotidiano, cognitivo, emotivo e relazionale.
Si tratta di un fenomeno complesso, che può variare notevolmente da persona a persona, sia in termini di intensità che di modalità di espressione.
Non si tratta di una caratteristica assoluta o onnipresente, ma di una tendenza più o meno marcata a preferire modalità strutturate, stabili, familiari e controllabili, come risposta a un mondo percepito spesso come caotico, imprevedibile o sensorialmente invadente.
Alcuni dei principali modi in cui questa rigidità può manifestarsi sono:
- Difficoltà nel tollerare i cambiamenti: uno dei modi più evidenti in cui si manifesta la rigidità nelle persone autistiche riguarda la tolleranza al cambiamento. Cambiare programma, dover affrontare imprevisti, modificare una sequenza abituale di azioni o persino vedere una disposizione diversa di oggetti nell’ambiente può generare un significativo disagio. Questo non dipende da un rifiuto volontario o ostinato, ma piuttosto da una difficoltà profonda nel riorganizzare mentalmente ciò che era stato già interiorizzato come “giusto” o “atteso”. La flessibilità cognitiva, ovvero la capacità di adattare il proprio pensiero a nuove condizioni, può risultare compromessa o rallentata, facendo sì che anche piccoli cambiamenti siano percepiti come destabilizzanti. Ciò può comportare reazioni che spaziano da un lieve nervosismo a crisi emotive più marcate, soprattutto in situazioni in cui la persona non si sente preparata o non ha strumenti per comprendere cosa stia accadendo. Anche i cambiamenti sociali o emotivi, come il mutare delle regole implicite in una relazione o l’evoluzione di un contesto affettivo, possono risultare disorientanti.
- Attaccamento a routine fisse: un altro aspetto centrale della rigidità è l’adesione a routine ripetitive e strutturate. Molte persone autistiche trovano rassicurante sapere con precisione cosa accadrà, in che ordine e con quali modalità. Le routine possono riguardare attività quotidiane semplici, come l’igiene personale, i pasti o i tragitti abituali, ma anche sequenze più complesse che includono rituali verbali, gesti o comportamenti ripetuti con esattezza. Queste routine hanno una funzione regolativa: aiutano la persona a orientarsi nel tempo, a mantenere un senso di controllo e a ridurre l’ansia legata all’incertezza. L’interruzione o la modifica di queste abitudini può causare disagio, opposizione o ritiro, anche quando il cambiamento appare minimo o irrilevante agli occhi degli altri. Nei bambini, questo può esprimersi attraverso proteste intense se qualcosa non viene fatto “come al solito”; negli adulti, può manifestarsi come una forte necessità di pianificazione e come resistenza ad attività che comportano una dimensione imprevista.
- Ricerca costante di prevedibilità: la prevedibilità rappresenta per molte persone nello spettro autistico una condizione indispensabile per sentirsi al sicuro. Sapere in anticipo cosa accadrà, in che ordine si svolgeranno le attività, quali saranno le regole da seguire e quali saranno le reazioni altrui, è un modo per ridurre la complessità del mondo e gestire più facilmente gli stimoli. Quando il contesto è percepito come imprevedibile, la persona può sperimentare uno stato di allerta o confusione, che a sua volta può portare a una chiusura comunicativa, a un blocco motorio, a comportamenti stereotipati o a una forte richiesta di rassicurazione. Il bisogno di prevedibilità può manifestarsi anche nella necessità di conferme ripetute, di istruzioni dettagliate o nella tendenza a porre le stesse domande più volte, come strategia per costruire un senso di coerenza interna. Questo desiderio di controllo può coinvolgere anche l’ambiente fisico, con una particolare attenzione all’ordine degli oggetti o alla loro disposizione, che deve rimanere stabile e conosciuta.
- Insistenza su regole, coerenza e categorie: molte persone autistiche tendono a dare un’importanza elevata alle regole e alla coerenza logica del mondo. Questo può significare un’adesione molto rigida a ciò che è stato detto, alle regole sociali apprese, alle definizioni precise o ai limiti imposti dalle categorie. La difficoltà nel gestire l’ambiguità o le eccezioni può portare a una visione dicotomica della realtà, in cui le cose sono o giuste o sbagliate, o vere o false, senza zone intermedie. Questo può rendere complesse le interazioni sociali, che spesso si basano proprio su sfumature, contesti e non detti. La persona autistica può quindi reagire in modo rigido quando si trova di fronte a comportamenti incoerenti, contraddizioni o cambiamenti improvvisi nelle aspettative sociali. Allo stesso tempo, può essere percepita dagli altri come “intransigente” o “pignola”, anche quando sta semplicemente cercando di trovare un senso stabile in una realtà che cambia troppo rapidamente.
- Difficoltà a generare alternative o soluzioni nuove: un’altra forma di rigidità riguarda la fatica nel pensare in termini alternativi, nel trovare nuove strategie di fronte a un problema o nel considerare punti di vista diversi dal proprio. Questo non implica mancanza di intelligenza o creatività, ma una modalità cognitiva che tende a cristallizzarsi attorno a ciò che è stato appreso o che ha già funzionato in passato. Di fronte a una situazione problematica, la persona può restare “bloccata” su un’unica via, e trovare difficile immaginare soluzioni differenti, soprattutto sotto stress. Questa caratteristica può essere presente anche nel gioco simbolico, nel linguaggio e nel ragionamento astratto, dove si osserva una certa preferenza per la concretezza e la ripetizione. Anche nei contesti scolastici o lavorativi, questo tipo di rigidità può influenzare la capacità di adattarsi a nuove richieste, cambiare metodo o tollerare l’incertezza nelle consegne.
- Rigidità nei processi comunicativi e sociali: la comunicazione, tanto verbale quanto non verbale, può essere influenzata dalla rigidità attraverso una certa lentezza nell’adattare il proprio modo di parlare o di interagire in base al contesto o all’interlocutore. Alcune persone autistiche utilizzano un linguaggio molto formale, tecnico o letterale, che può risultare poco flessibile o poco adattabile alla conversazione quotidiana. In ambito sociale, questo può portare a difficoltà nel cogliere le regole implicite del turn-taking, dell’ironia, del doppio senso, o nel gestire cambiamenti improvvisi nel tono o negli argomenti. La persona può mostrare un certo attaccamento a formule ripetitive, a frasi apprese o a interessi ristretti che diventano centro della comunicazione. Queste modalità, sebbene spesso interpretate come “strane” o “fuori luogo”, rappresentano un tentativo strutturato e coerente di comunicare in modo sicuro, riducendo l’imprevedibilità delle interazioni sociali.
- Rigidità emotiva e difficoltà nella regolazione affettiva: la rigidità può manifestarsi anche sul piano emotivo, con una certa difficoltà a passare rapidamente da uno stato emotivo all’altro o a modulare le proprie reazioni in base al contesto. Alcune persone autistiche possono mostrare risposte affettive intense e prolungate, soprattutto quando si sentono sopraffatte da stimoli o emozioni. Possono avere difficoltà a comprendere e regolare la propria esperienza emotiva, e questo può tradursi in comportamenti apparentemente “esagerati” o “sproporzionati”, che in realtà rispecchiano un sovraccarico interno difficile da decifrare e da gestire. Anche l’empatia può seguire modalità atipiche: non per assenza, ma per differenze nella comprensione implicita degli stati mentali altrui, che rende più difficile interpretare reazioni o cambiare registro emotivo in modo fluido.
La rigidità autistica, quindi, non è una caratteristica univoca, ma un insieme sfaccettato di modalità che riflettono una diversa organizzazione cognitiva ed emotiva.
In alcuni casi, la rigidità nell’autismo può rivelarsi utile e funzionale: contiene, protegge, organizza e costruisce confini rassicuranti all’interno dei quali la persona può orientarsi, ridurre l’ansia e mantenere una coerenza interna che altrimenti verrebbe messa in crisi dalla complessità e dall’imprevedibilità dell’ambiente esterno.
Le routine, le regole e la prevedibilità diventano così strumenti di regolazione emotiva, di gestione cognitiva e di controllo sul proprio mondo. In queste situazioni, ciò che viene definito “rigido” può assumere il valore di una struttura stabilizzante, non dissimile da un’impalcatura che regge una costruzione: non limita, ma sostiene.
Tuttavia, in altri contesti, la stessa rigidità può rappresentare un limite o un ostacolo, soprattutto in un mondo progettato per i neurotipici e non sempre accogliente nei confronti della neurodiversità.
Quando la realtà richiede flessibilità, adattamento, apertura al nuovo, il bisogno di controllo e di invarianza può rendere difficile affrontare cambiamenti, relazioni dinamiche, ambienti non strutturati.
La difficoltà a tollerare la frustrazione, a deviare da uno schema prestabilito, a immaginare alternative o ad accettare punti di vista diversi può ostacolare l’autonomia, l’integrazione sociale e persino la crescita personale.
Per questo motivo, il lavoro terapeutico persone nello spettro dell’autismo deve sempre tenere conto di questa ambivalenza: ciò che per qualcuno è un vincolo, per altri è una risorsa; ciò che in un contesto rappresenta un ostacolo, in un altro può essere un’ancora di salvezza.
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