Il disturbo post-traumatico da stress è un disturbo che insorge in connessione causale con un evento traumatico o stressante.
Il Centro per il Disturbo Post-Traumatico da Stress GAM-Medical è specializzato nella diagnosi e nel trattamento del PTSD e fornisce servizi psicoterapeutici e psicofarmacologici per gestire al meglio questa condizione, spesso debilitante.
Cos’è il Disturbo Post-Traumatico da Stress?
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) è una condizione psicologica complessa che si sviluppa in seguito all’esposizione a un evento traumatico o altamente stressante.
Per “evento traumatico o stressante” si intende un’esperienza che ha avuto un impatto emotivo molto intenso sul soggetto, tale da superare le sue capacità di elaborazione e adattamento.
Il PTSD si manifesta con una sintomatologia ampia e variegata, che coinvolge l’ambito emotivo, cognitivo, comportamentale e fisiologico e che può compromettere in modo significativo la qualità della vita della persona.
Il PTSD non riguarda solo il momento immediato successivo al trauma, ma può emergere anche settimane o mesi dopo l’evento, ed è caratterizzato da una risposta prolungata e persistente.
Cosa si Intende per “Trauma”?
In psicologia, il trauma viene definito come un evento di grande impatto emotivo che comporta una minaccia per la vita o l’incolumità proprie o dei propri cari.
Si tratta di esperienze che sovrastano la capacità individuale di affrontare l’evento stesso e che provocano una rottura dell’equilibrio psichico e lasciano una traccia profonda nella memoria e nell’emotività della persona.
Il trauma non è solamente il ricordo di un evento spiacevole: è un’esperienza che viene vissuta con un senso di impotenza, terrore, orrore, e spesso anche di dissociazione, in cui il sistema di risposta allo stress della persona viene sopraffatto e non riesce a integrare l’accaduto nella narrazione ordinaria della propria vita.
Gli eventi traumatici di grande impatto emotivo possono essere molto diversi tra loro, ma generalmente si caratterizzano per il fatto di essere improvvisi, inaspettati e percepiti come gravemente minacciosi.
Alcuni esempi di eventi che possono provocare un trauma sono:
- Incidenti stradali gravi
- Catastrofi naturali come terremoti, alluvioni o incendi
- Aggressioni fisiche o sessuali
- Diagnosi di una malattia potenzialmente terminale
- Assistere a un atto di violenza estrema
- Subire violenze o maltrattamenti
- Partecipare a eventi bellici o vivere in zone di guerra
- Perdere improvvisamente una persona cara in circostanze traumatiche
Tuttavia, non sempre il trauma deriva da eventi così eclatanti ed evidenti.
Esistono esperienze che, pur non essendo caratterizzate da una minaccia immediata alla vita o all’incolumità fisica, possono avere effetti altrettanto devastanti sulla psiche di una persona.
I traumi relazionali, ad esempio, sono legati a esperienze prolungate di disconnessione, tradimento, rifiuto, umiliazione o abbandono all’interno di relazioni significative, in particolare durante l’infanzia.
Anche la negligenza emotiva, ovvero la mancata risposta ai bisogni affettivi ed emotivi fondamentali da parte delle figure di riferimento, può avere effetti traumatici profondi e duraturi, pur non manifestandosi attraverso episodi specifici di violenza o pericolo fisico.
In questi casi, il trauma non si configura come un evento singolo, ma come un insieme di microesperienze ripetute che, nel tempo, minano la percezione di sé, degli altri e del mondo, generando convinzioni profonde di non valore, non amabilità, pericolo e sfiducia.
Proprio perché spesso si tratta di esperienze invisibili, difficili da raccontare e da riconoscere, questi traumi vengono a lungo ignorati o minimizzati, ma possono manifestarsi con sintomi anche molto gravi come ansia cronica, depressione, difficoltà relazionali, disturbi dissociativi e altre forme di disagio psicologico.
Questa tabella può facilitare una visione di insieme delle tipologie di traumi, senza pretesa di esaustività:
Tipologia di Trauma | Esempi |
---|---|
Traumi fisici | Incidenti stradali, ferite gravi, interventi chirurgici d’urgenza |
Traumi ambientali | Terremoti, alluvioni, incendi, disastri naturali |
Traumi relazionali | Abbandono, tradimento, abuso emotivo nelle relazioni significative |
Traumi emotivi | Umiliazione pubblica, mobbing lavorativo, bullismo |
Traumi evolutivi | Negligenza infantile, trascuratezza affettiva nei primi anni di vita |
Traumi da perdita | Morte improvvisa di una persona cara, separazioni traumatiche |
Traumi collettivi | Guerre, attentati terroristici, pandemie |
Traumi da violenza | Violenza domestica, aggressioni fisiche o sessuali |
Sintomi del Disturbo Post Traumatico da Stress
Il disturbo post-traumatico da stress si manifesta con una serie di sintomi che riflettono una difficoltà a elaborare e superare l’esperienza traumatica e che influiscono negativamente la vita quotidiana, le relazioni sociali e il funzionamento emotivo e cognitivo della persona.
I criteri diagnostici del disturbo post-traumatico da stress secondo il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione) sono specifici e richiedono la presenza di sintomi in diverse categorie per un periodo di almeno un mese dopo l’evento traumatico.
In particolare:
- Esposizione a un evento traumatico: Il primo criterio diagnostico per il PTSD è l’esposizione a un evento traumatico. Questo può avvenire in diversi modi, inclusi:
- Essere direttamente coinvolti in un evento traumatico.
- Assistere direttamente a un evento traumatico accaduto ad altri.
- Venire a conoscenza del fatto che un parente o un amico stretto è stato coinvolto in un evento traumatico violento o mortale.
- Essere esposti ripetutamente a dettagli cruenti di eventi traumatici, come accade spesso nei primi soccorritori, nei poliziotti o nei professionisti del settore sanitario.
- Sintomi intrusivi legati all’evento traumatico (Criterio B): I sintomi intrusivi sono una caratteristica distintiva del PTSD e riflettono la difficoltà del cervello a elaborare l’evento traumatico. Questi sintomi includono:
- Ricordi ricorrenti, involontari e intrusivi dell’evento traumatico, che possono manifestarsi come flashback vividi e disturbanti.
- Incubi o sogni ricorrenti legati al trauma, che causano un significativo disagio emotivo e spesso interferiscono con il sonno.
- Flashback dissociativi, in cui la persona sente o agisce come se l’evento traumatico stesse accadendo di nuovo. Questi episodi possono essere brevi o durare più a lungo, e in alcuni casi possono portare a una completa perdita del contatto con la realtà.
- Grave angoscia psicologica quando si è esposti a stimoli che ricordano l’evento traumatico, come suoni, immagini, odori o situazioni che richiamano alla mente il trauma.
- Risposte fisiologiche marcate (ad esempio, tachicardia, sudorazione, tremori) in presenza di stimoli associati all’evento traumatico.
- Evitamento persistente degli stimoli associati al trauma (Criterio C): Il soggetto con PTSD tende a evitare tutto ciò che potrebbe ricordare il trauma, cercando di proteggersi dal dolore emotivo legato ai ricordi dell’evento. Questo evitamento può manifestarsi in due modi principali:
- Evitare i pensieri, i sentimenti o le conversazioni legate all’evento traumatico.
- Evitare luoghi, persone, attività, oggetti o situazioni che possono evocare ricordi legati all’evento traumatico. Questo tipo di evitamento può limitare gravemente la vita sociale, lavorativa o personale della persona, portandola a evitare contesti che ricordano il trauma anche indirettamente.
- Alterazioni negative nelle cognizioni e nell’umore (Criterio D): Il PTSD provoca anche cambiamenti significativi nel modo in cui il soggetto percepisce se stesso e il mondo intorno a sé. Questi cambiamenti cognitivi e dell’umore includono:
- Inabilità a ricordare aspetti importanti del trauma, che può essere dovuta a una dissociazione piuttosto che a una lesione fisica al cervello.
- Credenze negative persistenti e distorte su se stessi, sugli altri o sul mondo (ad esempio, “sono una cattiva persona”, “non posso fidarmi di nessuno”, “il mondo è pericoloso”).
- Attribuire colpe distorte a sé o agli altri riguardo l’evento traumatico, sentendosi responsabili o accusando ingiustamente qualcun altro dell’accaduto.
- Stato emotivo persistentemente negativo, caratterizzato da sentimenti di paura, orrore, rabbia, colpa o vergogna.
- Diminuzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività che prima risultavano piacevoli o significative.
- Sentimenti di distacco o estraneità dagli altri, con conseguente isolamento sociale.
- Incapacità di sperimentare emozioni positive, come felicità, amore o soddisfazione. Questa condizione può portare a una sensazione di distacco emotivo dalla vita e dalle relazioni.
- Alterazioni dell’arousal e della reattività (Criterio E): Il PTSD è caratterizzato anche da uno stato di ipervigilanza costante, con una reattività eccessiva agli stimoli ambientali. I sintomi legati all’arousal includono:
- Irritabilità o scoppi di rabbia, spesso sproporzionati rispetto alla situazione, che possono manifestarsi con aggressività verbale o fisica.
- Comportamenti imprudenti o autodistruttivi, come guidare in modo spericolato o mettere in atto comportamenti a rischio.
- Ipervigilanza costante, caratterizzata da uno stato di allerta esagerata nei confronti del pericolo, anche in situazioni sicure.
- Risposte di sobbalzo esagerate in presenza di rumori forti o stimoli inaspettati.
- Difficoltà a concentrarsi o a mantenere l’attenzione, che interferiscono con la capacità di lavorare o svolgere attività quotidiane.
- Disturbi del sonno, che possono includere difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure risvegli frequenti dovuti a incubi o ansia.
- Durata dei sintomi (Criterio F): I sintomi del PTSD devono essere presenti per almeno un mese dopo l’evento traumatico per poter fare una diagnosi. Se i sintomi si manifestano per un periodo inferiore a un mese, potrebbe essere più appropriata una diagnosi di disturbo acuto da stress (ASD). In alcuni casi, i sintomi del PTSD possono comparire solo mesi o anni dopo l’evento traumatico (PTSD a esordio ritardato).
- Compromissione significativa del funzionamento (Criterio G): Per fare una diagnosi di PTSD, i sintomi devono causare una compromissione significativa del funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti della vita della persona. Il disturbo deve interferire con la capacità del soggetto di vivere una vita normale e influenzando negativamente le relazioni personali, la carriera o la salute mentale e fisica.
- Esclusione di altre cause (Criterio H): Infine, per diagnosticare il PTSD, è necessario escludere che i sintomi siano attribuibili all’effetto di una sostanza (come alcol o droghe) o a un’altra condizione medica, come un trauma cranico o un disturbo neurologico.
Il DSM-5 introduce inoltre diversi specificatori per il PTSD, che aiutano a descrivere con maggiore precisione la presentazione clinica del disturbo in ciascun individuo.
Questi specificatori sono importanti per adattare il trattamento alle esigenze specifiche del paziente.
I principali specificatori per il PTSD sono:
- Con sintomi dissociativi:
- Depersonalizzazione: L’individuo sperimenta una sensazione persistente o ricorrente di distacco da se stesso, come se fosse un osservatore esterno dei propri pensieri, sentimenti, sensazioni, corpo o azioni. Questo può manifestarsi come sentirsi irreali, come in un sogno, o come se il proprio corpo o i propri processi mentali non appartenessero a sé.
- Derealizzazione: L’individuo sperimenta una sensazione persistente o ricorrente di irrealtà o distacco dall’ambiente circostante. Il mondo esterno può apparire irreale, distante, distorto o privo di vita. Gli oggetti possono sembrare alterati in forma, dimensione o colore, e le persone possono sembrare estranee o meccaniche.
- Con espressione ritardata: questo specificatore viene utilizzato quando i criteri diagnostici completi per il PTSD non sono soddisfatti fino ad almeno 6 mesi dopo l’evento traumatico. Durante questo periodo, alcuni sintomi possono essere presenti, ma il quadro clinico completo emerge solo successivamente. L’esordio ritardato può essere innescato da ulteriori eventi stressanti o dalla rievocazione del trauma originale. L’espressione ritardata del PTSD può rendere più difficile la diagnosi, poiché il legame tra i sintomi attuali e l’evento traumatico può non essere immediatamente evidente. È importante considerare la storia di esposizione a traumi anche quando i sintomi si manifestano molto tempo dopo l’evento.
Diagnosi del Disturbo Post-Traumatico da Stress
La diagnosi di Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) è una diagnosi piuttosto complessa.
Non è assolutamente sufficiente individuare nella storia del soggetto un evento traumatico e la presenza di una sintomatologia disfunzionale per procedere automaticamente con la diagnosi.
Il PTSD è una condizione articolata, e la sua diagnosi si basa su una serie di passaggi che devono essere seguiti in modo rigoroso e rispettoso della complessità individuale.
Il primo passo consiste colloquio clinico con uno psicologo o uno psichiatra che proceda ad una una raccolta anamnestica approfondita: si indaga la storia di vita del soggetto in maniera sistematica, che include anche l’esplorazione delle esperienze potenzialmente traumatiche o altamente stressanti.
Tuttavia, è fondamentale ricordare che non sempre il soggetto è consapevole di aver vissuto un trauma.
Capita frequentemente che il primo accesso al servizio clinico avvenga non tanto con la consapevolezza di avere un trauma alle spalle, ma piuttosto in seguito all’insorgenza di una sintomatologia psicologica intensa e disturbante — come ansia, depressione, attacchi di panico, irritabilità, disturbi del sonno, o alterazioni dell’umore — che il soggetto non riesce a collegare a nessun evento specifico.
Questo aspetto è particolarmente rilevante perché, come ampiamente osservato nella clinica e accennato nelle righe precedenti, il Disturbo Post-Traumatico da Stress può esordire anche mesi o addirittura anni dopo l’evento traumatico o stressante.
Ciò significa che il soggetto, dopo l’esposizione, può aver vissuto periodi più o meno lunghi di apparente normalità o stabilità, durante i quali l’esperienza traumatica si sedimenta in modo subdolo nel suo sistema psichico, senza manifestazioni evidenti.
Quando poi i sintomi si presentano, possono emergere improvvisamente, a seguito di un evento scatenante anche apparentemente banale, o in modo insidioso e progressivo.
In tali circostanze, il soggetto può aver parzialmente o totalmente rimosso l’esperienza traumatica, o comunque non percepirla più come così rilevante, dato il lasso di tempo trascorso e la possibile “normalizzazione” della sofferenza interiore.
Questo rende ancora più importante la sensibilità clinica nell’esplorare la storia di vita, evitando domande invasive o forzature, e rispettando i tempi e le modalità narrative del soggetto.
Oltre al colloquio clinico con lo psicologo o con lo psichiatra, è imprescindibile, per la diagnosi, avvalersi di strumenti di valutazione testistica specifici.
La somministrazione di test standardizzati specifici consente infatti di strutturare meglio l’indagine diagnostica, supportando il clinico nel riconoscimento di pattern sintomatologici caratteristici del PTSD e distinguendoli da quelli di altre condizioni psicopatologiche.
Questo è un passaggio cruciale, perché la sintomatologia del PTSD può sovrapporsi a quella di diversi altri disturbi.
Inoltre, molto frequentemente il PTSD non si presenta in forma “pura”, ma si accompagna a una o più comorbidità psichiatriche, come la depressione, l’abuso di sostanze, i disturbi d’ansia, i disturbi dissociativi e, nei casi più gravi, anche manifestazioni psicotiche transitorie.
La presenza di comorbidità rende ancora più ardua la formulazione della diagnosi, perché occorre discernere quali sintomi siano direttamente riferibili al trauma, quali siano espressioni autonome di altri disturbi, e quali siano invece esiti secondari o complicanze della patologia traumatica.
Diagnosi Differenziale del Disturbo Post Traumatico da Stress
Il Disturbo da Stress Post-Traumatico è un disturbo che presenta una sintomatologia talmente variegata da poter facilmente assomigliare ad altre condizioni psicopatologiche.
Infatti, nonostante il PTSD sia caratterizzato da una serie di sintomi specifici legati a un trauma, molti disturbi mentali condividono alcuni di questi sintomi.
I principali disturbi da considerare nella diagnosi differenziale del PTSD sono:
- Disturbo da stress acuto: il disturbo da stress acuto (ASD) si manifesta subito dopo un evento traumatico, ma i sintomi sono transitori e durano meno di un mese. Se i sintomi persistono oltre questo periodo, si può parlare di PTSD. I sintomi di entrambi i disturbi possono essere simili (come flashback e iperattivazione), ma il criterio temporale è la differenza chiave: nel PTSD, i sintomi devono persistere per almeno un mese.
- Disturbo dell’adattamento: Il disturbo dell’adattamento si sviluppa in risposta a situazioni di stress (come un cambiamento importante nella vita), ma non è necessariamente legato a un trauma grave. Nel PTSD, invece, il trauma è un requisito fondamentale e i sintomi coinvolgono reazioni più intense, come flashback e incubi legati al trauma. Nel disturbo dell’adattamento, i sintomi di ansia o depressione si risolvono generalmente con la cessazione dello stress, mentre nel PTSD possono persistere a lungo termine.
- Disturbo d’ansia generalizzata: Il disturbo d’ansia generalizzata (GAD) è caratterizzato da preoccupazioni eccessive e diffuse su vari aspetti della vita quotidiana, senza una connessione a un trauma specifico. Nel PTSD, invece, l’ansia è direttamente legata all’esposizione a un evento traumatico e si manifesta con sintomi come flashback e ricordi intrusivi. La principale differenza è che il GAD è caratterizzato da una preoccupazione cronica e generalizzata, mentre il PTSD coinvolge pensieri intrusivi e specificamente legati al trauma.
- Fobia specifica: anche la fobia specifica, come molti altri disturbi d’ansia, può insorgere a seguito di un’esperienza traumatica o stressante: ad esempio, una persona che subisce il morso di un cane potrebbe sviluppare una fobia specifica nei confronti dei cani. In questi casi, il trauma funge da evento scatenante della sintomatologia fobica, esattamente come accade nel PTSD; tuttavia, il modo in cui l’esperienza viene elaborata e i sintomi che ne derivano sono profondamente differenti. Nel caso della fobia specifica, l’esperienza traumatica viene “canalizzata” in una paura circoscritta e sproporzionata verso uno stimolo ben definito — un animale, una situazione ambientale, un oggetto, un’attività — che viene evitato attivamente. La sintomatologia è prevalentemente caratterizzata da una risposta immediata di ansia intensa alla sola presenza, o anche alla semplice anticipazione, dello stimolo fobico, accompagnata da manifestazioni somatiche come tachicardia, sudorazione, tremori, dispnea. Non vi è però una rievocazione intrusiva costante del trauma, né si osservano generalmente fenomeni di dissociazione, alterazioni persistenti del tono dell’umore, cambiamenti nella percezione di sé e del mondo, come invece accade nel PTSD. Nel PTSD, infatti, il trauma non viene semplicemente associato a uno stimolo esterno isolato, ma si radica nell’intero sistema emotivo e cognitivo della persona, altrando profondamente la sua percezione di sicurezza, fiducia, controllo, integrità personale. La caratteristica principale del PTSD è la presenza di sintomi di rivissuto (flashback, incubi, ricordi intrusivi), evitamento generalizzato di tutto ciò che richiama il trauma (non solo lo stimolo specifico ma anche situazioni, persone, emozioni, pensieri), alterazioni negative persistenti della cognizione e dell’umore (senso di colpa, vergogna, sfiducia, alienazione) e iperarousal (iperattivazione fisiologica, irritabilità, insonnia, ipervigilanza). Inoltre, come si è detto, nel PTSD l’insorgenza dei sintomi può essere ritardata nel tempo, e non sempre è facile per il soggetto collegare il proprio stato di malessere a un evento traumatico passato. Un altro elemento cruciale per distinguere il PTSD dalla fobia specifica è il tipo di compromissione funzionale che ne deriva. Nella fobia specifica, la compromissione è limitata principalmente alle situazioni in cui lo stimolo fobico è presente o anticipato: una persona con fobia dei ragni, ad esempio, potrà evitare di recarsi in ambienti rurali, ma nel resto delle sue attività quotidiane potrà funzionare normalmente. Nel PTSD, invece, l’impatto sulla vita quotidiana è molto più ampio e pervasivo e coinvolge le relazioni, il lavoro, il sonno, la salute fisica, l’identità personale e il senso generale di sicurezza esistenziale.
- Depressione maggiore: entrambi i disturbi possono includere sintomi come anedonia, ritiro sociale e pensieri suicidari, ma nel PTSD questi sintomi sono accompagnati da ricordi intrusivi e iperattivazione legati al trauma. La depressione maggiore non richiede un evento traumatico per manifestarsi e presenta un umore persistentemente depresso, mentre il PTSD è caratterizzato da una forte connessione con l’esperienza traumatica.
- Disturbo ossessivo-compulsivo (OCD): sebbene entrambi i disturbi possano presentare pensieri intrusivi, nel disturbo ossessivo-compulsivo questi pensieri non sono legati a un trauma specifico e sono spesso accompagnati da compulsioni ritualistiche. Nel PTSD, i pensieri intrusivi riguardano direttamente il trauma, senza la presenza di comportamenti compulsivi. La diagnosi differenziale si basa quindi sulla natura dei pensieri intrusivi e sull’assenza di compulsioni nel PTSD.
- Disturbi dissociativi: il PTSD può includere episodi dissociativi in risposta al trauma, ma nei disturbi dissociativi la dissociazione è l’aspetto centrale e pervasivo. Nei disturbi dissociativi, la frammentazione dell’identità o della memoria è il sintomo principale, mentre nel PTSD la dissociazione è solo una componente secondaria del quadro clinico, legata ai ricordi traumatici.
- Schizofrenia: La schizofrenia è caratterizzata da sintomi psicotici, come deliri e allucinazioni, che non sono presenti nel PTSD. Sebbene il PTSD possa includere flashback o ricordi intrusivi, questi sono legati a eventi reali e traumatici, mentre nella schizofrenia i sintomi psicotici non hanno un legame diretto con la realtà e possono essere bizzarri o non correlati a eventi passati. Nel PTSD, i sintomi sono reazioni al trauma, mentre nella schizofrenia vi è una rottura completa con la realtà.
- Abuso di sostanze: l’abuso di sostanze può causare sintomi come irritabilità, insonnia e problemi di memoria, che possono essere confusi con quelli del PTSD. Tuttavia, nel PTSD questi sintomi sono direttamente collegati a un trauma, mentre nell’abuso di sostanze sono legati all’uso o all’astinenza da droghe o alcol. Inoltre, molte persone con PTSD possono abusare di sostanze per cercare di alleviare i sintomi del trauma, il che rende cruciale la diagnosi differenziale.
- ADHD: Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) può determinare una serie di difficoltà cognitive che risultano, in molti casi, molto simili a quelle osservate nel Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD). Questa somiglianza riguarda in particolare le aree della concentrazione, della memoria di lavoro, della capacità di organizzazione e della regolazione emotiva, rendendo spesso complesso il processo diagnostico e aumentando il rischio di confusione tra le due condizioni. In entrambi i disturbi, il soggetto può manifestare distrazioni frequenti, difficoltà a mantenere l’attenzione su compiti prolungati, dimenticanze, impulsività e affaticamento mentale, ma i meccanismi sottostanti e il contesto in cui si manifestano sono profondamente diversi. Nel PTSD, i problemi cognitivi sono in gran parte una conseguenza secondaria dell’esperienza traumatica e della sua rielaborazione incompleta: il soggetto può risultare incapace di concentrarsi non per un deficit neurologico primario, ma perché la sua mente è occupata da pensieri intrusivi, flashback, costante ipervigilanza e uno stato di iperarousal che consuma enormi risorse attentive ed emotive. Le difficoltà si manifestano tipicamente dopo l’esposizione a un evento traumatico e possono variare nel tempo, peggiorando in situazioni di stress o di esposizione a stimoli associati al trauma. Nell’ADHD, invece, la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività sono costanti e croniche, radicate nello sviluppo del sistema nervoso centrale e presenti già durante l’infanzia, indipendentemente dalla presenza di eventi traumatici. Le difficoltà cognitive nell’ADHD non sono scatenate o modulate da stati emotivi legati al trauma, ma rappresentano un deficit persistente nell’autoregolazione dell’attenzione, nell’organizzazione delle attività e nella gestione dell’impulsività. Un altro elemento chiave per distinguere i due disturbi riguarda il decorso temporale dei sintomi: mentre nel PTSD i problemi cognitivi insorgono dopo l’evento traumatico e possono essere associati a periodi di funzionamento normale precedenti all’esposizione, nell’ADHD i sintomi di disattenzione e impulsività sono presenti da sempre, anche in età prescolare, e tendono a manifestarsi in diversi contesti di vita (casa, scuola, lavoro) in modo pervasivo.
La diagnosi differenziale del PTSD richiede una valutazione attenta e dettagliata dei sintomi, con particolare attenzione alla presenza di un evento traumatico come fattore scatenante.
Molti disturbi mentali presentano sintomi simili, ma il PTSD si distingue per la stretta connessione tra i sintomi e l’evento traumatico, oltre alla presenza di ricordi intrusivi, evitamento e iperattivazione.
Comorbilità del Disturbo Post Traumatico da Stress
La comorbilità del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è estremamente comune, poiché, come già accennato, il PTSD raramente si manifesta da solo.
Spesso, chi soffre di PTSD può sviluppare altri disturbi mentali (o, non di rado, fisici o quantomeno psicosomatici), sia a causa dell’impatto devastante del trauma, sia come risultato della complessità dei meccanismi di coping utilizzati per affrontare i sintomi.
I disturbi comorbidi possono complicare notevolmente il trattamento del PTSD, rendendo necessaria una valutazione completa per garantire che tutti i disturbi presenti siano adeguatamente trattati.
I principali disturbi comorbidi con il PTSD includono:
- Disturbi depressivi: La depressione è una delle comorbilità più comuni nelle persone con PTSD. Molti soggetti con PTSD sviluppano sintomi di depressione maggiore, che includono tristezza persistente, perdita di interesse nelle attività quotidiane, sentimenti di colpa o inutilità, disturbi del sonno, affaticamento e, nei casi più gravi, pensieri suicidari. La connessione tra PTSD e depressione può essere bidirezionale: il trauma vissuto può innescare la depressione, mentre la presenza di depressione può peggiorare la percezione e la gestione dei sintomi del PTSD. In molti casi, i sintomi depressivi si sviluppano a causa dell’incapacità del soggetto di superare il trauma, il che può portare a una sensazione di impotenza e disperazione. Il rischio di suicidio è particolarmente elevato nelle persone con comorbilità tra PTSD e depressione, rendendo essenziale una valutazione attenta del rischio suicidario in questi soggetti.
- Disturbi d’ansia: I disturbi d’ansia, come il disturbo d’ansia generalizzata (GAD) e il disturbo di panico sono spesso presenti insieme al PTSD. L’ansia generalizzata può manifestarsi come una preoccupazione costante e diffusa su vari aspetti della vita quotidiana e aggravano la percezione di pericolo e di minaccia già presente nel PTSD. Le persone con disturbo di panico possono sperimentare attacchi di panico ricorrenti, spesso scatenati dai ricordi del trauma o da situazioni che richiamano l’evento traumatico, peggiorando la loro qualità della vita.
- Disturbi dissociativi: i disturbi dissociativi, come il disturbo dissociativo dell’identità (DID) e l’amnesia dissociativa, possono svilupparsi come risposta al trauma. Già di per sé, per il PSTD, c’è lo specificatore “con sintomi dissociativi”. Tuttavia, in alcuni casi particolarmente gravi e complessi, l’esposizione ripetuta o estremamente precoce a traumi intensi può portare allo sviluppo di veri e propri disturbi dissociativi. La dissociazione è un meccanismo di difesa utilizzato dalla mente per affrontare il dolore emotivo intenso causato dal trauma. Nei casi più gravi, il PTSD può coesistere con il disturbo dissociativo di identità, in cui il paziente sviluppa più identità dissociative come risultato di traumi gravi e ripetuti, spesso legati ad abusi infantili. L’amnesia dissociativa può manifestarsi nelle persone con PTSD come incapacità di ricordare dettagli specifici dell’evento traumatico. La presenza di disturbi dissociativi può rendere il trattamento del PTSD più complesso, poiché la dissociazione interferisce con la capacità del paziente di confrontarsi direttamente con i ricordi traumatici. La terapia focalizzata sulla dissociazione, come l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) o la terapia dialettico-comportamentale (DBT), è spesso necessaria per aiutare il paziente a reintegrare le esperienze traumatiche.
- Disturbi del sonno: I disturbi del sonno, come l’insonnia cronica, il disturbo da incubi e il disturbo del comportamento REM, sono frequentemente associati al PTSD. Molte persone con PTSD sperimentano difficoltà a dormire a causa di incubi ricorrenti legati all’evento traumatico o a un’iperattivazione costante che rende difficile rilassarsi e addormentarsi. L’insonnia può peggiorare i sintomi del PTSD, aumentando la stanchezza e l’irritabilità, riducendo la capacità del soggetto di far fronte allo stress quotidiano. Il disturbo da incubi si verifica quando il paziente sperimenta sogni angoscianti ricorrenti che rievocano il trauma, interferendo con la qualità del sonno e peggiorando la salute mentale generale. In alcuni casi, il PTSD può essere associato a disturbi del comportamento del sonno REM, in cui il paziente agisce fisicamente durante i sogni, aumentando il rischio di lesioni. Il trattamento per i disturbi del sonno legati al PTSD può includere interventi farmacologici, come l’uso di prazosina per ridurre gli incubi, oltre a terapie comportamentali specifiche per migliorare l’igiene del sonno.
Queste comorbilità, chiaramente, complicano la diagnosi e il trattamento del PTSD, richiedendo un approccio terapeutico integrato e multidisciplinare.
Fai il test per il PSTD (Disturbo da Stress Post-Traumatico
L’Istituto GAM-Medical, specializzato nella diagnosi e nel trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), mette a disposizione uno strumento utile e accessibile per chiunque desideri ottenere una prima indicazione sulla possibile presenza di sintomi da stress post-traumatico.
Il test in questione è l’IES-R (Impact of Event Scale – Revised), un test psicologico standardizzato, scientificamente riconosciuto e comunemente utilizzato in ambito clinico, che è stato semplicemente trasferito in modalità online per essere completato con facilità e comodità da casa, utilizzando il proprio smartphone o computer.
L’IES-R è composto da una serie di domande che esplorano diverse aree sintomatiche del PTSD, come l’intrusione dei ricordi traumatici, il comportamento di evitamento verso stimoli associati al trauma, e i sintomi di iperarousal come irritabilità, ipervigilanza e difficoltà di concentrazione.
Sebbene non sostituisca una valutazione clinica professionale, il test rappresenta un valido primo passo per aumentare la consapevolezza del proprio stato psicologico e per capire se sia il caso di rivolgersi a uno specialista.
Trattamento del Disturbo Post Traumatico da Stress: come si effettua?
La complessità del Disturbo Post Traumatico da Stress si riflette inevitabilmente anche nella gestione terapeutica del disturbo.
La presa in carico terapeutica del PTSD, infatti, non si limita a un unico asse di intervento, ma spesso si costruisce attraverso un approccio combinato che integra psicoterapia e farmacoterapia in modo sinergico.
Dal punto di vista psicoterapeutico, negli anni si è assistito allo sviluppo di tecniche e modalità di intervento create espressamente per trattare il trauma, a differenza di molte altre condizioni cliniche dove si tende a utilizzare psicoterapie più “generaliste” che, pur adattandosi bene a una varietà di disturbi, non nascono con uno specifico focus sul vissuto traumatico.
Nel caso del PTSD, invece, si è ritenuto necessario costruire interventi che tenessero conto della natura disorganizzante e frammentante dell’esperienza traumatica, dei fenomeni dissociativi, delle difficoltà nella regolazione emotiva, della presenza di sintomi intrusivi e di evitamento, nonché del senso profondo di perdita di fiducia nella sicurezza del mondo e nelle proprie risorse personali.
Parallelamente, anche la farmacoterapia ha sviluppato protocolli specifici per il trattamento del PTSD.
Anche se non tutti i soggetti necessitano di un trattamento farmacologico — e molte persone riescono a trarre grande beneficio dal solo intervento psicoterapeutico —, la combinazione delle due modalità è spesso raccomandata, soprattutto nei casi in cui i sintomi siano particolarmente gravi, cronici o associati ad altre condizioni in comorbilità, come la depressione maggiore, i disturbi d’ansia generalizzati, i disturbi dissociativi o l’abuso di sostanze.
Il centro GAM è specializzato nel trattamento del PSTD e conta su molti professionisti della salute mentale sia in ambito psicoterapeutico che in ambito farmacologico.
La presenza congiunta di psicoterapeuti e psichiatri all’interno dello stesso centro consente una comunicazione continua, fluida ed efficace tra i diversi specialisti, cosa che garantisce un approccio integrato e personalizzato per ogni soggetto.
Questo modello di collaborazione interdisciplinare permette di monitorare attentamente l’evoluzione clinica, di adattare il trattamento alle esigenze emergenti e di offrire al soggetto un percorso di cura coerente, armonico e il più possibile rispondente alla complessità della sua esperienza traumatica.
Psicoterapia del Disturbo Post Traumatico da Stress
La psicoterapia è il trattamento d’elezione per il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e si è dimostrata particolarmente efficace nell’aiutare ad elaborare il trauma e a ridurre i sintomi.
Esistono diverse forme di psicoterapia utilizzate per il trattamento del PTSD, ciascuna con approcci specifici mirati a ridurre i sintomi intrusivi, favorire l’elaborazione del trauma e migliorare la qualità della vita del paziente.
I principali approcci psicoterapeutici per il PTSD sono:
- EMDR (desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari): l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è il trattamento psicoterapeutico più conosciuto per l’elaborazione dei traumi. Si tratta di un modello specificamente sviluppato per il PTSD, che utilizza una combinazione di esposizione guidata e movimenti oculari per aiutare la persona ad elaborare i ricordi traumatici. Durante le sessioni di EMDR, il paziente viene invitato a concentrarsi su un ricordo traumatico mentre segue i movimenti oculari del terapeuta o un altro tipo di stimolo bilaterale (come toccare alternativamente le ginocchia). L’idea alla base di questa tecnica è che i movimenti oculari stimolino la rielaborazione dei ricordi, facilitando una risoluzione emotiva più rapida e meno angosciante. L’EMDR si basa sul principio che i ricordi traumatici non siano stati adeguatamente elaborati dal cervello e continuino a innescare reazioni emotive intense. Attraverso la stimolazione bilaterale e il lavoro di rielaborazione guidata, il paziente può modificare il modo in cui percepisce e reagisce al trauma. L’obiettivo dell’EMDR è di ridurre la vividezza e la carica emotiva dei ricordi traumatici, facilitando una maggiore integrazione del trauma nella memoria autobiografica senza che esso continui a influenzare negativamente il paziente.Studi clinici hanno dimostrato che l’EMDR è efficace nel ridurre i sintomi del PTSD, in particolare quelli legati ai flashback, ai ricordi intrusivi e all’ansia. Il trattamento con EMDR è relativamente breve rispetto ad altre forme di psicoterapia, con un numero medio di sedute che varia tra le 6 e le 12, ma la durata può variare a seconda della complessità del trauma e della risposta del paziente.
- Imagery Rescripting (ImRs): l’Imagery Rescripting è un approccio relativamente più recente che si è dimostrato particolarmente efficace nel trattamento dei traumi, specialmente nei casi di traumi complessi o legati all’infanzia. Si basa sull’idea che molte delle emozioni dolorose e delle credenze disfunzionali associate al trauma si mantengano vive all’interno delle memorie traumatiche attraverso immagini mentali intrusive e cariche emotivamente. L’intervento non si limita a esporre il soggetto ai ricordi traumatici, come nell’esposizione graduale, ma introduce una vera e propria modificazione delle immagini e degli scenari traumatici in immaginazione. Durante la seduta, il soggetto viene guidato a rivivere il ricordo traumatico, ma, a un certo punto, viene invitato a intervenire attivamente nella scena, ad esempio proteggendo il sé bambino, cambiando l’esito dell’evento o ricevendo il supporto che all’epoca è mancato. Questo processo permette una profonda rielaborazione emotiva del trauma, riducendo i sentimenti di impotenza, vergogna e colpa, e costruendo nuove rappresentazioni interne di sé più positive e protettive. A differenza delle tecniche puramente espositive, l’Imagery Rescripting punta non solo alla desensibilizzazione emotiva, ma anche alla trasformazione del significato attribuito all’esperienza traumatica. Questo consente di lavorare efficacemente non solo sui traumi “singoli” ma anche sui traumi cumulativi o relazionali, spesso più resistenti al trattamento standard. L’ImRs richiede un elevato livello di alleanza terapeutica, sensibilità e flessibilità da parte del terapeuta, ed è spesso vissuta dai soggetti come un’esperienza profondamente riparativa e trasformativa.
- Terapia Cognitivo-Comportamentale: la CBT rappresenta uno degli approcci più consolidati e validati per il trattamento del Disturbo Post-Traumatico da Stress. Si basa sull’idea che i pensieri disfunzionali, le credenze negative su sé stessi, sugli altri e sul mondo, sviluppatesi a seguito del trauma, mantengano vivo il disagio emotivo e i sintomi post-traumatici. L’intervento si propone quindi di identificare, mettere in discussione e modificare questi schemi di pensiero maladattivi, promuovendo una rielaborazione più funzionale dell’esperienza traumatica e un miglioramento complessivo della qualità della vita. All’interno della CBT specificamente orientata al trattamento del PTSD vengono utilizzate diverse tecniche operative, tra cui:
- Esposizione graduale: la tecnica dell’esposizione graduale si fonda sull’idea che l’evitamento dei ricordi traumatici, dei pensieri correlati e degli stimoli esterni associati al trauma mantenga attivi i sintomi post-traumatici, impedendo una reale elaborazione dell’esperienza. Attraverso l’esposizione graduale, il soggetto viene accompagnato, con grande attenzione e in modo progressivo, a confrontarsi con i ricordi traumatici e con le situazioni evitanti. Questo processo avviene inizialmente in immaginazione, poi nella vita reale, e consente una progressiva desensibilizzazione emotiva, una riduzione dell’ansia e un riadattamento delle convinzioni disfunzionali legate al pericolo.
- Esposizione in immaginazione (Imaginal Exposure): si tratta di una tecnica attraverso cui il soggetto è invitato a rivivere e narrare ad alta voce, in modo dettagliato e ripetuto, l’evento traumatico, sotto la guida sicura del terapeuta. La ripetuta esposizione permette di integrare l’evento nella memoria autobiografica in maniera più ordinata e coerente, riducendo l’intensità emotiva delle intrusioni e dei flashback.
- Ristrutturazione cognitiva: attraverso il dialogo socratico e altre tecniche cognitive, si aiutano i soggetti a riconoscere e modificare le credenze disfunzionali nate dall’esperienza traumatica, come “il mondo è totalmente pericoloso” o “sono una persona debole”. Questa ristrutturazione non mira a negare la gravità del trauma, ma a favorire una visione più equilibrata e meno catastrofica della realtà.
- Terapia Psicodinamica: anche gli approcci psicoanalitici e psicodinamici si sono dimostrati particolarmente utili per lavorare sul trauma in profondità. A differenza degli approcci più focalizzati sui sintomi, la terapia psicodinamica esplora le radici profonde della sofferenza post-traumatica, ponendo attenzione non solo all’evento traumatico in sé, ma anche al suo significato interno, alle difese inconsce messe in atto dal soggetto, ai conflitti emotivi riattivati dal trauma e alle modalità relazionali che si sviluppano come risposta all’esperienza traumatica. La terapia psicodinamica considera il trauma non solo come un evento isolato, ma come qualcosa che si inserisce all’interno della storia di vita e della struttura di personalità del soggetto. Attraverso il lavoro analitico, il terapeuta aiuta il soggetto a dare senso al trauma, a integrare le esperienze dissociate, a riconoscere e trasformare i pattern relazionali e affettivi rigidi o disfunzionali sviluppatisi a seguito dell’esposizione traumatica. Si lavora spesso anche sulle emozioni intense di rabbia, vergogna, colpa e disperazione, permettendo una rielaborazione profonda e duratura. La terapia psicodinamica è particolarmente indicata nei casi di traumi complessi, traumi relazionali o esperienze di trascuratezza e abuso infantile, in cui il trauma ha avuto un impatto strutturante sullo sviluppo psichico. Questo approccio richiede un processo lento, rispettoso delle difese e delle resistenze del soggetto, e mira non solo alla remissione dei sintomi, ma anche a una trasformazione più ampia e integrata dell’identità e delle capacità relazionali.
Il centro specializzato in PTSD offre un’ampia gamma di approcci terapeutici per il Disturbo Post-Traumatico da Stress.
GAM si avvale di un team di esperti psicologi e psicoterapeuti, ciascuno con una formazione specifica e approfondita nei diversi modelli di trattamento riconosciuti come efficaci per il PTSD.
Farmacoterapia del Disturbo Post Traumatico da Stress
La farmacoterapia non è sempre necessaria, ma soprattutto nei casi di sintomatologia grave o di comorbilità, è ampiamente impiegata nel trattamento del PTSD.
Infatti, sebbene la psicoterapia sia spesso il trattamento di prima linea, i farmaci possono svolgere un ruolo cruciale nel ridurre i sintomi associati al PTSD, come l’ansia, l’insonnia, l’iperattivazione e la depressione.
I principali tipi di farmaci utilizzati nel trattamento del PTSD sono:
- Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI): gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono i farmaci più comunemente prescritti per il trattamento del PTSD e sono considerati la terapia farmacologica di prima scelta. Gli SSRI agiscono aumentando i livelli di serotonina nel cervello, un neurotrasmettitore che regola l’umore, l’ansia e il sonno. Questi farmaci sono particolarmente efficaci nel ridurre i sintomi di depressione, ansia e iperattivazione, che spesso accompagnano il PTSD.I farmaci SSRI più utilizzati per il trattamento del PTSD includono la sertralina e la paroxetina, che sono stati approvati dalla FDA (Food and Drug Administration) specificamente per il trattamento del disturbo post-traumatico da stress. La sertralina e la paroxetina sono efficaci nel ridurre i ricordi intrusivi, i flashback, l’evitamento e i disturbi del sonno. Gli SSRI migliorano anche l’umore del paziente e riducono la reattività emotiva agli stimoli che ricordano il trauma.Gli SSRI sono generalmente ben tollerati, ma possono causare alcuni effetti collaterali, come nausea, insonnia, agitazione o disfunzione sessuale. È importante che il paziente assuma questi farmaci regolarmente per diverse settimane prima di vedere miglioramenti significativi nei sintomi del PTSD. Gli SSRI sono spesso prescritti per un periodo prolungato, in modo da prevenire le ricadute e mantenere i benefici terapeutici nel tempo.
- Inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI): gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI) sono un’altra classe di farmaci antidepressivi utilizzati nel trattamento del PTSD, soprattutto quando gli SSRI non risultano efficaci o non sono ben tollerati. Gli SNRI agiscono sia sulla serotonina che sulla norepinefrina, aumentando i livelli di entrambi i neurotrasmettitori nel cervello, il che aiuta a regolare l’umore e la risposta allo stress.La venlafaxina è uno degli SNRI più comunemente utilizzati per il trattamento del PTSD. Questo farmaco è efficace nel ridurre i sintomi depressivi e ansiosi, nonché i sintomi legati all’iperattivazione, come l’irritabilità e la difficoltà a concentrarsi. Anche la duloxetina è talvolta utilizzata nel trattamento del PTSD, soprattutto quando il paziente presenta anche dolore cronico, poiché questo farmaco è efficace nel trattare sia i sintomi psicologici sia quelli fisici associati al trauma.Gli SNRI, come gli SSRI, possono causare effetti collaterali come aumento della sudorazione, insonnia, vertigini e nausea. Il monitoraggio del paziente è essenziale per garantire che il farmaco sia ben tollerato e che i sintomi migliorino nel tempo.
- Farmaci antipsicotici atipici: in alcuni casi, le persone con PTSD possono presentare sintomi più gravi o complessi, come dissociazione, paranoia o comportamenti aggressivi. In questi casi, possono essere prescritti farmaci antipsicotici atipici come risperidone, quetiapina o aripiprazolo, che agiscono modulando l’attività della dopamina e della serotonina nel cervello. Gli antipsicotici atipici non sono utilizzati di routine nel trattamento del PTSD, ma possono essere utili quando altri trattamenti farmacologici non hanno prodotto risultati soddisfacenti o quando il paziente presenta sintomi psicotici associati al disturbo.Gli antipsicotici atipici possono aiutare a ridurre i sintomi dissociativi, i comportamenti impulsivi e le difficoltà di regolazione emotiva. Tuttavia, questi farmaci hanno un profilo di effetti collaterali più complesso rispetto agli antidepressivi e possono causare aumento di peso, sedazione, sindrome metabolica e aumento del rischio di diabete. Pertanto, l’uso di antipsicotici nel trattamento del PTSD è generalmente riservato ai casi più resistenti o complicati e richiede un monitoraggio attento da parte del medico.
- Farmaci stabilizzatori dell’umore: in alcune persone con PTSD, in particolare quelle che presentano forti fluttuazioni dell’umore o sintomi di impulsività e aggressività, possono essere utilizzati farmaci stabilizzatori dell’umore, come il litio o la lamotrigina. Questi farmaci agiscono riducendo l’instabilità emotiva e migliorando la regolazione dell’umore, riducendo così il rischio di comportamenti autodistruttivi o aggressivi. La lamotrigina è uno stabilizzatore dell’umore particolarmente indicato per il trattamento di persone con PTSD che presentano anche disturbi dell’umore, poiché aiuta a stabilizzare l’umore e riduce i sintomi di iperattivazione e irritabilità. Il litio, sebbene più comunemente utilizzato nel trattamento del disturbo bipolare, può essere utile anche nel PTSD per ridurre l’aggressività e il comportamento impulsivo. Questi farmaci richiedono un attento monitoraggio, in particolare per quanto riguarda i livelli ematici (nel caso del litio) e il rischio di effetti collaterali come vertigini, tremori o problemi gastrointestinali. Gli stabilizzatori dell’umore sono spesso utilizzati in combinazione con altri farmaci, come gli antidepressivi, per ottenere un effetto terapeutico completo.
- Prazosina per i disturbi del sonno e gli incubi: uno dei sintomi più debilitanti del PTSD sono i disturbi del sonno, inclusi gli incubi ricorrenti legati al trauma. La prazosina è un farmaco alfa-bloccante che è stato ampiamente studiato e utilizzato per il trattamento degli incubi associati al PTSD. Agendo sui recettori alfa-adrenergici, la prazosina riduce l’attivazione del sistema nervoso simpatico durante il sonno, diminuendo la frequenza e l’intensità degli incubi. La prazosina è particolarmente efficace per coloro che sperimentano disturbi del sonno significativi e aiuta a migliorare la qualità complessiva del riposo. Uno dei principali vantaggi della prazosina è che, rispetto ad altri farmaci utilizzati per trattare i disturbi del sonno, non causa dipendenza né ha effetti sedativi significativi. Tuttavia, può causare effetti collaterali come ipotensione ortostatica (abbassamento della pressione sanguigna) e vertigini, soprattutto nelle prime settimane di trattamento. È importante che il dosaggio della prazosina venga aumentato gradualmente per minimizzare questi effetti.
- Benzodiazepine e rischio di abuso: le benzodiazepine, come il lorazepam e il diazepam, sono farmaci ansiolitici che agiscono rapidamente per ridurre l’ansia e l’iperattivazione. Tuttavia, le benzodiazepine non sono raccomandate per il trattamento a lungo termine del PTSD, a causa del rischio di dipendenza, tolleranza e abuso. Sebbene possano essere utili nel trattamento a breve termine di sintomi acuti di ansia o attacchi di panico, il loro uso prolungato può peggiorare la capacità del paziente di elaborare il trauma e può portare alla cronicizzazione dei sintomi. Gli studi suggeriscono che le benzodiazepine non sono efficaci nel migliorare i sintomi del PTSD a lungo termine e che possono interferire con i processi di esposizione e rielaborazione del trauma durante la psicoterapia. Per questo motivo, vengono prescritte con cautela e solo in situazioni particolari, preferibilmente in combinazione con altri trattamenti farmacologici più sicuri.
- Farmaci adrenergici per l’iperattivazione: alcuni farmaci adrenergici, come il clonidina o il propranololo, possono essere utilizzati per ridurre i sintomi di iperattivazione nel PTSD, come l’ansia eccessiva, la tachicardia e l’irritabilità. Il propranololo, un beta-bloccante, è talvolta utilizzato per attenuare i sintomi fisici dell’ansia, come la sudorazione e il battito cardiaco accelerato, mentre la clonidina può essere utile per ridurre l’iperattività del sistema nervoso simpatico.Questi farmaci non agiscono direttamente sui sintomi cognitivi del PTSD, ma possono alleviare i sintomi fisici che accompagnano l’ansia e l’iperattivazione, migliorando la qualità della vita del paziente. Sono particolarmente indicati per coloro che manifestano una risposta eccessiva a stimoli stressanti o che hanno difficoltà a calmarsi dopo aver rivissuto il trauma.
Il team di psichiatri specializzati formato dalla clinica GAM-Medical è composto da professionisti con una solida esperienza nella gestione farmacologica del Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Grazie a un aggiornamento continuo basato sulle più recenti linee guida internazionali, gli psichiatri di GAM-Medical sono in grado di individuare il trattamento farmacologico più adeguato per ogni singolo caso, considerando la specificità dei sintomi, la storia clinica complessiva del soggetto e la possibile presenza di comorbidità.
L’approccio della clinica GAM è improntato a una visione integrata e umanizzata della cura, in cui il farmaco rappresenta uno strumento di sostegno al processo di guarigione psicologica e non un fine a sé stesso, nell’ottica di restituire al soggetto il massimo livello possibile di autonomia, serenità e qualità della vita.
Conseguenze del PTSD
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) può avere conseguenze estremamente pervasive e debilitanti sulla vita di chi ne soffre e può coinvolgere sia la sfera psicologica sia quella fisica.
- Conseguenze psicologiche Il PTSD incide profondamente sulla sfera psicologica, generando una vasta gamma di alterazioni emotive, cognitive e comportamentali che spesso si intrecciano in un quadro clinico estremamente variegato e complesso:
- disturbo stesso: il PTSD è caratterizzato da sintomi specifici come il rivivere l’evento traumatico attraverso flashback, incubi o ricordi intrusivi; l’evitamento sistematico di luoghi, persone, pensieri o emozioni associati al trauma; alterazioni negative persistenti della cognizione e dell’umore, con emozioni di colpa, vergogna, disperazione, distacco emotivo e perdita di interesse per le attività; iperattivazione fisiologica, che si manifesta con irritabilità, scatti d’ira, ipervigilanza, difficoltà di concentrazione e disturbi del sonno. Queste manifestazioni non solo causano sofferenza soggettiva intensa, ma compromettono significativamente il funzionamento sociale, lavorativo e relazionale dell’individuo.
- Comorbilità: il PTSD si associa frequentemente ad altri disturbi psicopatologici, che possono complicarne ulteriormente il quadro clinico e rendere più difficile il percorso di cura. Tra le comorbilità più comuni si trovano: la depressione, l’ansia, i disturbi del sonno, i disturbi dissociativi e l’abuso di sostanze.
- Conseguenze fisiche: il PTSD non si limita alla sofferenza mentale, ma ha effetti concreti anche sul corpo, alterando i meccanismi fisiologici di risposta allo stress e compromettendo la salute generale dell’individuo in maniera significativa:
- Insorgenza di disturbi psicosomatici: il trauma psicologico, attraverso l’attivazione cronica dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e del sistema nervoso autonomo, può tradursi in una serie di manifestazioni fisiche, spesso difficili da spiegare clinicamente e resistenti ai trattamenti medici tradizionali. Tra i principali disturbi psicosomatici associati al PTSD si riscontrano:
- Disturbi gastrointestinali: come sindrome dell’intestino irritabile, gastrite, colite spastica, che peggiorano in concomitanza con l’aumento dello stress emotivo.
- Cefalee e emicranie: spesso croniche e associate a tensione muscolare e alterazioni del tono vascolare.
- Dolori muscolari diffusi e fibromialgia: condizioni caratterizzate da dolore cronico, fatica persistente e rigidità, che si accentuano nei periodi di maggiore ansia e stress.
- Alterazioni cardiovascolari: come ipertensione arteriosa, aritmie e un aumentato rischio di eventi ischemici, legati alla continua iperattivazione del sistema simpatico.
- Disturbi dermatologici: eczemi, dermatiti e pruriti cronici, spesso espressione somatica del disagio emotivo non verbalizzato.
- Alterazioni del sistema immunitario: una esposizione prolungata a elevati livelli di cortisolo e altre catecolamine può compromettere la funzione immunitaria, rendendo il soggetto più vulnerabile alle infezioni e alle malattie autoimmuni.
- Insorgenza di disturbi psicosomatici: il trauma psicologico, attraverso l’attivazione cronica dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e del sistema nervoso autonomo, può tradursi in una serie di manifestazioni fisiche, spesso difficili da spiegare clinicamente e resistenti ai trattamenti medici tradizionali. Tra i principali disturbi psicosomatici associati al PTSD si riscontrano:
Si tratta quindi di una sindrome complessa che può investire sia la sfera psicologica che quella più fisica.
Età di insorgenza del Post Traumatico da Stress
Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) può insorgere a qualsiasi età, poiché il trauma psicologico può colpire individui di ogni fase della vita, dai bambini agli anziani.
Tuttavia, l’età di insorgenza del PTSD varia a seconda di diversi fattori, tra cui il tipo di evento traumatico, la vulnerabilità individuale, il supporto sociale e le risorse di coping dell’individuo.
È importante sottolineare che l’esposizione a eventi traumatici può verificarsi in tutte le età, ma la manifestazione del disturbo può non essere immediata.
Nello specifico:
- PTSD nell’infanzia: i bambini possono sviluppare il PTSD in seguito all’esposizione a eventi traumatici come abusi fisici o sessuali, violenza domestica, incidenti gravi, disastri naturali o la perdita di un genitore. Nei bambini, i sintomi del PTSD possono manifestarsi in modo diverso rispetto agli adulti, con espressioni come gioco ripetitivo che riproduce elementi del trauma, regressione a comportamenti infantili (enuresi notturna, aggrapparsi ai genitori), o incubi. Sebbene il PTSD possa insorgere anche in età molto giovane, la diagnosi nei bambini piccoli può essere più difficile a causa della limitata capacità di esprimere verbalmente il trauma e le emozioni associate. L’età di insorgenza in età pediatrica è strettamente legata alla natura e alla gravità del trauma, così come alla presenza o all’assenza di un sistema di supporto adeguato.
- PTSD nell’adolescenza: gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili allo sviluppo del PTSD, poiché l’adolescenza è una fase critica dello sviluppo emotivo e psicologico. In questa fascia di età, gli eventi traumatici possono includere violenze, incidenti, aggressioni sessuali, bullismo grave, o traumi derivanti da guerre o disastri naturali. Gli adolescenti possono mostrare sintomi del PTSD simili agli adulti, come ricordi intrusivi, evitamento di situazioni che ricordano il trauma, e iperattivazione, ma possono anche manifestare comportamenti impulsivi o autodistruttivi. L’età di insorgenza in adolescenza è spesso legata alla maggiore esposizione a rischi e alla crescente indipendenza dagli adulti di riferimento, il che può esporre gli adolescenti a situazioni più pericolose o stressanti senza un adeguato supporto.
- PTSD nell’età adulta: nell’età adulta, il PTSD può svilupparsi in seguito a traumi come incidenti automobilistici, aggressioni fisiche o sessuali, esperienze militari, violenza domestica, disastri naturali o la morte improvvisa di una persona cara. L’età di insorgenza può variare notevolmente a seconda della natura del trauma e delle risorse individuali per farvi fronte. È importante notare che mentre l’evento traumatico può verificarsi in un dato momento della vita, i sintomi del PTSD potrebbero manifestarsi solo dopo un certo periodo di tempo, innescati da stress successivi o da rievocazioni dell’evento traumatico. Il PTSD può anche insorgere in età adulta in persone che hanno subito traumi infantili ma che non hanno sviluppato i sintomi immediatamente.
- PTSD in età avanzata: anche gli anziani possono sviluppare il PTSD, sia in risposta a traumi recenti sia in seguito alla rievocazione di traumi passati. Alcuni individui anziani possono sperimentare un ritorno di sintomi legati a traumi subiti in gioventù, come abusi, esperienze militari o incidenti, soprattutto in momenti di vulnerabilità fisica o emotiva, come malattie o lutti. Il PTSD può anche insorgere in età avanzata a causa di traumi nuovi, come il deterioramento della salute, la perdita di indipendenza o la morte del coniuge. L’età di insorgenza in questa fase della vita è spesso influenzata da fattori come la ridotta capacità di resilienza, la solitudine o la mancanza di supporto sociale. I sintomi del PTSD negli anziani possono essere complicati dalla presenza di altre condizioni mediche o cognitive, come la demenza, rendendo più difficile una diagnosi precisa.
Quindi, il disturbo post-traumatico da stress può insorgere a qualsiasi età, dalla prima infanzia all’età avanzata, e l’età di insorgenza dipende da molteplici fattori, tra cui la natura del trauma, la vulnerabilità individuale, la resilienza e la presenza di supporto sociale.
Differenze di Genere nel PSTD
Come per l’età, i traumi possono colpire chiunque, indipendentemente dal genere.
Nessuno è immune all’impatto devastante che un’esperienza traumatica può avere sulla mente e sul corpo.
Tuttavia, nonostante la vulnerabilità universale di fronte al trauma, è importante riconoscere che esistono differenze di genere nella tipologia di traumi cui le persone sono più frequentemente esposte.
Le donne, in particolare, risultano ad oggi statisticamente più esposte a una serie di traumi specifici, soprattutto nell’ambito delle relazioni interpersonali e della violenza domestica.
Gli studi epidemiologici indicano che le donne hanno una maggiore probabilità rispetto agli uomini di subire forme di trauma legate alla violenza relazionale, come abusi emotivi, fisici e sessuali da parte di partner intimi o familiari.
La violenza domestica, lo stalking, le aggressioni sessuali e gli stupri rappresentano esperienze traumatiche purtroppo ancora oggi molto più frequenti per le donne, con tassi di incidenza nettamente superiori rispetto a quelli maschili.
PSTD e relazioni sociali
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress può deteriorare le relazioni sociali.
Le conseguenze del disturbo si estendono ben oltre il vissuto soggettivo e possono intaccare profondamente la capacità del soggetto di mantenere legami significativi, di fidarsi degli altri, di comunicare in modo efficace e di vivere pienamente le dinamiche sociali quotidiane.
La sintomatologia del PTSD, spesso grave e invalidante, compromette infatti la spontaneità, la disponibilità emotiva, il senso di sicurezza e il piacere di condividere la vita con gli altri, tutti aspetti fondamentali per costruire e mantenere relazioni soddisfacenti.
Uno degli elementi più caratteristici e impattanti in questo senso è rappresentato dai sintomi di evitamento.
Dopo aver vissuto un’esperienza traumatica, il soggetto tende a evitare non solo i luoghi, le persone o le attività che possono innescare ricordi dolorosi, ma spesso arriva a evitare qualunque situazione che implichi un’esposizione emotiva significativa.
Questo comportamento, inizialmente finalizzato a ridurre l’ansia e il dolore, può progressivamente trasformarsi in un vero e proprio isolamento sociale.
La casa diventa spesso l’unico luogo percepito come relativamente sicuro, e il soggetto può ridurre drasticamente le uscite, limitare i contatti con amici, parenti e colleghi, rifiutare inviti, interrompere attività piacevoli e ritirarsi da qualsiasi contesto sociale che comporti un minimo rischio emotivo.
Anche l’iperattivazione fisiologica caratteristica del PTSD — fatta di ipervigilanza, irritabilità, scatti d’ira, difficoltà di concentrazione e disturbi del sonno — rende ancora più difficile la convivenza con gli altri.
Le relazioni intime possono essere messe a dura prova dalla difficoltà a rilassarsi, a fidarsi, a lasciarsi andare.
La presenza di ricordi intrusivi, flashback e incubi può inoltre rendere il soggetto imprevedibile, spaventato o aggressivo, aumentando la distanza emotiva e creando un clima di incomprensione e tensione nei rapporti più stretti.
Inoltre, molti soggetti con PTSD sviluppano una profonda alterazione dell’immagine di sé (a seguito di traumi specificatamente legati alle violenze, ci si può sentire in colpa, sporchi, indegni) e degli altri (la convinzione che il mondo sia un luogo intrinsecamente pericoloso e che nessuno sia veramente affidabile)
Quando il PTSD si cronicizza, il rischio è che il soggetto resti intrappolato in un circolo vizioso di isolamento e sofferenza: l’evitamento protegge nel breve termine dal dolore, ma alimenta la solitudine e impedisce esperienze relazionali correttive; l’isolamento rinforza il senso di diversità e di estraneità rispetto agli altri, aggravando la sintomatologia depressiva e ansiosa, e riducendo ulteriormente la motivazione a cercare aiuto o connessione.
PTSD e studio
Tra i criteri diagnostici del PTSD figurano esplicitamente alterazioni negative delle cognizioni, che si manifestano non solo come pensieri intrusivi o convinzioni negative, ma anche come difficoltà cognitive vere e proprie.
Le persone con PTSD spesso sperimentano una riduzione delle proprie capacità di mantenere l’attenzione su compiti specifici, una memoria di lavoro meno efficiente e una minore capacità di organizzare, pianificare e portare a termine attività complesse.
Queste compromissioni cognitive sono particolarmente invalidanti nel contesto dello studio e della carriera accademica.
La memoria e la concentrazione sono, infatti, strumenti fondamentali per affrontare la mole di informazioni, la necessità di assimilare nuovi concetti, il mantenimento dell’attenzione prolungata durante le lezioni, lo studio individuale, la partecipazione a esami o a lavori di gruppo.
Quando queste funzioni risultano compromesse, il soggetto può trovarsi rapidamente in difficoltà: può impiegare molto più tempo del normale per comprendere e ricordare ciò che legge o ascolta, può distrarsi facilmente, perdere il filo del discorso, sentirsi sopraffatto da compiti che prima sembravano gestibili.
Inoltre, l’iperattivazione fisiologica tipica del PTSD, caratterizzata da uno stato costante di allerta, può rendere difficile mantenere la calma necessaria per studiare in modo efficace.
La mente può essere frequentemente invasa da pensieri intrusivi, flashback o preoccupazioni angoscianti, che sottraggono energia mentale e aumentano la fatica cognitiva.
La distorsione della percezione di sé, comune nel PTSD — ad esempio, il sentirsi “stupidi”, “incapaci” o “diversi” dagli altri — può a sua volta compromettere la motivazione allo studio e alimentare un senso di inadeguatezza che porta ad abbandoni scolastici, calo del rendimento, procrastinazione e demoralizzazione.
Non è raro, quindi, che un soggetto con PTSD, pur avendo buone capacità intellettive di base, veda drasticamente ridotte le proprie performance accademiche, con un impatto negativo non solo sul presente, ma anche sulle prospettive future di realizzazione personale e professionale.
PTSD e lavoro
Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) può influire profondamente anche sull’ambito lavorativo, generando una serie di difficoltà che compromettono la capacità della persona di mantenere una performance stabile, di inserirsi armoniosamente nei contesti organizzativi e di gestire in modo efficace le richieste tipiche del mondo del lavoro.
Gli effetti del PTSD sulla sfera lavorativa sono spesso sottovalutati, ma rappresentano una delle principali cause di riduzione della qualità della vita e di disabilità funzionale nei soggetti che ne soffrono.
L’impatto sul lavoro deriva dall’interazione complessa tra i sintomi nucleari del disturbo — intrusione, evitamento, alterazioni cognitive ed emotive, iperarousal — e le caratteristiche del contesto lavorativo, che spesso richiede concentrazione prolungata, interazioni sociali, gestione dello stress e capacità di adattamento rapido.
- Calo della produttività: come per lo studio, uno degli elementi più critici è costituito dalle alterazioni cognitive. I sintomi cognitivi del PTSD — come difficoltà di concentrazione, memoria alterata, affaticamento mentale precoce — possono ridurre significativamente la produttività, rendendo difficoltosa la gestione delle mansioni quotidiane e provocando ritardi, errori o necessità di maggiore supervisione.
- Assenteismo cronico: il soggetto con PTSD, a causa dei sintomi di evitamento, dei disturbi del sonno, dell’ansia anticipatoria e dell’iperattivazione fisiologica, può avere gravi difficoltà a recarsi regolarmente sul posto di lavoro. Questo porta a un assenteismo frequente e protratto nel tempo, che può compromettere gravemente la stabilità occupazionale e innescare problemi con i datori di lavoro o colleghi.
- Burnout e aggravamento dei sintomi: l’incapacità di gestire lo stress lavorativo prolungato, combinata con la fatica mentale ed emotiva legata al PTSD, può precipitare il soggetto in uno stato di burnout, esaurimento fisico ed emotivo, con un peggioramento complessivo della sintomatologia traumatica e un aumento del rischio di depressione e ritiro sociale completo.